Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
Segui la storia  |       
Autore: Biebersbreathe    19/10/2014    4 recensioni
Chissà quanto stanno soffrendo le persone che amavo: non lo so, non so nemmeno chi siano. Che poi, è vera tutta sta storia o questo Simon mi sta prendendo in giro?
“Shamuel.”, mi corregge. Si beh, lui. Comunque, se riesce a carpire i miei pensieri e se continuo a non svegliarmi…qualcosa sotto c’è. Potrei provare a pensare al mio numero preferito.
“Ventisei. Smettila, Gabrielle.”, mi dice trattenendo un sorriso. Sono nel Purgatorio. Sono…
“Morta. Sì, sei morta.”
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo undicesimo.

Dopo due giorni di cammino sprecati a giocare a farci delle domande, spingerci come due adolescenti idioti e fare dei giochi stupidi tipo 'penso ad un personaggio dei cartoni animati, tu fammi le domande e indovina chi è', posso dire di essere stanca. E totalmente presa da questo ragazzo. In ogni suo sorriso, in ogni smorfia, in qualsiasi cosa dica. Nel modo in cui suona la sua voce, nel suo essere testardo, nell'allegria che ci mette nonostante la sua condizione. È un ragazzo forte, tremendamente forte.

E questo non fa altro che renderlo ancora più bello ai miei occhi.

La prima settimana è passata: mi sembra impossibile. Ho solo più sette giorni da passare in sua compagnia, dei quali due saranno ancora di cammino. È strano che nessuno sia ancora venuto a cercarci: o Dio non se n'è ancora accorto, che ne so, magari sta giocando a carte, o Shamuel non gliel'ha ancora detto. La seconda ipotesi è da escludersi, dato che l'ultima volta che ci siamo parlati volavano insulti a destra e a manca.

Quindi, riassumendo, Dio sta giocando a carte. No, cosa? Mi sto distraendo guardando Justin.

“Gabrielle, c'è qualcosa che vuoi dirmi?” sospira Justin, fermandosi e voltandosi a guardarmi. Oh, cacchio.

“Eh? Io? E perché dovrei?”

Lui sorride, scuotendo piano la testa. “Niente, non importa.”, sospira ancora e poi ricomincia a camminare.

“No, adesso me lo dici.”, lo fermo afferrandolo per un braccio. Si gira di nuovo, inchiodandomi con i suoi occhi color caramello. Sembra un cerbiatto. Accecato dai fari, in questo caso, data l'espressione sorpresa dalla mia presa ferrea.

“Potresti tenere per te certi pensieri.”, ride ma poi torna serio, togliendosi con una certa durezza dalla mia stretta. Cos'ho fatto adesso? Non ditemi che ho detto quella parte del 'mi sto distraendo guardando Justin' ad alta voce. Non può essere successo.

“Bambi: sii chiaro.”, gli punto un dito sul petto, stavolta seria anche io. Il che è un notevole traguardo.

Anche stavolta toglie la mia mano allontanandosi di poco e lasciandola cadere sul mio fianco. Vorrei quasi dirgli che così sta di nuovo perdendo tempo con me, ma non riesco. Il fatto è che essere di nuovo allontanata da lui ha spezzato quel poco che era rimasto dentro di me dopo la prima volta che si è comportato così. Ma io, dopotutto, non posso nemmeno stare dietro ai suoi cambiamenti d'umore perenni.

“Sarò chiaro: qualsiasi cosa provi smettila.”, sbotta improvvisamente. Un ceffone avrebbe fatto meno male. Se pensavo che si fosse ormai tutto spezzato sbagliavo di grosso: ho appena sentito un crack. E cadrei anche, se solo fossi arrendevole. Ma non è così che voglio essere, proprio per niente.

“E allora tornatene indietro! Chi ti ha chiesto di venire!” gli urlo dietro. Non si scompone, rimane a fissarmi come se non avessi parlato. Si può sapere che diavolo gli prende? Negli scorsi due giorni ha fatto l'amicone. Se deve essere più lunatico di mia nonna, può anche tornare a crogiolarsi nella sua stupida sofferenza.

“Sì, penso che farò così.”, sibila con tanto rancore che mi fa metaforicamente arretrare. Con metaforicamente intendo che i miei passi sono fissi al suolo, per non dargli soddisfazione, mentre il mio cuore è ormai nei pressi dei piedi, a pezzi sanguinolenti. Quello che fa più male è che si sia accorto di cosa provavo ed è stato zitto a illudermi, fino poi a distruggermi così. Ed io che pensavo fosse diverso.

“Non lo farai, hai troppa paura che ti puniscano. Sei un vigliacco.”, la voce mi esce stranamente ferma, mentre le mani tremano. Ma questo lui non lo vede, perché le sto stringendo talmente forte che sembrano ferme. Probabilmente, se lasciassi andare la presa, sembrerei affetta da Parkinson.

Lui arretra, e sto parlando fisicamente, e mi guarda con un'accusa velata nello sguardo: sa che ho ragione. Non sa cosa rispondere: vorrebbe difendersi dalla parola 'vigliacco', che pesa ancora come un macigno tra noi. L'ho offeso, ma non più di quanto lui abbia fatto male a me.

“Tu non sai cosa vuol dire.”, il terrore prende il posto della rabbia e sembra ritornato il bambino smarrito di sempre. Vorrei poterlo stringere e rassicurare, dirgli che lo salverò, che non è tutto perduto. Ma, si sa, alcune ferite non possono essere guaribili. E il mio cuore è in troppi pezzi per rinsaldarsi.

“Forse no, ma sto cercando comunque di aiutarti. Vorrà dire qualcosa, no?” sbotto ormai vicina all'esasperazione: vi prego dategli una botta in testa, giuro che lo trascino senza fare storie. Se devo sentirlo accusarmi ancora per molto lo prendo per un orecchio e lo faccio girare in volo.

“Tu provi solo pena e compassione, come tutti gli altri. Che ci farà mai un bel ragazzino come te nell'Inferno? Oh, hai ucciso per sbaglio? Poverino!” imita la voce di quelle che credo siano le anime impietosite dal suo aspetto. Sorvolando sul fatto del 'bel ragazzino', qualcuno qui è vanitoso, il suo sfogo sembra farlo star meglio. Respira forte, il suo petto si alza e si abbassa velocemente, gli occhi sono pieni di rabbia e vedo la sua intera figura tremare. Se lo abbraccio è pena? Sì. Ora inizio a capire cosa mi sta cercando di dire.

“Se preferisci che ti tratti con aria schifata io...” mi interrompe ancora prima che finisca.

“Tu dovresti odiarmi!” urla, alzando le braccia al cielo. Ecco il nocciolo della questione: non si spiega perché io, dopo essere stata uccisa da lui, invece che odiarlo mi trovi attratta da lui. E questo, credetemi, me lo chiedo tutti i giorni.

“Molto bene.”, dico fredda. Gli volto le spalle e ricomincio a camminare, senza preoccuparmi se mi sta seguendo o meno. Non lo obbligherò a stare con me se non lo vuole: io l'ho perdonato, il mio compito è finito. Non c'è bisogno di nessun angelo, di nessun ricordo. È solo ora di tornare. Spero fortemente che non mi ammettano in Paradiso, perché non ci voglio proprio stare. Meglio il limbo freddo e bianco del Purgatorio a ricordarmi perché soffro. Non potevo affezionarmi a una pietra? Sarebbe stato decisamente meglio. Sento i suoi passi seguirmi, ma non me ne preoccupo.

E continuiamo così, camminando verso l'Inferno, verso casa sua, per i successivi due giorni.

***

“GABRIELLE, IO TI UCCIDO!” mi urla addosso Shamuel. Alla faccia del Paradiso, questo ha istinti omicidi. Se esistesse un coltello in questo posto, non avrei più le dita.

Gli sorrido, divertita ma spenta: “Ciao anche a te.”

“Non scherzare, non hai idea di cos'hai fatto!” esclama prendendomi per una spalla e trascinandomi verso una pietra. Mi ci fa sedere, mettendosi di fronte a me a braccia incrociate. Il suo volto è una maschera nera di rabbia e terrore. Rabbrividisco, deglutendo. Cos'ho fatto?

“Oh, mio dio.”, arriva Deborah, coprendosi il volto con le mani. Oh, cazzo. Scusa, Dio, ci stava. Se Deborah è così destabilizzata, ho fatto un danno maggiore del previsto. Dov'è Justin, perché nessuno sgrida lui? Non che mi importi poi molto di dov'è. Sì, certo.

“Sta arrivando.”, mi dice senza alcuna inflessione nella voce. Sta arrivando chi? Voldemort, Sauron, Peppa Pig? Chi? Alla visione della mia faccia perplessa, Deborah mi risponde. Il suo sghuardo, però, non è più affettuoso come una volta: mi odia.

“Il signor Bloom. Sta arrivando. Viene a punire Justin.”

Silenzio atroce. Tum, solo lo sprofondare del mio cuore. Ed io che pensavo fosse già nei pressi dei piedi.

“Lui che?” la mia voce esce strozzata, tanto che sembro una gallina. Sembro proprio Rosita, quella di Banderas del Mulino Bianco.

“La versione ufficiale è che lui ti ha trascinato via con la forza, per cui teoricamente non verrai punita. Ringrazia Shamuel.”, dice Deborah con acidità. Shamuel mi ha parato il culo, nonostante il nostro ultimo litigio. E allora perché non sono felice? Puniscono lui. Lui. Il mio lui.

“Cosa gli vogliono fare?” chiedo in preda all'ansia. Shamuel mi guarda sollevando un sopracciglio, confuso davanti al tremore delle mie mani e al mio fiato corto. Dio, è così stupido da essersi dimenticato cosa provo per Justin?

“Innanzitutto gli rimettono le manette, e poi si devono assicurare che non scappi più. Verrà mandato nel girone più profondo dell'Inferno e legato mani e piedi ad un sostegno. Non potrà più alzarsi, camminare e altre cose. Rimarrà li. Sempre.”, distoglie lo sguardo da me, forse perché ha visto cosa sto pensando e cosa sto provando. Non possono fargli questo. Non a lui, per favore.

“Shamuel...”, la mia richiesta d'aiuto, sussurrata e urlata allo stesso tempo, lo fa vacillare. Chiude gli occhi e vedo il suo labbro inferiore tremare. Ti prego, ti prego. Non posso pensare che gli faranno questo. Dove andrà a finire il suo sorriso? Nella mia mente risale a galla il ricordo di quando gli ho detto che il mio primo bacio era stato con un polipo: la sua risata, i suoi occhi accesi dal divertimento. Come si può cancellare una luce tanto bella? Con quale coraggio un uomo misericordioso riesce a distruggerla così?

“Smettila, Gabrielle, ha già fatto tanto per te.”, la voce dura di Deborah mi riscuote dal torpore. E la rabbia sale, come bile, come un fiume in piena. Un fiume che esonda.

“Davvero? Vediamo un po', pensa a Shamuel incatenato, prostrato, indifeso e sofferente. Pensalo mentre viene legato e torturato, pensa la sua luce svanire dai suoi occhi. Chi ti credi di essere per definire cosa provo io? Volevo portarlo solo via da tutto questo dolore, volevo salvarlo.”

“Lui non è salvabile!”

“Quindi lasceresti morire Shamuel se fossi al posto mio? Lasceresti morire il ragazzo di cui sei innamorata?”

“Non è lo stesso.”, mi guarda con odio ancora più grande. Ma, dentro, vedo che è tutto tranne odio: è paura. Paura che facciano del male anche a Shamuel.

“Questa è la risposta dei codardi.”, le sputo addosso queste parole, vedendola barcollare. È giusto che gli altri soffrano come faccio io. Giusto che tutto il dolore sia condiviso: con quale criterio io devo strisciare raccogliendo i pezzi del mio cuore e gli altri no? Con che criterio si fanno soffrire solo determinate persone?

Un rumore ci fa zittire, proprio mentre Shamuel stava per intervenire, probabilmente a favore di Deborah. Due angeli trascinano il corpo di Justin, ognuno tirandolo per un braccio. Non riconosco gli angeli, ma sono molto simili a Jason. Sono belli, eppure oggi non mi importa. Justin non si dimena, non lotta. È come un enorme pupazzo di gomma. Mi guarda ed il mondo esplode: non c'è segno di ribellione, non c'è voglia di cambiare le cose. C'è solo un buco nero di rassegnazione e di dolore.

Dietro al trio avanza il signor Bloom, vestito con un completo blu. Il colore, dopo tutti questi giorni di bianco, mi ferisce gli occhi. Ma non batto ciglio, non mostro fastidio. Se Justin non lotta, lo farò io per entrambi. Bloom si ferma in mezzo alla stanza, di fronte a Justin. Le anime si accalcano intorno, borbottando maledizioni e facendo a gara per vederci di più. Dev'essere un bello spettacolo per loro vedere qualcun altro soffrire.

“Che sia di monito per chi cerca di scappare.”, esordisce Bloom, mostrando un paio di ceppi di ferro. Li lega ai polsi di Justin, chiudendoli. Poi fa lo stesso con le caviglie. Mi vengono in mente i segni rossi che ha già, quelle scarnificazioni che non andranno mai via. Piaghe eterne simbolo della sua colpevolezza.

Mi vengono in mente i suoi occhi pieni di dolcezza mentre mi parlava di sua mamma e della colazione che gli preparava ogni mattina: non possono fargli del male. Non se lo merita, non è giusto.

“Justin Drew Bieber, sei relegato nel girone dei violenti verso Dio, al fianco dell'angelo ribelle Lucifero. La tua pena è la reclusione forzata, che dopo cinque anni si trasformerà nello scontare tramite il dolore. Verrai, come succede a Cassio, Bruto e Giuda, mangiato da Lucifero e rigurgitato, per subire per sempre la stessa punizione. Per ogni giorno, per sempre.”

Gelo sul posto. Questo Shamuel non me l'ha detto. Questo nessuno me l'ha detto.

“Voi non potete farlo!” urlo prima ancora di rendermene conto. Mi lancio verso Justin, schivando la mano di Shamuel che cerca di trattenermi. Le anime si spostano al mio passaggio, rendendomi più semplice la corsa. Stranamente, Bloom non fa niente per fermarmi. Mi guarda divertito, lo stronzo, mentre mi posiziono davanti a Justin. Quando alza la testa, inchiodandomi con i suoi occhioni così innocenti, mi sento svenire.

“Non piangere.”, mi sussurra, abbozzando un sorriso. Non mi ero accorta, ma le lacrime stanno rotolando giù dalle mie guance, cadendo fino sulla mia maglietta. Cerco di riprendere un contegno, ma perché poi dovrei? Lui merita queste lacrime.

“Non piango.”, dico stupidamente. Lui fa una mezza risatina, ma non è convincente. Non raggiunge gli occhi, non gli da quell'aria scanzonata alla quale mi sono affezionata.

“Mi dispiace per cosa ti ho detto oggi.”, dice abbassando nuovamente la testa. Passo una mano tra i suoi capelli e mi esce un singhiozzo quando penso che non potrò toccarli. Mai più.

“Io non ti lascerò andare.”, cerco di essere convinta, ma la mia voce si spezza più volte. Gli rialzo la testa, passando i pollici più volte sulle sue guance. Lo sento rilassarsi leggermente, mentre io assaporo questi ultimi momenti con lui, con la sua pelle diafana e morbida. Non mi interessa quante persone ci stanno guardando, o se è proprio questo che Bloom vuole: la mia confessione d'amore. Nulla è più importante di lui e del memorizzare ogni minimo dettaglio della sua bellezza.

“E' ora di andare, fanciullo.”, la voce di Bloom arriva quantomai sgradita alle mie orecchie. Vorrei picchiarlo e spaccargli quel ghigno che, sicuramente, ha impresso in viso. Brutto pezzo di stronzo infame. Tu, Shamuel, che mi senti, di a questo deficiente che è una persona orribile.

Ignoro tutto per gli ultimi secondi che mi rimangono, ci siamo solo io e lui. Al diavolo gli angeli, Bloom la Winx, Shamuel con l'h e Deborah con l'h pure lei. Io e lui. Per l'ultima volta. Lo abbraccio forte, stringendo la sua testa contro il mio petto. Lo sento digrignare i denti, perché non può ricambiare tutto legato così, ma non per questo lo lascio andare. Lo cullo come se fosse un bambino per qualche secondo, poi gli risollevo la testa.

E lo bacio.

Lui sussulta e impietrisce; la folla trattiene il fiato per poi ricominciare con brusii ancora più alti. Non mi interessa neanche di questo, di niente ormai. Era l'ultima occasione per toccarlo, per sentire il suo sapore e per fargli capire cosa provo. Sento qualcuno che cerca di staccarmi da lui, ma non ci riesce. Questo perché la mia volontà è più grande, perché l'amore non è pericoloso, ma un'arma potente. Saggio il dolce sapore delle sue labbra con tanti piccoli baci, per dargli il mio affetto l'unica e ultima volta.

Mi stacco, troppo presto, dopo troppo poco. I suoi occhi sono pieni di lacrime, quelle che ha trattenuto per tutto questo tempo. Ma non scendono. Le trattiene a forza, guardandomi più profondamente di quanto qualsiasi persona al mondo abbia mai fatto. Lo trascinano via mentre ancora ci guardiamo, oltre, dove nessuno può vedere cosa pensiamo.

“Non mi dimenticare.”, urla. Ma è come se me lo avesse sussurrato all'orecchio in un momento intimo. Gli sorrido, con gli occhi pieni di amore e dolore. Un dolore che va oltre le parole umane e che non può essere contenuto. Di quelli silenziosi, che non hanno bisogno di dimostrazioni di urla o pugni al muro. È più giù, incuneato nel cuore come una scheggia di vetro.

“Ti verrò a prendere.”, mormoro, eppure sono sicura che mi ha sentito. Mi sorride, da lontano. E, prima di sparire dietro l'angolo, mi sillaba le parole che determinano la fine. La mia dolorosa e agonizzante fine.

Ti voglio bene.

Ed è qualcosa che va oltre il 'ti amo'. È qualcosa di più. È l'aver condiviso un bene in un luogo oscuro e maligno, l'aver lottato per rendere la vita dell'altro migliore. E non è più bello di un 'ti amo'? Ti voglio bene. Non un ordine, non un 'devo'. Ti voglio, io, con i miei alti e bassi, ti voglio voler bene. È questo che vuol dire, e lo sento, a fondo, e scaccia la scheggia. La fa esplodere, la disintegra, la annienta.

E prometto, a me ma soprattutto a lui, che lo troverò. Non importa quanto tempo dovremo soffrire prima di rivederci, io lo troverò.

Ho tutta l'eternità davanti per farlo.

All'alba del diciassettesimo giorno, finalmente, eccomi.

Mi dispiace per l'attesa, ma vi ho spiegato

che in questo periodo ho qualche problema.

Grazie a chi è rimasto e a chi rimarrà, dato che non so

quando riuscirò a continuare. Se continuo a scrivere è 

grazie alle vostre recensioni dolcissime.

Ah, perdonatemi questo capitolo triste, ma era necessario. A presto.

Chiara :)

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber / Vai alla pagina dell'autore: Biebersbreathe