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Autore: jamesguitar    17/10/2014    4 recensioni
'Un per sempre è come prendere la luna per me, Brad.'
'E allora riuscirò a prenderti la luna.'
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bradley Simpson, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A mio nonno, la persona che mi ha insegnato a non avere paura e che mi manca tanto, la persona per cui riavvolgerei il nastro.
 
Chapter 15.

Quella seconda notte Noah Lillian Evans morì con il sorriso sulle labbra, il corpo rilassato. Morì appena dopo aver pronunciato due parole importantissime per lei e per Bradley, morì dopo aver visto gli occhi color cioccolato dell’unico ragazzo che avesse mai amato in vita sua.
Morì senza timore, accolta dalle braccia del nonno che amava tanto.
Bradley, Dorothea e Paul si abbracciarono stretti, senza sapere cos’altro fare, cercando di scacciare il dolore che li opprimeva come un peso sul petto. Infondo al loro cuore sapevano che non sarebbe mai andato via.
“Il funerale è dopodomani” sussurrò Dorothea. “Abbiamo già organizzato tutto.”
“Puoi fare un discorso, se vuoi” aggiunse Paul.
Bradley annuì meccanicamente. Guardò un’ultima volta il corpo fragile di Noah, le sue palpebre chiuse, e poi se ne andò.
Corse via per i corridoi, perché faceva male. Più male di quanto avrebbe mai immaginato. Era come se milioni di coltelli lo stessero colpendo al cuore, quel punto in cui era diventato fin troppo debole.
 
Inviò un veloce messaggio al padre con scritto ‘Se n’è andata per sempre’ ed entrò in macchina. Lo aveva chiamato qualche ora prima per avvisarlo e lui aveva detto di dirgli quando fosse successo.
E poi via, Bradley corse nuovamente per le strade affollate di Londra. Senza curarsi dei semafori o di qualunque altra cosa che in giorni diversi sarebbe stata importante.
Smise di piangere, era come paralizzato in un incubo da cui non si sarebbe mai svegliato.
 
Scese dall’auto ed entrò in casa Evans. Non aveva chiuso a chiave la porta e i genitori di Noah non avevano nemmeno pensato di farlo, da quanto erano stati preoccupati nelle ultime ore.
Salì le scale velocemente, ed entrò in quella stanza.
La verità lo colpì come un pugno. Era tutto così reale.
I vestiti sporchi di Noah sulla sedia, il pianoforte aperto con degli spartiti appoggiati disordinatamente sopra. Tutto era così vero e recente che Brad sentiva che anche solo toccando quegli oggetti, annusandoli, sarebbe scoppiato in lacrime nonostante le avesse finite.
Afferrò ciò che gli serviva, un paio di cose, e si sbrigò ad andarsene. Era stato stupido a tornare subito. Cosa gli era passato per la testa?
 
Entrò nella sua macchina con quegli oggetti tra e mani, e si sentì morire dentro.
Appoggiò un gomito al finestrino e guardò il posto da passeggero accanto a sé. Ovviamente, lo scoprì vuoto.
Scoppiò a piangere di nuovo, con le mani che tremavano, con tutto il corpo scosso dai singhiozzi.
Si lasciò andare, solo in quella macchina. Perché si, adesso era solo. Sua madre non c’era. Suo padre nemmeno. Noah era andata via per sempre.
Se quello era il destino, allora Bradley lo odiava. Odiava quel fottuto destino che li aveva allontanati per sempre.
Non poteva sapere che lei non ci aveva mai creduto. Avrebbe potuto imparare da lei, altrimenti.
 
“Io.. intendo cose come queste. Vivere è semplice, va bene? Si può vivere anche cento anni, ma se non ti godi tutto, allora è come essere morti dal principio. Vivere è un semplice bacio, un abbraccio, un ‘ti amo.’ Vivere è vedere film idioti con un ragazzo che ti fa ridere, leggere libri che ti fanno stare male. Vivere è andare in moto a velocità supersonica ignorando le forze che vengono meno. Vivere è la felicità che si prova quando si riesce ad aprire un portone pesante e si credeva di non riuscirci mai. Vivere è non avere paura, va bene?” “Ti manca poco da vivere, lo so bene. Ma tanto vale vivere la vita che ti rimane per davvero, non credi?”
 
Si sentiva male, perché i ricordi erano lame taglienti che non volevano lasciarlo in pace.
Partì a tutta velocità con quella stupida macchina, che senza di lei non aveva lo stesso calore e la stessa bellezza. Niente senza di lei aveva senso, dannazione.
Arrivò al cimitero in pochi minuti. Afferrò uno dei due oggetti e si incamminò velocemente, pur sapendo che non c’era nessuno ad inseguirlo. Aveva paura che se si fosse fermato avrebbe iniziato a pensare troppo, e pensare era l’ultima cosa che gli serviva.
 
Questo era innamorarsi nel modo peggiore. Innamorarsi di lei, che ormai era andata via, e non sarebbe tornata mai più.
Bradley pensò a tutti i baci che non le aveva dato. Alle volte in cui avevano litigato. Desiderava tornare indietro e vivere il tutto cento volte meglio.
Si inginocchiò davanti alla tomba dell’uomo. Non riusciva a piangere in quel momento.
Prese il diario della ragazza dalla tasca in cui lo aveva infilato, con la mano che tremava.
Non resistette, e lo aprì.
C’era un’ultima lettera.
 
Caro nonno,
Avrai notato che ultimamente non scrivo la data nelle pagine di diario, ma sono così stanca che me ne dimentico sempre.
Ti sto per raggiungere. Lo sento dentro di me, manca poco alla mia morte.
Stanotte non mi sento molto bene. Credo vomiterò.
Ho chiesto a Bradley di mettere questo diario vicino alla tua tomba, quando morirò. Mi ha promesso di farlo e io gli credo, mi fido di lui. So che non se ne dimenticherà.
Sai, tempo fa ho sognato la nostra conversazione di quando ero bambina. Quella sul buio. Ricordo di aver detto che essere abituati al buio non equivale alla luce, e di aver affermato che se mai me ne fossi andata da qualcuno, avrei lasciato un po’ della mia luce nel suo cuore, che sarebbe brillata per sempre.
L’ho fatto, con Brad? O almeno lo spero. Altrimenti non potrei mai perdonarmelo.
Scriverei poemi per te, ma sono davvero stanca. Credo che proverò a dormire, anche se sono quasi sicura che stanotte saranno i miei ultimi respiri.
Ti voglio bene.
 
Noah.
 
Le labbra di Bradley stavano tremando.
Con sua sorpresa una folata di vento colpì il diario, girando pagina. Bradley credeva che quella fosse l’ultima lettera, ma c’era un foglio spiegazzato tra due pagine bianche.
Lo afferrò con cautela, e per poco non si sentì svenire.
 
 
Ehilà.
Probabilmente non leggerai mai questa lettera, Bradley, perché non posso aspettarmi che tu apra questo diario. Ti farebbe male, lo so.
Io però scrivo comunque, perché so che all’ultimo secondo non avrò la forza di riuscirti a dire tutto ciò che ho da dire.
Ricordi il nostro primo bacio? Io sì. Mi hai fatta sentire unica quel giorno, nonostante la mia malattia, il dolore, le lacrime. Sei davvero la cosa migliore che sia mai stata mia, te l’ho detto.
Mi avevi promesso che mi avresti trovata, giusto? Lo hai fatto. Fino alla fine, e ti amo per questo. Hai scavato dentro di me, e non potrei esserti più grata di così.
Mi hai fatto capire cos’è davvero l’infinito, un insieme di momenti belli. E con te ne ho avuti così tanti che non basterebbero per una vita intera.
Se ti stai chiedendo che giorno è, è il giorno in cui ti ho dato la mia innocenza. Lo sai che è stata un’esperienza bellissima, vero? Sono stremata, ma non potrei essere più felice.
Mi ricordo il giorno in cui ho provato ad aprire il portone del teatro e tu mi hai dato una mano perché non ci riuscivo. Come dimenticarlo? Credo che questo fatto possa essere interpretato come una metafora di tutto questo, di noi. Basta avere coraggio e anche la cosa più impossibile diventa facile. Con te, ho aperto tutte le porte.
Mi hai dato i miei giorni migliori della mia vita, e non so come ringraziarti.
Mi hai insegnato a non avere paura, e… è il dono migliore che potessi darmi.
Io ti ho reso una persona meravigliosa, ti ho aiutato a sfruttare il tuo carattere in bene, e ti amo. Ti amo con tutta me stessa.
Se potessi scegliere, sceglierei di mancarti per sempre. Ma non posso, non sono così egoista. Io voglio che tu sia felice, che ti sposi, che abbia dei bambini. Voglio restare nel tuo cuore, ma come un bel ricordo, non un’ossessione che rimarrà a rovinati la vita.
Io non ho mai creduto nel destino. Ho sempre pensato che servisse ad illudere le persone. Ma beh, se il nostro incontro non è stato destino, allora è la coincidenza migliore che mi sia mai capitata.
Incontrarti è stata una meraviglia, Brad.
E ti ringrazio.
 
Bradley cadde sulle ginocchia. Pianse ancora. Non credeva di contenere così tante lacrime.
Mise la lettera in tasca con cautela e poi chiuse il diario. Lo appoggiò accanto alla tomba del nonno e si allontanò.
“Sei tu, che sei una meraviglia” sussurrò tra le lacrime.
 
***
 
C’erano tante persone. Tutte vestite di tutto punto.
Perfino il padre di Bradley era venuto, e stava parlando con una Dorohea in lacrime e un Paul a pezzi, dando le sue condoglianze.
Bradley era invece seduto in prima fila, in silenzio. Non sapeva cosa altro fare. Aveva deciso di inventare il discorso sul momento, perché odiava le cose preparate. Erano false, frasi fatte, e lui non voleva che fosse così.
Ascoltò a malapena la messa di inizio, tutto ciò che riusciva a fare era guardare Noah in quella bara, distesa, con gli occhi chiusi. Vestita come se dovesse andare ad un ballo, circondata da fiori. Se si fosse vista, sarebbe arrossita di certo.
Bradley strinse i pugni perché guardarla lo faceva stare peggio, ma non poteva smettere di farlo.
 
Venne il discorso della madre di Noah. Poi quello del padre. Infine quello della sua migliore amica delle elementari, che fu abbastanza patetico.
Brad non riusciva a concentrarsi.
Quando una voce dichiarò: “E ora le ultime parole di Bradley Will Simpson, il suo fidanzato”, tutti gli occhi furono puntati su di lui, che deglutì.
Si alzò e si diresse verso il microfono, a disagio e con una tristezza insormontabile.
 
“Ho conosciuto Noah Evans non tantissimo tempo fa, quando è venuta alla sua lezione di pianoforte al teatro in centro.” Iniziò, titubante. “La ho trovata a suonare il pianoforte sul palco e sono rimasto in ascolto, perché ho pensato che fosse la musica più bella che avessi mai sentito.”
“Poi abbiamo parlato, e ho scoperto che non solo era bellissima, era intelligente, era tutto ciò che avessi mai sognato.
Quando mi ha detto di essere malata, è stato come se il mio cuore fosse stato spezzato in due. Ma non l’ho mai dato a vedere. Perché lei aveva bisogno di qualcuno che le insegnasse a non avere paura, ad avere speranza anche quando è la cosa più stupida che si possa fare. Io ho fatto questo.”
“Noah è sempre stata una ragazza fragile e forte al tempo stesso. Mio pare direbbe che è una ragazza da sposare.”
Ci fu una risatina amara tra il pubblico.
“Noah ha lasciato un segno nel mio cuore, un segno che non riuscirò mai a cancellare, e non voglio farlo. A volte penso che vorrei svegliarmi e aver dimenticato tutte le piccole cose. Fa male, sapete? Ricordare le notti in cui si confidava con me e poi ci addormentavamo, i dolci che preparavamo senza mangiarli, i giri in moto che non avrebbe dovuto fare, ma che facevamo perché si sentiva viva, in quei momenti.”
“Se mi chiedessero se sto bene, direi di no. Non sto affatto bene. Ma le ferite prima o poi rimarginano. Non se ne vanno mai del tutto, ma lasciano una cicatrice. Una cicatrice visibile, ma che con il tempo non fa più male. Noah mi ha cambiato. Ero un ragazzo ribelle e stupido, e lei con la sua dolcezza ha trasformato quella mia potenza distruttiva in qualcosa migliore. Lei diceva di essere grata a me per averla amata, ma io le devo molto di più.”
“Noah voleva lasciare una cicatrice, ma senza farmi del male. Voleva lasciare una luce che sarebbe brillata per sempre. Lo ha fatto. Non dimenticherò mai Noah Evans, e va bene. Perché non amerò mai nessuno quanto ho amato lei.”
 
Bradley non si era accorto di piangere, finché non fu possibile andare avanti.
Disse un veloce ‘scusate, non ce la faccio’ e si allontanò dal microfono, tornando a sedere. Tutti lo guardarono comprensivi, ma in quel momento lui avrebbe solo voluto sparire.
 
***
 
Alla fine della cerimonia, quando la bara era sul punto di essere chiusa, Bradley si avvicinò con cautela. Fece scivolare sotto ai fiori tre oggetti, tre oggetti che non avrebbe mai potuto conservare, perché appartenevano a lei, sol a lei.
Fece cadere quei tre spartiti: le due canzoni che aveva scritto per lei e l’altra, la prima. Quella i cui spartiti lei aveva desiderato tanto fin dall’inizio.



 
#ANGOLOAUTRICE
Secondo me inizio a sembrarvi ripetitiva o stupida, ma credetemi quando vi dico che sto piangendo come una deficente nella mia stanza e mi sto maledicendo per aver scritto una storia del genere, una storia così triste e struggente. COME DIAVOLO MI E' VENUTO IN MENTE? DIO.
Va bene, cerco di fare la sana di mente in ogni caso.
Credo che questo capitolo sia addirittura più triste del precedente, perchè una cosa è leggere o scrivere di una persona che muore e un'altra delle conseguenze che questo porta, i familiari e le persone care che soffrono.
Il discorso di Brad è stato qualcosa di... non so spiegarlo, quando l'ho scritto mi portavo continuamente una mano alla bocca per non singhiozzare. *ripetiva parte due*
Vi siete di sicuro accorte che è venerdì e sto aggiornando in anticipo, questa scelta è dovuta semplicemente al fatto che dato che l'epilogo è molto corto, di 500/600 parole, non mi va di aspettare una settimana da martedì a pubblicarlo, perciò oggi metto quest'ultimo capitolo e martedì pubblico l'epilogo.
A martedì, ragazze.

Jamesguitar
  
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