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Autore: Kaimy_11    21/10/2014    2 recensioni
Si può scoprire come una guerra possa unire, invece che dividere.
In un mondo tanto attento alle regole, alle leggi, una trasgressione può diventare bella e importante quanto un fiore nel deserto.
Forse amare significa trasgredire, forse per un capofazione degli Intrepidi proteggere qualcuno per lui importante potrebbe essere un rischio troppo grande.
Ma come rinunciare ad una persona capace di essere forte e testarda quanto lui, ma che al tempo stesso sa come dare pace al suo cuore tormentato?
Sarà davvero il fuoco che scioglie il ghiaccio, o il ghiaccio a spegnere il fuoco?
In guerra e in amore tutto è permesso...
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The reason '
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13. Dentro e fuori

 

 

 

Nel momento esatto in cui la vide per terra, in quel modo, capì che non avrebbe potuto fare nulla per salvarla, e che la situazione poteva solo peggiorare.

Si avvicinò, sentiva sulla pelle qualcosa che non aveva mai provato. Se fosse stata semplicemente paura, l’avrebbe riconosciuta. Se fosse stata solo rabbia, avrebbe saputo come combatterla. Se fosse stato dolore, lo avrebbe superato.

Era l’unione di quelle tre emozioni che non sarebbe mai riuscito ad affrontare. All’altezza dello stomaco sentiva una morsa tanto ferrea da rendergli faticoso persino respirare, e la mente non faceva che lanciargli segnali di pericolo.

Vide Aria stesa per terra e notò subito una delle sue caviglie capendo, dalla posizione in cui la teneva, che si era fatta male. Poi abbassò gli occhi sulla sua schiena, e dovette deglutire per respingere l’impulso di uccidere qualcuno.

Indossava una canottiera nera e, dalle parti di spalle che lasciava scoperte, Eric vide distintamente la linea rossa che le attraversava le scapole. Su di una spalla, il segno della frustata che aveva ricevuto, si stava aprendo là dove aveva trovato la carne più tenera, mostrando tracie di sangue.

Serrò la mascella con tanta forza che sentì i propri denti stridere e, poiché con la sofferenza non era mai stato in buoni rapporti, lasciò che fosse la rabbia ad invaderlo. Non era abituato a provare dispiacere, perciò non ne provo, sentì solo la furia di un’ ira ceca scorrergli nelle vene.

Senza la benché minima traccia di paura o dispiacere sollevò il mento, fissando il suo sguardo adirato in quello dell’uomo che gli stava davanti.

-Che cosa stai combinando, Finn?-

Solitamente Eric metteva paura a chiunque osasse sfidarlo, ma evidentemente quella era una caratteristica da affidare al più giovane dei capifazione tanto quanto a quello più anziano. Finn non perdonava, non trattava, agiva e basta e, nella maggior parte dei casi, le sue azioni spietate facevano parlare di lui a lungo.

Finn spalancò le narici dalla rabbia e fece un ghignò quasi divertito, che tuttavia voleva apparire minaccioso. E lo era, ma se si aspettava che Eric ne rimanesse impressionato si sbagliava di grosso. Avrebbe potuto farlo a pezzi con una mano sola, se solo quella fosse stata la cosa giusta da fare.

-Ho trovato questi due iniziati a combattere fra di loro senza alcuna autorizzazione.- Spiegò l’uomo, serio e impassibile. –E ho deciso di dargli la punizione che si meritano…-

Eric lo guardò in silenzio, iniziarono a fargli male le mandibole a furia di stringere, così si concentrò sui propri pugni e strinse anche quelli, controllando l’impulso di colpire l’altro capo.

-Hai qualcosa in contrario?-

Quando si sentì porgere quella domanda, Eric avrebbe voluto esplodere. Avrebbe voluto urlargli contro, afferrarlo e colpirlo senza alcuna pietà. Avrebbe voluto strappargli gli occhi dalle orbite e farglieli ingoiare, ma non lo fece.

Ciò a cui aveva pensato non appena era arrivato in palestra era vero, non poteva fare nulla per lei. Con un peso al petto, Eric dovette far defluire tutte le sue emozioni da dentro a fuori, svuotandosi completamente per non affondare. Sapeva sin dall’inizio come sarebbe andata, e la parte razionale di lui gli aveva impedito di compiere una sciocchezza.

Finn aveva saputo del suo interesse verso quell’iniziata da capelli neri e, poco prima, sulla passerella, gli aveva detto chiaramente che avrebbe fatto quanto in suo potere per fargliela pagare.

Il problema era che non poteva fare nulla, non c’erano prove, forse c’erano i filmati delle telecamere che sorvegliano la residenza, ma quelle non dimostravano il suo reale interesse. Mostravano loro due insieme, magari li avevano anche visti entrare nella sua camera, ma non c’era nulla che provasse il suo coinvolgimento emotivo. Da quando si buttava fuori un capofazione per una scopata, che poi non c’era nemmeno stata, con  una ragazza?

Per una voce che girava, e per qualche filmato nascosto, gli altri capi compreso Max lo avrebbero ammonito e strigliato a dovere. Magari ci avrebbero anche riso sopra, suggerendoli di essere più discreto. Se avessero avuto dei dubbi in più, avrebbero potuto chiedere a Quattro, scoprendo che nessun risultato in classifica era stato alterato.

Non aveva commesso un errore così grave e, se Finn voleva dirlo agli altri e voleva farlo punire per la sua distrazione, che facesse pure. Avrebbe accettato quello che gli spettava con coraggio, certo che avrebbe comunque mantenuto la sua posizione al comando.

Ma Finn, questo, lo sapeva benissimo.

Ecco perché, quel vecchio bastardo, si era trovato un altro modo per fargli del male, un modo molto più subdolo.

Se si fosse opposto, se fosse intervenuto in difesa di Aria, non solo avrebbe dimostrato il suo coinvolgimento emotivo, ma sarebbe andato anche contro al volere di un altro capofazione. Le decisioni prese da un altro capo, soprattutto se era in carica da più tempo, non andavano discusse o intralciate per nessuna ragione. E, se per una scappatella si poteva anche chiudere un occhio, non avrebbero mai tollerato il suo legame con un’iniziata.

Non poteva dare quel vantaggio e quella soddisfazione a Finn che voleva solo sfidarlo, che voleva che si scontrasse con lui per Aria, in modo da poterlo incastrare. Non aveva accettato l’idea di non poterlo mettere nei guai e, il sapersi inferiore fisicamente, doveva infastidirlo molto. Così ecco che cercava un modo per metterlo realmente in difficoltà, cercando di spingerlo a fare un passo falso.

Ma non ci sarebbe riuscito.

Te la fai con le bambine, gli aveva detto sulla balconata, per provocarlo.

Ma niente avrebbe intaccato il suo autocontrollo, non esisteva ancora qualcosa in grado di metterlo in difficoltà.

-Fai come vuoi!- rispose con strafottenza, mostrando solo la sua espressione più gelida.

Quando il colpo di frusta partì, schioccando ferocemente sulla pelle della schiena di Aria, Eric capì quali erano le vere intenzioni di Finn. L’uomo non voleva solo provocarlo, per ottenere un motivo per punirlo del suo errore.

Lo stava già punendo.

Sapendo che non c’era modo di fargli avere una pena per aver avuto una relazione con un’ iniziata, e che picchiare lui sarebbe stato a dir poco ridicolo e inconcludente, aveva trovato il modo per colpirlo nel profondo, dove faceva più male.

Quando l’ennesima frustata ferì la ragazza, facendola sussultare visibilmente, Eric strinse i pugni con tanta forza da farsi male, e si convinse che l’unica cosa che poteva fare era rimanere al suo posto. Se fosse caduto nella provocazione di Finn, e avesse perso il rispetto degli altri capi e magari anche il suo ruolo, si sarebbe ritrovato in una posizione sfavorevole.

Essere un capofazione non era solo un modo per ottenere dei vantaggi, ma era anche l’unico modo che aveva per sopravvivere alla guerra che ci sarebbe stata. Aveva da sempre desiderato di fare parte del comando della propria fazione e non voleva certo rinunciarvi ma, a dargli una motivazione in più, c’era la consapevolezza che aveva del futuro. Se la guerra che stavano programmando fosse scoppiata, l’unico modo che aveva per salvare sé stesso e la ragazza, era proprio quello di rimanere un capo.

Prese un respiro profondo, facendo una smorfia mentre guardava Finn e il suo ghigno arrogante, e si convinse che il dolore a cui lasciava Aria in quel momento, era un dolore che le risparmiava nel domani.

Al successivo schiocco causato da quella verga maledetta, Aria fece un piccolo balzo ed emise un gemito soffocato. Ed Eric credette di sentirsi male. Non era possibile spiegare altrimenti  il modo in cui la sua testa vorticò, né il dolore che avvertì al petto, doveva trattarsi per forza di un malessere.

Un ulteriore colpo su quella schiena delicata ed ebbe la certezza di stare male, male davvero. Fu come se qualcuno gli avesse dato un pugno nello stomaco e la sua mascella ebbe un fremito.

Sollevò la testa e si sforzò di respirare, bastava inspirare ed espirare, e nient’altro. Non c’era bisogno di pensare a nulla, e non doveva pensarci, lasciare tutto fuori era più semplice ed era di vitale importanza. Finn non doveva vedere che, ad ogni colpo, anche lui sussultava con lei.

Non doveva vedere che era riuscito a turbarlo.

-Siamo a sette…- Disse senza preavviso l’uomo, fissando con disgusto la ragazza stesa a terra.

Quando Eric sentì Aria urlare, ebbe un fremito più violento degli altri, ed abbassò di scatto gli occhi su ciò che stava succedendo realmente.

Aveva tenuto lo sguardo fiero, alto, fissando un punto lontano, ed era stato un bene. Se avesse visto prima le condizioni in cui era Aria, probabilmente si sarebbe scagliato contro Finn e lo avrebbe ucciso con le sue mani.

La canottiera nera che indossava era inumidita da una sostanza viscida che riconobbe come sangue, linee rosse si vedevano sulla pelle scoperta. I piccoli tagli sanguinavano. Non riusciva a vederla bene in viso, dato che teneva la fronte vicino al pavimento e usava le mani per nascondersi.

Ma vide chiaramente le sue lacrime.

Finn era riuscito a farla urlare perché, evidentemente stanco del silenzio con cui Aria si rifiutava di manifestare il suo dolore, aveva trovato un modo per farle ancora più male. La sua canottiera lasciava scoperti i fianchi e la parte bassa della schiena, dove la pelle era più delicata e, con un colpo di frusta lì, le aveva strappato un grido disperato.

Finn la colpì ancora, sullo stesso punto, ma Aria fu più furba di lui. Si mise una mano in bocca e se la morse, piuttosto che gridare ancora.

E a quel punto Eric capì che non poteva farcela, Aria era sua, e sua non voleva solo dire che non poteva essere toccata da altri uomini, voleva anche dire che nessuno poteva farle del male senza scatenare la sua furia.

Mostrando, per la prima volta, tutta la sua rabbia, Eric ricambiò lo sguardo di Finn e lo sfidò a continuare. Non aveva paura di lui, né di quello che poteva dire agli altri capi.

L’ultimo colpo di frusta si abbatté sulla parte di schiena scoperta di Aria, lasciando una linea di sangue. Eric si rifiutò di guardare i segni delle frustate, e non volle pensare al fatto che, quella che indossava, era la stessa canottiera con cui aveva dormito con lui, nel suo letto, solo la sera prima.

-Vedi Eric,- disse Finn, passando una mano sulla verga metallica per ripulirla da qualche goccia di sangue. –Chi sbaglia deve pagare…-

Quando ripiegò la verga e sa la mise in tasca, il suo tirapiedi smilzo si staccò da Peter e si avviò per seguirlo. Finn, prima di andare, guardò un’ ultima volta Eric, potendo vedere la solita espressione impassibile che caratterizzava il più giovane dei capifazione.

Una volta che i due se ne andarono, Eric si accorse delle presenza di Peter, poiché quest’ultimo mosse un passo verso Aria.

-Ti ammazzo.- Gli ringhiò contro, muovendo un passo anche lui, ma verso il ragazzino.

Doveva fare qualcosa, o sarebbe esploso. Non aveva la forza per avvicinarsi ad Aria, non ancora, ma almeno avrebbe potuto fare del male e quel ragazzino che aveva osato fare la spia.

Come osava credere di potersi avvicinare a lei?

Peter si fermò e rimase a guardarlo con occhi terrorizzati, dandogli un certo piacere. Stava per prenderlo con le sue mani per fargliela pagare, ma una voce lo fermò.

-No, lascialo stare…-

Aria aveva parlato con voce talmente flebile, che credette che non sarebbe nemmeno riuscita a finire la frase. Sentire la sua voce lo riscosse.  

Guardò Peter, vedendo il suo stupore per quelle parole, e serrò i pugni prendendo un profondo respiro.

-Sparisci- gli ordinò.

Quando i passi di Peter si allontanarono, Eric rimase immobile come una statua, continuando a rifiutarsi di guardare la ragazza.

-Alzati.- Le disse, semplicemente perché non era capace di fare altro.

-Eric…- Sussurrò lei, sollevandosi a fatica sulle braccia tremanti. –Non ce la faccio.-

Sentirle invocare il suo nome in quel modo, lo scosse e lo attraversò come un brivido lungo la schiena. Quella non era la voce della sua lottatrice testarda, se le frustate non erano riuscite a farla gridare dal dolore, erano riuscite a spazzare via la sua parte combattiva, lasciando solo una ragazzina indifesa.

 

Quando Eric si voltò verso di lei, ad Aria parve che la vedesse realmente per la prima volta.

Lo vide sussultare appena prima di avvicinarsi a lei e, a quel punto, le si inginocchiò davanti.

-Riesci ad alzarti?-  le chiese con voce strana.

Scosse la testa. –La caviglia…-

Eric guardò la sua gamba e fece più cenni. –Vieni, ti prendo io.-

Ma, quando allungò un braccio verso le sue spalle, si scostò immediatamente. –No!- gemette. Se aveva intenzione di prenderla mettendole un braccio sotto le gambe e uno dietro la schiena, si era sbagliato di grosso.

Non poteva sopportare altro dolore sulle ferite.

Eric parve capire, così le si mise davanti offrendogli la sua schiena. –Cerca di salire sulle mie spalle, allora.-

Aria gli mise entrambe le braccia attorno al collo e, con il piede sano, si alzò insieme a lui. Poi gli avvolse le gambe alla vita ed Eric le mise le sue braccia sotto le ginocchia, per sostenerla.

Quando iniziarono a camminare, Aria si abbandonò completamente su di lui, appoggiando la fronte sulla sua spalla. Ma, un po’ per il dolore che aveva dentro e un po’ per il dolore che aveva fuori, scoppiò a piangere. –Mi dispiace Eric!-

Sentì il ragazzo irrigidirsi, ma non ottenne nessuna riposta.

-Sono stata una stupida, è tutta colpa mia…-

-Aria!- l’ammonì adirato. –Fammi il favore di stare zitta!-

Nascose il viso contro il suo collo e trattenne un gemito. –Mi dispiace, io…-

Ma Eric non parlò più. Continuò a camminare, ed Aria sentì solo il suo respiro accelerato.

-È colpa mia…-

-Non è colpa tua, stai zitta!-

Sentendolo urlarle contro in quel modo, Aria si zittì all’istante, tornando ad appoggiare la fronte sulla sua spalla.

Si avvicinarono alla fine delle palestra ma, prima di uscire, Eric si fermò e fece un profondo respiro. –Non è colpa tua,- disse con voce strana, la stessa con cui le aveva chiesto se riusciva ad alzarsi. –Ma la prossima volta che ti viene in mente di picchiare Peter, almeno spaccagli la faccia!-

Aria aprì piano gli occhi e guardò l’orecchio del ragazzo, dato che non riusciva a vedere altro. Gli strinse le braccia al collo e appoggiò la guancia nell’incavo della sua spalla, sentendo che la maglia che il ragazzo indossava si era bagnata a causa delle sue lacrime.

Continuarono a camminare, ed Aria si lasciò cullare dal ritmo del passo di Eric, fino a quando il dispiacere non si attenuò lasciando spazio al dolore. Strinse i denti quando, dopo un passo, sentì la pelle della schiena bruciare.

Eric respirò a fondo, ma non disse nulla.

-Fa male…- gemette lei, sforzandosi di non piangere, ma la voce le tremava.

-Lo so.- Fu la risposta.

Avrebbe voluto prenderlo a calci, magari con il piede sano dato che l’altro era già dolorante, per quella risposta così priva di sentimento. Dove aveva imparato a parlare in quel modo così asettico e freddo?

Strofinò la guancia contro la spalla di Eric, dato che lui l’aveva chiusa fuori e non voleva parlare, almeno avrebbe rubato quel poco contatto che poteva. Decise, in oltre, che non serviva a niente trattenere le lacrime, tanto lui non se ne sarebbe nemmeno accorto. Se l’avesse sentita sussultare, magari avrebbe creduto che era per il dolore. Il che era vero. Si sentiva così piccola ed indifesa che quasi avrebbe voluto urlare, Eric appariva sempre estremamente forte e sicuro, mentre, appesa alla sua schiena, lei sembrava solo una bambina. Piagnucolante per giunta.

-Dove andiamo?- chiese nel tentativo di distrarsi, ma il dolore le fece tremare ancora la voce.

-In infermeria.-

Lasciò cadere la fronte sulla spalla, rassegnata e ancora in cerca di contatto. Ad ogni passo del ragazzo la pelle sulla sua schiena si tendeva oppure strofinava contro la canottiera, e il dolore aumentava. Come se non bastasse, le faceva male il fianco, dove Peter l’aveva colpita.

La palestra era vicina all’infermeria, bastava attraversare un corridoio, che come al solito era deserto.

-Eric,- gemette piano. –Non hai paura che ci vedano?-

E, proprio quando si aspettava che Eric la mandasse al diavolo o che non le rispondesse affatto, il ragazzo digrignò i denti e scattò come se qualcuno lo avesse colpito. -Non me ne frega un cazzo, vadano tutti a farsi fottere, faccio quello che voglio!-

Sorrise di nascosto, sentendosi realmente protetta e difesa da quel ragazzo tutto muscoli che tutti temevano e, attraverso la sua rabia, capì che stava rischiando solo per portarla in infermeria. Non avrebbe dovuto farlo, eppure si era rifiutato di lasciarla a terra in palestra e, se pur contro le regole, si stava occupando di lei come non avrebbe fatto con nessun altro.

Non poteva chiedere niente di più, era la più grande dimostrazione d’affetto che Eric poteva darle, al diavolo le carinerie. Peccato che il dolore che avvertiva non si placava nonostante il suo benessere emotivo.

Il ragazzo le fece fare un piccolo salto, per rimettersela meglio in spalla dato che stava scivolando, ma quel balzo la fece tendere la pelle ferita. Strinse i pugni e si lasciò sfuggire un lamento soffocato.

Eric si irrigidì ancora. Aria non poteva sapere cosa stava realmente nascondendo dentro di sé con quel suo prolungato silenzio, né poteva capire quanto gli costasse sentirla gemere. Ad ogni lamento di dolore che si lasciava scapare anche lui barcollava, schiacciato da quello che riconobbe come un senso di colpa.

La ragazza strinse con una mano la maglia di Eric, all’altezza del petto, mentre si metteva l’altra in bocca per non piangere. Il dolore stava diventando insopportabile, quel tragitto verso le cure sembrava allungarsi ad ogni passo, e lei non ce le faceva più.

Stava cedendo, ed Eric se ne accorse.

-Mordi la mia spalla, la mano te la sei già morsa abbastanza…- le disse, nel modo più brusco con cui Aria avesse mai sentito dire qualcosa che, per lei, era estremamente dolce.

Non riuscì a fare a meno di piangere ancora, tanto era il bruciore, ma smise di martoriarsi la mano e si abbandonò sulla spalla forte di Eric, sapendo che ormai erano arrivati in infermeria.

Con le sue ultime parole, Eric le aveva fatto capire che, anche se apparentemente non l’aveva guardata, si era accorto di come si mordeva la mano per non gridare, mentre Finn la frustava.

Invasa dal dolore sempre più insistente, Aria pensò che forse sarebbe stato meglio che Eric la portasse di corsa, invece di camminare piano per limitare i sussulti. Quando, finalmente, arrivarono in infermeria, era stremata.

Stava perdendo lucidità.

Subito dopo i colpi di frusta ricevuti, la pelle era quasi anestetizzata dal dolore stesso ma, passando il tempo, il bruciore si era triplicato. Scosse la testa per non gridare, ma i suoi lamenti aumentarono.

Eric la guardò da oltre la propria spalla, preoccupato.

-Cos’ è successo?- Chiese una donna, avanzando.

Era giovane e, sotto il camice bianco, indossava abiti neri.

-Santo cielo, è stato Finn, vero?- Esclamò, aggirando Eric per vedere le condizioni dalle ragazza che portava in spalla. –Gli ho detto mille volte di piantarla con quella specie di frustino, ma d'altronde non è mica lui che poi deve medicare i mal capitati!-

Aria si accorse a mala pena di Eric che la faceva scivolare su un lettino, mettendola seduta. Si sedette a sua volta vicino a lei e la sorresse dalle spalle, attento a non toccarle la schiena. La ragazza si chiese in che modo doveva apparire, se Eric decideva di sorreggerla, ma poi si accorse che barcollava anche se era seduta sul letto.

I pugni che Peter le aveva dato allo stomaco e al viso si facevano sentire, stava malissimo, la caviglia aveva iniziato a pulsare dal dolore.

-Devo tagliare la maglietta, distendila a pancia in giù sul lettino, così posso medicarla.- disse l’infermiera.

-No.- Fece Eric, deciso. –Dammi quello che mi serve, la porto con me e ci penso io!-

Aria credette di aver perso del tutto la lucidità.

L’infermiera lo studiò per alcuni secondi. –Sei sicuro? Devi pulire bene la ferita e…-

-So quello che devo fare!- rispose sgarbato. –Ha anche qualcosa che non va ad una caviglia!-

L’infermiera si inginocchiò davanti ad Aria e, quando individuò la caviglia in questione, la tastò con mano esperta.

Aria urlò dal dolore e si irrigidì. Riprese a scuotere la testa e a lamentarsi, non ce la faceva più, non riusciva più a fare ragionamenti logici, sentiva solo il dolore.

-Non è rotta.- disse la donna. –Ma ha bisogno di una fasciatura…-

-Ci penso io, dammi quello che serve!-

All’ennesimo ordine di Eric, l’infermiera non disse nulla, si alzò ed andò in cerca di qualcosa dentro un armadietto. Tornò poco dopo con un fagottino bianco, che andava riempendo mentre tornava al lettino.

-So che ci sai fare con queste cose, ma assicurati che la fasciatura sia ben stretta e fissala a novanta gradi. Per la schiena ti ho messo il disinfettante e la crema a cicatrizzazione rapida.-

Quando la donna finì di parlare, Aria gemette ancora, chiuse gli occhi e pianse senza lacrime.

-Non c’è qualcosa per il dolore?- chiese Eric, adirato per chissà quale ragione.

-Posso darle un anestetico, sta delirando e non sopporterebbe la medicazione alla schiena da sveglia.- Dopo aver analizzato la ragazza, incrociò le braccia al petto e sollevò un sopracciglio. –Le scorte di anestetico sono limitate, e mi serve l’autorizzazione di un capofazione per somministrarlo…-

Aria, fra un lamento e l’altro, sempre più in preda al delirio del dolore, notò la nota di ironia con cui l’infermiera aveva parlato.

-Concessa! Ora muoviti!- Eric, invece, era tutt’altro che divertito.

 La donna andò all’armadietto e, quando tornò verso di loro, aveva in mano una siringa luccicante.

Quando la vide, anche se scossa dal malessere, Aria spalancò gli occhi ed iniziò a urlare. Con la mente annebbiata da mille immagini di aghi, e con il dolore che le aveva tolto ogni capacità di ragionamento, cominciò a dire di no e a dimenarsi.

-Che le prende?- chiese la donna, con la siringa in mano.

-Non ne ho idea!-

-Bè, tienila ferma!-

Il tono di voce deciso dell’infermiera scosse Eric che, di getto, avvolse Aria con le braccia e la strinse a sé. Ma, nel farlo, dovette mettergli un braccio contro la ferita alla schiena e lei urlò ancora di più.

-Stai ferma, faccio in un attimo…- disse piano la donna, conficcandole l’ago nella vena del collo.

Aria sia dimenò ancora ma, stretta dalle braccia di Eric, si ritrovò in trappola contro il suo copro saldo e irremovibile. L’effetto dell’anestetico arrivò presto e, prima di sentirsi privare di ogni pensiero, la ragazza sentì ogni dolore e bruciore lasciare il suo corpo.

Esausta, si abbandonò con la testa contro il petto del ragazzo, sentendolo caldo e forte.

Quando la sentì smettere di lottare, e capì che il sonno l’aveva sopraffatta, Eric tornò a respirare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Continua…

   
 
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