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Autore: lallipumbaa    20/10/2014    1 recensioni
La sabbia del deserto egiziano scorre come in una clessidra, lenta e inesorabile, legando due epoche lontane.
Londra, 1935. La famiglia O'Connell riabbraccia un membro della famiglia finalmente a casa e Ardeth Bay arriva all'insaputa di tutti sulle tracce di un'antica minaccia.
Due anime legate da un'antica promessa: "Ci rivedremo, Kosey, te lo prometto. Ti aspetterò per l’eternità se necessario, ma staremo insieme nuovamente. Sarà un’altra vita, saranno altri tempi, ma ci ritroveremo. È una promessa."
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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−CAPITOLO 2−

 

“Tu sei venuto qui per lei?” “Effettivamente no. Ho solo seguito quei due. Le vecchie storie normalmente hanno sempre un fondo di verità, e qualcosa si sta muovendo.” “Imothep?” “No, molto peggio.” Erano in salotto, cercando di capire chi diavolo fossero quelli che erano entrati in casa aggredendo Breanne. Dopo che era svenuta l’avevano portata a letto, fasciandole la ferita al fianco. Evelyn era rimasta con lei, mentre Rick e Ardeth portavano via dalla stanza un preoccupatissimo Alex. “La zia starà bene, vero?” chiese il bambino guardando i due “La zia sta bene, non preoccuparti…” rispose Breanne arrivando in salotto scortata sotto braccio da Evelyn. Le aveva fatto indossare una camicia da notte comoda e sopra una calda vestaglia così da non dar fastidio alla ferita e alla fasciatura. Le corse incontro abbracciandola “Non farmi preoccupare così un’altra volta!” esclamò Alex facendole venire un incipit di magone. Lo strinse forte a sua volta “Non lo farò, è una promessa.” “CHE DIAVOLO E’ SUCCESSO PRIMA IN BAGNO?” sbottò il fratello senza preamboli “Ciao fratellone, è un piacere vedere che ti preoccupi così tanto per me.” Gli rispose fredda mentre si sedeva, mettendosi una mano sul fianco dolorante. “Come hai fatto a farti colpire in quella maniera? Il taglio era profondo. Abbiamo dovuto mettere i punti.” Commentò Evelyn preoccupata “Non mi ha colpita nessuno.” “È una dannata ferita da taglio! Qualcuno ti ha dovuto colpire! Non può essersi fatta da sola!” “Rick, non ti sto dicendo palle. E comunque sì, s’è fatta da sola.” “MA NON È LOGICAMENTE POSSIBILE!” “QUI NON SI PARLA DI LOGICA, RICK!! HAI AVUTO A CHE FARE CON MUMMIE CHE TORNANO DAL REGNO DEI MORTI, CRISTO! DOVRESTI AVERE LA MENTE APERTA!!! Tra l’altro Evie, scusami se ho usato l’asta del porta asciugamani come arma!” “Non ti preoccupare, l’ho lavato ed è come nuovo!”. Si girò verso l’arabo che, in piedi vicino al camino, la stava guardando. Stava cominciando a sentire nuovamente la vertigine e distolse lo sguardo, posandolo sulla tazza di the caldo che Evie le stava porgendo. “Grazie…” “Breanne, perché sei venuta a Londra?” le chiese Rick impaziente “Te l’ho detto ieri: dovevo controllare una cosa al British e avevo bisogno di una bibliotecaria che conoscesse la storia egiziana come le proprie tasche. Oggi ho controllato al British, ma ho trovato davvero poco. Le informazioni che ci sono rade, sembra che dal passato abbiano voluto cancellare la storia.” Sospirò, preparandosi a cominciare a raccontare tutta la storia dall’inizio.

Era cominciato tutto mesi prima. Era a Monaco di Baviera quando due persone le si erano parate davanti mentre stava tornando all’hotel di sera tardi. L’avevano fermata puntualizzando che non volevano farle del male, ma che volevano solo che li stesse a sentire. Era una proposta. Molto strana ma era pur sempre una proposta: le avevano parlato del loro ‘padrone’, così l’avevano chiamato, che voleva disperatamente incontrarla. Che se avesse accettato di stare con lui le avrebbe donato quello che tutti bramavano: la vita eterna. Con gentilezza declinò l’offerta, dichiarandosi non interessata all’accordo, dicendo ai due che il suo padrone poteva anche trovarsi qualcun’altra a cui donare l’eternità, ma i due insistettero che voleva solo lei e che la stava aspettando da molto tempo. L’avevano chiamata con un nome diverso dal suo. Amunet. Nonostante quello se ne andò, facendo rimanere la sua ultima frase come risposta ufficiale. Quella stessa notte erano iniziati i sogni. I primi tempi erano solo sensazioni, poi si erano evoluti. Sognava di tempi lontani, di una vita dedicata, meravigliosa, ma comunque solitaria. Sognava tradimenti, esseri spregevoli, la disperazione, ma ogni volta veniva risollevata da un pensiero. Occhi neri come l’ossidiana, occhi profondi, e la sensazione di amore che proveniva a quella vista le riempiva il cuore. Sognava una corsa su un cavallo nero, il senso di libertà. Poi un dolore lancinante al fianco la colpiva ogni notte facendola svegliare di soprassalto e una frase nella lingua antica le risuonava nelle orecchie. Non la capiva all’inizio, ma poi dopo ogni notte che la sentiva l’aveva imparata a memoria. Passarono i mesi ed era partita verso il centro America per degli scavi in Messico. Una sera se li era trovati davanti ancora. Erano gli stessi della volta precedente e come allora erano come sbucati dall’ombra. Portavano sempre lo stesso messaggio del loro padrone. Quella volta oltre alla vita eterna prometteva ricchezze inimmaginabili. Ma la sua risposta era sempre stata la stessa: la sua vita le piaceva com’era e non aveva bisogno nulla di ciò che le stesse promettendo. Aggiungendo che poteva anche andarsene al diavolo e di lasciarla stare per una buona volta. Quella volta furono meno cordiali della volta prima. Le avevano parlato in una lingua che non conosceva e il tono era minaccioso. La chiamarono nuovamente Amunet. Dopo il Messico non li vide per un po’. I sogni continuavano a tormentarla, il nome Amunet le diceva qualcosa, ma non sapeva cosa. La promessa che oramai a volte si ripeteva a bassa voce tra sé quando era concentrata la sapeva a memoria anche se non sapeva cosa potesse significare. Un giorno, mentre se la ripeteva senza accorgersene, una figura incappucciata la prese da parte suggerendole che non era saggio ripetere in pubblico quella frase, che era pericolosa e che avrebbe fatto meglio a dimenticarsela. E poco tempo dopo era tornata a Londra…

“Questa è la storia fino a ieri… oggi me li sono trovata davanti uscendo dal British Museum e hanno rifatto la proposta dicendomi che il loro ‘padrone’ non avrebbe avuto ancora molta pazienza dato che aveva aspettato per 5000 anni. Li ho mandati al diavolo un’altra volta e a quanto pare mi hanno seguita cercando di mandare al diavolo me. Non vorrei vantarmi, ma credo di avergli dato una bella lezione.” Concluse Breanne appoggiando la tazza vuota sul tavolino “Come fai a sapere che sia una promessa?” le chiese Rick sospettoso “Non lo so. Ma me lo sento. La voce la ripete con un tono amorevole, con lo stesso tono in cui pronunceresti una promessa solenne a qualcuno d’importante.” “Ma zia, perché hai bisogno di fartela tradurre? Prima hai parlato in egiziano antico!” le fece notare Alex un po’ perplesso “Davvero??” “Sì! Ti abbiamo sentita tutti.” Confermò Evelyn “Ehm, il problema è che io non conosco l’egiziano. Leggo a malapena i geroglifici, come potrei parlarlo fluentemente?” “Potresti dirmela? Così posso tradurtela.” Chiese Evelyn, il taccuino in mano. Gliela ripeté senza sforzo mentre la donna la trascriveva. Sentendo quelle parole Ardeth chiuse gli occhi. Fu trascinato lontano, ad un’oasi nel Sahara. Un impasto di erbe e l’acqua limpida di una sorgente, una brutta ferita infettata dal veleno. Sentì il panico e la disperazione prendere possesso del suo corpo. Un dolce contatto della pelle bollente sulla sua mano, una carezza e una voce fievole un tempo decisa, ma ancora dolce, pronunciò quelle parole. Sentì un senso di vertigine e si appoggiò al camino per tenersi in piedi. Quando aprì gli occhi fortunatamente erano tutti intenti ad aspettare la risposta della donna e nessuno si era accorto del suo momento di defiance. Guardò la ragazza bionda adagiata sulla poltrona che nascondeva l’espressione sofferente sotto  una maschera di tranquillità. Non l’aveva mai vista in vita sua, ma come poteva avere la sensazione di conoscerla da sempre? Lui era un Medjai, un discendente delle guardie del Faraone. Lei un’americana che, come il fratello, ne aveva vissute di ogni. Evelyn era la reincarnazione di Nefertiri e Rick quella di una guardia reale. Poteva essere tutto possibile. Ci mise poco per tradurre il messaggio “Tesoro, hai ragione. È una promessa. ‘Ci rivedremo, Kosey, te lo prometto. Ti aspetterò per l’eternità se necessario, ma staremo insieme nuovamente. Sarà un’altra vita, saranno altri tempi, ma ci ritroveremo. È una promessa.’ Ma che cosa romantica…” “Da cariare i denti.” Decretò Alex storcendo il naso “Ok, ma perché mi chiamano Amunet? Perché ho questi sogni? Chi diavolo è Kosey? E perché ogni volta che ho questi sogni finiscono sempre con un dolore lancinante al fianco e oggi mi si è pure aperta una ferita?? Cosa diavolo vogliono da me?” si chiese Breanne alzandosi cominciando a camminare nervosamente avanti e indietro, il bordo della vestaglia che svolazzava ad ogni curva secca. “Sto pensando… Amunet… il nome non mi suona nuovo.” Commentò Evelyn picchiettandosi l’indice sulle labbra, pensando a dove avrebbe potuto leggere quel nome “Ho trovato poche cose al British. Sono libri antichi. Si tratta dell’Antico regno, quindi all’incirca 2600 a.C. e collegando ai sogni questa Amunet dovrebbe aver ricoperto un ruolo molto importante per una donna dell’epoca.” Evelyn introdusse la sua cultura nel campo “I ruoli più importanti che una donna potesse ricoprire all’epoca erano pochi: Moglie ufficiale del Faraone-” “No, no! Non c’è nessun collegamento. O meglio. Sento che deve essere stata una nobile, ma il ruolo ricoperto era più religioso.” La corresse cercando di riportare la mente al sogno “E allora era solo uno: Alta Sacerdotessa di Hathor-OHMIODIO!!!” Evelyn sorrise e scattò in piedi “Lo so! So dove andare a cercare!! Aspettate!! Non vi muovete!!” esclamò prima di correre su per le scale facendo i gradini a due a due sotto gli occhi dei presenti. “Rick, voglio bene a Evelyn ma a volte mi preoccupa…” commentò Breanne guardando la cognata entrare di volata in una stanza per poi uscire un paio di minuti dopo con un libro e un quaderno che a vederlo sembrava vecchio di più di una decina d’anni. “Quel nome l’ho incontrato quando ancora lavoravo alla libreria al Cairo prima di conoscere tuo fratello. Quando è successo tutto ho potuto portare a casa qualche libro e questo personaggio mi ha sempre incuriosita. Era la figlia del Faraone Nebkara, della III dinastia. Si parla di storia antica… non si sa molto di questo faraone. Ha avuto 16 anni di regno, ma non fu fortunato coi figli. Di loro si sa comunque poco. Sono stati ritrovati dei papiri scritti secoli dopo da storici che cercavano di ricostruire i regni delle prime dinastie. È stato difficile recuperare le informazioni dato che sembra che avessero voluto cancellare ogni suo segno. Diciamo che sono quasi leggende… Si diceva che il faraone avesse intuito i poteri magici della figlia e della sua capacità di comunicare con Hathor, quindi decise di nominarla alla carica più alta alla quale una donna poteva aspirare: l’Alta Sacerdotessa. Ma per far sì che la benevolenza della divinità potesse venir meno decretò che la ragazza rimanesse vergine per evitare che ogni possibile cambiamento in lei potesse causare l’ira di Hathor.” “Sembra la scusa che aveva usato il padre di Cassandra, la sposa del Re Scorpione… peccato che dove lì era per il bene della figlia, qui il padre era davvero fuori di testa.” Commentò Breanne “Infatti la cosa non durò molto. Amunet era solo una bambina quando fu nominata sacerdotessa e fu fatta crescere con solo compagnia femminile.” “Evita il pericolo non esponendola al nemico. Astuto l’uomo.” “Solo che un giorno si dice che le fu portata al tempio una guardia reale gravemente ferita. Lo guarì del tutto e vegliò su di lui giorno e notte fino a quando non si riprese. Vista la naturale freddezza che caratterizzava la guardia, il re decise di destinarlo alla protezione della figlia, ma non poteva fare un errore più grande dato che i due si innamorarono.” “E ti pareva se non potevano farsi i fatti loro.” Commentò Rick mentre la sorella annuiva a braccia conserte “Qui è tratto dalla leggenda, ragazzi. Non sappiamo se la storia sia vera. E comunque continua!” “Aspetta, fammi vedere se il sogno corrisponde. I due si innamorano, ovviamente la storia della verginità era una palla colossale, e nessuno se ne accorse fino a quando il padre di lei non si spiegò perché stava perdendo una guerra. Il classico infido consigliere gli mette la pulce nell’orecchio e dopo aver fatto controllare in una maniera brutale la figlia la fa imprigionare e manda la guardia al fronte, commissionandone l’omicidio.” Finì la ragazza stringendo i pugni. “Esattamente… tutto a posto?” Breanne guardò Ardeth “Ma il Faraone, credendo di dare clemenza alla figlia, la diede in sposa al Consigliere, un essere viscido e meschino che tramava contro il regno.” Si fece sentire nuovamente il senso di vertigine e si appoggiò allo schienale della poltrona. “Devo scoprire che diavolo vogliono da me, chi è il loro padrone… a quanto pare credano che sia la reincarnazione di Amunet, ma era lei ad avere i poteri e a comunicare con Hathor. Io sono solo una donna e per loro sarei inutile.” Ardeth la guardò. Tutto stava cominciando ad avere un senso. Stava cominciando a capire cosa si stesse muovendo.

 


*********************** E ce l'ho fatta: ecco il 2^ capitolo della storia.
Spero veramente che vi piaccia: ci sto mettendo tutta me stessa per scrivere questa storia.
Ringrazio di cuore chiunque legga, sperando di riuscire a leggere qualche vostra recensione... sono davvero curiosa di sapere cosa ne pensiate al riguardo! :)
Buona lettura e alla prossima! Un bacione, Lalli :3

   
 
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