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Autore: Alys_90    16/10/2014    3 recensioni
-Sana addio. È finita, non cercarmi mai più-. E così dicendo rientrò.
Akito Hayama mi aveva davvero lasciata. E per di più in quella squallida maniera.
Corsi via, disperata.
-ADDIO!-.
Akito ha lasciato Sana. Come procederà la vita di entrambi? Sarà stato un addio definitivo oppure torneranno nuovamente insieme?
A tal riguardo, un grande segreto verrà a galla e scompiglierà le vite di tutti i protagonisti ..
Questa è la mia prima Fanfiction! Spero sia di vostro gradimento!
Dedicata a Simone, il mio adorabile fratello. ♥
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Naozumi/Sana, Sana/Akito
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti/e! :)
Ed eccomi tornata a pubblicare un altro capitolo! Finalmenteeee ... ! ♥
Scusate questo ritardo assurdo! Spero di riuscire ad aggiornare più spesso avendo terminato l'università e lavorando al mattino!
Spero che comunque continuiate a seguirmi e che questo capitolo sia di vostro gradimento! ♥
Grazie a coloro che hanno recensito il precedente capitolo e a coloro che mi supportano sempre!
Alla prossima! :)
Un bacione grandissimo! ♥


Alys_90

BUONA LETTURA ♥
E grazie ancora a chi recensisce e a chi legge soltanto ♥


Mi voltai e vidi Fuka e gli altri chiamarci a squarciagola dall’ingresso dell’ospedale.
La loro espressione sconvolta e allarmata non prometteva nulla di buono.
Sana mi guardò preoccupata, stringendo gli occhi dalla paura che stava per attanagliarle il cuore.
-Per quale motivo ci stanno chiamando con questo tono spaventato?- sussurrò Sana in preda al panico.
-Non ne ho idea, ma è meglio se usciamo allo scoperto. Sembrano più che spaventati!-.
Controvoglia, uscimmo entrambi dal piccolo cespuglio che ci aveva nascosti, in modo da raggiungere i nostri amici.
-Eccoci!- esclamai, avvicinandomi al gruppo. -Che succede?! Perché siete così ansiosi?!- .
Sana mi strinse la mano ancor più forte. Potei provare sulla mia pelle la brutta sensazione che molto probabilmente stava vivendo in quell’istante, temendo di ricevere altre cattive notizie sul mio stato di salute.
I miei occhi saettarono da Tsuyoshi a Rei, che in un battibaleno mi prese per le spalle, imprecando: -Oddio! Dove siete stati per tutto questo tempo?! È accaduta una cosa orrib … -.
-Rei!-. La signora Misako lo zittì con un’occhiata glaciale, per poi rivolgersi a me e a Sana con tono calmo. - Akito. Sana. Seka è scomparsa-.
Il mio cuore si frantumò in una miriade di pezzi. Spalancai gli occhi per la sorpresa, subito sostituita dal terrore e dall’angoscia.
Sana si sciolse dalla nostra stretta , portandosi una mano alla bocca e sussurrando: -Che cosa? Mamma, no … Non può essere!-.
Si accovacciò a terra, singhiozzando disperata. Le lacrime le scesero lungo le candide guance, lasciando una scia bagnata di dolore e rabbia.
D’istinto mi abbassai e l’abbraccia forte, carezzandole dolcemente la chioma rossa.
-Amore mio, la ritroveremo. Te lo prometto-. La mia voce tremava e mi chiesi se credessi veramente in ciò che avevo detto pochi secondi prima.
-Sana, forza … -. Fuka si avvicinò e si unì al nostro abbraccio. Il suo respiro caldo si posò sul mio collo, mentre le sue braccia accolsero Sana.
-Fuka, sono stanca! Quand’è che avrò la certezza che Akito resterà al mio fianco per sempre?! Eh?! Quando?!-.
Ascoltai le sue parole e uno squarcio nel petto mi tolse il respiro.
La mia dolce Sana non si dava mai per vinta, per nessun motivo al mondo e, per tal ragione, vederla in quello stato sofferente mi annientava dentro.
Nonostante si parlasse della mia vita, io non pensavo ad altro se non a proteggere Sana e a renderla felice. Desideravo vederla sorridere come un tempo, sentirla mia infinite volte e tenerla al sicuro dal dolore.
-Figlia mia, non piangere!-. La signora Misako avvinghiò Sana al proprio corpo, trasmettendole tutto il calore e l’affetto che solo una madre è in grado di fare.
-Akito … -. Tsuyoshi mi squadrò, piangendo in silenzio. -Dobbiamo trovare Seka. Tutti noi pensiamo che non se ne sia andata volontariamente. Le è successo qualcosa-.
Non riuscii più a connettere i pensieri, i discorsi e ciò che stava accadendo intorno a me. Stavo continuando a fare del male alle persone che amavo: a papà e Natsumi, che avevano i volti rigati da gocce salate senza alcuna speranza, ai miei amici, tristi e arrabbiati per la mia condizione, a Seka, la mia bambolina dal cuore tenero e a Sana, colei che rappresentava il mio universo e le mie certezze più belle.
Ero distrutto e non potei trattenermi ulteriormente. Feci uscire dai polmoni il mio odio e la mia collera per quella disgustosa condizione che stavo attraversando ormai da troppi mesi.
Un urlo squarciò il cielo stellato, risuonando nell’aria. Battei un pugno sul freddo lastricato, che si crepò leggermente.
Sana smise di piangere, fissandomi sbalordita. -Hayama … -.
Si sciolse dall’abbraccio della madre e venne verso di me con le calde iridi cioccolato velate da lacrime tenui. -Hayama … -. Ripeté il mio nome ancora tante volte, prima di stringermi forte, affondando la lunga chioma dei suoi capelli sul mio torace.
-Principessa … Lo so, provo ciò che stai provando tu adesso. L’empatia tra noi due è talmente forte che niente e nessuno può distruggerla. Non siamo più in grado di sostenere questa situazione. Ogniqualvolta si presenta un barlume di fiducia per la mia guarigione, succede qualche fatto orribile che lo spegne in un battibaleno. Ma … -. La presi per le gote, obbligandola a guardarmi dritto negli occhi. -Sappi che non è colpa tua, solo mia-.
Sana mi posò le dite rosee sul viso, donandomi una carezza carica d’amore. -Akito, non dire così, ti prego. Io … -.
-Sana … -. Posai lo sguardo a terra, facendo ricadere qualche ciuffo ribelle sulla fronte. -Il mio compito ora è trovare Seka. Non lascerò che paghi lei le conseguenze per ciò che mi è accaduto. Non lo permetterò mai!-.
Detto ciò, la superai, correndo a perdifiato verso l’uscita dell’ospedale. Medici ed infermieri sbatterono contro il mio corpo, cercando di fermarmi.
-Akito, aspetta! Torna indietro!-. Un coro di voci che riconobbi appartenere a Tsuyoshi, Aya e agli altri si fece strada alle mie spalle.
Mi voltai per pochi secondi. Papà e Natsumi correvano a perdifiato con i miei amici, gridando il mio nome.
L’unica persona che era rimasta immobile, paralizzata in una morsa di pura sofferenza, era stata lei, Sana. Nei suoi occhi il vuoto più buio e più grande che avessi mai visto.
Il cuore si contrasse in fitte dolenti, ma non avevo altra scelta se non quella di andare avanti, ignorando i suoni straziati di coloro che mi imploravano di restare e lo sguardo di quella bellissima ragazza che amavo oltre ogni cosa possibile.
Era necessario dare un taglio netto al verbo soffrire e l’avrei fatto a qualsiasi costo. Qualsiasi.
 
***
 
 
-Ragazzina, vuoi stare ferma?! Accidenti!-.
Il mostro che mi aveva catturata mi osservò con aria minacciosa. -Non ti è bastata la lezione, eh?! Avanti, rispondi!-.
Dopo essere stata costretta a cambiarmi d’abito, indossando uno stupido camice bianco sporco, stavo seduta nel piccolo furgoncino appartenente a quella banda di delinquenti.
Esaminai la benda, impregnata di sangue rappreso, attorcigliata intorno al braccio. Lo sgomento si riaccese dentro di me e una scarica di paura mi attraversò da capo a piedi.
Inginocchiata a terra in quello stretto spazio circondato da facce malvagie, mi dondolavo impaurita, chiedendomi dove fossimo diretti.
-Sì … -. Un flebile suono uscì dalle mie labbra, provocando un sorriso sinistro al capobanda.
-Bene bene. Immagino che tu voglia sapere dove stiamo andando. Ti accontento subito, baby. La nostra meta è l’ospedale e indovina un po’? Ti ho conciata in quel modo - disse, facendo un cenno col capo nella mia direzione -per una precisa ragione, ossia spacciarti come una dipendente dell’istituto e scambiare i campioni del tuo dolce amichetto-.
-No!- esclamai, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime. -Non lo farò mai!-.
Le pupille infuocate del mio interlocutore si accesero, penetrandomi nell’anima.
Mi si scaraventò contro, urlando: -Ora mi hai davvero scocciato! Tu farai quello che dico! Chiaro?! Domani effettuerai l’esame e poi scambierai i campioni! E fingi bene, altrimenti non la passerai liscia!-. Mi strinse la mano sudicia sulle guance, premendo con forza. Un sottile rivolo di sangue si posò sulle mie labbra, provocato dall’impatto della stretta.
Mi lasciò, scrutandomi ripugnante. -Voglio quel biondino fuori dai giochi!-.
Pulendomi con l’orlo della manica, lo guardai, chiedendo: -Ma che ti ha fatto Akito, eh?! Che ti ha fatto?!-.
Il ragazzo mi rivolse uno sguardo carico di disprezzo, mormorando: -Sono io, qui, che faccio le domande. Zitta, ragazzina-.
Chiusi gli occhi, atterrita.
Non avrebbero mai lasciato in pace Hayama. Lo odiavano e non riuscivo a comprenderne il perché.
Mi accasciai lungo la parete del mezzo, incapace di proferir parola. Mi limitai a piangere, emettendo qualche gemito strozzato.
L’indomani mi sarei sottoposta all’esame per donare ad Akito il mio midollo osseo, inventando chissà quali scuse escogitate da questo clan di criminali impazziti.
Poi, avrei dovuto scambiare il liquido estratto con un altro non compatibile, che sarebbe stato destinato ad Hayama.
Posai la testa sulle braccia e mi chiusi a riccio, credendo in tal modo di poter allontanare la paura.
Il piano era stato ben escogitato nei minimi dettagli da quei teppisti, che non mi avrebbero lasciato alcuna via di scampo. Dopo esserci nascosti per una notte nei pressi dell’ospedale, avrei dovuto portare con me questa stupida divisa e attuare il tutto.
La scelta era una e consisteva nel non rivedere più la mia famiglia, i miei amici e Akito.
“Hayama, ti amo talmente tanto … Loro mi ucciderebbero se non obbedisco agli ordini … Ma non posso farti questo, non posso … Salvami, ti prego!”.
Una potente frenata mi fece sobbalzare e picchiare la testa contro il soffitto della vettura.
-Ed eccoci arrivati!-. Il mio carnefice si alzò, pronto per aprire gli sportelli del mezzo e parlare con coloro che guidavano.
Mi alzai appena per raggiungere il finestrino e poter dare così un’occhiata  all’esterno. Potei notare alcuni metri più in là un imponente edificio costellato da una grande massa di piccole luci. “È l’ospedale! Sono vicina. Se solo potessi …"-.
Mentre stavo escogitando un modo per fuggire da quel gruppo di malviventi, vidi una testa bionda risaltare sotto le luci dei lampioni sul marciapiede.
Esaminai meglio il profilo e ne riconobbi subito … -Akito! Akito, sono qui!-.
Strillai con tutto il fiato che avevo, cercando di attirare la sua attenzione, battendo i pugni sul vetro incrostato.
-Hey!-. Un telo dall'odore acre mi si posò sulla bocca, impedendomi di respirare.
-Mmm … -. Continuai a battere il finestrino con la poco forza che mi era rimasta, sperando che Akito mi sentisse.
L’ultima cosa che vidi prima di cadere in un sonno profondo furono due occhi ambrati posarsi sui miei.
 
 
 

 
  
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