Routine scolastica
Bene,
parliamo della mia classe, quindi.
La mia
migliore amica, conosciuta l’anno scorso, si chiama Giuditta ma, dal momento
che odio quel nome, la chiamo sempre Tita.
Lei,
rispetto a me, è molto timida e quindi capita spesso che io debba portarla
fuori dal suo diamine di guscio spinoso.
Però la
adoro perché con me è sincera e spontanea e, soprattutto, è uno dei personaggi
più importanti del mio racconto.
Se
volete capire perché, vi accontento subito.
Ebbene,
Giuditta mi lancia continuamente delle sfide assurde ed è sempre convinta che
io non sia in grado di affrontarle e di vincerle.
Ma la
mia cara amica sembra non aver ancora capito che io, Albertina Annetta
Bartolini, non posso assolutamente perdere una sfida!
O forse,
si diverte semplicemente a fare la stronza.
O,
ancora, si diverte a ficcarmi nelle più improbabili situazioni e riderne
beatamente.
Ma nella
mia classe, non è solo lei a piacermi.
Generalmente,
vado più d’accordo con il genere maschile, poiché trovo che siano nettamente
più svegli, simpatici e divertenti di quelle femminucce delle mie compagne, le
quali si danno un sacco di arie da prime donne in crisi ormonale.
Dannate
oche giulive!
Nella
mia classe, i ragazzi non sono tanti, nonostante il liceo ne sia sovraffollato.
Il più figo è Giacomo, il quale è tendenzialmente un cesso, ma è
dotato di una simpatia senza pari.
È circa
dieci centimetri più basso di me – il che significa che io, dall’alto del mio
metro e sessanta, mi sento una pertica! – e ha degli occhiali bianchi che le
mie compagne sofisticate definiscono ‘chic’, mentre io preferisco non
esprimermi in merito, per non offendere la quasi inesistente autostima del mio
compagno preferito.
Giaco mi
piace perché, come me, non si tira mai indietro di fronte ad una sfida e spesso
facciamo a gara a chi vince prima.
Poi c’è
Gabriel, il braccio destro di Giaco. È follemente più alto di lui e follemente
innamorato di Tita. Lei ricambia ma entrambi sono
troppo timidi per ammetterlo. Roba da romanzetti rosa di quart’ordine.
Il terzo
e ultimo giovine di sesso maschile si chiama Mauro ed è un bel ragazzo,
davvero, anche se un po’ noioso e pieno di sé. io, certo, riesco a rimetterlo
al suo posto, anche perché Giaco sospetta da sempre che lui voglia avere un
incontro ravvicinato con me al di sotto di una fitta coltre di lenzuola, e
allora mi dà sempre retta, perché crede così di rabbonirmi. Giaco dice che
prima o poi ci riuscirà e minaccia spesso di lanciarmi una sfida che lo
riguarda.
Vorrei
tanto che non lo facesse, credetemi: non saprei resistere alla tentazione di
aspettare, sono troppo orgogliosa per non farlo.
Per
quanto riguarda il resto degli studenti, non ne voglio parlare perché si
tratta, appunto, delle suddette oche screanzate e sexy, come amano definirsi quando,
arrivate in classe, si atteggiano da top model e
improvvisano sfilate di moda con tanto di sottofondo degli ultimi successi del
pop/dance/merda mondiale.
Senza
contare i vestiti stile Barbie e il trucco da geishe
senza arte né parte!
Però
avevo giusto promesso di non parlarne… scusate, come
potrei continuare ad ammorbarvi con tali frivolezze?
Perfetto,
descriverò qui di seguito una giornata tipo nella mia classe, tanto per darvi
un’idea di che razza di trantran devo sopportare quotidianamente.
Ore 08:15
Arrivo
in classe e trovo questa situazione: le mie compagne fanno il loro ingresso in
grande stile, abbigliate alternativamente in rosa shocking/verde
militare/celeste pastello/fiorellini/teschietti di
paillettes/diamantini finti/farfalline e chi più ne ha più ne metta.
Compagna
1: “Ciao tesori miei, come state? Vi siete riprese dalla mega-serata dell’altro
giorno?” (con tono cinguettante e stridulo)
Compagna
2: “Uh, sì, è stato strafico! Vi ricordate quanto eravamo sexy? Tutti ci
guardavano!”
Compagna
3: “Sì, ma cicci, tu eri la più bella, con il tuo
nuovo vestito di strass!”
Compagna
1: “Già e mi sto preparando per il prossimo party! Venerdì ho già una bella
prenotazione dall’estetista!”
Compagna
3: “Farai la luce pulsata?”
Compagna
1: “Ovviamente!”
Compagna
2: “Io invece vado a fare la lampada, devo avere un’abbronzatura perfetta,
anche perché dovrò rimorchiare il più possibile!”
In tutto
questo, io e Tita ci sentiamo molto spesso come due
aliene, ma in modo positivo; nel senso che comunque ci divertiamo a
scimmiottarle e a prenderle per il culo, anche perché loro credono che noi
siamo sfigate e non capiamo niente di moda e quant’altro.
Ore
08:30
Arriva
Giaco trascinandosi dietro Gabri, mentre si insultano
e parlando dell’ultima conquista che Giaco ha fatto sull’autobus, mentre
arrivava a scuola.
“Giaco,
bella!” grido io, dandogli il cinque. “Come si chiama la nuova vittima?”
“Oh, ha
un nome dolcissimo, come quella di Dante, sai?”
“Beatrice?”
“No, Virgilia!”
Io e Tita ci fissiamo e scuotiamo il capo, esasperate.
Questo
ragazzo non cambierà mai.
Ore 08:35
Entra
mia madre, trafelata.
Al
contrario di molti professori, lei è sempre mezzo svampita e si comporta
perennemente come una quindicenne che non vuole saperne di crescere.
Tuttavia,
è una brava insegnante e tutti l’adorano, nonostante si faccia rispettare più
di molti altri.
La
prenderei sul serio, ve lo giuro, se solo non fossi consapevole di come si
comporta al di fuori di quel contesto.
Ha la
cattiva abitudine di pretendere troppo da me, poiché vorrebbe che seguissi le
sue orme ed è per questo che mi ha ficcato a forza allo Scientifico.
Peccato
che non mi conosca affatto e che neanche le importi.
Io,
Giaco e Tita ci divertiamo a farla infuriare,
nonostante lei mantenga il controllo in maniera eccellente.
Il suo
difetto più grande è che, nonostante abbia la fortuna di insegnare nel piccolo
Liceo di Bettola Town, arriva puntualmente in ritardo. Può sembrare un gioco di
parole, ma è un’incorreggibilie ritardataria e questo
permette sempre ai suoi alunni di nutrire una vana speranza, di intravedere uno
spiraglio di libertà.
Ma mia
madre, purtroppo, non manca mai.
E io, di
conseguenza, devo fare lo stesso e non me la scampo neanche quando è il suo
giorno libero o quando la febbre a quaranta mi fa delirare come una folle.
È pura
tirannia!
Ore 10:35
Dopo due
ore di matematica, durante le quali la mia classe potrebbe essere scambiata per
un gruppo di sordomuti, mia madre raccoglie le sue cose e se ne va di tutta
fretta.
Le sue
convinzioni lasciano basito chiunque, dal momento che è convinta di dover
pontificare per due ore esatte e poco le importa se dalle 10:15 il
puntualissimo insegnante di Chimica si ritrova accampato fuori dall’aula.
L’uomo,
un vecchietto che credo dovrebbe essere in pensione da parecchi lustri, fa il
suo ingresso appoggiandosi al bastone da passeggio, mentre un’aitante
assistente di appena ventidue anni lo segue per aiutarlo a trasportare i suoi
libri.
La scena
è patetica, credetemi, soprattutto perché Giaco molla sempre una gomitata a
Gabriel e insieme iniziano a sghignazzare, fantasticando sulle notti folli dei
due, all’insegna di pastiglie blu e sadomaso.
Allora
io e Tita trascorriamo le lezioni di Chimica a
fissare convulsamente il quaderno e a prendere freneticamente appunti, come se
fossimo realmente appassionate di questa ardua materia.
Sollevare
lo sguardo su quei due ci farebbe rimettere la colazione.
Ore 11:10
Intervallo.
Io, Tita, Giaco e Gabriel ce ne andiamo in giardino.
Qui, si
svolgono diverse attività: io mi ingozzo con tutto il cibo che ho portato da
casa + il panino di Tita (è convinta di essere grassa
e ne assaggia giusto qualche boccone) + un cracker dal pacchetto di Giaco + il
tè al limone di Gabriel, che sua madre si ostina a buttargli in borsa senza
rendersi conto che lui detesta il tè. Ma, poiché in casa mia certe “bevande
indicibili” non sono concesse, lui non dice niente e cede la lattina alla
sottoscritta.
Penserete
che sono grassa, ma tutt’altro. Tita mi invidia
perché mangio come un porco e non assimilo nulla.
Tita e Gabriel, invece, trascorrono l’intervallo a
sbocconcellare la loro misera merenda e a lanciarsi occhiate di sottecchi,
mentre Giaco gira per il cortile cercando di abbordare qualche ragazza, senza
alcun risultato.
Dopo un
po’, ci raggiunge anche Mauro, il quale sfodera il suo bel sorriso e si mette a
scherzare con me, nonostante io possa rispondergli soltanto con dei mugugni
indistinti tra un boccone e l’altro.
Che
ragazzo determinato e paziente!
Ore 11:20
Italiano,
ovvero:
- Io e Tita che giochiamo a tris;
- Giaco
e Gabriel che dormono sul banco;
- Le mie
numerose compagne che si truccano e si organizzano allegramente per il prossimo
party;
- Mauro
che scribacchia su un quadernetto, mentre una delle ragazze gli ronza intorno
cercando di farsi notare;
- La
professoressa Demartini si gira i pollici, osservando
con orrore la classe ma non sapendo che fare per cambiare le cose.
Ore 13:15
Libertà!
Usciamo
tutti da scuola, stanchi come se avessimo fatto una maratona di cinquemila
metri o zappato quaranta ettari di terreno.
Ma le
due ore di italiano/fancazzismo sono state devastanti
e chiunque di noi preferirebbe le opzioni su citate.
A quel
punto, mia madre mi raggiunge in macchina e mi porta via asserendo che, se
rientriamo insieme, possiamo pranzare prima e lei poi deve guardare Master Chef
e non ha intenzione di perdersene un solo minuto.
Così la
mia giornata scolastica finisce.
E il
tutto è, ovviamente, intervallato dalle continue sfide che vengono lanciate a
me e Giaco.
Ma di
questo parleremo la prossima volta, cari interessatissimi lettori.