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Autore: sic58    21/10/2014    1 recensioni
Elena e Damon si conoscono da tanto tempo e tra i due c’è una chimica speciale, un rapporto al quale mai nessuno, nemmeno loro, è mai riuscito a dare un nome.
Fanno parte entrambi, specie lui, delle famiglie più altolocate della città, ma come spesso succede nel mondo dei ricchi non è tutto oro quello che luccica e Damon decide un giorno di partire e lasciarsi alle spalle un cognome pesante e soprattutto un padre con il quale non ha fatto altro che scontrarsi per tutta una vita.
Gli anni passano e tutti, in un modo o nell’altro, vanno avanti, ma di fronte alla morte del padre, Damon si trova costretto a dover tornare nella sua vecchia città.
E così i due si rincontrano, ma sono cambiate tante cose dall’ultima volta che si sono visti. Nell’anulare sinistro di Elena fa bella mostra di sé un diamante, mentre Damon porta in città una donna fin troppo uguale alla bella Gilbert.
Il ritorno del maggiore dei Salvatore creerà scompiglio in città e tra tutta la cerchia di amici ed ogni cosa sembra destinata a cambiare.
N.B. I Mikaelson saranno presenti nella storia (nonostante facciano parte dell'universo di The Originals).
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3

 

I raggi del sole entrarono prepotenti nel salone di casa Gilbert e quando raggiunsero il divano cominciarono a solleticare il volto dormiente di Damon che, ben presto, infastidito dal calore che gli giungeva in viso si svegliò di malavoglia.

Non appena aprì gli occhi si ritrovò ad osservare il soffitto di quella casa e prima ancora di rendersi conto dove si trovava si accorse del dolore lancinante alla testa che aveva. L’alcool del giorno prima si stava facendo sentire adesso e se c’era una cosa che il moro odiava erano gli effetti del post-sbornia.

Solo dopo qualche secondo si guardò attorno accorgendosi di non trovarsi a casa sua, ma in quella di Elena. Cercò di fare mente locale in merito a quanto fosse successo il giorno prima e ogni tassello si sistemò nella sua testa come a formare un puzzle.

Lui che si ubriacava, l’arrivo alla cerimonia, il discorso di Stefan, il suo discorso, la lite con Elena e alla fine il fatto che si era lasciato convincere a risalire in macchina e tornare a casa insieme a lei. Solo che la ragazza l’aveva portato nella sua di casa e alla fine lui si era addormentato nel divano.

Ciò che Damon non poteva ricordare perché Morfeo l’aveva abbracciato nel suo manto era che, poco dopo anche Elena l’aveva seguito nel mondo dei sogni e, piuttosto che salire in camera sua, si era appollaiata vicino a lui addormentandosi. Svegliandosi mezz’ora prima di lui si era accorta che avevano dormito tutta la notte l’uno tra le braccia dell’altra e imbarazzata si era alzata di corsa sperando di non svegliare lui. A quanto pare c’era riuscita molto bene.

Damon scansò la coperta e si alzò velocemente dal divano dirigendosi in cucina dove sentiva provenire dei rumori. Non appena fu dentro si ritrovò a condividere la stanza con Rick che seduto al tavolo faceva tranquillamente colazione.

“Credo che ti serva questa, amico” gli disse quello lanciandogli un barattolo.

Il moro afferrò l’oggetto con disinvoltura e controllando un attimo dopo di cosa si trattava. Erano aspirine e Damon si lasciò andare ad un sorrisino.

“Solo soletto?” domandò sedendosi accanto a lui.

Si versò un bicchiere d’acqua e prese l’aspirina, poi addentò un cornetto con evidente fame.

“Jenna è a lavoro, Jeremy non è ancora rientrato a casa dopo l’uscita di ieri sera ed Elena è salita in camera” spiegò il biondo.

Damon non disse nulla e per qualche istante il silenzio regnò nella stanza, poi tra un cornetto e l’altro il moro riprese a parlare.

“Mi sa che ho fatto un casino ieri. Stefan avrà di sicuro messo il broncio” disse sarcastico.

“Sei tu un casino, amico” fu la risposta sincera di Rick.

“Potresti non essere così schietto e sincero?” domandò sarcastico Damon.

“Adoro esserlo con te” gli rispose “è una dote che ho imparato da un figlio di puttana che è poi diventato il mio migliore amico” aggiunse riferendosi chiaramente all’altro.

“Touché”.

Entrambi risero di gusto, esattamente come ai vecchi tempi. Esattamente come prima che il moro partisse lasciandosi alle spalle tutto e tutti. Quei momenti tra i due erano mancati ad entrambi e anche se nessuno lo avrebbe mai ammesso a voce alta questo era chiaro come il sole a chiunque.

Dopo qualche istante tornarono seri e Rick guardò l’amico negli occhi.

“Ehy non guardarmi così” gli disse “non mi sarai passato all’altra sfonda, vero?” domandò sarcastico.

“Devo dirti una cosa” gli rispose l’altro serio ignorando la battuta dell’amico.

“Una cosa di che tipo? Devo preoccuparmi?” domandò il moro.

Rick stava per rispondergli, ma proprio in quel momento si sentirono delle voci provenire dall’ingresso e subito dopo Elena entrò in cucina in compagnia di un uomo, qualcuno che Damon non aveva mai visto prima di allora.

Studiò entrambi attentamente per qualche istante. L’imbarazzo sul volto di Elena lasciava spazio alla devozione totale negli occhi di lui e gli bastarono trenta secondi esatti per rendersi conto che era lui l’uomo che aveva messo a lei l’anello al dito. Era questo che Rick voleva dirgli qualche istante prima, voleva avvisarlo che lui era qui, che sarebbe arrivato da un momento all’altro insieme a lei.

Elena era una corda tesa. Non sapeva come comportarsi, cosa dire, cosa fare. Era imbarazzata all’inverosimile, ma si rese conto che doveva presentarli.

“Come ti senti stamattina?” chiese proprio a Damon ignorando Rick con il quale aveva parlato pochi minuti prima.

“Una roccia, come sempre” rispose il moro cercando di non mostrare l’irritazione di quell’incontro.

“Noto con piacere che la sbornia ti è passata”.

Era tornato il solito Damon di sempre, quello che nascondeva ogni cosa dietro il sarcasmo.

“Io sono Mason, Mason Lockwood” si presentò l’uomo ignorando il fatto che la sua fidanzata non avesse fatto gli onori di casa come si converrebbe in casi come quello.

Mason allungò la mano in direzione del moro con l’intento di stringerla per presentarsi, ma Damon prima lo guardò con aria di sufficienza, poi bevve un sorso di caffè e solo dopo dedicò all’uomo le giuste attenzioni.

“Damon” si presentò “Damon Salvatore” precisò “germafobico” aggiunse poi sarcastico spiegando così il motivo per cui non gli stava dando la mano.

Nel giro di un secondo la tensione sembrò come se si potesse tagliare con un coltello in quanto fu chiaro a tutti che quella era una bugia fatta e finita. Lo sapeva bene Rick, ancor di più lo sapeva Elena, ma chiaramente anche Mason si rese conto che qualcosa non quadrava nella reazione del moro, eppure non disse nulla. Si limitò solo a sorridere prima di sedersi per fare colazione con loro.

Rick trattenne a stento una risata e diede un silenzioso calcio sotto al tavolo proprio al piede di Damon per fargli capire che stava esagerando, ma al moro non sembrava fosse così. Lui non conosceva quel Mason. Di lui sapeva solo che aveva infilato un brillocco al dito di quella ragazza che in qualche modo e in maniera un po’ assurda e irrazionale lui aveva sempre considerato un po’ di sua proprietà. Eppure non lo era, non poteva esserlo perché Elena era una donna, non un oggetto ed era libera, vincolata da nessuno.

“Come mai sei qui, Mason?” chiese Rick con il chiaro intento di alleggerire la tensione ed Elena lo ringraziò con lo sguardo “credevo che il convegno durasse fino alla settimana prossima” continuò.

“È così infatti, ma ho saputo della morte del signor Salvatore e ho preso il primo aereo per riuscire ad esserci almeno il giorno del funerale”.

“Sarò anche stato ubriaco, ma non mi sembra di averti visto” puntualizzò Damon.

La mora gli lanciò uno sguardo furente, ma lui non si lasciò intimidire. Se davvero quell’uomo avrebbe sposato Elena avrebbe dovuto dimostrare di valere qualcosa.

“Infatti” rispose Mason “hanno cancellato il volo all’ultimo e sono rimasto bloccato in aeroporto tutto il giorno di ieri e parte di stanotte in attesa di un aereo che mi portasse qui. Ovviamente non ho fatto in tempo per il funerale” continuò.

“Ti ho già detto che non fa nulla” prese a dire Elena.

“Lo so, ma volevo esserci. Stefan è mio amico ed è morto suo padre. Dovevo e volevo esserci. Sarebbe stato importante dargli anche il mio supporto”.

“Non credo che mio fratello avesse bisogno del supporto di nessuno. Fidati, sta bene” intervenne nuovamente Damon beccandosi un’altra pedata da parte di Rick.

“Si, so che non avevano un rapporto idilliaco, ma era pur sempre suo padre. So cosa si prova a perderne uno prematuramente”.

“Credo di conoscere meglio mio fratello io rispetto a te, non trovi?”

“Si, scusa, forse hai ragione. Comunque sia ti faccio le mie più sentite condoglianze. Anche tu hai perso tuo padre” prese a dire.

“Non ho perso nessuno io e faccio a meno delle tue patetiche condoglianze” gli rispose, ma vedendo la faccia sbigottita di Elena e sentendo un tremendo dolore nel tallone dovuto all’ennesima pedata da parte di Rick corresse la frase “così come quelle di chiunque altro. Sto bene, non sono in lutto e non mi importa niente di quanto successo. Mi piace pensare che Giuseppe abbia avuto dalla vita esattamente quello che si meritava” continuò riferendosi alla sua morte prematura “adesso se non vi dispiace io togliere il disturbo. Ho parecchie cose di cui occuparmi” concluse alzandosi dalla sedia.

Mason non riuscì a dire nulla, ma sorrise a Damon giustificando il comportamento del moro come quello di un ragazzo che ha appena perso il padre con il quale ha sempre avuto un rapporto difficile e non sa come affrontare bene il tutto. Anche lui c’era passato anni prima: aveva perso il padre e nonostante non avessero un buonissimo rapporto lui aveva sofferto.

“È stato un piacere conoscerti, Damon” disse proprio Mason qualche istante più tardi.

“Vienici a trovare alla villa una sera di queste, sono sicuro che a Stefan farebbe piacere cenare tutti insieme” aggiunse poi con difficoltà.

Non voleva fare davvero quell’invito, ma si rese conto di essere stato troppo duro e non voleva che Elena c’è l’avesse con lui per questo. Era certo che, anche se non avevano parlato di quanto successo negli ultimi quattro anni, lei non lo avesse mai davvero perdonato di essere andato via.

“Domani mattina devo ripartire. Ho un convegno molto importante. Sono venuto solo per il funerale, ma chiaramente accetterò il tuo invito non appena rientrerò se sarà ancora valido”.

“Lo sarà di certo” rispose Damon sperando di essere convincente “buon proseguimento” aggiunse prima di allontanarsi dalla cucina senza aggiungere nulla.

“Lui è un tipo un po’ particolare, non farci caso” si giustificò subito Elena con il fidanzato.

Damon, che non si era ancora del tutto allontanato rimase all’ascolto senza farsi vedere.

“Tranquilla tesoro, posso capire come può sentirsi in questo momento. Credo che sia giustificato il modo in cui si sia approcciato con me. La sua rabbia è normale” spiegò il moro.

Damon rise silenziosamente e sarcasticamente. Quell’uomo non sapeva nulla di lui, ma si permetteva a dare giudizi, ma in fondo che ne poteva sapere quel damerino della sua vita, di quello che aveva dovuto sopportare? Che ne sapeva lui che quella rabbia che lui stessa aveva visto era una rabbia che si portava dietro praticamente da sempre e che non c’entrava affatto la morte dell’uomo che lo aveva messo al mondo?

Rick fece un colpo forzato di tosse e a Damon fu chiaro che l’amico si era accorto della sua presenza, ma fece finta di nulla.

“Quindi se torni al convegno domani, stasera verrai alla festa di fidanzamento mia e di Jenna, vero?” domandò proprio il biondo sperando così di spostare l’attenzione su un altro argomento.

“Pensavo l’annullaste visto quanto è successo”.

“No, Stefan non ha assolutamente voluto” spiegò.

“Beh allora sicuramente non mancherò” comunicò Mason piuttosto euforico girandosi verso Elena e baciandola a fior di labbra.

Non appena Damon assistette alla scena un moto di fastidio gli pervase ogni fibra del suo corpo e prima di fare qualunque cose di cui probabilmente si sarebbe potuto pentire fece dietrofront e uscì da quella casa velocemente già conscio di quella che sarebbe stata la sua prossima meta.

Chiamò l’autista, considerato che era senza auto visto quanto era successo il giorno dopo, e quando la limousine nera comparve sul viale della casa di Elena salì subito a bordo dando le indicazioni, indicazioni che dieci minuti dopo gli fecero raggiungere la sua destinazione.

L’hotel Luxury, di proprietà proprio della famiglia Salvatore, si scagliava imponente e maestoso proprio di fronte a lui.

Entrò con nonchalance e dopo essersi fatto dare dalla reception la carta magnetica della stanza 223 prese l’ascensore e salì ritrovandosi proprio di fronte la porta della camera in una battito di ciglia.

Si intrufolò dentro la camera come se nulla fosse accorgendosi che non c’era nessuno, ma non appena sentì il rumore dello scorrere dell’acqua comprese che doveva aspettare un po’ prima di riuscire a parlare con l’interessato.

Come se fosse a casa sua si avviò verso la cucina e si preparò un bicchiere di bourbon che cominciò a bere accompagnandolo da una Marlboro appena presa dal pacchetto.

Si diede una guardata attorno e sorrise pensando che quel gran figlio di puttana del suo migliore amico non aveva cambiato una virgola dall’ultima volta che il moro era stato lì.

Era merito di Damon, infatti, se Enzo era riuscito a permettersi una suite così lussuosa in quell’hotel ancora più lussuoso. Erano stati i benefici che il suo cognome portava a permettere al suo amico di risiedere in quella dimora. Non che Enzo fosse un povero disadattato, ma lui quello che aveva se l’era costruito giorno per giorno. A differenza di tutti gli altri, lui non era un figlio di papà e quando era arrivato in città era stata una manna dal cielo l’arrivo dell’amicizia con il maggiore dei figli dell’uomo più ricco e potente di Manhattan.

Damon l’aveva aiutato come aveva potuto, facendolo inserire perfino nell’azienda di famiglia ed Enzo non aveva deluso le aspettative del moro. Si era fatto strada e, anche se Damon probabilmente non lo avrebbe mai ammesso a voce alta, era orgoglioso di lui.

Stava quasi per andarsi a sedere in attesa che il signorino finisse la sua doccia, quando si accorse di una grossa fotografia messa in bella mostra in uno dei mobili in salotto. Li ritraeva entrambi qualche anno prima durante una serata. Se Damon non faceva errori, dovevano essere anche un po’ brilli quella sera, o comunque lo sarebbe diventati dopo perché era sempre così che finivano le serate tra lui, Enzo e Rick.

Indossavano entrambi un cappello anche se di modello diverso e tutti e due facevano una debole smorfia guardando in due parti opposte.

Enzo aveva creato un effetto in bianco e nero e poi aveva fatto stampare la foto lasciandola lì, come promemoria di un’amicizia eterna.

Damon sorrise, sorrise come non si era concesso di fare da molto tempo e per un istante riuscì solo a pensare che Manhattan non era la sua città solo perché c’era nato e cresciuto. Manhattan era la sua casa, la casa dove custodiva i legami indissolubili della sua intera esistenza.

“Chi cazzo c’è?” urlò una voce poco dietro Damon.

Il moro si voltò di scatto ritrovandosi il suo amico completamente nudo e a tratti preoccupato che qualcuno fosse potuto entrargli in casa.

“E cazzo fratello, copriti” gli fece notare proprio lui.

L’altro non appena comprese che si trattava dell’amico fece una smorfia di disappunto.

“Certe cose non cambiano mai” commentò riferendosi al fatto che anche in passato, Damon si intrufolava lì dentro senza dire niente e comportandosi come se fosse a casa propria.

“Le abitudine sono dure a morire” rispose mentre Enzo si diresse nell’altra stanza per vestirsi “cos’è speravi di trovarti di fronte una bella ragazza e sei arrivato già pronto?” gli urlò malizioso per farsi sentire.

In effetti non era normale che qualcuno girasse nudo in casa specialmente pensando che ci fosse qualcuno.

“Sai com’è? Gli toglievo il disturbo di svestirmi”.

“E se fosse stato un uomo?” continuò Damon “pensavi di incutergli timore con quella sciabola?” continuò malizioso.

“Ti ho messo timore?” gli rispose l’altro sarcastico facendo capolineo in salotto e accettando il bicchiere di bourbon che Damon gli aveva preparato nel frattempo.

“Niente che non abbia già visto”.

“Se ti sentisse qualcuno penserebbe male, lo sai?”

“In effetti come coppia potremmo anche funzionare” la mise sul ridere il Salvatore.

“Ottimamente direi”.

“Tu saresti molto soddisfatto”.

“Non quanto lo saresti tu”.

“La mia sciabola ha un non so che di eccitante” ci scherzò su Damon “se fossi venuto a letto con me lo sapresti” continuò ridendo.

Enzo lo guardò e si lasciò andare anche lui ad una risata non potendo fare a meno di pensare a quanto quei momenti con il suo migliore amico gli fossero mancati.

L’atmosfera era così distesa e giocosa che quando Damon tornò improvvisamente serio, Enzo comprese che quella non era certamente una visita di piacere.

“Che ti serve, fratello?” gli domandò infatti.

“Mason Lockwood” rispose solamente il moro.

“Mason Lockwood cosa?”

“Avanti fratello, hai capito” continuò “dimmi di lui” aggiunse.

Rick, probabilmente, non sarebbe stato oggettivo perché voleva bene a Elena quasi quanto a una figlia e l’unico di cui Damon si fidasse su queste cose oltre al biondo era certamente il ragazzo che aveva di fronte.

“È il fidanzato di Elena” gli rivelò “quasi marito, a quanto pare. Per quel che ne so le ha chiesto di sposarla, ma non hanno ancora deciso nessuna data” spiegò.

“Cazzo Enzo, qualcosa che non so” gli disse infastidito “dimmi qualcosa di cui non sono già a conoscenza” concluse.

“Perché tutto questo interesse?”

Enzo conosceva già la risposta, ma preferì chiedere per capire quanto della situazione Damon/Elena fosse cambiato.

“Perché sta con Elena”.

Il moro non usò mezzi termini. Fu chiaro, schietto e sincero. In fondo stava parlando con Enzo. Perché mai non doveva esserlo? Enzo non giudicava, mai.

“È lo zio di Tyler, anche se non è molto più grande di lui. È arrivato in città alla morte del sindaco Richard Lockwood, che altri non era che il fratello” cominciò a spiegare.

Damon aveva sentito ai giornali della morte prematura a causa di un infarto di Richard Lockwood, sindaco della città così come aveva appreso successivamente della candidatura e vittoria della di lui moglie, Carol.

“Quando il sindaco è morto” riprese a parlare Enzo “Mason si è presentato in città. Voleva dare un sostegno alla cognata, ma soprattutto a Tyler. Ha affermato di voler essere per lui una figura maschile di rilievo considerato la perdita che aveva subito” continuò.

“Qualcosa di rilevante, Enzo. Non tutte ste stronzate” gli fece notare Damon spazientito.

“So cosa vuoi sentirti dire, ma non c’è nulla fratello. È pulito, più pulito della carta igienica uscita dalla fabbrica. Non c’è merda, assolutamente non c’è” gli spiegò sarcastico usando quel giro di parole.

“Nessuno è veramente pulito”.

“Lui si, a quanto ne so io”.

“Ci sarà un motivo se nessuno sapeva della sua esistenza. Ho vissuto qui tutta la vita e non ho mai sentito parlare di lui eppure fa parte di una famiglia altolocata della città”.

“La sua famiglia è in politica da generazioni e suo padre voleva questo futuro anche per lui, ma a Mason non importava. Lui voleva fare il medico, così ha intascato i soldi del suo fondo fiduciario ed è andato a studiare in Europa diventando uno dei chirurghi più bravi dell’Occidente. Poi, dopo la morte del fratello, è tornato qui e ha rimesso in piedi il vecchio ospedale alla periferia della città. Si chiama Lockwood Hospital e lui ne è il primario”.

Damon bevve l’ultimo sorso del suo bourbon e scosse la testa incredulo. Solo lui poteva avere la fortuna di imbattersi in un uomo così dedito al prossimo, così irrimediabilmente diverso da lui.

“Che altro sai di lui?”

“Niente, Damon. So solo che quando ha conosciuto Elena è stato amore a prima vista, ma lei non voleva altre complicazioni. Lui, però, ha fatto di tutto per conquistarla, pazzie incluse e alla fine c’è l’ha fatta”.

“Pazzie? Cos’è gli ha regalato un po’ di cuore, fiori e romanticismo?”

“Gli ha dato dedizione e sicurezza” gli rispose lui serio “e amore” aggiunse alla fine.

Tutto quello che io non gli ho mai dato. Questo avrebbe voluto rispondere, ma preferì non farlo. Piuttosto dovette convenire che non aveva mai visto Enzo così serio, ma si rese conto che il suo migliore amico sapeva quanto per lui l’argomento “Elena” fosse importante e stava cercando di spiegargli oggettivamente tutta quella situazione.

Il moro rimase in silenzio non sapendo bene cosa dire e per questo Enzo riprese a parlare.

“So che non dovrei dirlo, ma credo che lei sia in buone mani” gli rivelò “è uno apposto per quel che ne so” concluse.

Damon annuì senza aggiungere nulla, si limitò solo a riempirsi nuovamente il bicchiere di bourbon e ad accendersi un’altra sigaretta. Non sapeva nemmeno lui cosa dire o pensare, sapeva solo che quella situazione non gli piaceva per nulla.  

Fortuna voleva che il giorno seguente, quel Mason, se ne sarebbe tornato da dove era venuto anche se solo per il tempo del convegno. Damon era certo di non poter reggere la sua presenza per troppo tempo, anche se non riusciva a spiegarsi il motivo.

Forse, semplicemente perché era più semplice di quanto si potesse credere: forse Mason rappresentava per lui solamente lo strumento attraverso cui la vita gli stava mostrando i suoi errori, forse Mason rappresentava per lui solamente un tramite attraverso cui la vita gli stava dando un insegnamento: “quando non sei tu a cogliere un’opportunità, non lamentarti se poi è un altro a farlo”.

 

  

 

…Sic58…

 

 

NOTE:

 

·       Abbiamo visto finalmente chi è il fidanzato di Elena. Ve lo aspettavate o pensavate fosse qualcun altro? Ovviamente a Damon non sta per nulla simpatico e si è già premurato di chiedere in giro;

·        Abbiamo visto anche il rapporto tra Damon e Rick e quello tra il moro ed Enzo che ha cercato di passargli quante più informazioni possibili su questo perfetto fidanzato di Elena;

·        Posso anticiparvi che il prossimo sarà un capitolo davvero importante: ci sarà molto Klaroline e vedremo finalmente il confronto tra Damon ed Elena.

 

 

  
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