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Autore: ValeryJackson    21/10/2014    9 recensioni
[Seguito de Il Morbo di Atlantide]
Non si trasforma la propria vita senza trasformare se stessi.
Questo, Skyler, l'ha imparato a sue spese.
Per lei è ancora difficile far coesistere la sua natura mortale con quella divina, e superare quella sottile barriera che le separa, dal suo punto di vista, è una missione impossibile.
L'unico modo per scoprire come fare è forse quello di passare l'intera estate al Campo Mezzosangue, insieme ai suoi amici, insieme alla sua famiglia. Ma se fosse proprio lì il problema?
Se lei non fosse mai venuta a conoscenza della sua vera natura, ora sarebbe tutto più facile, no?
E' cambiata, e di questo ne è consapevole. Ma in meglio o in peggio? E di chi è la colpa? Sua, o di tutto ciò che la circonda? E' possibile tornare ad essere quella di un tempo senza però rinunciare a ciò che ha adesso?
Attraverso amori, amicizie, liti, incomprensioni, gelosie, nuovi arrivi e promesse da mantenere, Skyler dovrà decidere quale lato della sua anima sia quello dominante. Ma soprattutto, di chi fidarsi nel momento in cui tutto sembra sul punto di sfaldarsi.
Ma sei proprio sicuro che siano tutti ciò che dicono di essere?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Connor Stoll, Leo Valdez, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti, Sorpresa, Travis & Connor Stoll
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Girl On Fire'
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Microft si rigirò la piccola pinza tra le mani, incerto.
Era da tutta la mattina che lavorava a quel maledetto progetto, e ancora non riusciva a venirne a capo. Insomma, non avrebbe mai pensato che costruire una cosa così piccola fosse stato così difficile.
Voleva fare qualcosa di carino, voleva che quel regalo fosse speciale. Eppure, a guardarlo, Microft non l’avrebbe raccolto neanche se l’avesse trovato per strada. In una confezione. Con un’enorme freccia rossa che lo indicava.
Cavoli, faceva davvero schifo. Ma sarebbe mai riuscito ad aggiustarlo?
Perché le cose in apparenza più semplici erano sempre le più complicate?
«Ciao, Micky!» trillò una voce alle sue spalle, facendolo sobbalzare. Microft si girò di scatto, ritrovandosi di fronte il sorriso smagliante della piccola di Poseidone.
«E-ehi, Rose» balbettò, forzando un sorriso, per poi appoggiarsi sul bordo della sua postazione di lavoro nel vano tentativo di apparire disinvolto.
La ragazza corrucciò le sopracciglia, sporgendo il collo oltre la sua spalla. «Che stavi facendo?»
«Niente» scattò subito lui, forse con un po’ troppa enfasi, perché lei inarcò un sopracciglio, in un’espressione indecifrabile.
Microft si strinse nelle spalle, arricciando il naso con finta nonchalance. «Non credo ti interessi la ricostruzione di una spilla-spada.»
Rose, però, non se la bevve. Si affacciò a destra, ma il suo campo visivo fu di nuovo occupato dal volto del figlio di Efesto, che seguì i suoi movimenti anche a sinistra. La mora tentò ancora, ottenendo lo stesso risultato, finché lui, sgusciando un’ultima volta di lato con lei fece scivolare il suo ‘capolavoro’ sul piano da lavoro, stringendolo nel pugno e nascondendolo nella tasca posteriore dei jeans.
Rose strinse gli occhi a due fessure, scrutandolo con uno sguardo indecifrabile. «Mi stai nascondendo qualcosa, per caso?»
Il ragazzo prese fiato per replicare, ma inizialmente non ne uscì alcun suono. «Ptf. Certo che no!» esclamò poi, come se fosse qualcosa di scontato. Sarebbe anche suonato credibile, se la sua voce non avesse lasciato la sua bocca incrinata e di un’ottava più alta.
La figlia di Poseidone incrociò le braccia al petto, le iridi in quel momento di un intenso blu cobalto fisse su di lui. «Sappi che se tra noi ci sono segreti, ti odierò per tutta la vita.»
Microft scoppiò in una nervosa e sommessa risata, mentre scrollava leggermente il capo. Poi la guardò, divertito, e notando la sua buffa espressione corrucciata fece un passo verso di lei, prendendole il volto fra le mani e schioccandole un sonoro bacio sul naso.
Rose lo arricciò, fingendo una smorfia.
«Niente segreti» convenne Microft, con un cenno del capo. Poi sorrise. «Posso giurarlo.»
La figlia di Poseidone continuò a scrutarlo, dubbiosa. Ma poi sospirò, facendo roteare gli occhi ormai incapace di non sorridere a sua volta.
La mano di Microft volò distrattamente alla tasca posteriore dei suoi jeans, dov’era custodito il suo… segreto, se così lo si poteva chiamare.
Non gli piaceva mentirle, ma che scelta aveva? Se l’avesse saputo, avrebbe rovinato tutto.
«Oh, ciao, Skyler!» Rose salutò qualcuno, e solo seguendo la direzione del suo sguardo Microft notò la sorella, che stava passando davanti a loro sovrappensiero.
Skyler le lanciò un’occhiata interdetta, per poi abbozzare un lieve sorriso. «Ciao, Rose» ricambiò, con un cenno. «Che ci fai qui?»
La piccola si strinse nelle spalle. «Sono passata solo a salutare» disse, e fu a quel punto che il figlio di Efesto ricordò un piccolo particolare. Rose non era stata l’unica a passare di lì, quella mattina.
«Ehi, Skyler!» chiamò, poco prima che lei potesse voltarsi per tornare alla sua postazione. La sorella lo guardò, curiosa. «È passato Matthew, prima.»
Il volto si Skyler sbiancò, mentre lentamente i suoi occhi si sgranavano. «Matthew?» ripeté, a disagio.
Microft annuì, così lei ciangottò: «Che… che voleva?»
Il fratello fece spallucce. «Non ne ho idea» rispose, sincero. «So solo che ti cercava.»
Skyler assentì leggermente, sorpresa, per poi raggiungere il suo piano da lavoro come un automa. Posò i palmi sul tavolo di cedro, sospirando.
Non parlava con Matthew da tre giorni, da quando… beh, da quando era stato riconosciuto.
Figlio di Eris.
Skyler non riusciva ancora a dare un nome alle disarmanti sensazioni che le avevano attanagliato lo stomaco quando aveva scoperto la sua parentela divina.
Figlio di Eris vuol dire caos. E caos vuol dire problemi.
E problemi vuol dire rompere un equilibrio.
Skyler si era impegnata troppo nel far sì che ogni cosa andasse per il verso giusto per poi rovinare tutto proprio ora.
Doveva cercare di evitare Matthew, il più possibile.
E allora perché il solo pensiero la faceva stare male? Perché le sembrava una cosa cattiva, ingiusta, sbagliata?
Perché Matthew non ha fatto niente, si disse, dandosi mentalmente della stupida.
Non era stato lui a scegliere il suo genitore divino, no? Non era colpa sua, se suo padre aveva deciso di avere un figlio proprio con la dea della discordia. 
Forse Matthew era diverso. Forse non era pericoloso, né distruttivo. Forse il fatto che fosse figlio di Eris non faceva di lui qualcuno da evitare.
Era l’unico, lì al Campo. Non aveva né fratelli né sorelle. E ora non aveva neanche amici.
Non era giusto, non poteva fargli questo. Non dopo tutto quelli che lui aveva fatto per lei.
Non dopo che le aveva donato la sua completa fiducia.
Non dopo che si era aperto come mai con nessun altro.
Non poteva rovinare la loro tenera amicizia per un futile dettaglio che forse non valeva neanche di essere considerato.
Matthew era quello che lei aveva conosciuto. Era bello, era dolce, era gentile, era simpatico.
Lui non era il caos, lui era la calma. La forza. L’autocontrollo. La sicurezza.
Ecco, lui le dava la sicurezza che non le sarebbe mai successo niente di male.
Un po’ come Michael, ma forse in un modo più incosciente.
Perché Matthew non sapeva di essere una persona straordinaria. E Skyler non era nessuno per convincerlo del contrario.
Prima che potesse rendersene conto, era uscita dalla Casa Nove, e stava camminando per le vie trafficate del Campo.
La Casa Ventuno, quella di Eris, era stata costruita poco prima della Baia di Zefiro. Sì, costruita, perché nessuno, neanche Chirone, avrebbe mai pensato che la dea del caos potesse avere figli.
I ragazzi della Casa Diciassette, quella di Ecate, si erano armati, e in meno di due giorni avevano eretto, grazie alla loro magia, un’abitazione accogliente. Certo, era molto, molto piccola. Ma andava più che bene, per una sola persona.
Solo a guardarla da lontano, Skyler sentiva una fitta di solitudine pungerle il petto come uno spillo.
Matthew non è cattivo, continuava a ripetersi, mentre si avvicinava con passo incerto verso la casa.
Matthew non è cattivo.
 
Ω Ω Ω
 
Dopo un attimo di esitazione, Skyler bussò alla porta. Dall’interno di sentì un confuso silenzio, e poco prima che la ragazza potesse convincersi che non ci fosse nessuno, qualcosa di vetro cadde a terra, seguita da un’imprecazione.
La figlia di Efesto aspettò finché il cardine non cigolò.
Non appena la vide, gli occhi di Matthew si strinsero a due fessure, e sul suo viso di dipinse un sorriso piacevolmente sorpreso.
«Ciao» esclamò, senza tentare di nascondere la sua interdizione.
«Ciao» salutò lei, in un sussurro. Poi sospirò, spezzando così il silenzio che stava cominciando ad avvolgerli con il suo fare imbarazzante. «Senti, Matthew, mi dispiace» sbottò, spostando il peso da un piede all’altro. «Non volevo evitarti, in questi ultimi giorni. Solo che ero… confusa. E indecisa. Insomma, è stata una sorpresa un po’ per tutti, ed io… cavolo, non so cosa mi sia preso. È solo che… Pensavo di…»
«Non devi scusarti» la interruppe prontamente lui, sollevando una mano. «Qualunque sia stato il motivo per cui hai deciso di evitarmi, ormai non conta più. Sei qui, e questo è l’importante.» Le rivolse un sorriso sincero, uno di quelli che ti fanno sentire meno stupida.
La ragazza ricambiò, guardandolo negli occhi con un moto di gratitudine, quasi a volerlo ringraziare per non averla odiata.
Passarono alcuni secondi così, l’uno a guardare negli occhi dell’altra. Poi lui fece un cenno del capo.
«Vieni con me» la invitò, prendendola con fare sicuro per mano e trascinandola via prima che lei potesse opporsi.
Attraversarono la Baia di Zefiro, sorpassando cespugli e alberi, e Skyler cominciò a domandarsi seriamente dove la stesse portando solo quando lui le ordinò di chiudere gli occhi.
La ragazza obbedì, ovviamente, e si lasciò guidare con una confusa curiosità che continuava a pizzicarle il petto.
«Ma dove mi stai portando?» tentò di chiedere, incapace di trattenere un sorriso, ma giurò che lui avesse scosse la testa, prima di dirle un: «Tu continua a tenere gli occhi chiusi.»
«Posso sapere almeno che intenzioni hai?»
Lui abbozzò un sorriso malandrino, nonostante lei non potesse vederlo. «Lo vedrai.»
Dopo circa cinque minuti che destabilizzarono l’orientamento di Skyler, Matthew finalmente si fermò.
Una leggera brezza accarezzò il volto della ragazza, che strinse un po’ di più la mano del figlio di Eris, quasi a voler porre una tacita domanda.
«Apri gli occhi» concesse lui, con tono sognante, e Skyler non se lo fece ripetere due volte.
Non appena fu in grado di guardarsi intorno, il suo volto palesò tutta la sua meraviglia.
Matthew l’aveva portata ad un burrone. Ne era sicura, anche se non aveva il coraggio di andare lì ed affacciarsi per constatare quanto fosse profondo.
Ma lo spettacolo più affascinate veniva da ciò che si scorgeva oltre.
Il mare aperto, inverdito dalla bellissima giornata di sole, che rifletteva i suoi raggi sulla limpida distesa d’acqua. Il cielo era azzurro, quasi in netto contrasto con l’aura mistica che li circondava.
Se chiudeva di nuovo gli occhi, Skyler riusciva a sentire da quella distanza il sussurrare del mare.
«Wow» si lasciò sfuggire, in un fil di voce.
Matthew sospirò, annuendo leggermente. «L’ho trovato ieri» spiegò, guardando un punto indefinito nell’orizzonte. «Sai, ultimamente ho molto tempo libero, dato che non sono più costretto a fare la fila per il bagno.» Un amaro sorriso gli increspò le labbra. «Sono venuto a fare una passeggiata e… beh, mi ci sono imbattuto per caso.»
«È bellissimo» convenne lei, ancora incredula.
Il ragazzo le lasciò andare la mano, avanzando lentamente di qualche passo. Arrivò a circa mezzo metro dallo sbocco del burrone, per poi voltarsi a guardarla. «Vieni qui, voglio farti provare una cosa.»
Skyler inarcò un sopracciglio, circospetta. «Che cosa?»
Matthew indicò il burrone con un cenno. «La sensazione di volare» rispose, con un sorriso divertito.
Alla figlia di Efesto bastarono due rapide occhiate, per intendere le sue intenzioni. «Mi stai prendendo in giro, vero?» domandò, con una risatina nervosa.
Ma lui scosse la testa, più serio che mai. «Ti assicuro che non c’è cosa più bella» esclamò, euforico.
A quelle parole lei fece un passo indietro, interdetta. «Ma cosa…»
«Ti reggo io» promise lui, per poi porgerle una mano, incastrando gli occhi verdi nei suoi. «Ti fidi di me?»
Già, bella domanda: lei si fidava di lui?
Era ciò che si era chiesta da quando il ragazzo aveva varcato la soglia della casa di Eris.
Era sincero, o bugiardo?
Era cattivo, o buono?
Era il caos, o era la certezza?
Prima che potesse cambiare idea, Skyler strinse la sua mano, lasciandosi cullare dal suo rassicurante sorriso.
Il ragazzo si posizionò alle sue spalle, tenendola ben salda per entrambe le mani. I piedi di lei sfiorarono il margine del precipizio, ma Skyler si impose di non guardare giù.
«Se mi lasci andare, giuro che ti uccido» scherzò, nel tentativo di nascondere la tensione.
Sentì il corpo di Matthew aderire meglio al suo, mentre le sue labbra le sfioravano l’orecchio. «Non ti farei mai cadere.»
Skyler chiuse gli occhi, cercando di scacciare via ogni pensiero. La sola consapevolezza di avere il vuoto, davanti a sé, le provocò un’anomala stretta allo stomaco, mentre le sue dita si intrecciavano a quelle del ragazzo, serrandole in una morsa d’acciaio.
Ma poi arrivò. La vertigine, con le gambe che tremano. La voglia di sentirsi senza peso, priva di sostanza. Il desiderio di libertà.
Libertà da tutto, da tutti i pensieri. Da tutti i problemi, da tutte le incertezza, da tutte le congiure, da tutte le impossibilità.
Libertà da tutto ciò che la soffocava, da tutto ciò che la opprimeva.
Una folata di vento le scompigliò i capelli, infilandosi nelle sue narici e riempendole i polmoni di quell’aria fresca, pulita.
Skyler rise, lo stomaco che si contorceva per via dell’adrenalina. Poi sentì le braccia di Matthew avvolgerle i fianchi, ed entrambi caddero all’indietro.
Rotolarono nella folta erba, finché non si fermarono, il vento che portava via le loro sonore risa.
Skyler raccolse con il pollice una lacrima che le imperlava l’angolo dell’occhio. Fissò lo sguardo sul cielo, perdendosi nelle sue monotone sfumature. Nonostante fosse spoglio di nubi, la ragazza riusciva comunque a scorgere delle forme nelle poche nuvole che danzavano lentamente.
Un fiore. Una mano. Un alieno con tre braccia e due teste.
Stava giusto misurando con un dito e un occhio chiuso quello che sembrava essere un cane, quando percepì, accanto a sé, il respiro regolare di Matthew.
Il ragazzo se ne stava lì in silenzio, quasi attendesse una sua reazione ma avesse timore di vederla.
Ma a dispetto di quanto tutti affermassero, a Skyler non appariva cattivo, caotico, porta rogne e irruento.
Le sembrava solo… Matthew.
Il Matthew che aveva sempre conosciuto.
«Io non ho paura di te.» E poco prima che potesse rendersene conto, l’aveva detto ad alta voce.
Il figlio di Eris sospirò, spostando un braccio sotto la testa mentre guardava a sua volta il cielo. «Non ti farei mai del male» assicurò.
«Lo so.» Skyler era decisa, mentre annuiva. «Non ho paura di te, perché so che non sei cattivo. O meglio, è ciò che credo. Non so come spiegarlo…» Cercò le parole giuste, trascinandole lentamente. «È come se fossimo destinati ad incontrarci. Come se ci conoscessimo già da tempo. Ho questa strana sensazione, quando sto con te… quasi come se tutto il mondo di fermasse ad annuire, dicendomi che quello è esattamente il posto dove dovrei essere, che sta andando tutto esattamente così come doveva andare. Non so dirti se questo è un bene o un male» aggiunse poi, voltando il capo per poter incontrare il suo sguardo. Le iridi verdi del ragazzo si posarono nelle sue, attente. «Ma continuo a ripetermi che non mi sentirei così felice, se fosse la cosa sbagliata, giusto?»
Sul volto di Matthew comparve incerto un sorriso, mentre lentamente annuiva. Abbassò gli occhi, afferrando con delicatezza la sua mano, per poi portarsela alle labbra e baciarla dolcemente. «Giusto» sussurrò, strappandole un radioso sorriso.
E rimasero lì, a guardare il cielo.
Rimasero lì, a tenersi per mano.
Rimasero lì, perché era giusto così.
 
Ω Ω Ω
 
Leo si mise in bocca tre caramelle gommose, cercando di ignorare il pungente brontolio del suo stomaco che gli ricordava che era quasi ora di cena.
Il cielo era già imbrunito, e la maggior parte dei ragazzi del Campo si era già diretta verso la mensa. Prima di raggiungere i suoi fratelli, però, Leo doveva affrettarsi per andare a recuperare la spada di Janice, che lui aveva promesso di riparare.
Per sbaglio l’aveva lasciata nella Casa Nove, e se la figlia di Ares l’avesse scoperto…
Il ragazzo rabbrividì. Non voleva nemmeno pensarci.
Passò di fretta davanti le stalle, non urtando per poco due figli di Morfeo che tornavano dal loro giro a cavallo. Superò anche l’armeria, con passo svelto, ma non appena lanciò un’occhiata distratta all’Arena i suoi piedi si inchiodarono al suolo.
Assottigliò lo sguardo, squadrando nella penombra.
Rannicchiato non poco lontano, con la schiena posata contro la laterale parete di marmo e le gambe incrociate c’era qualcuno.
Leo si avvicinò, circospetto, chiedendosi chi, a quell’ora, non si fosse ancora affrettato ad andare a cena.
Solo quando fu abbastanza vicino da poter riconoscere quella figura sinuosa il suo cuore saltò un balzo.
«Emma?» chiamò, sperando, inconsciamente, di sbagliarsi.
Ma la ragazza voltò il capo, stringendo gli occhi a due fessure prima di riconoscerlo. «Oh, ciao» salutò, con scarso entusiasmo, sforzandosi di abbozzare un sorriso.
Il figlio di Efesto andò verso di lei, con un sopracciglio inarcato. «Che ci fai qui?»
Quella domanda sembrò prenderla alla sprovvista. «Oh, ecco, io…» cominciò, stringendosi nelle spalle. «Non so, avevo voglia di…» Cercò le parole giuste, poi lo guardò da sott’insù. «Tu che ci fai qui?»
Leo si lasciò sfuggire una sommessa risata. «Non credo che tu abbia risposto alla mia domanda» le fece notare, divertito. «Comunque, una passeggiata» mentì poi, senza apparente motivo.
Emma annuì lentamente, incurvando le labbra in un sorriso amaro. «Una passeggiata anch’io» convenne.
Leo la guardò un attimo, scrutando la dolce linea del suo naso baciata dalla placida luce della luna nascente. E all’improvviso gli mancò qualcosa. E non riuscì a capire di cosa si trattasse finché non si rese conto di quanto poco fosse forte il bagliore che di solito la illuminava. Quel bagliore che aveva solo lei.
Si sedette accanto alla figlia di Ermes, assumendo la sua stessa posizione. «Stai bene?» chiese, preoccupato.
«Io?» scattò subito lei, sulla difensiva. «Sì, certo! Perché?»
«Non lo so…» Leo scosse leggermente la testa. «Ti vedo più… spenta. È successo qualcosa?»
«No» assicurò la ragazza, scrollando il capo. Poi sospirò, abbassando la voce ad un sussurro. «È solo che a volte mi capita.»
Il ragazzo era abbastanza vicino, però, da poterla sentire, e corrucciò le sopracciglia. «Che cosa?»
«Di stare male.» Solo quando quelle parole lasciarono le sue labbra, Emma si rese conto che forse non era il caso parlarne. Ma ormai il danno era fatto, quindi che senso aveva negare? Alzò gli occhi al cielo, sbuffando frustrata. «Sai, tutti credono che io sia sempre felice e positiva, che rida di tutto e che non abbia problemi. Ma anch’io ho dei sentimenti. E a volte è faticoso…»
«Cosa?» domandò ancora lui.
«Sorridere sempre.» Emma si voltò a guardarlo, incrociando i suoi occhi color cioccolato. «Sorridere dei problemi, dei drammi, della tristezza. Tutti si sfogano con me, pensando che io sia superficiale, e che non mi scomponga più di tanto. Ma fa male. Fa male accumulare tutti quei sentimenti tristi e negativi.» Chinò il capo. «Senza volerlo mi carico sulle spalle i problemi di tutti. Skyler che affoga nei sensi di colpa per aver lasciato solo lo zio. Michael che è tremendamente geloso di Matthew, ma non ha il coraggio di ammetterlo. Travis, che aveva paura che Iris gli stesse portando via Connor, e ora non so cosa ha combinato, ma Connor non gli parla più. E ha rovinato tutto anche con Katie, perché cavolo, quei due litigano dalla mattina alla sera, ma si amano, e sono troppo stupidi per capirlo! E poi c’è anche John, che si sta innamorando di Melanie. Ma lei continua ad evitarlo, e anche se non vuole ammetterlo lui si sente uno schifo, per questo. Insomma, io…» La sua voce tremò, e la figlia di Ermes scrollò la testa, nel vano tentativo di sentir gli occhi bruciar meno. «Io non credo di farcela.»
Leo continuò ad osservarla, colpito da quell’improvvisa confessione. E capì che lui e quella ragazza avevano molte più cose in comune di quanto volessero ammettere. Perché vedeva sé stesso, in quegli occhi velati di mute lacrime. Vedeva la propria tristezza, vedeva il proprio smarrimento. Vedeva la propria paura di deludere gli altri, e lo stesso costante desiderio di sfogarsi, il suo continuo tenersi tutto dentro.
«Ti capisco, sai» annuì, spostando lo sguardo di fronte a sé. «L’umorismo è un buon modo per nascondere il dolore. Tutti credono che tu non prenda sul serio le cose, ma non sanno che invece le emozioni, così, sono amplificate. Perché continui a tenertele dentro. E perché continuano a lottare contro il tuo cuore per farsi spazio.»
Emma si asciugò il naso con il dorso della mano, giocherellando distrattamente con un filo d’erba accanto ai suoi piedi. «Tu come fai?» domandò poi, in un sussurro.
Leo aggrottò la fronte, confuso. «A fare cosa?»
«A smettere di pensare.» La ragazza prese un bel respiro tremante, sgranchendosi la voce nonostante non ne avesse poi così bisogno. «Non lo so, a volte ti guardo, e sembra che tu non abbia problemi. Riesci ad impedire alla tua mente di andare in una determinata direzione, e mi sono sempre chiesta come fai ad eluderla dai problemi, dalla stanchezza, dalla sofferenza…»
«Io…» Leo cercò le parole giuste, ma si rese conto di non conoscere la risposta. «Non lo so» ammise, scrollando le spalle. «Lo faccio e basta.» Poi abbozzò un sarcastico sorriso. «La mia è una dote naturale.»
«Credi che si possa imparare?» fece lei, speranzosa. «Questo trucco, intendo.»
«Certo!» rispose lui, annuendo lentamente. «Insomma, credo di sì. Tutti possono spegnere il loro cervello, quando vogliono. Non è affatto difficile.»
«E tu aiuteresti mai qualcuno a riuscirci?»
Leo sembrò interdetto, mentre inarcava un sopracciglio. «Come?»
«Gli spiegheresti mai come fare?» ripeté allora lei, lanciandogli una breve occhiata. «Lo spiegheresti a me?»
Leo non ci stava capendo più niente. «Vuoi che io ti dica come spegnere il tuo cervello?»
«No.» Emma scosse la testa, per poi incastrare i suoi grandi occhi d’argento in quelli di lui. Un contatto tenero, triste ed inaspettato. «Insegnami a scordarmi di pensare.»
Suonava quasi come un’implorazione. E forse lo era davvero.
La ragazza aspettò qualche secondo, prima di abbassare lo sguardo e sorridere, molto probabilmente convincendosi di quanto ciò che aveva appena detto fosse ingenuo e senza senso.
E il figlio di Efesto non poté fare a meno di continuare a fissarla, come rapito dalla sua aura penetrante. Aveva il sorriso contagioso di chi ha sofferto tanto, ed era bellissima, vestita dei suoi sbagli.
Leo sentì un pugno di ferro serrargli la bocca dello stomaco, mentre quelle parole prendevano a vorticargli nella mente.
Insegnami a scordarmi di pensare.
Come si fa a scordarsi di pensare? È possibile? Lui ci era mai riuscito? 
Forse no, e avrebbe schiacciato le speranze di Emma.
O forse sì, e l’aveva fatto senza neanche accorgersene.
Come può, una persona, impedire alla propria mente di torturarsi con stupide convinzioni?
Come può, qualcuno, smettere di pensare?
Beh, un modo c’era.
Forse era il più rudimentale, il più ingenuo, il più antico.
Ma era l’unico che Leo conosceva. E molto probabilmente era anche il migliore.
Si mise in piedi con decisione, attirando non poco la curiosità della ragazza. Poi le porse la mano, in attesa.
Emma inarcò un sopracciglio, perplessa. «Che vuoi fare?»
Il ragazzo si lasciò sfuggire un sorriso scaltro, mentre si inginocchiava di fronte a lei con aria malandrina. «Non ho intenzione di ucciderti!» scherzò, mostrando entrambi i palmi vuoti. Poi ridacchiò sommessamente per la sua espressione confusa, pizzicandole giocosamente un fianco.
La ragazza sobbalzò, presa alla sprovvista, e le sopracciglia di Leo si sollevarono immediatamente, quasi a palesare quella sorpresa che ti travolge quando scopri qualcosa di inaspettato e interessante.
«Oh, quindi soffri il solletico» annuì tra sé e sé, abbastanza forte, però, perché lei potesse sentirlo.
Emma sgranò gli occhi, sollevando un dito con aria autoritaria. «No» lo ammonì, capendo improvvisamente le sue intenzioni. Si alzò di scatto in piedi, un secondo prima che lui potesse avventarsi su di lei. «No, no, no, no, no!»
Troppo tardi. Leo si alzò con lei, bloccandola con la schiena contro il muro prima che riuscisse a correre via, e cominciò a solleticarle la pancia.
Emma si lasciò sfuggire una risata divertita, mentre con le lacrime agli occhi cercava in tutti i modi di sfuggire alla sua presa. E ci riuscì solo dopo qualche tentativo, sgusciando a sinistra con un’agilità sorprendente.
Tentò di scappare, invano, ma lui la raggiunse con facilità, e dopo averla afferrata per un polso le passò un braccio sotto le ginocchia, coricandosela di peso in spalla.
«Mettimi giù!» ordinò lei, ma sembrava molto poco credibile con la voce grondante di risa.
Leo ridacchiò divertito. «Costringimi!» Sentì il palmo di Emma battere ostinato contro la sua schiena, e solo quando fu deciso di essersi rallegrato abbastanza la mise giù, mentre lei si aggrappava alla sua spalla per non cadere.
Emma gli lanciò un goliardico sguardo assassino, pronta a vendicarsi, ma non appena fece un passo indietro per potersi allontanare da lui, inciampò in una radice, perdendo l’equilibrio.
Leo tentò di sorreggerla, ma non era mai stato famoso per la sua possente forza, e ben presto si ritrovarono stesi a terra entrambi. Lei supina sulla rada distesa d’erba, lui in ginocchio carponi su di lei, le mani accanto alle sue spalle.
Risero entrambi di gusto, due suoni che si mescolavano portati via dalla brezza estiva.
Risero divertiti, incuranti di ciò che avrebbero potuto dirgli i loro amici, se solo li avessero visti. Incuranti dei problemi e delle commissioni. Incuranti di cosa fosse giusto o sbagliato.
Risero perché era l’unica cosa sensata da fare. Perché si trovavano lì, a pochi passi dall’Arena, soli e con mille pensieri per la testa, eppure non si erano mai sentiti così bene, non si erano mai sentiti così leggeri.
Non si erano mai sentiti così vivi.
Le risa di Leo furono le prime a scemare, mentre con un sorriso osservava quel volto poco lontano dal suo. Quel volto incorniciato da dei morbidi capelli biondi. Quel volto dai tratti ora distesi, felici. Quel volto dolce, sicuro e indecifrabile. Quel volto troneggiato dagli occhi da cerbiatto più grandi, e lucenti, e belli che Leo avesse mai visto.
Perché sarebbe stato in grado di guardare per ore quelle stupende iridi argentate. E perché solo quando inaspettatamente si incatenarono alle sue, il figlio di Efesto sentì il fiato mancargli come mai neanche Drew Tanaka sarebbe stata in grado di fare con la sua lingua ammaliatrice.
E ora, come distogliere lo sguardo?
Come impedire alle proprie gambe di cedere? Come vietare alla propria gola di seccarsi?
Come ignorare l’impulso di chinarsi su di lei e assaporare quelle perfette labbra?
A rispondere a tutte quelle domande ci pensò il corno del Campo, che annunciava a tutti l’inizio della cena.
Quasi fosse stato appena spezzato uno spesso filo di magia, i ragazzi si guardarono intorno, come svegliandosi da uno stato di trance.
Emma sorrise appena, per poi emettere un sospiro tremante. «Che ne dici se andiamo a cena?» propose con tranquillità, facendo un cenno del capo.
Leo si limitò ad annuire, incapace di pronunciare anche una singola parola. Si tirò su, aiutandola poi ad alzarsi, e non appena lei si avviò sorridente verso la mensa, lui si concesse qualche altro minuto per contemplarla.
Emma: semplice amica. Charlotte: schianto da conquistare, continuava a ripetergli la sua coscienza, ma lui non riusciva a darle retta.
Sono in grado di gestire questa situazione, si disse, incapace, però, di impedire ad un ebete sorriso di dipingersi sul suo volto.
Emma è solo un’amica.
Si stava anche dirigendo verso la mensa a mani vuote, con la consapevolezza di veder riversata tutta l’ira di Janice su di sé. Ma la figlia di Ares in quel momento poteva aspettare.
Emma è solo un’amica.
Si passò una mano tra i capelli, scuotendo il capo.
Emma è solo un’amica.


Angolo Scrittrice.
*musichetta epica stile Indiana Jones. L'autrice entra con aria trionfante*
Buonjour, ma chère!
*schiva un pomodoro*
Okay, no. Scusate tanto per l'immenso ritardo! Ma, ehi, non è ancora mezzanotte, quindi tecnicamente è ancora martedì.
Ed io sono ancora qui a propinarvi un'altro dei mei capitoli.
Ma andiamo per gradi. Innanzi tutto, ditemi, fanciuolli: Vi è piaciuto? Vi ha fatto shcifo? Che ne pansate?
Ultimamente è un periodo un po' di sploff, per me, per una serie di motivi che non sto qui a spiegare. Sono molto abbattuta, stressata e spesso triste, ma spero comqunque che queste mie emozioni non si siano riversate nelle mie parole, e che leggendo questo nuovo capitolo io sia riuscita a strapparvi un sorriso.
Skyler ha deciso di fidarsi di Matthew. Perché non avrebbe dovuto, infondo? Solo perché è figlio di Eris, non significa che debba essere per forza cattivo! Chissà, però, come accoglierà Michael questa sua decisione. Ormai è chiara a tutti la palese antipatia tra i due. Come credete che andrà a finire, questa storia?
E Microft, invece? Secondo voi che sta combinando?
Btw... dopo che lo avete chiesto, reclamato, desiderato e ambito, ecco a voi l'unico ed inimitabile... Leo Valdez!
Contenti? Spero che questo suo ritorno alla ribalta vi sia piaciuto. Non poteva mancare un confronto con Emma, ovviamente, anche se in un modo un po' diverso.
La figlia di Ermes gli ha connfessato ciò che prova, cosa che non aveva mai fatto con nessuno, e l'ha pregato di insegnarle a scordarsi di pensare. E lui ha cercato di farla ridere, riuscendoci, anche.
Chi ha riconosciuto la famosa citazione di Leo di Zio Rick?
Humor is a good way to hide the pain.
L'umorismo è un buon modo per nascondere il dolore.

Cucciolo, lui **
Anyway, credo sia arrivato il momento di ringraziare i miei stupendi Valery's Angels, che continuano a deliziarmi con le loro stupende recensioni:
Darck_Angel, Kamala_Jackson, carrots_98, ChiaraJacksonStone1606, Cristy98fantsy, _Krios Bane_, martinajsd, fireindark e MyrenelBebbe.
Grazie, grazie davvero! E scusate se non sono riuscita a rispondere a tutti, ma provvederò al più presto, come sempre.
Un'ultima cosa, prima di andare davvero. Voglio annunciarvi che, purtroppo, la settimana prossima non potrò aggiornare.
Tra pochi giorni parto per un'intera settimana, e mi sarà impossibile connettermi a internet.
Quindi, se ne riparla tra un martedì.
Mi dispiace tanto, davvero. Spero che sarete ancora qui per leggere le mie storie.
Bien, ora vado davvero.
Un bacione enorme, e grazie ancora a tutti quanti! Al martedì a vederci!
Sempre vostra,

ValeryJackson

 
  
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