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Autore: Lex    10/08/2003    0 recensioni
I nostri eroi crescono e sono chiamati, come tutti noi, a prendere decisioni importanti. Cosa succederà adesso?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SHION


Sentì un tuono in lontananza e si rigirò nel letto coprendosi il viso con la coperta.
Si sentiva agitata, confusa. Nella sua mente apparivano e sparivano mille parole, ricordi, immagini, pezzi di un puzzle scomposto. Ma l’immagine più ricorrente era quella delle sue spalle. Le spalle di Masahiko che le fa strada sul treno affollato, Masahiko che scende dal tetto, Masahiko che la porta in bicicletta. Le sembrava di averle davanti agli occhi, di poter allungare una mano per toccarle, per sentirne robustezza e calore.
Sorrise tra sé stringendosi sotto le coperte e si stupì ancora una volta di quanto si fossero fatte grandi.
Un altro tuono la distrasse per un attimo, spingendola a far capolino dalla coperta per osservare la luce del lampo invadere la stanza da letto.
Nuovamente al buio tornò l’immagine di Masahiko. Quante cose erano cambiate tra loro. Ci pensò bene e si rispose sinceramente: tutto e niente. Si. Tutto e niente.
Si girò su sé stessa e rivolse lo sguardo al soffitto.
Masahiko. Chi era Masahiko, cosa rappresentava nella sua vita?
Le piaceva soffermarsi a pensare a lui. Si, anche se solo di rado se lo consentiva, perché in cuor suo le sembrava davvero troppo sdolcinato.
Ma ora aveva anche una scusa per farlo. D’altra parte avrebbe dovuto pur rispondergli prima o poi. Lui era stato sincero e gli doveva altrettanta sincerità.
Una lieve sensazione di disagio la colse di nuovo, ma cercò di respingerla con forza. In realtà il problema era proprio quello, anche lei era stata sincera. Davvero non aveva saputo cosa rispondergli. Ma stavolta doveva sforzarsi di farlo, doveva cercare dentro di sé una risposta. Già, non sarebbe stato corretto rimandare ancora, pensare solo a sé stessa concedendosi di continuare a trovare degli alibi.
Si girò di scatto su un fianco sbuffando appena e corrucciando il viso. Un attimo dopo rise di sé. Sembrava proprio una lezione di training autogeno.
Fece scivolare le braccia sotto il cuscino e si stirò la schiena rilassando le spalle. Affondò il viso nel guanciale e socchiuse gli occhi. Per un attimo le sembrò di sentire il contatto del braccio di Masahiko sulla schiena.
Esitò per un attimo, poi decise di godersi ancora quell’emozione. Così chiuse gli occhi e sentì chiaramente la pressione del suo avambraccio lungo i dorsali, la mano sul costato. Un piccolo, lieve sorriso le sfuggì dalle labbra. Sentì la propria mano stretta di nuovo nella sua. Così calda, sicura, poggiata sul suo petto. Si sentì spinta verso di lui, così vicina, solo un filo d’aria tra loro. E quanto le piaceva quell’intimità, quanto la faceva sentire bene e quanto le faceva paura. Anche quella sera ne aveva avuta, e nemmeno poca, ma le era piaciuto lo stesso. Come tutte le altre volte. E quindi desiderò ancora che non si fosse allontanato, che l’avesse stretta ancor di più fino a far sparire anche quel filo d’aria.
Riaprì lentamente gli occhi che si velarono di timida tristezza. Avrebbe desiderato far scivolare l’altro braccio dietro la sua schiena e stringersi a lui. Forse l’avrebbe fatto se non si fosse allontanato. Forse.
Sgranò improvvisamente gli occhi e si alzò di scatto mettendosi seduta sul letto. Ma perché forse? Perché mai non avrebbe dovuto farlo se lo desiderava? Cosa diavolo la fermava?
La luce di un altro lampo penetrò attraverso le tende di lino chiaro. Osservò distrattamente le ombre sul muro e si lasciò cadere di nuovo sul letto. Gli occhi e i palmi delle mani rivolti al soffitto, le braccia abbandonate lungo i fianchi. Non era proprio da lei. No davvero.
Si voltò faticosamente su di un fianco, cercando con una mano la coperta che le era rimasta piegata in grembo. La tirò su coprendosi nuovamente gran parte del viso.
Se avesse agito d’istinto lo avrebbe fatto. Si. Se non l’avesse lasciata pensare, se si fosse trovata d’improvviso tra le sue braccia non se ne sarebbe allontanata e anzi si sarebbe stretta a lui. E si sarebbe lasciata baciare. Si. Come la sera precedente.
Si rannicchiò sotto le coperte facendo salire inconsapevolmente le ginocchia verso il busto.
Come la sera precedente.
Era il loro ultimo giorno a Kochi e la nonna aveva insistito perché indossasse uno dei kimono di famiglia. Fantasia blu, gialla e bianca, con la manica a metà lunghezza del braccio impreziosita da una coda tra il gomito e la spalla che si allungava quasi sino a terra. Un modello fresco e giovanile tradizionalmente adatto ad una giovane non ancora coniugata.
Sora aveva acquistato dei fuochi d’artificio con la scusa di festeggiare ancora il compleanno della nipotina e, quindi, dopo cena tutti erano usciti in giardino per farli esplodere. Inutile dire che i quattro maschiacci di famiglia, Sora, Kaoru, Shion e Masahiko, si erano spartiti quelli più appariscenti ed inutile dire anche che Masahiko, con la complicità di Kaoru, aveva combinato un altro pasticcio e si era quasi ucciso facendosene scoppiare uno in viso.
Ridacchiò sotto le coperte ricordandone il grido di spavento ed il viso tutto sporco di nero. Come mai avrebbe potuto cavarsela il suo Masahiko vivendo tutto da solo?
Una volta rimaste le sole stelle filanti i quattro si erano tirati in disparte lasciando finalmente divertire anche gli altri. Aveva distribuito i bastoncini da incendiare e aveva raggiunto sul portico Masahiko portandogli un fazzoletto datole dalla nonna, la quale, peraltro, si era dimostrata più preoccupata della sorte del kimono messo a dura prova dai fuochi che di quella del nipote.
L’aveva aiutato a ripulirsi senza però risparmiarsi qualche frecciatina gratuita e godendosi le sue espressioni fintamente imbronciate. Poi si era voltata per ridiscendere in giardino ma lui le aveva preso una mano e l’aveva tirata gentilmente indietro, portandola vicino a sé.
Da quella parte del portico si poteva vedere tutto il giardino ma, essendo parzialmente in ombra, gli altri non avrebbero potuto vederli distintamente. Erano rimasti così a lungo, spalle al muro, fianco a fianco. Con la mano stretta nella sua, sentiva il contatto della spalla e del braccio contro il suo corpo. Non le aveva detto una parola e non si era nemmeno mai voltato, ma le piacevano l’espressione serena del suo viso e la stretta sicura della sua mano. La facevano sentire stranamente calma e rilassata. Ricordò di aver sorriso.
Poi, d’un tratto, con la coda dell’occhio lo aveva visto scomparire nella parte ancor più in ombra del portico e subito dopo si era sentita tirare nella sua direzione. Un attimo dopo era tra le sue braccia. Non l’aveva lasciata pensare e l’aveva baciata. Un bacio a fior di labbra, certo, ma dopo un attimo di smarrimento lei lo aveva ricambiato. E aveva ricambiato anche il secondo, dopo aver visto balenare per un attimo i suoi occhi nella penombra. E avrebbe ricambiato anche il terzo se non avesse sentito arrivare qualcuno. Si era allontanata di scatto e un attimo dopo il nonno era apparso alle loro spalle senza per fortuna dar segno di averli visti.
Il rumore di una pioggia prima leggera e poi insistente invase la stanza. Rimase ad ascoltarlo per un momento pensando a quanto fosse piacevole starsene sotto le coperte mentre fuori pioveva. Si accomodò meglio nel tepore del letto facendo scivolare di nuovo la testa sotto la coperta e la sua mente tornò alla sera precedente.
Si morse istintivamente il labbro inferiore nel ricordare quanto gentile ed intenso fosse stato il contatto con le sue labbra. Quanto forte fosse stata la stretta delle sue braccia dietro la schiena. Quanto leggera fosse stata la sua mano nell’insinuarlesi tra i capelli.
L’arrivo del nonno era stato come se qualcuno l’avesse violentemente strappata dal sonno, era riuscita a far finta di niente, ma la sensazione che aveva provato era quella di essersi buttata da un treno in corsa.
Masahiko era rimasto immobile ed in silenzio. L’espressione del suo viso era stata per una volta indecifrabile. Poi, mentre il nonno la conduceva in giardino sottobraccio, era rimasto nell’ombra del portico. Era riuscita a rivolgergli un ultimo rapido sguardo da sopra la spalla, ma non aveva potuto vedergli il viso.
Era rimasta in giardino con gli altri. Aveva chiacchierato, riso e scherzato, ma non si sentiva bene. Sentiva di averlo fatto soffrire. Ma d’altro canto come avrebbe dovuto comportarsi? Avrebbe forse dovuto lasciare che il nonno li vedesse?
Una volta liberatasi di lui aveva desiderato tornare indietro, ma aveva avuto paura di non ritrovarlo ancora lì. O forse del contrario. Cosa avrebbe fatto o detto? Non lo sapeva. Davvero non lo sapeva.
Si girò di scatto su sé stessa e si adagiò sull’altro fianco.
Lui non le aveva detto più niente, neppure quella sera. Non una parola su quanto era successo. Però, a giudicare da come le aveva parlato poche ore prima, non era certo arrabbiato con lei. Inoltre, a quanto pare, aveva parlato a mamma e papà e aveva detto loro… aveva detto loro che se ne sarebbe andato da casa perché… si beh, perché… che cosa diavolo aveva detto loro di preciso? Davvero le stesse cose che aveva detto a lei? Forse no. Sperò di no. Almeno non la parte del voler fare l’amore con lei.
Si voltò di nuovo e si mise supina.
Fare l’amore con Masahiko.
Si alzò di scatto e si trovò di nuovo seduta sul letto. Il corpo teso, i nervi a fior di pelle. Rimase un attimo immobile sentendo il ritmo del cuore tornare alla normalità e l’agitazione che smontava lentamente. Cercò di rilassarsi e mise in ordine la giacca del pigiama che le si era attorcigliata intorno al busto.
Si lasciò cadere di nuovo sul letto con lo sguardo ancora una volta rivolto al soffitto.
Fare l’amore con lui.
La desiderava. Era vero, lo sapeva. Forse l’aveva saputo addirittura prima di lui. E lo aveva capito da come, col tempo, il suo starle vicino era cambiato. Da quel giorno sul treno Masahiko era diventato più consapevole e sicuro. Forse non intraprendente, ma certamente più deciso.
Si voltò ancora una volta su di un fianco e portò istintivamente il pollice alla bocca mentre cercava una parola che descrivesse meglio il suo atteggiamento. Si mordicchiò l’unghia e sorrise. Più intimo. Si, più intimo, sempre di più, fino a quando si rese conto che tutto di lui le diceva quanto la desiderasse.
Quando erano da soli lo sguardo, il sorriso, il tono della sua voce erano diversi. I suoi occhi e le sue mani la cercavano sempre e anche quando litigavano quella luce non se andava mai dai suoi occhi. In ogni suo gesto poteva cogliere un misto di affetto, amore, desiderio.
E le piaceva quell’intimità. Le piaceva essere guardata in quel modo, le piaceva essere presa per mano e sentire quel tono confidenziale nella sua voce. Le era piaciuto essere baciata. E le era piaciuto anche che le avesse detto a parole quanto la voleva.
Ma fino a quel momento aveva sempre pensato che il non mostrare quei sentimenti davanti agli altri fosse una sua scelta. E quella sera, invece, fu costretta a rendersi conto che non era mai stato così. Che, invece, era sempre dipeso da lei, dal fatto che lei non voleva che gli altri sapessero cosa stava succedendo tra loro. E lui aveva soltanto rispettato quella sua scelta.
Ma adesso qualcosa era cambiato. Masahiko non le avrebbe più consentito di comportarsi come la sera precedente. Era stata scorretta. Lo aveva baciato, si, nell’ombra del portico era rimasta tra le sue braccia e lo aveva baciato. E poi era fuggita. Non da lui, ma dal rischio che qualcuno potesse vederli.
Aveva pensato di averlo ferito con la sua vigliaccheria, ma non era del tutto vero. Masahiko si era reso conto semplicemente che non era possibile andare avanti così. Lei aveva dimostrato di non essere in grado di superare l’empasse e quindi era stato lui a prendere una decisione.
E quella sera, sul tetto, le aveva aperto il suo cuore ancora una volta, ancora di più.
Sapeva cosa voleva e aveva bisogno di sapere cosa lei voleva da lui. Cosa voleva davvero. Avrebbe potuto baciarla e lei glielo avrebbe consentito. Ma non l’aveva fatto, non si sarebbe più accontentato delle reazioni istintive. Voleva di più.
Fece scivolare le braccia sotto il cuscino e sorrise nel buio.
Un anno prima era stata lei a spingere Masahiko a far chiarezza dentro di sé e ora i ruoli le sembrarono essersi invertiti. Era stata brutale con lui ed aveva funzionato, ma lui non era stato da meno. Non aveva alzato la voce, certo, del resto non avrebbe funzionato con lei, ma aveva trovato comunque il modo di costringerla a guardare dentro di sé.
La conosceva davvero bene il suo Masahiko.

  
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