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Autore: Leahia    17/10/2014    1 recensioni
AU ElliotxLeo, accenni lievi e trascurabili a varie coppie secondarie
Va bene, va bene. Questa fanfiction è definibile come "la mia mossa finale". Dubito che farò mai più una cosa così astronomicamente stupida. Ebbene, ci troviamo in una Londra (completamente inventata da me vi prego non vi crucciate su distanze e quisquilie simili) nella quale due giovani studenti dai caratteri a dir poco opposti si ritrovano a vivere nello stesso appartamento, il tutto coronato da un'inquietante padrona di casa e una gang di amici abbastanza inusuali. Quali torture potrebbe inventarsi una sadica annoiata (alias me) per questi problematici coinquilini?
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Elliot Nightray, Leo Baskerville, Lottie
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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London’s Problematic Parties

Da un po’ di tempo era il sogno più frequente e ossessivo di Elliot: approfondire i baci che non era riuscito a dargli, restare per tutta la sua maledetta vita attaccato alle labbra di Leo, del suo migliore amico, del suo coinquilino. A quel punto, dopo un anno di conoscenza, si era accorto di essersi irreversibilmente, perdutamente innamorato di Leo. Molto più di quanto avrebbe mai creduto possibile. E pensare a quanto la sua famiglia gli avesse marcito in testa che gli omosessuali erano malati e sbagliati. Quindi, che lui era malato e sbagliato. Doveva ammetterlo, da sempre si era reso conto che i ragazzi gli piacevano più delle ragazze, per quanto non avesse mai avuto una cotta per qualcuno e non avesse mai voluto ammetterlo. Lo sentiva dentro, di essere diverso da come sarebbe dovuto essere. Anche per quello aveva studiato come un matto, per andarsene via da Edimburgo, dalla pressione opprimenti che i suoi parenti gli imponevano, per trovare un po’ la sua strada. Aveva letto da qualche parte, non si ricordava più dove: “Ci sono dei momenti in cui bisogna lanciare il cappello e vedere dove cade”. Ecco, lui aveva lanciato il cappello, che era atterrato a Londra, Wellington Road, 33, ai piedi di Leo Baskerville. Lui era la sua direzione, era la sua condanna e il suo sogno. Per quanto facesse il poetico nei suoi pensieri mentali, Elliot era semplicemente, incondizionatamente, incredibilmente, follemente innamorato di Leo. E gli faceva male non sapere se era ricambiato, ma era troppo timido per chiedere una conferma, e Leo non sembrava avere la minima intenzione di agire. Quindi non gli restava che goderselo come amico, nella folle speranza da film mentale di un innamorato, di trovare il coraggio di dirgli tutta la verità. Si era preparato millemila discorsi diversi da fargli, il più convincente suonava più o meno “Ascolta, è molto difficile, ma... mi piaci. Mi piaci dalla prima volta che ti ho visto...” e tutto si dovrebbe coronare con un bacio e un “e vissero tutti felici e contenti”. Ma la poca parte razionale di cervello che gli restava sapeva che era tutto inutile. Una mattina stavano andando insieme a scuola, come sempre, ma gli venne incontro Oscar Vessalius, il preside.
-Ragazzi!- si salutò amichevolmente. Oscar era un tipo molto gioviale e gentile con gli studenti della scuola, quasi non sembrava il loro preside. I ragazzi lo salutarono rispettosamente.
-Fortuna che vi ho trovati...- continuò il preside- Ci sarebbe una notizia da dare agli studenti, e chi meglio degli studenti può darla? Allora, tra una settimana ci sarà una grande festa nella quale presenzierà, oltre all’università di Oxford, l’intera università di Cambridge!
I ragazzi dissero che avrebbero riferito la notizia ed il preside se ne andò, probabilmente in cerca di altre persone da molestare con la sua gioia. Prima di separarsi nelle aule, i due parlarono un po’ della notizia.
-Che ne pensi, ci andiamo?- chiese Leo. Elliot si strinse nelle spalle.
-Bo. Se non abbiamo niente di meglio da fare si potrebbe anche. Certo, con questo preside sembra che tra noi e Cambridge non esista rivalità...
-In effetti hai ragione... io mi devo fermare. A dopo!
Elliot salutò l’amico e si diresse verso la sua aula. Si sedette in un banco a caso, lontano dal professore, per riflettere in santissima pace, quando le sue così caste ed innocenti (via, non esattamente) riflessioni vennero bruscamente interrotte.
-Nightray! Ciao! Posso sedermi accanto a te?
Senza attendere risposte, Jack Vessalius si sedette accanto a lui. Jack Vessalius aveva ventitré anni ed era il figlio del preside, nonché cugino di Oz e Ada Vessalius. Una grande famiglia di biondi felici. Elliot non sopportava Jack. Proprio per niente. Parlava sempre, sempre, sempre, ma a differenza di Lotty, alla quale bastava dar fiato ai denti per sentirsi felice, Jack voleva essere ascoltato, e per essere certo di essere ascoltato, ogni tanto faceva delle domande su ciò che aveva appena detto, e se non sapevi rispondere lui pazientemente rispiegava tutto. Un po’ come in un videogioco chiedi di ripetere il tutorial, ma lì puoi dire “no” senza aver capito. Jack iniziò a parlare, ed Elliot si costrinse ad ascoltarlo, per quanto avesse capito che mugugnare in risposta alla domanda di verifica era un buon modo per mandarlo avanti.
-Hai sentito di questa festa con Cambridge? Me l’ha detto mio padre stamattina, perché l’altro giorno è andato a cena con Levi Baskerville, sai, il preside di Cambridge e il fratello di Oswald, il mio migliore amico che guarda caso studia a Cambridge! Buffa la vita, eh? Comunque, sono così felice di poterlo incontrare ad una festa, di solito se si escludono i nostri compleanni ci incontriamo davvero poco, anche se mio padre e suo fratello sono in ottimi rapporti. Ma Levi è davvero giovane per fare il preside, non trovi?
Eccola, la domanda di verifica. In questo caso era più complessa del solito, poiché richiedeva altre informazioni rispetto a quelle date, ma fortunatamente Elliot aveva abbastanza sentito parlare di Levi dal suo collega per averle.
-Sì, è molto giovane- rispose, distratto. Jack sorrise, felice che Elliot lo avesse ascoltato, e ricominciò a parlare a ruota libera di chissà cosa. A Elliot però stava frullando qualcosa in mente. Cambridge... qualche tempo prima l’aveva risentita nominare... forse... ah già! Lerion e Leahia studiavano a Cambridge, l’avevano detto durante le prove della recita! Elliot era soddisfatto per essersi ricordato un simile evento, quando fu distratto da Jack che parlava.
-...e quindi credo che sarà molto divertente, capisci, finalmente qualcosa di non competitivo! Ma tu verrai, vero?
Elliot sospirò di sollievo. Era riuscito a captare la domanda.
-Sì, credo che verrò. Ho due amiche che studiano a Cambridge.
Jack sembrò molto felice di questa notizia, e iniziò di nuovo a parlare, tanto per cambiare. Elliot dette un’occhiata a l’orologio. Il professor Barma non era mai, mai in ritardo, quindi sarebbe entrato da un momento all’altro. Mentre lo stava pensando, entrò il suddetto professore e tutti rimasero in silenzio. Lui si sedette alla cattedra.
-Come probabilmente avrete sentito- esordì- Sabato prossimo si terrà una festa che vedrà partecipare Oxford e Cambridge. Credo che sia la prima volta che le scuole partecipano ad un evento non competitivo, quindi vi chiedo di non rovinare tutto.
I ragazzi ridacchiarono e assicurarono che non avrebbero rovinato un bel nulla, a patto che quelli di Cambridge non li provocassero. La lezione allora iniziò, normale come ogni altra. Alla fine della giornata, Elliot come sempre aspetto Leo, che usciva un po’ dopo di lui. Si sedette su una panchina e iniziò a leggere, quando si sentì toccare una spalla.
-Ehilà, vogliamo andare?- gli disse Leo. Elliot si alzò e mise il libro nella cartella, dirigendosi sul pullman insieme a Leo.
-I tuoi “amici” hanno commentato la festa?- chiese Leo, abbandonandosi a sedere su un posto. Elliot si mise accanto a lui.
-Non molto, a parte Vessalius. È quasi peggio di suo cugino.
-Addirittura! E io che pensavo che Oz fosse l’esempio degli incubi, per te!- rispose Leo, ridacchiando. Elliot alzò le spalle.
-Almeno Oz posso ignorarlo. Jack è infido, verifica se lo ascolti.
-Un vero mostro...- concordò scherzosamente Leo. Poco dopo erano giunti a casa, e Lotty gli aprì la porta, tutta felice e contenta.
-Ragazzi! Lerion e Leahia mi hanno chiamato perché...
-...sabato prossimo c’è la festa di Oxford e Cambridge- concluse Elliot.
-Nel caso tu non lo sapessi noi due studiamo ad Oxford, quindi sappiamo se Oxford partecipa a una festa e con chi- disse Leo. Lotty corrucciò le sopracciglia.
-Sembra che tu parli di tua figlia. Sei inquietante. Continuo a chiedermi perché tu sia voluto andare a Oxford, visto che sei cugino del nostro cugino...
-Ignorando la genialità con la quale hai formulato la domanda- fece Leo, ridacchiando- Penso che tu parli di Levi. Ebbene, io odio Levi quindi sono andato a Oxford. Con permesso.
E gentilmente la spinse da un lato e lui ed Elliot salirono in casa. Appena entrati si abbandonarono, come loro solito, sul divano. Elliot rifletté sul fatto che in effetti Levi era parente di Leo, dato che entrambi facevano Baskerville di cognome e che quello non era un cognome proprio comunissimo.
-Ma quanto è grande la tua famiglia?- chiese Elliot.
-Troppo...- rispose Leo- Lotty, Lily e Fang sono fratelli, e sono cugino di Levi, Oswald e Echo.
Elliot aveva conosciuto Lily, Fang e Echo, ma mai Oswald e Levi, anche se grazie a Jack poteva dire in un certo senso di conoscere Oswald alla perfezione.
-Comunque anche voi siete tanti- disse Leo.
-Ci siamo io, Vanessa, Ernest e Claude. Poi Gilbert e Vincent che sono fratelli fra loro ma adottati- rispose Elliot. In quel momento squillò il suo cellulare.
 
“Pronto?”
Pronto Elly! Sono Leahia!
“Leahia? Come fai ad avere il mio numero?! E non chiamarmi Elly!” Già, durante il suo compleanno, a Elliot si era rotto il cellulare, quindi aveva dovuto ricomprarlo e cambiare numero. E non aveva incontrato Leahia, in quel lasso di tempo.
Questi sono cavoli miei. Allora, avete sentito che si farà una festa tutti insieme?
“Sì, abbiamo sentito. Quindi tu e Lerion verrete?”
Ovvio che sì? Vero Lerion? Anche lei non vede l’ora!
“Ehm... certo. Posso sapere perché hai chiamato?”
Per sapere che venite anche voi due, ovvio.
“Intendevi ‘se’ verremo anche noi due...”
No, no. Ho detto “che” e intendevo “che”.
“Bene, sì verremo. Adesso mi dici come accidenti fai ad avere il mio numero?!”
Tu... tu... tu...
 
Elliot riattaccò, irritato.
-Era Leahia?- domandò Leo, curioso.
-Sì.
-Come ha fatto ad avere il tuo numero?
-Non ne ho idea.
In quel momento a Elliot arrivò un messaggio, che il ragazzo aprì.
“Ve lo dico alla festa! Leahia”
Entrambi rimasero estremamente turbati, ma decisero che non gli importava più di tanto. Nonostante la festa imminente, le lezioni erano sempre molto dure e i pomeriggi studio di Elliot e Leo ripresero i ritmi costanti dell’inverno ma senza essere ossessivi come a giugno. Ma una settimana dopo era il gran giorno. Nessuno dei due si vestì elegante. Entrambi si vestirono come se fossero dovuti andare a scuola, con notevole disappunto di Lotty.
-Almeno una cravatta!- protestò, ma le sue proteste non arrivarono alle orecchie dei due. Che uscirono nella sera fresca di settembre. Raggiunsero la scuola con la macchina che Lotty gli aveva prestato, e quando arrivarono Elliot dovette parcheggiare così lontano che conclusero che sarebbe stato più veloce venire a piedi. Scesero dalla macchina e videro poco lontano due figure familiari: Lerion e Leahia. Gli andarono incontro. Lerion portava un vestito indaco smanicato lungo fino alle ginocchia, un coprispalle bianco e stivali stile vittoriano bianchi.  Leahia indossava degli stivali alti e stringati neri, una camicia bianca e una cappotto blu notte con dei semplici jeans e il suo cappello a cilindro. Aveva inoltre una cravatta blu notte, intonata con il cappotto e la striscia di seta del cappello. Si salutarono e si diressero insieme alla festa.
-Ripetetemelo: cosa studiate a Cambridge?- domandò Leo.
-Io studio simbologia, e Leahia informatica ma le piacerebbe anche chimica.
I ragazzi fissarono Leahia che gli fece l’occhiolino. Era chiaro, a quel punto. Informatica. Ecco come aveva ottenuto il numero di Elliot!
-Sì, esatto. Avevate pensato che me l’avesse dato Lotty, vero?- disse Leahia. I ragazzi si guardarono sgranando gli occhi, poi scoppiarono a ridere. Leahia parve irritata.
-Che avete da ridere?- domandò.
-Che Lotty non ci era minimamente venuta in mente!- disse Elliot, ridendo. Leahia spalancò gli occhi.
-Ma... ma... non...- balbettava. Sembrava un computer che aveva sbagliato un calcolo, e forse per la sua testa era così. Abbassò il capo e non parlò per tutto il tragitto. Lerion gli spiegò la situazione.
-Lei detesta sbagliare. Non ha perso, e la cosa gioca a vostro favore. Se avesse perso vi avrebbe uccisi, ma anche aver sbagliato la deduzione della vittoria la turba moltissimo.
I ragazzi non capivano quel ragionamento né capivano come avesse fatto Lerion a capirlo, ma non gli importava, in fondo. Arrivarono alla festa, e videro una marea di persone. Tante, tante, tantissime persone che occupavano l’intera Oxford. All’ingresso c’era qualcuno che regalava spille con i simboli di Oxford o di Cambridge. Ogni invitato doveva avere la spilla della propria scuola, a sottolineare che la festa, i presidi amichevoli, erano del tutto inutili, perché le scuole si sarebbero sempre distinte. Dopo che ognuno ebbe la propria spilla, entrarono nel cortile e, come se lo avesse aspettato da sempre, Jack comparve e corse incontro ad Elliot.
-Elliot! Buonasera! Tu sei Leo, Oswald mi parla spesso di te, e loro devono essere le amiche di cui mi parlavi l’altro giorno! Che splendori...- disse, guardandole. Le ragazze le spedirono delle occhiate che lo uccisero all’istante e lo costrinsero a cambiare argomento.
-Ehm... dicevo, questo è Oswald!- disse, trascinando un ragazzo alto, con i capelli neri e gli occhi rosso scuro.
-Salve- li salutò gentilmente. Degnò Leo solo di un secondo in più, mentre passava gli occhi su di loro. In quell’istante li raggiunse un altro ragazzo, con i capelli bianchi legati in una coda.
-Ehi fratellino, come... Leo!- disse Levi, appena scorse il cugino.
-Levi- disse Leo.
-Brrr, che accoglienza. È un secolo che non ci si vede!- rispose Levi, e abbracciò il cugino, che non si mosse. Poi guardò Lerion e Leahia, ragionando. Aveva capito che erano delle sue studentesse e si ricordava di averle già incontrate, ma non ricordava dove né perché.
-Ah già!- disse dopo un po’- Siete quei geni che mi hanno sostituito quando ero malato nelle riunioni!
Entrambe arrossirono leggermente, e Levi si allontanò.
-Sono stata definita “genio” dal preside di Cambridge e “splendore” dal figlio del preside di Oxford. Ah, sono fantastica- disse Leahia.
-Ma se sei arrossita quando ha detto che eravamo dei geni!- la rimbeccò Lerion. Leahia arrossì di nuovo.
-Sono timida, che posso farci...
Elliot e Leo erano confusi. Timida? E Lerion la stava attaccando? Ok, quelle due erano un pochino strane.
-Comunque, che ne pensate di Jack?- domandò Lerion, prendendo cautamente un bicchiere di qualcosa da una tavola e facendo roteare il liquido all’interno.
-È insopportabile- disse Elliot, prendendo anche lui un bicchiere del liquido misterioso.
-Concordo. Però è carino- aggiunse Leahia, prendendo anche lei un bicchiere e tracannandolo tutto d’un fiato, sotto gli occhi increduli di Elliot e Leo e quello rassegnato di Lerion. Schioccò le labbra- Non ho idea di cosa sia, ma è alcolico e buono.
Prese e bevve un altro bicchiere. Lerion bevve un sorso dal suo e poi lo posò, e lo stesso fece Elliot, mentre a Leo parve piacere molto e finì il bicchiere.
-E Oswald?- fece Leahia agguantando un terzo bicchiere.
-Potete parlare di cose che non siano ragazzi? Non ci interessano!- protestò Elliot. Lerion e Leahia guardarono entrambi poi sorrisero malevole.
-È un po’ troppo silenzioso...- commentò Lerion, ignorando la richiesta di Elliot, che si accorse allora di quello che aveva detto e che forse, anzi, probabilmente, Lerion e Leahia conoscevano la sua situazione meglio di quanto la conoscesse lui.
-Levi invece è carino- giudicò Leahia, prendendo un altro bicchiere e bevendolo tutto d’un fiato.
-Ma scherzi? Ha lo sguardo da pedofilo!- rispose Lerion, incredula.
-Sì, ma è carino.
-Sì, ma è pedofilo!
-State parlando di mio cugino, nonché del vostro preside...- gli ricordò Leo, interrompendo la discussione.
-Ciò gli leva la carineria?- chiese Lerion, socchiudendo con aria dubbiosa gli occhi viola.
-O l’aria da pedofilo?- concluse Leahia, bevendo un altro bicchiere. Leo non seppe che rispondere, e Elliot si stava domandando quanti litri di alcool potesse ingurgitare Leahia prima di dare segni di ubriachezza. Leo era al secondo bicchiere e già aveva le guance rosse. I quattro iniziarono a parlare tranquillamente del più e del meno. Furono raggiunti da un Oscar ubriaco fradicio, e Elliot e Leo si vergognarono molto della figura che il loro preside stava facendo di fronte agli studenti di Cambridge, al che le ragazze gli ricordarono che il loro, di preside, probabilmente era pedofilo. La festa era in effetti divertente, e Elliot, per la prima volta da tanto tempo, non passò interminabili minuti a pensare a Leo, distratto dalle voci e dalle altre persone. Non aveva bevuto più di un bicchiere di quell’alcolico, così come Lerion, mentre Leahia aveva probabilmente finito tutte le scorte, e Leo ne aveva presi abbastanza. Forse troppi, pensò Elliot quando lo guardò negli occhi e li vide vitrei, il volto rossissimo, e notò che era scosso da ritmici singulti. Lo prese per le spalle.
-Tutto bene?- gli domandò. Leo singhiozzò.
-Sto benissi... hic!... mo, perché me lo chiedi?- rispose Leo, con la voce impastata. Ottimo, era ubriaco quanto Oscar.
-Lerion, Leahia, mi dispiace ma noi due si torna a casa!- disse alle ragazze.
-Di già?- domandò Leahia. Guardò l’orologio- È appena l’una, sono sveglia come un grillo!
-L’una?!- scattò Lerion, prese Leahia per un polso e la trascinò giù dal ramo dell’albero dove si era seduta- Allora vi accompagniamo, dobbiamo andarcene anche noi.
Ignorando le proteste di Leo e Leahia li condussero alle macchine. Leo si addormentò a mezza strada, e Elliot lo portò in braccio fino all’auto, dove lo adagiò sul sedile, mentre Lerion rinchiuse dentro Leahia con malgrazia.
-È davvero fastidioso avere a che fare con un ubriaco...- commentò Elliot, mentre stava per entrare in macchina.
-Non dirlo a me...- replicò Lerion.
-Ma se lei è sobria! A proposito, come fa?- chiese Elliot.
-Non ho idea di come faccia. E poi scusa, sobria? Questa qui è ubriaca a tempo pieno...- rispose Lerion, e salutato Elliot montò in macchina e partì. Elliot fece lo stesso, in silenzio. Non accese nemmeno la radio, non fece nulla. Arrivò a casa poco dopo, e aprì la porta, per vedersi venire incontro Lotty.
-Già qui? Vi aspettavo dopo- disse, poi notò Leo addormentato e si coprì la bocca con una mano- Oddio! Che è successo?
-Nulla, ha solo bevuto come una spugna- rispose Elliot.
-Ti serve una mano?- si offrì gentilmente Lotty, ma Elliot rifiutò e portò l’altro in casa. Appena entrato lo distese sul divano e si sedette nella poltrona. Lui non era ubriaco, ma la festa gli aveva un po’ scombussolato la testa, quindi ci mise alcuni minuti per calmarsi. Quando sentì che era sparita ogni traccia di musica martellante dal suo cervello, raggiunse il pianoforte e iniziò a suonare una ninna nanna che aveva composto da solo. Non faceva mai sentire a Leo le cose che componeva, perché se ne vergognava molto, ma in quel momento Leo dormiva, quindi non c’era pericolo. O almeno, così credeva.
-Non te l’ho mai sentita suonare. Cos’è?- sentì chiedere. Si fermò all’istante e guardò Leo. Aveva gli occhi aperti e rivolti al soffitto, e la voce con cui aveva parlato non era impastata come quella di un ubriaco. Elliot si alzò dal panchetto e si sedette sul divano, accanto a lui.
-È una ninna nanna. L’ho composta io...- confessò. Leo sorrise.
-È splendida. Davvero, hai talento- si complimentò Leo, facendo arrossire l’altro- Però... mi gira forte la testa, Elly...
-Per forza, ti sei ubriacato!- lo rimproverò Elliot- E io mi chiamo Elliot, e tu lo sai...
-Lo so benissimo di essere ubriaco. Il fatto che sia ubriaco mi esime dal prendermi le mie responsabilità, quindi mi piace- rispose Leo. Elliot lo guardò, sorpreso. Era la persona ubriaca più lucida che avesse mai visto. Lui si era ubriacato una volta sola, ed era stato tremendo. Sospirò, e Leo si tirò su a sedere sul divano, appoggiando la propria testa contro la spalla di Elliot.
-Mi gira forte la testa...- ripeté Leo. Elliot sentiva accelerare il proprio battito cardiaco. Erano vicini, e Leo non era in condizione di sapere quello che faceva. Sarebbe potuta succedere qualunque cosa. Elliot sentì accelerare ancora di più il suo cuore e si sentì arrossire. Avrebbe potuto baciarlo. Lì e in quel momento. Leo non se ne sarebbe ricordato e lui si sarebbe levato una soddisfazione. Era perfetto. Prese il mento di Leo con una mano e avvicino quel viso al proprio.
-Elliot...- sussurrò Leo, le labbra così vicine che quasi si sfioravano. Non poteva. Elliot non poteva. Non se la sentiva. Baciare Leo quando era ubriaco... no, non poteva. Stava per staccarsi, quando sentì la bocca di Leo sulla propria. Era stato Leo a baciarlo. Non lui. Era stato Leo. Elliot però era troppo preso dal bacio per ricordarsi i buoni propositi di poco prima, e ricambiò. Leo, audacemente, dischiuse le labbra, ma allora Elliot si staccò. Sapeva di alcool. Non poteva, non poteva. Si alzò di scatto e guardò l’amico, che era rimasto confuso e sorpreso.
-Scusa...- disse soltanto Elliot, e corse a chiudersi nella sua camera. Si gettò sul letto, affondò la testa nel cuscino e urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Era un cretino! Era un totale cretino! Aveva rovinato tutto, non c’era speranza... Come aveva anche solo potuto credere che sarebbe stato perfetto?! Era ubriaco, per la miseria, Leo era ubriaco! Era davvero così follemente innamorato da concedere carta bianca anche all’ubriachezza? A quanto pareva lo era. E ci aveva sperato, tanto... era così disperato che nemmeno si rendeva conto che era stato Leo a baciare lui e non viceversa, e per la terza volta, oltretutto. Non aveva nemmeno portato Leo in camera. L’aveva lasciato sul divano, ubriaco, smarrito, e pure deluso, anche se non se ne rendeva conto. Ma non aveva il coraggio di tornare nell’altra stanza. Non ci riusciva. Dopo interminabili minuti di pianto che non avrebbe mai ammesso di aver passato, cadde in un sonno senza sogni.






The Corner of the Mad Lady
Buonasera! Perdonate il ritardo nell’aggiornamento, ma il greco mi sta uccidendo. Bè, come probabilmente avete notato questo capitolo ha una fine aperta, il che vi dà un importante indizio sul prossimo. Ah, cosa importante, fate finta che Oxford e Cambridge non siano facoltà specifiche, ma si possa studiare tutto. Fate finta che sia davvero così. Non pretendo di essere realistica (e tantomeno brava), solo mi piaceva l’idea di far ricomparire Lerion e me facendoci studiare ciò che piace, quindi chissenefrega, a Cambridge io mi studio quello che mi pare. Poi... poi... già, questo è tipo il sesto capitolo che h0 scritto, quindi forse ci sono alcune incongruenze, che vi prego di perdonarmi, se potete, ed è scritto in maniera più svelta e approssimata, e vi chiedo di scusarmi anche questo. Infine, siccome mi piace lasciare le cose in sospeso, qui vi lascio. Goodciao!
  
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