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Autore: Damon94    17/10/2014    1 recensioni
- Ho talmente cose da dire che, paradossalmente, non ne ho neppure un modo, per poterle esprimere -
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I

Il 5 di aprile Anastasia Palmer lasciò la sua vecchia e amata casa nel Leicestershire per andare a vivere a Londra, con dei parenti lontani quasi sconosciuti. 
Suo padre, che per trentacinque anni era stato un poliziotto rispettato nel paesetto di Tiddlington, era morto quindici giorni prima e aveva lasciato alla sua unica figlia una lettera in cui diceva di essersi messo d'accordo coi dei suoi amici di vecchia data, i Thompson, pregandogli di accoglierla in casa loro per un po' di tempo.
La signora Thompson era cugina del signor Palmer. Da giovani erano molto amici, ma per problemi lavorativi avevano perso i contatti. In seguito Jane aveva sposato Steve Thompson, e apparentemente era stata molto felice con lui. Quando dopo vent'anni Steve era morto, la vedova, aveva sposato il cugino più giovane del signor Thompson, Adam, ma dopo sei anni era rimasta vedova una seconda volta. Jane aveva avuto tre figli. 
Nel frattempo il signor Palmer, dopo aver acquistato casa a Tiddlington, aveva sposato la figlia del dottore. Era molto felice in famiglia; i suoi doveri di poliziotto lo tenevano molto occupato e così aveva finito col dimenticare la bella Jane Thompson. La sua condotta però non era molto redditizia, perciò lasciò alla sua uncia figlia, Anastasia, una rendita annua molto misera.
Anstasia avrebbe preferito non essere stata "lasciata in eredità" ai Thompson. Da quanto aveva sentito dire, era gente che stava molto bene economicamente, ma che non avrebbe gradito la seccatura di ospitare una giovane estranea, sia pure per poco tempo.
Il figlio maggiore, David, un celibe di trent'anni (a quanto pareva nessuno di loro era sposato) era venuto al funerale e l'aveva invitata a "nome di tutti" ad andare a abitare da loro. Ma Anastasia era convinta che costui non l'avrebbe invitata se non fosse stato pregato da suo padre, e questa convinzione le dava un certo senso di disagio. David era stato gentile ma indifferente. Si vdeva bene che la considerava una bambina, e non una donna già esperta che dopo la morte della mamma era stata per cinque anni direttrice della casa. 
Ma per il momento Anastasia non aveva scelta, e poichè il padre aveva desiderato che andasse dai Thompson, accettò l'invito conquanta buona gentilezza le fu possibile.
Non partì insieme con David, perchè aveva diverse cose da sistemare. David le promise di occuparsi della cessione della condotta, ed Anastasia, dopo uno sguardo al suo viso energico e pieno di buona volontà, era sicura che avrebbe sistemato benissimo i suoi affari. 
Aveva poi ricevuto una lettera dalla signora Thompson. Diceva di essere contenta che la "bimba del caro signor Palmer" venisse a stare da loro, di aver provato un gran dolore ricevendo la lettera che egli aveva lasciato per lei. Quando Anastasia ebbe finito di leggere la gentile lettera, fece una smorfietta chiedendosi fino a che punto quelle frasi così bene scritte fossero sincere. Ma era troppo addolorata per la perdita del babbo per preoccuparsene. Se si fosse accorta di non essere gradita ai Thompson se ne sarebbe andata alla prima occasione.
Il giorno prima di partire salutò tutte le sue amiche, ma solo Spencer e Ginevra, le più intime, quelle che erano state in classe con lei a scuola, l'accompagnarono alla stazione. All'ultimo momento Spencer la baciò. Ci fu un certo imbarazzo tra loro, poichè erano abituate a scambiarsi un cenno con la mano; ma anche Ginevra, benchè si vergognasse un po', decise di fare altrettanto.
- Scriverai, non è vero? - le ricordò Spencer con voce un po' acuta - E verrai da me quest'estate. -
- Un poco anche da me, vero? - aggiunse Ginevra un po' gelosa.
- Verrò certamente; sentirò la vostra mancanza, - rispose Anastasia un po' commossa. - Scrivetemi spesso, tutt'e due! - 
Il treno si era messo in moto, e le due ragazze gli tennero dietro sino alla fine del marciapiede. 
Anastasia dal finestrino le vide lì in piedi, con aria piuttosto dispiaciuta, agiater le braccia in segno di saluto fino a che il treno svoltò a una curva e la stazione scomparve dalla sua vista.
Allora si sedè nel suo angolo senza riuscire a trattenere le lacrime. Si trattava di una rottura completa e improvvisa col suo passato, senza sapere quello che il futuro le avrebbe riserbato.
Il treno non era affollato perchè non era l'ora della ressa. Nello scompartimento con lei vi erano altre due ragazze che ella osservò con curiosità domandandosi se abitassero a Londra e se fossero un giorno destinate a diventare sue amiche. Una era una ragazza alta, bruna, con dei grandi occhi color nocciola, era, secondo Anastasia, la più simpatica delle due; l'altra, più bassa, formosa, con occhi celesti e capelli biondi, loquace e piena di brio, era molto bella e lo sapeva bene. Non si curarono affatto di Anastasia, non potendo certo immaginare ch lei sarebbe diventata una nuova abitante di Londra. Anastasia si domandò se le due ragazze si sarebbero ricordate di lei, in caso si fossero incontrate in seguito. 
Durante questo viaggio sentì nominare per la prima volta Xavier e William. Dissero che erano due fratelli, molto simile fisicamente, essendo entrambi alti, mori e molto affascinanti; ma caratterialmente diversi, descrissero William come una persona molto buona, gentile nei confronti del prossimo, sempre disponibile e infinitamente romantico. Riguado Xavier dissero tutto l'opposto, lo criticarono per la sua maleducazione, per il fatto che trattava le donne come spazzatura e non aveva per niente rispetto. Non nominaro mai però, il loro cognome. 
Anastasia incuriosita, incominciò ad almanaccae su l'identità di William e Xavier. Potevano essere i fratelli di David Thompson? 
Il treno si fermò a una stazione dove in grosse lettere nere, stava scritto "Londra". Le due ragazze lasciarono lo scompartimento senza nemmeno rivolgerl un'occhiata. Anastasia tirò giù dalla rete la sua valigia (il resto del bagaglio era stato spedito in precedenza) scese il maciapiede, e si guardò in giro con aria piutttosto smarrita. Le poche pesone che erano scese dal treno si erano già allontanate. Nessuno le era venuto in contro, e a un tratto si sentì molto abbattuta. Capì che la sua presenza non era realmente desiderata.
Fuori dalla stazione trovò un taxi che l'accompagnò fino alla casa dei Thompson.
La porta fu aperta dalla domestica dal viso simpatico che le sorrise con aria accogliente pur senza dimostrare un'eccessiva familiarità. La donna le prese la valigia e la condusse in una grande camera molto carina, tappezzata di celeste e cema. L'azzurro era il suo colore preferito; si guardò intorno e  scorgendo i vasi pieni di fiori sulla finestra, si sentì sollevata. 
- Sono tutti fuori, signorina - le spiegò la domestica - Troneranno tra poco. - 
- Grazie. Come vi chiamate? - domandò Anastasia con un sorriso amichevole.
- Oh dammi del tu! - disse sorridendo - Mi chiamo Elisa, per qualsiasi cosa mi potete chiamare - e con ciò si ritirò, lasciando che Anastasia si sistemasse. Dopo dieci minuti, le venne voglia di vedere l'enorme giardino di cui le aveva parlato nella lettera la signora Thompson.
Appena uscì fu travolta da una deliziosa festa di colori, profumi e fiori di ogni tipo. Anastasia scorpì di non aver visto mai nulla di così bello o interessante e rimase talmente incantata dal giardino che vi si soffermò a lungo. Rimase a contemplare il piccolo laghetto, al cui interno si trovavano tanti piccoli pesci rossi. Mentre lo ammirava si lasciò sfuggire un lieve sospiro; si sentiva a proprio agio, in pace.
- Grandioso, vero? - disse una voce alle sue spalle. Si voltò di scatto, trasalendo poichè non si era accorta di avere dietro di sé un uomo coi capelli scuri e gli occhi marroni. Sembrava adirittura imponente con la figura alta e slanciata, ma aveva un sorriso molto simpatic, caldo. - Ogni volta che vengo qui mi rilasso. Chiudo gli occhi, e mi sembra come se tutti i problemi della vita mondanda mi lasciassero per un attimo nella pace più assoluta - 
Anastasia sorrise a quelle parole perchè rispecchiavano proprio la sua prima impressione. - E' quello che pensavo anch'io! E quando ho visto il laghetto mi sono innamorata ancora di più di questo posto! - 
- A me piace così com'è! Odio profondamente quei posti circondati dalla natura rovinati da dei ragazzetti maleducati! - Anastasia assentì nuovamente, accorgendosi immediatamente di  non riuscire a staccare i suoi occhi da quelli di lui. 
- Mi chiamo William Thompson, e lei dovrebbe essere Anastasia? - chiese tendendole la mano.
- Si, sono io. - disse Anastasia, sentendo le sue guancie andare a fuoco, era il ragazzo di cui parlavano quelle due ragazzine sul treno. Quindi lui e Xavier erano i suoi nuovi coinquilini, all'improvviso si sentì in imbarazzo.
- Sono molte felice di conoscerti! La mamma c'ha parlato molto di te! Non vedevamo l'ora di conoscerti! - esclamò sorridendo. 
- Will! Non starai mica corteggiando di già la nostra nuova coinquilina! - disse una voce maschile alle loro spalle. Appena si girò il cuore di Nastasia perse un colpo. Chi aveva parlato era un ragazzo molto simile a William, ma con dei grandi occhi azzurri e, se possibile, molto più bello e affascinante.
- Io sono Xavier Thompson, la pecora nera della casa - a quelle parole William rise, e Xavier le tese la mano. Quando gliela strinse per un attimo la vista di Anastasia si annebbiò, i brividi la travolsero e sentì una scossa partirle dalla mano come se avesse appena preso la corrente. Sentii una voce mashcile ridere, e le sembrò di vedere del sangue uscire dalla bocca di Xavier. 
In un attimo si scansò, e appena perse il contatto con Xavier sentì riaversi. Quando alzò la testa, vide che anche Xavier era sbiancato. 


- ​Nota dell'autore - 
Buongiorno a tutti, per prima cosa vi volevo ringraziare di aver anche solo letto qualche parola di questo lungo testo, per me vale molto!  Spero con tutto il cuore che vi piaccia! Inoltre, mi volevo scusare per gli eventuali errori grammaticali. 
Buona lettura! 
   
 
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