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Autore: So97LoveEd    16/10/2014    0 recensioni
Una principessa disubbidiente e innamorata della vita, un principe responsabile ed amante delle sfide.
Due giovani costretti ad affrontare problemi da adulti.
[RedMoon]
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bright, Fine, Rein, Shade
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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6.



Fine aveva perso conoscenza da parecchi giorni.
Sembrava addormentata.
Shade si era spaventato moltissimo e l'aveva immediatamente portata dal medico, temendo che fosse morta.
-No, non è morta. È semplicemente caduta in una specie di coma.-, spiegò il dottore. -Il suo cervello si è completamente oscurato. Tutti i ricordi sono andati persi. Probabilmente non tornerà più.-, aggiunse tristemente.
Shade però non aveva più lacrime da piangere.
Rimase a vegliare sul corpo addormentato di sua moglie per più di un mese, senza staccarsi da quel letto.
Poi, una mattina, decise che Fine doveva tornare nel suo regno.


Il viaggio non fu semplice. Spostare Fine in quelle condizioni era tremendamente pericoloso, ma Shade corse il rischio.
La ragazza fu accolta nella sua vecchia casa dai genitori e dalla sorella, che la sistemarono nella sua stanza.
Proposero a Shade di restare lì fino a quando... Beh, sì, fino a quando Fine non fosse completamente morta, e lui accettò, perchè non era ancora in grado di staccarsi da quella stupenda creatura che tanto aveva amato.
Lui e Rein si davano il cambio ogni notte e ogni giorno per tenerle compagnia.
Chiacchieravano con lei, le leggevano libri, le accarezzavano le braccia e le gambe per stimolarla, ma lei non sembrava avere intenzione di risvegliarsi.


Quando ormai avevano perso tutti la speranza e avevano deciso che prolungare le sofferenze di Fine era inutile, lei si svegliò.
Più che svegliarsi, emise un flebile suono dalla bocca e si mosse, come per stiracchiarsi, poi si riaddormentò, ma ciò bastò a dare a Shade e agli altri una piccola speranza.
Quel giorno festeggiarono, e la morte e la malattia vennero dimenticate.
Forse l'ambiente allegro stimolarono Fine, che dopo un altro paio di giorni di sonno, finalmente si svegliò ancora.
Questa volta si mise seduta nel letto, guardando fisso davanti a sé. I suoi occhi erano vuoti, spenti, però erano spalancati e vigili.
Il dottore non era del tutto sicuro che vedesse ciò che guardava, ma Shade invece sì.
Chiacchierò con la moglie, senza lasciarsi intimorire da quello sguardo vitreo e un tantino sinistro che lo fissò per più di mezza giornata.
Fine non si lasciò distrarre da niente. Guardava solo Shade.
Non vedeva né Rein, né sua madre e nemmeno suo padre. Solo Shade.
Dopo averle dato da bere, Fine si risistemò tra le lenzuola e tornò a dormire, senza neanche dire una parola o dar segno di intelligenza.
Questo però era già un gran passo avanti.
Shade pensò che sua moglie sarebbe guarita e avrebbe riacquistato i ricordi e che se la sarebbe potuta riportare a casa dove avrebbero ripreso la loro vita da dove l'avevano interrotta, ma non fu così.
Fine si risvegliò altre volte, rimanendo immobile a fissare o Shade o la parete.
Un giorno però il suo naso divenne rosso come i suoi capelli e iniziò a singhiozzare. Silenziosamente, senza fare rumore.
Le lacrime le sgorgarono dagli occhi per un periodo che a Shade parve interminabile.
-Cosa c'è? Cosa c'è, Fine?-, le chiedevano lui e Rein, cercando di spronarla a parlare, ma lei rimase in silenzio.
Quella notte, Shade si addormentò nella stanza degli ospiti del castello, ma prima dell'alba venne svegliato dal rumore della porta che si apriva.
Il giorno seguente non fu in grado di affermare con certezza che fosse stata Fine ad entrare nella sua camera quella notte, ma lui ricordava così.
Ricordava che era entrata in punta di piedi, in camicia da notte e con i capelli sciolti ed arruffati, tanto lunghi che le arrivavano fino al fondo schiena. Si era arrampicata sul letto in cui lui sedeva sbalordito e si era sdraiata al suo fianco, stringendogli le mani.
-Shade, amore, aiutami a morire, non ce la faccio più a vivere così.
Ti ho lasciato una lettera, dietro al comò della nostra camera, l'ho scritta durante quella vacanza in cui ti costrinsi a sposarmi, ricordi?-, mormorò, sorridendo come una ragazzina innamorata che si sta dichiarando. -Leggila, è per te. Aiutami a morire, è l'ultimo favore che ti chiedo.-, disse ancora.
Shade la strinse forte forte contro il petto, accarezzandole i capelli e baciandole la nuca.
Si addormentò così, ma quando si risvegliò le sue braccia stringevano il nulla.
Si lavò, si vestì e corse nella stanza della moglie, trovandola addormentata, così come l'aveva lasciata la sera prima.
Le spazzolò i lunghissimi capelli e li raccolse in una treccia. Poi la baciò in fronte. -Vado a recuperare la lettera, Fine, torno subito.-, sussurrò dolcemente al suo orecchio.
Prese la mongolfiera e tornò al suo palazzo, dove trovò effettivamente la busta bianca con su scritto “Per Shade” nella grafia della moglie.
Dunque non era stato un sogno.
Si sedette sul letto che non usava da settimane, perchè ormai si era stabilito nel regno solare, aprì la busta e lesse la lettera.


Caro Shade,
Questa notte ho fatto un sogno molto strano.
Eravamo insieme e vivevamo felicemente nel regno della luna.
Correvamo su per delle scale, ma ad un certo punto io sono inciampata in un gradino e cadendo mi sono slogata una caviglia.
Allora ho cercato di raggiungere te, che eri andato avanti e mi tendevi la mano. Mi sono alzata in piedi e mi sono accorta di star sanguinando e che la mia pancia si stava sgonfiando lentamente.
Tu allora mi hai portato in spalla fino ad un certo punto, ma poi io mi sono addormentata contro la tua schiena e tu eri troppo stanco per continuare la scalata, quindi mi hai affidata a mia sorella e ai miei genitori, continuando a sorvegliarmi. Ma io non ho più aperto gli occhi, se non una volta, per mettermi a piangere.
Ti ho gridato che volevo morire e poi è tornato ad essere tutto buio.
Ho sentito le tue labbra che mi baciavano la fronte e poi ti ho visto proseguire la scalata da solo.
Non so bene cosa significhi, questo sogno.
Non vorrei sembrarti tragica con queste mie parole, ma penso che non mi resti molto tempo e io voglio sfruttarlo al massimo, stando al tuo fianco. Ecco perchè ti ho chiesto di sposarci così all'improvviso. So che mi dirai di sì, ma non ho nessuna certezza sul nostro futuro.
Quando starò per morire, che sia tra due anni, tra venti o tra sessanta, ti farò leggere questa lettera, così da non sentirti troppo solo dopo che me ne sarò andata.
Voglio solo che tu capisca quanto è importante l'essenza del tempo, quant'è importante vivere giorno per giorno, quanto in fretta ci può scivolar via la vita dalle mani.
Spero che quando morirò troverai un'altra ragione per vivere e che non sprecherai il tempo che resta a te.
Non te l'ho mai detto prima d'ora, ma ti amo, con tutto il cuore.
Fine


Shade ripiegò la lettera con cura e la rinfilò nella busta.
Se la mise in tasca e tornò dalla moglie, che ancora dormiva.
Le sciacquò il viso con una spugna bagnata e le pettinò ancora i capelli, le cambiò la camicia da notte e le riscaldò i piedi gelati con le sue mani.
La sua pelle era diventata bianca come il latte e le sue labbra avevano perso quel colore rosso intenso che le avevano sempre caratterizzate.
-Cosa devo fare?-, domandò a sé stesso, strofinandosi gli occhi per non scoppiare in lacrime.
-Devi lasciarla andare, Shade.-, gli rispose, Rein, appoggiata allo stipite della porta.
Chissà da quanto tempo era rimasta lì senza farsi sentire.
Il cognato le rivolse un'occhiata interrogativa.
-Come probabilmente ti sarai accorto, mia madre e mio padre si sono arresi. Li vedi? Per loro Fine è già morta. Anche per me ormai se n'è andata. Non ho alcuna ragione per pretendere che resti tra noi...-, cercò di spiegare lei, ma Shade la interruppe.
-Come sarebbe a dire? Lei è tua sorella, le vuoi bene, come puoi sperare che muoia?-, più che arrabbiato, era stupito dall'insensibilità di Rein.
-Ti prego, non giudicarmi come un mostro, ma Fine sta soffrendo da morire a vivere così, non te ne sei accorto?-, domandò, avvicinandosi alla sorella per prenderle la mano bianca e inerte.
La realtà dei fatti colpì Shade come uno schiaffo.
La verità era che lui si stava comportando da egoista, a trattenere Fine nel mondo dei vivi quando sarebbe stata molto più felice ad abbandonare quel corpo non funzionante.
Non stava pensando al bene della moglie, ma alla propria felicità. Certo, non c'era più allegria nei suoi giorni ed era costantemente obbligato a prendersi cura di quella ragazzina senza sosta, ma almeno poteva stare ancora con lei. La verità era che aveva paura di essere abbandonato e dunque aveva paura di lasciarla andare.
-Lasciala andare, Shade.-, lo supplicò Rein. -Se la ami, spezza l'unico legame che la obbliga ancora a restare fra noi esseri viventi. Rassegnati.
Shade aspettò che Rein lasciasse la stanza per raccogliersi nel suo dolore.
Si sedette di fronte al corpo di Fine e scoppiò a piangere come un bambino.
-Non voglio lasciarti andare, Fine... Non puoi andartene così...-, continuava a ripetere, dondolandosi avanti e indietro per attenuare il dolore che gli stava straziando il petto.
E poi, all'improvviso, sentì una mano calda accarezzargli i capelli.
-Fine...-, sussurrò sorpreso, alzando lo sguardo.
Fine sedeva tra le coperte, sorridendo dolcemente, con i capelli raccolti in una coda alta, gli occhi pieni di vitalità, le labbra rosse e la pelle abbronzata. Il suo volto non era più scavato dalla malattia, sembrava rinata. Irradiava una strana luce dorata.
-Shade, non aver paura, resterò sempre al tuo fianco. Ti proteggerò e ti guiderò, ma lascia che mi separi da questo corpo già morto. Sarò sempre con te, te lo giuro.-, gli disse con dolcezza, asciugandogli le guance bagnate di lacrime e baciandogli le labbra per l'ultima volta.
Poi Fine si ristese tra le coperte e tornò ad essere quella bambina cadaverica e stanca e triste che si svegliava solo per piangere sconsolata.
Shade, ancora sconvolto per l'incontro con la moglie, non si accorse che la ragazza aveva smesso di respirare.
Dentro di sé sentiva che qualcosa era andato distrutto per sempre, ma dalle macerie era spuntato un germoglio.
Non avrebbe mai dimenticato quella ragazza che tanto gli aveva dato, con cui aveva condiviso tutto, che era il suo grande amore, allora e anche nella morte.
-Mi arrendo, Fine... Vai pure...-, sussurrò, e quando alzò lo sguardo su di lei, era già volata via da un pezzo, senza che lui se ne accorgesse.


Sono il vuoto, sono tutto ciò che esiste, sono in ogni foglia del bosco, in ogni goccia di rugiada, in ogni particella di cenere che l'acqua trascina via, sono nulla e tutto il resto in questa vita e in altre vite, immortale.”

Paula – Isabel Allende

FINITA! FINALMENTE SONO RIUSCITA A PUBBLICARE ANCHE L'ULTIMO CAPITOLO, SPERO CHE QUESTA FANFICTION VI SIA PIACIUTA :)

  
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