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Autore: Lorenzo Foltran    20/10/2014    1 recensioni
Amori in disuso corrotti, alimentati da poesie che credono sinonimo di amore. Ma la poesia è l’amore per qualcos’altro di più sincero, di più segreto, al sicuro nei cuori più docili, discreti, fragili.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In punta di piedi non ci so stare. Ma tra le vie di questo mondo, lurido, posso permetterti di correre, di urlare, immischiandomi nel caos di chi ha perso la ragione, o l’anima. Posso vedere il male, che si denuda in corpi innocenti dai movimenti trasandati. È il tempo di una pulsazione, quando la voglia di tradire il bene è grande, intensa, straordinaria. Un demone che mi porge la mano, mi innalza oltre i tetti, oltre le chiese, oltre le torri, dove ogni cosa è oscurità. Gli occhi ignoranti verso il basso, lo scenario è selvaggio, animalesco, rivoltante. Il demone mi sorride, mi indica quel ritratto raccapricciante e mi dice: «Guarda, le rovina del mondo
Spiega le ali, che sembrano avere vita propria, con una bocca a testa, sicuramente si nutrono di menzogne e di immoralità. Mi trascina nel fulcro spettrale delle tenebre, in cui regna un colore più scuro del nero. È di questo che si ciba il male.
Sotto i lampioni dalla luce flebile i barboni imprecano contro un Dio a cui non credono, hanno barbe che sanno di alcool e labbra aride d’affetto, chissà da quanto tempo non baciano una donna. E donne di malaffare, che hanno perso il volto prezioso che la vita ha donato loro, chissà da quanto tempo non baciano con sentimento. Il sorriso spento, arreso. Lo sguardo cinico, immobile. Pronte per la prossima simbiosi carnale. Una ragazza forse si è persa in questo inferno, fuma timidamente, credo abbia paura di essere scoperta dal padre, fallito e tossicodipendente.
Il demone mi riporta in alto, vedo il petrolio nel mare e nelle relazioni umane. Amori in disuso corrotti, alimentati da poesie che credono sinonimo di amore. Ma la poesia è l’amore per qualcos’altro di più sincero, di più segreto, al sicuro nei cuori più docili, discreti, fragili.
Il bambino resta in piedi, curvo, il campanaro della Notre-Dame di una società che via via si decompone, l’umanità si consuma, ogni valore si sgretola, rimane solo nera eroina. Lancia i sassi contro la sua famiglia onirica, qualcuno è morto ma nessuno ci ha mai fatto caso.
All’angolo dei bar tradimenti senza pentimento, donne e uomini immersi in quel piacere disonesto ma benefico, festoso e vitale.
«Lungi da me partecipare ad orge magre del terzo mondo, inciamperei volentieri in un amplesso con quella», mi dice un uomo dalla barba bianca e incasinata, indicandomi la ragazza di prima, bella e inanimata.
«Sono d’accordo», gli rispondo.
E poi quelli con le mani sconnesse che esprimono la loro finta felicità con un abbraccio confusionario.
«Due mani che si tengono devono creare il mondo, un’unica anima, devono incastrarsi perfettamente, non credi?» chiedo all’uomo seduto su un lampione, fradicio d’alcool.
«Guarda, ragazzo, la mia mano e questa bottiglia di birra si incastrano perfettamente
È di questo che si ciba il male.
   
 
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