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Autore: Kim WinterNight    19/10/2014    4 recensioni
«Samuele era un ragazzo allegro.
Amava salire sul palco e cantare, suonare, improvvisare, qualsiasi cosa.
Amava modulare la sua voce, amava renderla sempre migliore e amava sperimentarla durante i live.
Gli piaceva da matti l’idea di avere un pubblico, ma non si montava la testa.
Samuele era semplicemente se stesso.»
Una storia introspettiva, una storia d'amicizia, di musica e d'amore.
Semplicemente una storia, la storia di Samuele.
Una dedica speciale va alla persona che mi ha ispirato. Probabilmente non leggerà mai queste righe come io ascolto le sue canzoni, però sono certa che ha già compreso quanto sia riuscito a rubarmi l'anima in una sola serata.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Samuele'
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Desiderio e Preoccupazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aprii gli occhi e mi ritrovai in un bagno di sudore.

Non ero per niente riposata e il pensiero di alzarmi dal letto mi fece venire il voltastomaco.

Sentivo gli occhi pesanti e il cuore a mille.

Il fatto di aver baciato Francesco non mi faceva stare affatto tranquilla.

Era davvero possibile?

Non potevo crederci e avevo bisogno di riflettere.

Come mai era successo tutto così in fretta? Avevamo litigato furiosamente quando io l’avevo sorpreso a spiare me e Samuele e poi… puff, tutto si era dissolto su quelle irresistibili labbra.

Un pensiero dannatamente triste mi colpì allo stomaco, facendomi quasi contorcere dal dolore.

Afferrai il cellulare, annaspando febbrilmente per raggiungere il comodino.

Dopo aver inforcato gli occhiali, fissai lo schermo con il cuore in gola e rimasi pietosamente delusa: da Jessica nessuna notizia.

Era frustrante.

Perché non avevo mollato tutto per partire con lei e darle tutto il mio appoggio? Come potevo averla abbandonata?

Chiamai Samuele.

“Ehilà, amica! Come stai oggi? Spero meglio!” mi salutò allegro lui.

“A quanto pare non ti ho svegliato, meno male!”

“Svegliato? Sono tornato mezzora fa dalla mia corsa mattutina” commentò lui, quasi indignato.

“Oh, scusa, Mister Muscolo!”

“Hai sbagliato paragone, ritenta!”

“E sarò più fortunata, scommetto.”

Samuele rise di gusto.

“Cazzate a parte… ti chiamavo perché di Jessica non ho nessuna notizia e mi sento uno schifo…

“Hai provato a chiamarla? Però, Mia… cerca di non pensare al peggio, tranquillizzati, magari…

“Sì, magari andrà tutto bene e bla bla bla. Ho capito, ma se non fosse così? Se le fosse successo qualcosa? Non me lo potrei perdonare!”

Samuele sospirò e me lo figurai che scuoteva il capo, contrariato, come a volermi dire che non potevo colpevolizzarmi dell’eventuale infausto destino della mia amica.

“Mia, allora vuoi farti del male, sei masochista!”

Mi portai una mano sulla fronte e chiusi gli occhi, lasciandomi andare contro il cuscino.

“Non so più cosa pensare, in realtà. Credimi.”

“Io so invece a cosa dovresti pensare” ribatté Samuele, con tono fortemente allusivo. “Che mi dici di te e Francesco, ad esempio?” domandò poi, a bruciapelo, facendomi spalancare nuovamente le palpebre.

“Immagino che tu sappia già tutto. Allora perché me lo chiedi?”

“E cosa dovrei sapere?”

Ecco, mi ero fregata con le mie stesse mani, non mi restava che confessare.

“Sei tremendo. Okay… ci siamo scambiati un bacio” dissi, sperando che lui non mi udisse. Che stupide illusioni!

“Ah, ma è fantastico! Francesco dice che baci divinamente… mi ha fatto venir voglia di provare io stesso” sghignazzò il mio amico, con tono malizioso.

“Samuele!” gridai, scandalizzata.

“Ma dai, non si può neanche scherzare con te! Sei una vecchia befana!”

“Ah, fottiti!” conclusi, per poi cambiare nuovamente argomento e tornare sulle mie preoccupazioni per Jessica.

Samuele mi consigliò di provare a chiamarla ancora, nonostante l’avessi già fatto, e di inviarle anche degli sms.

Anche perché, cos’altro potevo fare?

 

 

 

***

 

 

 

La città era così estranea e ostile che mi venne voglia di rifugiarmi in aeroporto finché non avessi trovato un volo che mi riportasse dritta a casa.

Ma ero certa che, non appena avessi incontrato Ignazio e mi fossi ritrovata tra le sue braccia, ogni preoccupazione sarebbe svanita.

Sul sedile posteriore di un taxi, fissavo con indecisione lo schermo del cellulare, non sapendo cosa fare.

Mia mi stava tartassando di chiamate e messaggi e io non me la sentivo di risponderle, non prima di aver affrontato la situazione in cui mi trovavo. Dovevo prima parlare con Ignazio, guardarlo negli occhi e capire cosa ne sarebbe stato della mia vita.

Poi, forse, avrei dato mie notizie a chi mi voleva bene. E, comunque, Mia un po’ di pena la meritava, dopo avermi aggredito nell’apprendere che stavo per partire ad incontrare l’amore della mia vita.

Mentre il taxi era imbottigliato nel traffico, decisi di entrare su facebook, giusto per passare il tempo.

Trovai un messaggio di Ignazio e lo lessi, poi risposi velocemente e sorrisi. Se solo avesse saputo che stavo per arrivare da lui!

Non gli avevo detto niente e decisi di mantenere quel segreto fino all’ultimo, forse perché avevo paura di convincere me stessa della pazzia che stavo commettendo.

Notai che c’era un messaggio nella cartella ‘Altri’ e corsi a leggerlo, curiosa. Chissà di chi era.

 

Jess, stai attenta.

 

Rimasi immobile a fissare quelle tre parole e mi sentii invadere da un moto di rabbia mista a qualcosa che però non riuscivo a definire.

Il messaggio mi era stato inviato da Samuele e appariva in quella cartella perché mi ero rifiutata di accettare la sua richiesta di amicizia.

Ma, a quanto pareva, lui non si era dato per vinto e si era dato la pena di mettermi in guardia.

Ma perché? Che gli importava di me?

Digitai in fretta una risposta e misi via il cellulare, sentendomi un po’ triste e malinconica, mentre l’eccitazione per l’imminente incontro passava in secondo piano.

 

 

 

***

 

 

 

Giocare a Tekken con mia sorella era uno spasso, perché lei era una schiappa e io mi divertivo sempre a distruggerla!

La nostra stanza era un antro oscuro in cui ci chiudevamo a contemplare la nostra vita da nerd sfigati, nonostante non ci sentissimo affatto tagliati fuori dal mondo.

Nella camera buia regnava in genere un assoluto silenzio, intervallato soltanto dalle nostre imprecazioni o da grida gioiose di vittoria.

Di solito, nessuno veniva mai a trovarci e, dal momento che nostra madre era sempre via per lavoro e nostro padre era sordo come una campana, potevamo fare tutto ciò che volevamo senza essere disturbati.

Spesso perdevamo la cognizione del tempo e non riuscivamo a capire se fosse mattina o notte fonda.

Soltanto l’orologio digitale del computer scandiva la nostra meravigliosa giornata.

Quando mia sorella non c’era, invece, mi annoiavo e così bazzicavo su facebook e altri social a caso, dovendo ammazzare il tempo, anziché i miei avversari nei videogiochi.

Ricevetti un messaggio su facebook e sorrisi, aprendo la conversazione.

Dopo aver risposto, ridussi a icona e mi misi a sonnecchiare sul letto, aspettando che il segnale acustico mi avvertisse dell’arrivo di una risposta.

Il campanello prese a trillare rumorosamente, strappandomi ad un sonno profondo e profondamente annoiato.

Doveva essere trascorsa almeno un’ora e io mi domandai chi diamine potesse essere.

Mia sorella era al suo allenamento di pallavolo e in ogni caso aveva le chiavi per rientrare, non avrebbe suonato. Mio padre non avevo idea di cosa facesse, era come un fantasma in quella casa. Mia madre non sarebbe rientrata prima di sera.

Essendo le 16:47 del pomeriggio, toccò a me alzarmi e andare ad aprire, borbottando ed imprecando nervosamente.

Spalancai la porta e mi ritrovai di fronte una ragazza che non subito riconobbi.

La fissai, corrugando la fronte nel tentativo di metterla a fuoco e di non farmi accecare dalla luce del sole che penetrava dall’esterno.

“Oh, Ignazio!” esclamò lei, gettandomisi addosso. Mi strinse in un abbraccio e io rimasi immobile.

Poi realizzai che si trattava di Jessica, la mia Jessica!

Preso da uno slancio di affetto e felicità, ricambiai l’abbraccio e assunsi sicuramente un’espressione da idiota.

Ma l’entusiasmo si spense presto e fui invaso dalla rabbia. Così, la spinsi via, contrariato, fissandola con disappunto.

“Cosa ci fai qui? Non mi hai detto niente” commentai, brusco.

“Ignazio! Non sei felice di vedermi? Non ti è piaciuta la mia sorpresa?” domandò lei, un’espressione delusa sul bel viso.

Si, era bella, proprio come l’avevo immaginata osservando le foto, bella mille volte di più di quegli scatti digitali.

Eppure, mi sentivo a disagio e non avrei voluto mai arrivare a quel punto. Lei doveva rimanere un passatempo come tanti, niente di più. Nonostante l’avessi illusa che ci saremmo visti e che tenevo davvero a lei, non avevo avuto realmente intenzione di farlo. Mai avrei pensato che sarebbe stata in grado di precedermi.

Era davvero la ragazza domabile, arrendevole e sottomessa che avevo conosciuto?

Forse l’avevo sottovalutata e avevo fatto molto male.

“Sì, ma…” cominciai, per poi interrompermi mentre un’idea faceva capolino nella mia mente. Cambiai immediatamente atteggiamento e le sorrisi con tutta la dolcezza in mio possesso. “Il fatto è che non me l’aspettavo, piccola. Dio, quanto sei bella!” esclamai, attirandola nuovamente a me.

Aveva un profumo delizioso, un corpo mozzafiato e due occhi verdi da far girare la testa.

Tutto sommato, non ero poi così deluso da quell’arrivo improvviso.

 

 

 

***

 

 

 

Come un nuotatore alla ricerca dell’ossigeno, mi tuffai sulle labbra di Ignazio, avvinghiandomi a lui come se non ci fosse altro da fare, come se quello fosse l’ultimo attimo di gioia in vita mia.

Lui chiuse la porta di casa e mi spinse contro di essa, ricambiando con baci famelici e passionali.

Nessuno mi aveva mai baciato così.

Mi sentii soddisfatta di ciò che avevo fatto, poiché Ignazio si era rivelato anche meglio di ogni mia aspettativa o stupida immaginazione.

Allacciai le gambe al suo bacino e mi staccai per un attimo, cercando il suo sguardo: i suoi occhi erano belli, scuri e profondi come li ricordavo, ma ora brillavano di quella luce opaca che soltanto il desiderio più viscerale per la persona amata può conferire.

“Sono così felice di averti, finalmente. Non posso più aspettare, Ignazio…

“Piccola mia, sei così sexy e non sai quanto ho voglia di fare l’amore con te. Dopo parleremo, dopo avremo tutto il tempo del mondo… ma adesso…

Lo zittii con un bacio infuocato, suggellando così quell’accordo. Avremmo parlato dopo, tutto sarebbe venuto a suo tempo.

Era quello che volevamo entrambi.

 

 

 

***

 

 

 

Grazie, ma non ho bisogno di un secondo padre.

 

Quelle erano state le fredde parole che Jessica mi aveva scritto.

Che razza di risposta era?

E perché ero stato talmente cretino da darle importanza e raccomandazioni di cui si infischiava deliberatamente?

Se Mia era preoccupata, io lo ero anche di più.

E non sapevo nemmeno perché, dannazione!

Quella mattina, mentre facevo colazione in silenzio, sentivo addosso lo sguardo indagatore di mie sorelle.

Quelle due insieme erano capaci di esasperare un santo!

“Ma si può sapere che cazzo avete da fissarmi?” sbottai, farfugliando con la bocca piena di cereali.

“Samuele, che modi sono questi?” saltò su mia madre, indignata.

Feci spallucce e continuai a mangiare senza alzare lo sguardo dalla tazza.

“Lascialo perdere, mamma… l’amore fa brutti scherzi” commentò Caterina, mentre si passava lo smalto sulle unghie lunghe e ben curate.

“Già. Quando Samu si deciderà a farci conoscere la sua nuova fiamma, io e Marco saremo felici di invitarli a casa nostra!” esclamò Alessia, raggiante, mentre setacciava i cassetti alla ricerca di qualcosa che potesse utilizzare per afferrare il pentolino bollente in cui aveva scaldato il suo latte.

“Volete fare silenzio?” protestai, alzando di scatto la testa e fulminandole con un’occhiataccia.

Entrambe risero.

“Avete proprio un’immaginazione assurda voi due!” le accusai, allontando la tazza da me.

“Diciamo che conosciamo i nostri polli” commentò Caterina, sventolando la mano per far asciugare lo smalto.

“Ma taci!”

Cate ha ragione!” concordò Alessia, sedendosi di fronte a me.

“Mi avete rotto le pa…

“Samuele, non ti azzardare! Non tollero che in casa mia si parli in questi termini!” strillò mia madre, minacciandomi con il mestolo in acciaio con cui stava rimestando il sugo nella pentola.

“Sì, mammina” borbottai.

Poi mi alzai e uscii dalla stanza, seccato.

Ma che avevano quelle due?!

Possibile che fossero davvero convinte che io mi stessi innamorando di qualcuna? La ferita che Julieta mi aveva inferto era troppo profonda e recente perché potessi dimenticarla e andare avanti a cuor leggero.

Non capivo proprio cos’avessero da sghignazzare alle mie spalle, come se loro si fossero accorte di qualcosa che a me sfuggiva sempre più.

Scrollai le spalle e, dopo aver afferrato le chiavi di casa, me ne andai in studio da Francesco e Fabiano.

Quando i pensieri erano troppi e le preoccupazioni anche, quello era l’unico rifugio sicuro.

E cantare le mie emozioni mi avrebbe fatto sentire meglio, ne ero certo.

  
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