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Autore: Bab1974    20/10/2014    1 recensioni
Ortech, protettore della natura e giardiniere di re Deniv, deve fare i conti, assieme alla sorella Smeral, contro la propria natura, non accettata dagli altri uomini.
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Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Il decimo anniversario

 

 

Ortech osservò il proprio operato: aveva appena ripulito le aiuole del giardino di Sua Maestà re Deniv e gli era anche rimasto il tempo per fare una passeggiata lungo la riva del fiume, prima che arrivasse gente per iniziare i preparativi per la festa. Deniv compiva dieci anni di regno, uno dei migliori e più pacifici che si fossero mai visti nel mondo umano conosciuto. Porto Recadi era, senza ombra di dubbio, una delle potenze del pianeta, ma Deniv era riuscito a mantenere e rafforzare la fiducia di coloro che erano già alleati e conquistarsi quella di regni che fino a qualche decennio prima avrebbero allagato di sangue i loro territori.

Ortech amava il suo lavoro di giardiniere. In realtà amava la natura in generale, con i suoi pregi e difetti, anche se, secondo il suo parere, i primi sorpassavano i secondi di molte lunghezze. Se accadeva qualche incidente naturale che faceva rischiare la vita agli esseri umani, era tutto nella norma delle cose e non doveva preoccuparsi. Si avvolse nella sciarpa, non perché avesse freddo, ma per tacciare il dolore sordo che sentiva alla testa, come accadeva ogni luna piena. Si tirò giù anche il berretto che aveva in testa, abbastanza ridicolo per un periodo come quello, ma doveva nascondere la testa.

Appena notò l'approssimarsi di servitori che dovevano decorare il prato, cerò di svignarsela, perché non voleva troppi contatti con altri uomini. Fu lo stesso Deniv a fermarlo.

“Non rimani per la festa, dopo tutta la fatica che hai fatto?”.

Ortech si sentì arrossire a quelle parole: per quanto tentasse di nasconderlo perfino a se stesso, non poteva negare che Sua Maestà gli piaceva, sia come regnante che come uomo e lo lusingava che gli rivolgesse la parola. Sperò che lui non si accorgesse della reazione che gli procurava e, soprattutto, che la sua voce non tradisse l'emozione, mentre gli rispondeva.

“Mio Sire, vi ringrazio molto dell'invito, ma sono solo un semplice servo, non dovete disturbarvi troppo per me.” Ringraziando gli dei, la sua voce era ferma a sufficienza. “Oltretutto ho promesso a mia sorella che l'avrei raggiunta non appena finito qui, abbiamo una piccola riunione di famiglia.”

Deniv rise e gli mise una mano sulla spalla. Eh no, questo era troppo. Le gambe rischiavano di trasformarsi in gelatina. Non seppe come riuscì a tenersi in piedi, per fortuna la sua forza di volontà era più forte della debolezza fisica.

“Mi fa piacere vedervi così uniti. Vorrei avere la tua fortuna. I miei fratelli ed io, ci siamo scannati per salire al trono. E ti assicuro che temo più loro che tutti i nemici che potrei avere all'esterno di questo paese.” si complimentò “Comunque, se dovessi cambiare idea, potresti portare anche lei, è un pezzo che non vedo Smeral. Fate la vita degli eremiti. Girano strane voci su di voi e questo vostro comportamento non fa che alimentarle.”

“Le ho sentite anch'io e forse questo ci porta ad essere ancora più cauti. Le persone possono essere cattive, se ne hanno occasione.” commentò triste Ortech “Alcune sono davvero imbarazzanti. Mia sorella, qualche settimana fa, è stata fermata da due tizi ubriachi che volevano informarsi se non si era stufata di farsi sbattere dal fratello. Per fortuna erano talmente sbronzi che non si reggevano neppure in piedi ed è riuscita a fuggire, ma se l'è vista brutta. Ha pianto per tre giorni interi, più per l'accusa che per la tentata violenza.”

Deniv lo fissò a bocca aperta: non poteva credere che nel suo regno pacifico esistessero esseri del genere. Il suo volto divenne livido dalla rabbia, non capitava spesso di vederlo in quelle condizioni. Ortech si preoccupò.

“State bene, Sire?” s'informò.

Deniv si calmò un poco, vedendo la reazione ansiosa del suddito, ma decise di non passare sopra la faccenda.

“Invita donna Smeral a denunciare certi atteggiamenti, la prossima volta. Non voglio che accada nulla di male a nessuno...” Stava per aggiungere 'di voi due', ma si morse l'interno del labbro appena in tempo per evitare di dire troppo.

Ortech rise della sua preoccupazione.

“Non stiate in pena, almeno non per lei. Da sobrio nessuno si avvicinerebbe a noi. Temono che lo spirito di quella strega di nostra madre li maledirebbe per almeno dieci generazioni.”

Deniv scosse la testa: l'ignoranza delle persone che camminavano sulla terra era senza fondo. Osservò un attimo Ortech, il suo abbigliamento strano e fuori stagione, ma non era la prima volta che lo vedeva così e suppose che ci fosse un motivo di fondo. Decise, poi, di lasciarlo andare.

“Salutami Smeral e ricordatevi che se cambiate idea, sarete sempre ben accetti.”

Deniv proseguì il suo cammino per controllare i preparativi della festa, che sarebbero cominciati a breve. Ortech rimase a fissarlo come un ebete per qualche minuto, poi, prima che arrivasse gente, si allontanò con il cuore un subbuglio, come accadeva ogni qual volta Sua Maestà gli rivolgeva la parola.

 

 

 

Bussò alla porta di casa propria, pur avendo la chiave, con un ritmo che conoscevano solo lui e Smeral. Lo faceva perché, nonostante le rassicurazioni che aveva dato a Deniv, la loro situazione non era delle più rosee e per rassicurare la sorella che non era in pericolo. Era accaduto più di una volta che qualcuno avesse tentato di entrare in casa o di bruciare l'abitazione della strega e dei suoi figli maledetti, ma, per fortuna, i loro cani da guardia avevano messo tutti in fuga. A pensarci bene, forse, era un accorgimento inutile, non era facile arrivare alla porta con quelle tre bestie, che controllavano l'esterno della casa e che attaccavano chiunque non fosse loro, ma in fondo non era neppure un male.

Entrò, poi, in casa con Pallino, Fiore e Gnometto (nomi scelti da Smeral) che scodinzolavano, alla ricerca della loro dose di coccole. Ortech cerò di accontentarli come poteva. Peccato che avesse solo due mani! Fu raggiunto da una sorridente Smeral, che si stava asciugando le mani nel grembiule. Lei portava un enorme fazzoletto che si arroccava in alto sulla testa.

“Mi manca ancora un po' per finire di produrre la pozione. Fra un oretta saremo pronti per l'operazione.” lo avvertì.

“Allora ho il tempo di ringraziare degnamente queste bestiole per il lavoro che fanno per noi.” E accarezzò, una ad una, la testa di quei cagnoni. “Piuttosto, ne hai fatta a sufficienza questa volta? L'altra luna piena, sono rimasto a metà, come un demente. Ho dovuto portare il cappello per una settimana, mentre attendevo che preparassi di nuovo la pozione.”

Smeral rise, nonostante il fratello non lo trovasse divertente.

“Ne ho fatto il doppio. Purtroppo, ogni volta ce ne serve sempre di più. Diventano sempre più dure e più lunghe. Per farti stare tranquillo, però, partirò con te. Che ne dici?”

“Affare fatto! Già la gente mi prende per pazzo, per portare questo cappello due giorni.”

Smeral sospirò: erano troppo condizionati da ciò che pensavano gli altri, fosse stato per lei se le sarebbe tenute e amen. In fondo, non facevano del male a nessuno. Certo che doveva ammettere che, essendo una femmina, le sue erano molto meno invadenti di quelle di Ortech. Di solito erano sufficienti due conci nel punto giusto per nasconderle bene.

  
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