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Autore: Aly23_stories    21/10/2014    3 recensioni
E’ passato un anno dalla sconfitta di Sebastian e si avvicina il gennaio ( ricordo che in COHF Jace accenna al fatto che crede di essere nato a gennaio ) del 18° compleanno di Jace. Come tutti sanno dopo aver compiuto 18, alcuni Nephilim, vengono mandati in giro per il mondo in vari istituti a fare esperienza. Anche Jace dovrà partire, per l’Istituto di Roma, trovandosi lontano da Clary che farà di tutto per raggiungerlo. Intanto però il ragazzo farà nuove amicizie e qualcosa cambierà...
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Spero che questa storia vi piaccia. Ho due richieste da farvi però. La prima è: mi consigliate un altro titolo? Come seconda cosa vorrei chiedervi se ci sono altre storie sulla saga “Shadowhunters” con la trama simile. Grazie a tutte quelle persone che leggeranno a storia.
Genere: Dark, Fantasy, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Clarissa, Jace Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Allison Part
All’Istituto di Roma regnava da qualche giorno un gran caos. L’unico argomento di cui si parlava tutti i giorni era “Jace Herondale”. Allison non ne poteva più! Okay che era l’eroe della Guerra Oscura, okay che grazie a lui erano ancora tutti vivi ma per lei rimaneva sempre la persona più vanitosa ed egocentrica che avesse mai visto! Soprattutto confrontato a lei. La sua autostima era pari a zero. Eccelleva in tutto quello che faceva ma se la guardavano la scambiavano per una ragazzina data la sua altezza e la sua corporatura. Soprattuto SE la guardavano. Una volta le era capitato di essere quasi schiacciata da una folla di shadowhunters. E non era stato affatto bello. –Ally, ci sei?- due mani le si pararono davanti alla visuale.  –Si scusa Azzurra-. Azzurra era la sua migliore amica ma... lei era diversa. Riusciva sempre ad avere l’attenzione delle persone e ad ottenere quello che voleva. Era per questo che aveva sempre evitato di darle una risposta chiara quando lei le chiedeva di essere la sua parabatai: se avesse accettato sarebbe sembrata una specie di sua ombra che la seguiva costantemente. Tirò il coltello che teneva in mano da buoni dieci minuti. Prese il centro del bersaglio mail coltello era leggermente decentrato. Urlò di frustrazione e andò in camera sua a farsi una doccia. Aprì l’acqua calda al massimo e dopo esserci stata sotto qualche minuto aprì l’acqua fredda. Almeno si schiariva i pensieri così. Uscita dalla doccia prese l’accappatoio non con poche difficoltà. Si poteva essere alti solo 1.60 a diciassette anni? Si concolò pensando che forse nel mondo c’era qualcuno più basso di lei. Cominciò a spazzolarsi i lunghi capelli castani davanti allo specchio. Aveva davvero un aspetto orribile.
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Era ora di cena e la rabbia di Allison non era  per niente sbollita. Voleva solo la perfezione da se stessa,  non accettava un solo errore. Entrò di soppiatto in camera di Azzurra e prese un suo miniabito e corse di nuovo nella sua camera. Infilò il “vestito” con un paio di calze trovate non si sa dove e delle ballerine che stonavano decisamente. Ma non era così stupida da storcersi una caviglia, mettendo i tacchi, solo per dimostrare a se stessa di poter fare quello che voleva. Una volta passata una pesante linea di eyeliner intorno agli occhi, troppo grandi e di un verde troppo acceso per essere considerati belli, prese una giacca e usci cercando di fare meno rumore possibile.  Non aveva portato spade angeliche ne stilo, solo qualche coltello da lancio e un pugnale. Ora aveva due mete: la prima era quel negozio che i mondani usavano per disegnarsi la pelle... Un negozio di tatuaggi, si! Ecco Allison voleva un tatuaggio dietro l’orecchio, in modo che non fosse visibile. Voleva una cosa sua. La seconda meta non era ben specificata. Aveva intenzione di seguire degli adolescenti mondani in uno dei locali che frequentavano per divertirsi un po’. Trovò presto un negozio con un’insegna luminosa che recitava “ Tatuaggi e Piercing”. Entrò senza pensare troppo alla cavolata che stava per fare. Se il direttore dell’Istituto e la strega di sua moglie l’avessero scoperta sarebbe stata in guai seri. Maurizio era molto severo e non voleva che i ragazzi uscissero di sera da soli e bla, bla, bla. Un tizio grasso dietro al bancone squadrò la ragazza da capo a piedi. Vedeva i tatuaggi sulla sua pelle e li guardava con sospetto. – Che vuoi?- chiese sgarbatamente. “Calma Ally” si diceva “ mantini la calma”. –Qui fate tauaggi e io ne voglio uno-.  –Si, facciamo tatuaggi ma solo alle persone maggiorenni. Altrimenti vieni con un accompagnatore-. Allison mostrò le braccia come a provare che aveva l’età giusta. Il tizio fece una faccia strana poi chiese –E sentiamo cosa vorresti tatuarti?-. La ragazza non esitò –Una freccia dietro l’orecchio-. Non era mai stata capace a tirare con l’arco e dopo il primo fallimento totale non ci aveva neanche più provato. Quel tatuaggio rappresentava tutte le sue debolezze, quelle che lei non accettava e che non voleva dimenticare.-Seguimi- disse il tizio e la portò nel retro. La fece sedere su una grossa poltrona e prese uno strano attrezzo. Senza preavviso le spostò la testa di lato e cominciò a disegnare. Quel coso che usava... pungeva, non bruciava come lo stilo. Dopo poco si sbituò a quella sensazione. Quando il tipo le disse di aver terminato il lavoro Ally scizzò via dal negozio senza ne pagare ne avere istruzioni precise su cosa fare con il tatuaggio. Si confuse subito nella massa di ragazzi che cominciava a popolare le strade e cominciò a seguire un gruppo molto numeroso che non si sarebbe mai accorto della presenza di una persona in più.  Ovviamente in emzzo a tutte quelle persone alte la ragazza non vedeva nulla e si ritrovò improvvisamente in un locale buio con dei riflettori che giravano e delle palle stroboscopiche tutto intorno. Non mancava una buona dose di fumo e musica a volume altissimo. C’erano tantissime persone che parlavano tra loro al piano bar o sui divani o che ballavano. Ally era molto disorientata ma decise di mischiarsi alla folla che ballava. Dopo qualche minuto si stufò e fece per allontanarsi madue mani le si strinsero in vita e qualcuno le sibilò nell’orecchio –Shadowhunter, cosa ci fai qui? Pensavo che vi confinassero in casa dopo una certa ora-. Dal freddo che sentiva nei punti in cui veniva toccata da quello che er indubbiamente un Nascosto, capì che doveva essere un vampiro. Si girò lenatamente e spostò il “ragazzo” ( non era sicura da quanto tempo potesse essere un ragazzo ) e rispose –Ci provano a tenerci confinati. Ma non ci riescono, non con me-. Quando fece per andarsene il vampiro la richiamò all’attenzione geidando –Hey, comunque io sono...- non fece a tempo a finire la frase che la ragazza lo prese per il collo della comicia ringhiando –Non mi interessa chi sei, io non parlo con voi Nascosti. Soprattutto se vampiri-. Poi dovette correre fuori in preda a una crisi nervosa e tutta tremante. Non aveva nessu  problem con i Nascosti in generale solo che... i suoi genitori... Cercò di non pensarci e si sedette sul bordo della strada davanti al locale a singhiozzare. Era più forte di lei, lo ricordava ogni volta che vedeva un vampiro. Decise di tornare all’Istituto senza indugiare oltre. Che brutta idea uscire da sola. Davvero brutta.
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(Il giorno prima della partenza di Jace per Roma, New York)
Clary Part
Clary aveva preso la sua decisione per quanto dolorosa potesse essere. Stava aspettando Jace da Taki, gli doveva parlare. Lui entrò nel locale bellissimo come sempre e il cuore di lei perse un battito. Stava davvero per farlo? Voleva davvero farlo? Sì, fu la risposta. Non sapeva nemmeno perchè era arrivata a quella conclusione così assurda ma... Pff. Le faceva un male terribile dover fare queslla cosa. –Clary!- esclamò Jace vedendola. Si chinò per baciarla ma lei lo fermò subito. –Siediti, devo parlarti- disse al ragazzo. –Jace, io... Non sono in grado di stare lontana da te sapendo che questo ti fa soffrire. Voglio provare a convincere mia madre a poter venire con te. Ma se non ci riuscissi... Voglio che non ci sia più nulla a legarci. Non voglio stare con te e non poterti vedere solo perchè non sono in grado di convincere una persona a poter venire da te. Diciamo che prendo una pausa ma fosse l’ultima cosa che faccio, quando compirò diciotto anni, ti ragguingerò in qualunque paese del mondo ti abbiamo spedito. Per il momento preferisco non stare più insieme a te Jace-. Detto questo uscì di corsa dal locale prima che le lacrime potessero uscire e si incamminò verso casa.
   
 
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