Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Ayleen    15/10/2008    4 recensioni
"L'amore è malvagio. L'amore è crudele. L'amore è meschino.  Sfugge al nostro controllo e noi non possiamo fare altro che piegarci alla sua volontà."
Dedicata a chi crede che l'amore sia soprattutto sofferenza ...
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO DUE

Un amico

 

Caro Diario,

Mamma mi ha insegnato a non fidarmi di Dio! Mi ha sempre lasciato libera di scegliere se credere o meno, ma mi ha sempre messo in guardia sul suo modo di agire. “Se decidi di credere, non sperare nei miracoli. Potresti avere grosse delusioni. “ Diceva sempre così e la cosa non mi ha affatto aiutato ad avere fede in un qualche Essere Supremo e Onnipotente. Ma forse le divinità esistono sul serio e oggi ne ho avuto la conferma…Ho visto un angelo!
Forse è stata mamma a mandarmelo. Avrà pensato che mi sentissi sola quaggiù e lo ha spinto a tradimento giù dal paradiso. Si, mamma sarebbe proprio capace di un gesto del genere, anche se dubito molto che lei si trovi in paradiso… Ho letto da qualche parte che il suicidio è considerato un peccato mortale e che si sconta all’inferno, ma mamma sarebbe capace di evadere anche da là. Indosserebbe una tunica bianca, delle ali finte e un’aureola di plastica e riuscirebbe ad infiltrarsi in paradiso. Sarebbe proprio da lei!
Ma adesso mi tornano in mente le sue raccomandazioni. Forse, non è stata lei a far si che io incontrassi quell’angelo… è stato Dio! Ha qualcosa in serbo per me e la cosa m ’inquieta. Credo non mi abbia ancora perdonato il fatto di non essermi arruolata nel suo esercito di fedeli … vuole farmela pagare facendomi soffrire per qualcosa che non potrò mai avere. Ma se questa è una sfida, io l’accetto molto volentieri!

 Caro Dio,

sei stato tu a metterti sul mio cammino non il contrario, quindi spero non ti dispiaccia che io scelga deliberatamente di scansarti. Non avercela a male. Io lo so che ci sei, semplicemente non credo in quello che fai. Bisognerebbe che qualcuno ti licenziasse! Detto tra noi, non stai facendo un buon lavoro! Il mondo va a rotoli! La mia vita va a rotoli, quindi credo che un piccolo premio di sopportazione mi spetti. Io lo troverò! Troverò quell’angelo e non lo farò mai più tornare da te! Hai commesso un grosso errore a mandarlo quaggiù e fossi in te non mi aspetterei di vederlo tornare a svolazzare lassù nel tuo regno. Non pensare a me. Non te l’ho mai chiesto e mai te lo chiederò! Occupati di quella parte del mondo che riesce ad avere ancora fiducia in te, ma dimenticati di questa piccola ed inutile pecorella smarrita! Lascia che sia il tuo angelo ad occuparsi di me… Abbandonami!  Oh giusto, dimenticavo. Amen!

 

Eleanor

 

Un colpo alla porta seguito da una voce aggressiva e innervosita, la fece trasalire.

“ Apri questa porta, ragazzina! Lo so che ci sei! “

Eleanor si alzò in fretta dal letto e si precipitò dalle sue scarpe gettate in un angolo nel lato opposto della stanza. Con foga, afferrò le banconote che erano ancora nascoste all’interno.

“Non costringermi ad usare la forza Eleanor! Apri immediatamente!”

 I colpi alla porta si fecero sempre più forti e violenti. Per un attimo, Eleanor temette davvero che il vecchio uscio non reggesse.

“ Arrivo! Solo un secondo!” invocò, cercando di prendere tempo.

“Un secondo è troppo! Subito! “

Eleanor lasciò nella scarpa cinquanta degli oltre duecento dollari che era riuscita a guadagnare. Il resto lo tenne stretto in mano mentre, prendendo coraggio,  si alzava in piedi e si dirigeva alla porta.
Riusciva ad immaginare fin troppo bene come sarebbe andata a finire; esattamente come tutte le altre volte. Con lui che con forza la scaraventava sul letto costringendola a diventare il suo giocattolo fino a che non si fosse soddisfatto abbastanza. E non era facile soddisfare Roy. 
Avrebbe potuto tenerla in ostaggio per ore senza stancarsi mai, mettendo a tacere ogni suo tentativo di ribellione tirando fuori la questione dell’affitto arretrato.
Eleanor riteneva quantomeno indecente che quella topaia nella quale era costretta a vivere andasse pagata. Una misera stanza con nient’altro che un letto cigolante al centro, una vecchia poltrona sulla quale era impossibile sedersi per non rischiare di venirne inghiottiti, un fornello a gas non del tutto affidabile e un tavolo pericolosamente dondolante. Il bagno era, se possibile, ancora peggio: dalla doccia usciva quasi sempre acqua fredda e lo scarico del water raramente funzionava. Eleanor era certa che i detenuti nelle prigioni vivessero in condizioni migliori delle sue.  E quando aprì la porta, ne ebbe piena conferma.
Eccolo. Il suo più grande incubo.
Roy era un uomo sulla cinquantina. Il suo principale pensiero ero quello di tracannare più alcool possibile durante tutto l’arco della giornata e ciò influiva pesantemente sulla sua forma fisica. Oltre a non essere  decisamente atletico, non era uno che badava molto  all’igiene personale. Ovunque andasse lasciava dietro di se’ una scia maleodorante di alcool, sudore e Dio solo sa cos’ altro.
I suoi untuosi capelli brizzolati gli toccavano le spalle e la barba sfatta gli copriva gran parte del viso. Gli occhi, costantemente annebbiati, erano neri e inflessibili.

“Cosa vogliamo fare, Eleanor? “ domandò Roy, provocandola. “ Io sto ancora aspettando che tu saldi il tuo debito. “

La ragazza non rispose, gli mostrò soltanto le banconote che lui si affrettò ad afferrare.  Sperando ardentemente che il peggio fosse passato, Eleanor fece per chiudere la porta, ma Roy la fermò.

“Dove pensi di andare? Questi non bastano! “

“E’ l’affitto di questo mese.”

“Si, è vero, ma gli altri mesi che mi devi?”

Eleanor sospirò con rassegnazione: “Devi darmi ancora un po’ di tempo, Roy… Stasera mi è andata bene, ma non è sempre così. Io sto facendo il possibile”

“Il possibile non basta! E sai bene che non sono qui unicamente per i soldi! “

Un gelo improvviso si impossessò di Eleanor. “Per favore, no… “ lo implorò con un filo di voce.

“Dovresti ringraziarmi invece di piagnucolare. Al mio posto un altro ti avrebbe già sbattuto per strada.”

Fallo! Pensò Eleanor Ti prego fallo! Dammi una ragione per andarmene da qui.

“Troverò quei soldi, te lo giuro! “

“Come se non te l’avessi già sentito dire”

“Ti prego! Dammi una settimana, soltanto una settimana.”

“No, ho aspettato anche troppo e ora voglio qualcosa in cambio. E tu sai cosa!”

Roy la spinse via  dalla soglia ed entrò, chiudendosi la porta alle spalle. Lei rimase immobile, mostrando la schiena a Roy che nel frattempo le si era avvicinato pericolosamente. Le sue mani l’avevano già raggiunta. Una lacrima le scese silenziosa sul viso nel momento stesso in cui il suo incubo peggiore si trasformò in una brutale realtà.

*** 

Nella tarda mattinata, furono molti quelli a vedere una ragazzina vestita di nero scappare da una vecchia palazzina malridotta.
Eleanor correva stringendo al petto la sua inseparabile borsa contenente i suoi unici effetti personali : un vecchio diario, un portafoglio, un piccolo album di fotografie e una buffa bambolina di pezza fatta a mano che lei avrebbe dovuto regalare a sua madre in terza elementare. Ma a questi oggetti se ne aggiungeva un altro; qualcosa di intangibile e astratto: l’immagine di due occhi ultraterreni che la fissavano dentro ad un vagone.
Eleanor riprese a camminare normalmente nel ripensare al ragazzo della metropolitana. Si asciugò gli occhi col dorso della mano destra, rendendosi conto che piangere e pensare a lui al tempo stesso era impossibile. La sola cosa che si sentì di fare fu sorridere e dimenticarsi completamente di Roy e delle ultime ore trascorse nelle sue grinfie.
Si sentiva sporca e violata come non mai!
Non appena Roy si era addormentato, lei si era rivestita in fretta, aveva afferrato la sua borsa ed era scappata via, senza sapere se sarebbe mai tornata laggiù.
S’infilò in una cabina telefonica e rovesciò la borsa sperando di trovare qualche monetina rimasta dimenticata sul fondo. La trovò e velocemente la inserì nel telefono. Compose in fretta un numero con le lacrime che di nuovo le premevano agli angoli degli occhi.
A rispondere fu la voce assonnata di un ragazzo.

“Pronto?”

Eleanor rimase in silenzio per qualche istante, il pianto che le soffocava la voce.

“Evan…” mormorò infine.

Il ragazzo parve ridestarsi dal torpore dovuto dal brusco risveglio: “Eleanor? Sei tu?”

“Si… senti, possiamo vederci?”

Pochi attimi di assoluto silenzio e poi la voce di lui si fece preoccupata:“Va tutto bene?”

“No! …Roy…lui… l’ha fatto ancora.”

 ***

Il sole splendeva già alto nel cielo mentre Eleanor sedeva silenziosa su una panchina del parco; il capo chino, lo sguardo a terra, le mani in grembo, un altro frammento di se’ che se ne andava.
Quel posto era così diverso alla luce del giorno. Di notte lo si poteva definire spettrale: soltanto una spessa oscurità che occultava delinquenti, spacciatori, drogati, alcolizzati e, naturalmente, quelle come lei…
A quell’ora del giorno invece il parco appariva un luogo sicuro e piacevole: bambini che giocavano, mamme con i passeggini, persone che portavano a spasso i cani, sportivi che si tenevano in forma correndo, anziani seduti sulle panchine che lanciavano briciole ai piccioni e agli uccellini, innamorati che si tenevano per mano. Tuttavia, lei continuava a preferirlo alla luce della luna, perché non esisteva niente di così orribile da non venire occultato dall’oscurità. Il buio la faceva sentire protetta.
In mezzo a tanta serenità, la presenza di Eleanor non passava di certo inosservata, ma a lei non interessava. Aspettava Evan con impazienza tentando di domare l’urlo di rabbia e dolore che minacciava di sopraffarla. Lo avrebbe liberato solo in sua presenza, perché lui era l’unico che l’avrebbe capita. Spesso si convinceva di essere del tutto sola, ma in realtà sapeva che Evan ci sarebbe stato sempre.
E fu proprio nel pensare a ciò che una voce familiare fece largo tra i suoi pensieri :

“Eleanor! “ 

Evan le stava andando incontro salutandola con il braccio alzato. Non appena lo videro, gli occhi di Eleanor si arresero al suo volere di trattenere le lacrime. Lei lo raggiunse di corsa e gli gettò le braccia al collo singhiozzando come una bambina.
Lui, sorpreso e incerto, la strinse a se’ con dolcezza: 

“Stai bene? “ le domandò.

“Non chiedermelo! “ rispose lei tra un singhiozzo e l’altro.

Eleanor ed Evan si erano conosciuti dieci anni prima nell’istituto dove erano stati segregati dopo essere rimasti entrambi orfani. La loro amicizia aveva resistito anche una volta usciti e, anche se molto più raramente, avevano continuato a vedersi. 
Evan era un ragazzo di bell’aspetto. Era alto, con un fisico piacente. I suoi capelli erano una cascata di riccioli bruni che, assieme alla sua carnagione abbronzata, gli conferivano un aspetto ribelle e selvaggio, facendolo apparire ancora più attraente agli occhi di ogni ragazza che lo incontrava. Le sue iridi color di giada spiccavano in maniera incontrollabile sulla sua pelle dorata.
Evan era il primo che avesse fatto battere forte il cuore di Eleanor, ma era anche stata la sua prima autentica delusione d’amore.
Lui era bello, era gentile, era in gamba, ma c’era un aspetto del suo essere che la faceva soffrire terribilmente. Il motivo per cui lei era stata rifiutata.
Eleanor provava quasi pena per tutte quelle ragazze che si ammassavano nel locale dove lui lavorava solo per riuscire a vederlo. Se solo avessero saputo cosa lui davvero cercava in una relazione…
Nessuno l’avrebbe mai immaginato. La sua aria rude e mascolina non lasciava certo spazio a dubbi del genere, ma ad Evan le ragazze non interessavano. Eleanor aveva pianto di nascosto il giorno che lui le aveva rivelato di essere gay.
Ancora adesso, dopo quasi quattro anni, lei stentava a crederci. L’unico ragazzo che avesse mai amato, non avrebbe mai potuto ricambiarla. E adesso lui era diventato come un fratello, anche se il suo cuore ancora si ribellava ad accettare quel tipo di sentimento.
Evan non disse niente. La lasciò sfogare, senza permettersi d’interromperla. Non cercò di calmarla come avrebbe invece fatto chiunque altro. Sapeva che tenersi tutto dentro non avrebbe portato a niente, tranne che ad altre lacrime ancora più cariche di dolore.
Eleanor odiava farsi vedere in quello stato, ma per lei Evan era quanto di più vicino ci fosse alla salvezza. Se lei era il fiore, lui era il suo stelo.

“Scusami…”  farfugliò la ragazza contro il suo petto.

“Di cosa mai dovresti scusarti? “

“Tu hai lavorato tutta la notte e io ti ho costretto a venire a sopportare i miei piagnistei. Dovresti odiarmi per questo!”

“Odiarti? “ ridacchiò lui “Per così poco? Ti odierei se non mi chiamassi affatto.”

Eleanor si staccò lentamente da lui e si asciugò gli occhi.

“Va un po’ meglio?” le chiese Evan, fissandola con apprensione.

“No, ma sono contenta che ora sei qui. “

“ Bene, questo mi fa piacere!”

Eleanor sorrise, andò a recuperare la borsa che aveva lasciato sulla panchina e domandò: “Ti va di fare quattro passi?”

“Certo. “

 ***

Camminarono fianco a fianco per ore, parlando di sciocchezze e ridendo di battute che soltanto loro potevano capire.  Pranzarono in uno dei chioschi del parco e Evan si offrì di pagare anche per Eleanor.  Dopo aver mangiato si sedettero all’ombra di una betulla, osservando con aria assente dei bambini che giocavano a pallone.

“Stanotte, cioè stamattina presto, ho incontrato qualcuno. “ esclamò Eleanor all’improvviso.

“Ah si? “ domandò lui con espressione poco partecipe.

“Già… un ragazzo, a dir la verità.”

Gli occhi di Evan si fecero d’un tratto più interessati. Lo sguardo che le rivolse traboccava di malizia: 

  Davvero?!  Ebbene?”

“Ebbene cosa? “ disse lei, fingendo noncuranza.

“Racconta! “

Eleanor chiuse gli occhi per qualche istante ripensando al ragazzo della metropolitana. Un senso di appagamento e serenità la travolsero non appena la sua immagine si fece chiara e nitida nella sua mente.

“Dovresti vederlo, Evan. “ sospirò con occhi sognanti “E’ talmente bello da sembrare inumano. “

“Magari è un alieno che ha assunto un aspetto attraente per adescare povere fanciulle indifese! “ scherzò il ragazzo.

“Non m’interessa. Ha il permesso di catturarmi. Per quel che mi riguarda, può fare di me quello che vuole.”

Evan si accigliò dalla sorpresa: “Non è da te dire una cosa del genere! “

“Lo so, ma è esattamente ciò che penso. Tu non puoi neanche lontanamente immaginare cosa mi frullasse per la testa mentre lo guardavo. Spero solo che lui non se ne sia accorto!”

I due ragazzi si guardarono gravemente per qualche istante, ma la serietà di Evan fu la prima a venire meno. Scoppiò a ridere senza ritegno seguito a ruota dall’amica.

“Avrei voluto esserci! Chissà che scena! “ sghignazzò Evan.

“C’è poco da ridere! “ esclamò Eleanor tra le risate “ Ti giuro che mi sono fatta schifo da sola! “

“Non stento a crederlo! “

“Ho fatto una figura pessima, vero?”

“Beh , non si può certo dire che non ti sia fatta notare. Da un certo punto di vista è un bene!”

“Un bene? Starà ridendo di me ancora adesso!”

“Si, è probabile!”

“Dovresti consolarmi, invece di ridere!”

“Ah, davvero!? E cosa dovrei dirti? Che magari, lui non se ne è nemmeno accorto!?”

“Ne dubito molto. Non so bene che espressione avessi, ma probabilmente stavo sbavando!”

Le risate di Evan si fecero ancora più chiassose. Eleanor ne venne immediatamente contagiata.

“Sia chiaro che sto scherzando!” si affrettò ad aggiungere poi, attendendo che le risa del ragazzo si estinguessero.

Rimasero immersi nel silenzio per qualche minuto. Evan sembrava essersi addormentato, le mani dietro la nuca, gli occhi chiusi, il volto rilassato. Accanto a lui, Eleanor teneva le gambe strette al petto, la testa nascosta fra le ginocchia nel tentativo di liberare la mente dall’immagine del ragazzo della metropolitana.
La voce di Evan la costrinse a far riemergere il viso alla luce del sole: 

“Gli hai parlato?” domandò il ragazzo, mantenendo la sua posizione di finto addormentato.

“Cosa?” fece Eleanor, presa alla sprovvista.

“Hai parlato a quel tipo?”

“…no.” Mormorò Eleanor nascondendo di nuovo la faccia tra le ginocchia.

“Perché no?”

“E me lo chiedi?  A malapena riuscivo a respirare. Tremo al solo pensiero di quali idiozie avrei potuto dirgli.”

“ E lui, invece? Ti ha detto qualcosa? “

Le guance di Eleanor s’imporporarono non appena ricordò la voce di quell’angelo: “Si. “

Evan, ormai tutto preso dal discorso, si mise a sedere di fronte alla ragazza: “Dai e che ti ha detto?”

“Niente di speciale.”

“Come sarebbe a dire? Se un ragazzo si prende la briga di rivolgere la parola ad una sconosciuta è sempre un buon segno!”

“No, non è vero!”

“Ma si che è vero! Se io non ti avessi rivolto la parola quando tu per me eri ancora un’estranea a quest’ora non saremmo qui a parlare! “

“Non è la stessa cosa!”

“Si, invece. Quel ragazzo si ricorderà di aver parlato con te e se per caso ti incontrerà di nuovo, ti riconoscerà. Credimi hai già fatto un primo passo verso la sua conquista!”

Eleanor inarcò le sopracciglia impressionata : “Parli come uno che la sa lunga sull’argomento.”

“Infatti! “

Eleanor lo spinse leggermente, con fare amichevole: “Ma sentilo!”

Lui rise : “Non mi credi? Allora scommettiamo!”

“Cosa?”

“Scommetto che entro un mese ti inviterà ad uscire con lui.”

La ragazza lo guardò scettica: “Hai proprio voglia di perdere soldi, eh?! “

“Non preoccuparti dei miei soldi. Piuttosto temo che sia tu quella che ha paura di perdere!”

“Ma certo che ho paura! Tu stai delirando! Uno come lui non perderebbe mai tempo con  …” Eleanor si fermò a metà frase, indecisa su come auto definirsi. “ … beh, con una come me.” Disse infine, rabbuiandosi.

“Definisci ‘una come me ‘ .”

Lo guardò a lungo prima di rispondere : “… lo sai, Evan. Lo sai bene cosa sono. Sono una che è stata usata e riusata più volte. E probabilmente continuerò ad essere usata ancora e ancora… Non sono…insomma, non sono degna di lui. A dir la verità, credo di non essere degna di nessuno.”

“Non dire sciocchezze. A volte ti comporti proprio come una ragazzina!”

“Ti do una notizia bomba! “ esclamò lei alzando gli occhi al cielo esasperata. “Io sono una ragazzina!”

“Sei impossibile! “ ribattè lui. “Non ti capisco! Ti sei sempre offesa ogni volta che ti ho chiamato ragazzina e ora invece ti sei accorta di esserlo! “

“Lo sono! “

“No invece. Hai diciannove anni! “

“Appunto. Tecnicamente sono ancora una teenager, vale a dire un’adolescente, ossia una ragazzina immatura! “

Evan sbuffò e si rimise sdraiato. “Come vuoi! Ne riparleremo fra un anno, quando forse ti renderai conto di essere un’adulta ormai.”

“Ok, andata! “ . Si sdraiò al suo fianco e nessuno parlò più.

Evan si addormentò sul serio questa volta. Eleanor sentì il suo respiro farsi più lento e pesante. Non osò svegliarlo. Sapeva di essere lei la causa delle sue ore di sonno mancate e scelse di non disturbarlo. Almeno questo glielo doveva.
Si accorse che anche le sue palpebre si erano fatte terribilmente pesanti. Stava per battere il record delle ventiquattro ore filate senza dormire. Non era la prima volta, ma quella sera era intenzionata a tornare in metropolitana per illudersi di incontrare nuovamente quel ragazzo stupendo che tanto la tormentava. Quella notte non poteva permettersi di perdere tempo a dormire.
Volse lo sguardo al cielo sereno, maculato da poche e soffici nuvole candide. Pochi minuti e l’incoscienza prese il sopravvento. Un ‘incoscienza resa in qualche modo consapevole dalla presenza di due occhi meravigliosi che la fissavano senza battere ciglio. Persino nel sonno, Eleanor sorrise.

 ***

Qualcuno la scrollò leggermente, chiamandola per nome. Eleanor cercò di alzare una mano per respingere chiunque la stesse conducendo verso quel risveglio forzato, mugugnando qualcosa di molto simile ad un’imprecazione.

“Andiamo, Eleanor! “ era la voce famigliare di Evan “E’ tardi! E’ già buio! “

Bastarono quelle parole a risvegliarla del tutto e far sparire ogni traccia di torpore.

“Già buio!?” esclamò rizzandosi a sedere. “Che ore sono, maledizione!?”

Io devo andare da lui!

“Calmati! “ disse Evan, perplesso dalla reazione dell’amica “Sono quasi le sette e mezza! Abbiamo passato il pomeriggio a dormire! Chissà cos’avranno pensato i passanti!?”

Eleanor si strinse nelle spalle. “Sai che me ne importa! “

Evan si alzò stiracchiandosi. Offrì la mano ad Eleanor per aiutarla a mettersi in piedi.

“Evan, senti… “

“Cosa? “        

“Ho bisogno di un favore. “ disse esitante.

“Certo, se posso. “

Eleanor non rispose subito, neanche lo guardò in faccia: 

“Non … non me la sento di tornare a casa mia! …Non dopo quello che è successo oggi con Roy. Non mi perdonerà di essere scappata a quel modo e non oso immaginare cosa potrebbe avere intenzione di farmi se mai tornassi da lui…”

Evan capì al volo e sorrise rassicurante : “Non c’è problema! “ disse subito “Puoi venire da me! Non c’è neanche bisogno di chiedermelo! “

Eleanor continuò a rimanere sulla difensiva : “…però…”

“Però? “

“…io… non vorrei… beh, essere di troppo. Voglio dire… hai capito, no? … “

Vedendola così in difficoltà, Evan trattenne a stento una risata, ma conosceva il motivo di tanta incertezza: “Lui non c’è, Eleanor! “ disse per tranquillizzarla.

Lei lo guardò, appena corrucciata dall’incertezza.

“Nathan non c’è.” Spiegò serenamente “E’ andato a trovare sua sorella. Sai, si è laureata e lui non poteva mancare!”

Eleanor parve rasserenarsi. “Sul serio? Non è che ora lo chiami di nascosto e gli dici di trovarsi un albergo perché ci sono io?”

Evan sorrise di nuovo: “Ti sto dicendo la verità. Non c’è, dico sul serio. Tornerà fra una settimana, più o meno. “ 

La ragazza sospirò sollevata.
Non era una questione personale, anzi trovava Nathan molto simpatico, ma non sopportava di vederlo insieme ad Evan. Cercava di non pensare mai alla loro relazione, la faceva soffrire troppo. Non era il fatto che fossero due ragazzi, avrebbe avuto difficoltà anche se Evan avesse convissuto con una ragazza. Era l’idea di averlo perso che le dava il tormento e, in qualche modo, riteneva Nathan l’unico colpevole. Evan era stato il suo primo ed unico amore, finito ancora prima di avere avuto il tempo di sognare un futuro insieme a lui. Si sentiva una stupida a pensarla così, ma le riusciva impossibile stare a casa di Evan se in giro c’era Nathan. Probabilmente era gelosia, anche se lei si rifiutava con tutte le sue forza di crederlo, dal momento che non si sarebbe più dovuto chiamare amore il sentimento che la legava ad Evan…

“Chi cucina?!” domandò, lo sguardo improvvisamente acceso dall’entusiasmo.

“La donna sei tu! “ scherzò Evan.

“Bene! Ma non mi fiderei troppo, fossi in te! Sai come sono fatta ai fornelli. Mi piace sperimentare cose nuove!”

Eleanor rise dell’espressione decisamente preoccupata di Evan.

“Pizza?! “chiese infine, con un sorriso.

Lui annuì : “Si, assolutamente!”. 

***

 

Eccomi, come promesso! Volevo aggiornare oggi pomeriggio, ma non ce l’ho fatta, sorry^^!

Cmq, ecco qui il secondo capitolo.

Capitolo abbastanza inutile devo dire, ma serve per introdurre il personaggio di Evan ( A very important character !!) . La prossima volta accadrà qualcosina di più, giuro. Qualcosa che avrà a che fare con il misterioso ragazzo della metropolitana, contenti?!

 Tanti hanno letto e solo una ha commentato ç_ç !... Fa niente.

Mille grazie a Mary3!!!! Lieta ke ti sia piaciuto, ma ti prego di non tralasciare i compiti per stare dietro alla mia storia… non vorrei essere responsabile di qualche disastro scolastico^^’’!!

 
A mercoledì prossimo!

 
Ayleen

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Ayleen