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Autore: HopeToSave    15/10/2008    5 recensioni
-L’onore della vittima è di non essere l’assassino.-[…]-E l’onore dell’assassino qual è?- -L’assassino non ha onore.-
Questa Fanfic ha partecipato al Concorso AU (Alternative Universe) II°, indetto da Talpina Pensierosa e Kurenai88.
Genere: Dark, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Deidara, Tobi
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler! | Contesto: Nessun contesto
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. Killer .

-L’onore della vittima è di non essere l’assassino.-
-E l’onore dell’assassino qual è?-
-L’assassino non ha onore.-

23 Novembre 1890, Londra.

Ennesima vittima dopo tre mesi dal primo fatto.
Il killer si è fatto nuovamente vivo, uccidendo un altro innocente.
La vittima questa volta è un uomo dalla identità ancora sconosciuta.
Questa volta però la squadra di ricerca ha trovato una prova: una maschera strana, a forma spirale, e, cosa ancora più strana, con un solo foro al fine di vedere.

12 Novembre 1890, Londra.
Con uno scatto nervoso, smise di leggere il giornale, che prontamente abbandonò sul tavolino del bar, affianco alla tazza di thé fumante.
Con sguardo concentrato, fissò il vapore salire dal liquido sparire nell’aria gelida d’inverno. Una persona intelligente sarebbe andata a mangiare all’interno del bar, ma per lui era stressante: la sensazione di essere perennemente osservato lo snervava, e tra tutte le cose era da almeno tre mesi che provava il senso di essere in qualche modo sporco.
Questo era da quando era comparso quel maledetto assassino. A quanto dicevano i notiziari, la sua prima vittima era una bambina orfana, col suo cagnolino, unica compagnia nella notte.
Il cadavere era stato rintracciato il giorno seguente, steso sul marciapiede, come se dormisse, da un operaio di passaggio, richiamato dall’abbaiare del cane. La cosa davvero strana era che quella bambina, dagli sporchi capelli biondi e gli occhi coperti da lacrime interrotte dal termine dei battiti del cuore, era praticamente incolume, alla vista. Con un’ispezione ravvicinata si vedeva che la gola era stata tagliata. E ricucita.
Da quel giorno si era sempre sentito in allerta per un fatto istintivo, ma non per paura di poter morire. Non aveva un motivo valido, era così e basta.
Ripensò al secondo cadavere rinvenuto 11 giorni dopo: una ragazza, questa volta, dalla bellezza straordinaria, con i capelli biondi raccolti e vesti chiaramente nobili. Anch’essa, come la bambina, aveva la gola tagliata e in seguito ricucita.
Così era stato per altre due volte, distanziate entrambe da 11 giorni, e le vittime erano state un uomo di mezza età e una donna di discutibile fama. Le cose che li accomunava erano i capelli, di un oro acceso, e la causa del decesso.
Scacciò via dalla mente le immagini dei morti, percependo sempre quella fastidiosa sensazione di agitazione, minimizzata per fortuna dal freddo pungente.
-Hai visto, uhn? Altra vittima…-
Alzò gli occhi, per incontrare lo sguardo color mare di un giovane uomo, e poterne notare il sorriso di scherno. A quell’azione, fece una occhiata affilata, come per ammonirlo.
-Non c’è niente da ridere.-
-Oh, Uchiha, non fare il duro. Se non la si prende a ridere, come la si prende?-
-Sicuramente non in maniera felice…-
-Beh, io preferisco non pensarci. Mi godo gli ultimi giorni di vita!- e qui il nuovo arrivato, che sfacciatamente si era accomodato sull’altra seggiola del tavolino, scoppiò in una fragorosa e in effetti amara risata.
-Deidara, sei un idiota.-
-E dai, Madara, non dirmi che non te ne sei accorto! Tutte le sue vittime sono bionde! Bionde, capisci? Prima o poi verrà il mio turno, è sicuro.-
Distolse lo sguardo da quell’occhio apparentemente felice, ma nel profondo turbato e rassegnato. Altroché se se ne era accorto, mica era un imbecille come quello lì. Aveva già intuito da subito, fin dal primo assassinio, che le vittime avrebbero avuto qualcosa in comune tra loro. Sembrava quasi che fosse tornato Jack lo Squartatore, ma che aveva cambiato ‘stile’ di uccisione e le vittime.
-Beh… avrei voluto essere quella bambina, almeno non avrei vissuto nel tormento e nell’ attesa della morte: avrei avuto l’onore di essere il primo a morire!-
-L’onore della vittima è di non essere l’assassino.-
Deidara si ammutolì e guardò serio, dopo minuti passati a scherzare su fatti duri, gli occhi rossi di Madara. Lui, dal canto suo, contraccambiò, sgridando con gli occhi il comportamento infantile del biondo.
-E l’onore dell’assassino qual è?-
-L’assassino non ha onore.-
Mirò a guadare nuovamente la tazza di thè, rigirando il cucchiaino senza motivo. Poi la prese tra le mani e bevve un lungo sorso, senza bruciarsi la lingua e il palato, in quanto la bevanda raffreddata dal clima invernale.
Gustò con piacere e passione, sfiorando la lussuria, facendo scendere il liquido giù per la gola: si sentiva pulire, lavare da peccati sconosciuti pure a lui stesso, poi sospirò.
Deidara era un bravo ragazzo, però troppo stupido. Fissato con le esplosioni (Perché non scoppia una bella guerra, uhn?! Sarebbe pieno di bombe, uhn!), con un occhio monco e quei dannatissimi capelli biondi che lo facevano tanto assomigliare ad una donna, e che ora mettevano la sua vita a rischio. Non lo ammetteva, ma voleva bene a quell’uomo ancora bambino, trovatello e decisamente fuori di testa.
Madara poggiò la tazza di nuovo sul tavolo e portò le mani alle tempie.
-Emicrania, uhn?-
-Vai a fare un giro, Deidara.-
-No.-
Bene, ci mancava il moccioso troppo cresciuto.
Si alzò e col giornale sottobraccio si avviò all’interno del bar: subito dentro, un caldo tepore lo avvolse, abbracciandolo, stringendolo e stritolandolo, soffocandolo.
Lo prese improvvisamente una sensazione di claustrofobia e con fatica si diresse al banco per pagare. Fece il tutto molto velocemente, poi corse fuori, dove era aspettato da Deidara.
-Stai bene?-
Il giovane sembrava seriamente preoccupato, ma Madara non ci fece caso.
-Sì. Sì, sì…-
Affermava di stare bene, ma non era affatto vero. E si poteva notare. Si appoggiava al muro di pietra, mentre un leggero nevischio cominciava a scendere, imbiancando e inumidendo i suoi capelli neri. Il suo respiro si era fatto pesante e con una mano stringeva il cappotto all’ altezza del cuore.
Dopo di ché, si piegò sulle ginocchia e rimise. Il thé bevuto pochi minuti prima venne rigurgitato come fosse stato veleno: effettivamente aveva qualcosa di strano. È normale che il thé sia vermiglio?

Chi bussa?
Chi è?
Perché sei qui?

22 Novembre 1890, Londra.
Sono sveglio.
Quanto ho dormito? Una giorno, due giorni, tre giorni… ieri era l’11, oggi è il 22. Sì, è esatto.
È passato un giorno.
Sì alzò dal letto disfatto, come ogni notte. E come ogni notte si lavò con cura, e subito dopo si guardò allo specchio: viso sorridente, occhi accesi. Sempre lo stesso felice Tobi.
Mentre sogghignava senza un motivo, si affacciò alla finestra: il buio era tagliato appena dai pochi lampioni presenti, mentre la neve iniziava a scendere. Strano, la notte prima non aveva nevicato, e neanche le notti precedenti. Possibile che cominciasse a nevicare così all’ improvviso?
Si voltò, attraversò l’ingresso con passo disinvolto e allegro e si diresse verso un comodino di legno scuro, ne aprì lo sportello e ne tirò fuori un piccolo contenitore metallico. Da esso proveniva un certo odore di ruggine.
Lo aprì con divertita sadicità e, a suo pensiero, normalità, e dentro ne comparvero un rocchetto di filo bianco e un grosso ago da cucito, totalmente insanguinato.
Rigirò quest’ultimo tra le dita, sorridendo sempre, poi spostò lo sguardo verso il comodino nuovamente: allungò la mano, sporca del sangue incrostato nell’ago, e afferrò una maschera arancione. Senza esitazioni se la mise sul volto, e riprese a vedere da un solo occhio.
Con una risatina entusiasta, il rocchetto e l’ago nella tasca delle braghe, andò nella piccola cucina e afferrò un coltello. Lo ispezionò con cura, prima di uscire dalla porta di casa, con quello sempre fra le dita.
Fuori faceva più freddo de solito, ma non ci fece particolarmente caso, anzi, cominciò a ridere più gioiosamente di prima, nascondendo le labbra dietro quella maschera a spirale dall’unico foro visivo.
Poi improvvisamente si bloccò. Davanti al suo unico occhio vedente in quel momento, scorse una chioma bionda, e i nervi scattarono.
Una luce troppo potente, quell’oro, da mantenerla accesa nella notte. Basta quella della luna, quella dei lampioni, quella delle stelle. Ma quella è di troppo.
Fece un passo in avanti e lo stivale scricchiolò nella neve fresca, quindi la persona davanti si voltò, in faccia un espressione impassibile. Poi un sorriso maligno.
-Sembra che sarò il prossimo…-
-Come?- a Tobi venne da ridere, in conseguenza alle labbra apparentemente felici della sua prossima… operazione.
-Sei il famoso killer che ammazza i biondi, giusto?-
-Killer? Io voglio solo abbassare la luce.-
L’uomo biondo aprì stupito la bocca: -Abbassare la luce?-
-I tuoi capelli sono troppo luminosi…- sorrise, ma non si vide.
-E hai ucciso tutte quelle persone perché… perché secondo te i loro capelli erano troppo luminosi?!-
-Ucciso? Io non ho ucciso proprio nessuno.-
Il biondo rimase sconcertato. Perché si comportava in quel modo? Era matto?
-Tu sei pazzo…-
-No, io sono Tobi.-
-Tobi… togliti la maschera, lascia che veda il volto del mio prossimo assassino.-

Se ne è andato.
Cosa voleva?
Chi era?

23 Novembre 1890, Londra.
Freddo, un terribile freddo.
Si alzò di scatto, in allerta: la guancia era totalmente insensibile, come le mani e i piedi. I vestiti erano fradici e ricoperti di neve, i capelli sudici e attaccati al viso. Un viso rosso, sporco.
Guardò attorno a se: una piccola folla di persone lo fissava con gli occhi sbarrati e le lacrime, alcuni urlavano, altri intimavano il silenzio.
Poi guardò un po’ più indietro di sé, e gli si mozzò il fiato.
Non poteva essere.
Si avvicinò al corpo steso per terra, quasi dormiente, ma in realtà neanche vivente, dai capelli biondi e lucenti. Toccò il volto del proprietario di quei fili di seta con reverenza, quasi sperasse aprisse gli occhi, ma i morti non possono rinascere.
Accarezzò il volto di quello che una volta era il suo amico Deidara, il fissato delle esplosioni, della guerra e delle follie, poi esaminò il collo e vide che era stato tagliato e ricucito con cura.
A bocca aperta, cominciò a piangere, senza volerlo, e si lasciò cadere sulla neve.
Di lì a pochi minuti arrivò la polizia, e lui fu portato via.

-Qual è l’onore della vittima, Madara?-
-Quello di non essere l’assassino.-
-Qual è l’onore dell’assassino, Tobi?-
-Quello di non essere la vittima.-

FINE

Nota dell’autrice:
So che la fic avrebbe dovuto essere magari più lunga e che aveva la possibilità di essere molto più elaborata, ma ho avuto pochissimo tempo per scriverla.
Però spero comunque che sia piaciuta, che non abbia violato regole (non era obbligatoriamente amore, giusto? Comunque io ho fatto il rapporto Tobi-Deidara come un rapporto Assassino-Vittima, purtroppo accennato, e un rapporto Madara-Deidara come Amico-Amico. I caratteri di Tobi e Madara sono separati, ma possono essere considerati lo stesso paring, in questo caso.) e soprattutto che si sia capita.
La spiego: in pratica a Londra è comparso un assassino (Tobi), che ammazza le persone bionde ogni 11 giorni (gli 11 giorni sono le volte in cui Tobi compare, ma per lui è come passasse un giorno). Tobi e Madara sono la stessa persona, ma Madara non sa di avere una seconda personalità.
Sono importanti le date che ho segnato, perché spiegano i periodi temporali: 23 Novembre. Il giornale comunica la morte di Deidara. Madara si sveglia dopo essere svenuto e scopre di essere il killer.
22 Novembre. Esce la seconda personalità, Tobi, e uccide Deidara.
12 Novembre. Inizio, introduzione, Madara legge dell’assassinio del giorno 11.
Le parti in cui dice: ‘Chi bussa? Chi è? Perché sei qui?’ E l’altro corto sono i momenti di cambio di personalità.
Ps: ho scelto le parole ‘monco’ e ‘braghe’ apposta.

Dunque, questa fic ha partecipato al Concorso, indetto da Talpina Pensierosa e Kurenai88, AU (Alternative Universe) II°.
Spero vi sia piaciuta.

Hope.

Ps: i caratteri di Tobi e Madara Uchiha sono volontariamente separati. La storia è in parte ispirata a quella di Jack lo Squartatore (da qui il periodo storico e il luogo).
Credits: L’onore della vittima è di non essere l’assassino. – Kahlil Gibran

   
 
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