LA PROPOSTA E IL DUBBIO
I
personaggi non mi appartengono, sono di Rioko Ikeda. La storia non è stata
scritta a scopo di lucro.
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Sono qui da pochissimi giorni, in anticipo rispetto alla data
ufficiale della nomina, perché volevo essere preparata al meglio, per assumere
il nuovo incarico che la regina mi ha graziosamente concesso.
Incredula e perplessa, Sua Maestà mi ha assecondato,
chinando la testa di fronte alla mia reticenza nel non voler rispondere alle
sue domande. Non potevo spiegarle le ragioni della mia decisione. Comunque
credo che non avrà il tempo di preoccuparsi di questo, ha ben altre
preoccupazioni ora.
Mi sono subito accorta che non sarà facile affrontare
questa prova.
Non sarà assolutamente facile guadagnarsi la stima e la
fiducia di questi soldati, che si sono arruolati solo per non morire di fame.
Mi hanno subito sfidato a dimostrare il mio valore, perché non possono credere
che una donna, possa assolvere a un compito che di solito è riservato
esclusivamente agli uomini.
E’ la prima volta in assoluto che mi scontro con il
pregiudizio maschile. Una novità, per me.
In passato, mai nessun uomo aveva osato mettere in dubbio
le mie capacità. Non so quanto merito ci sia in questo. Mi viene il sospetto di
aver avuto sempre la strada spianata, da mio padre, dalla regina, dalla mia
classe sociale che gode di privilegi esclusivi. Tutte cose che qui non mi
serviranno, anzi, forse mi saranno d’ostacolo tra uomini che non mi conoscono.
Nessuno tra questi soldati sa cosa valgo, eccetto uno.
Uno che non mi aspettavo di trovare qui. Ma posso
sopportare anche questo. E dimostrare anche a lui che posso vivere come un vero
uomo, anche se si ostina a dire il contrario.
Lui che mi ha sempre aiutato, ora non fa nulla per
facilitarmi il compito. Non è una ripicca, lo so.
Non ho il diritto di lamentarmi di lui. Glielo chiesto io.
Nelle Guardie Reali nessun soldato si sarebbe mai sognato
di disertare una parata di fronte al loro comandante. Qui invece, si rifiutano
di sfilare davanti a me e non intendono rispettare i miei ordini, perché sono
una donna. André me lo ha comunicato con una sorta di compiacimento, come chi
sa di aver ragione. Sembrava che dicesse: te
lo avevo detto io!
D’accordo allora, se volete la guerra, la guerra avrete!
Ho raccolto il guanto di sfida e dopo aver sconfitto in
duello, un soldato che mi avrebbe volentieri ucciso, alla fine la parata c’è
stata. Almeno sono uomini leali. Più di tanti nobili che conosco.
Non passa giorno, senza che io debba dimostrare qualcosa
qui dentro. Certo è molto più interessante che comandare le Guardie Reali, lì
non c’erano mai problemi e gli ordini non si discutevano.
Tutto potevo prevedere ed ero preparata a qualsiasi sfida,
tranne alla sorpresa che mi ha accolto al mio ritorno a casa una sera come
tante, sfinita per l’amarezza derivata dall’ostilità che i miei soldati mi
dimostrano. Girodelle mi aspettava, già questo mi sembrava un fatto insolito.
Mi suonarono strane anche le parole che disse, ma qualcosa
nel suo tono mi allarmò, e io non potevo immaginare il motivo della sua
presenza in casa mia.
Ci ha pensato la mia governante a chiarirmi come stanno le
cose.
Il nuovo comandante delle guardie del re, è venuto a
chiedere la mia mano a mio padre. E si è dichiarato con parole che avevo già
sentito da un altro, ma le sue non hanno lasciato tracce sul mio cuore.
Non avevano quella sofferenza che ho sentito nella sua
voce, e che… si… mi ha turbata, profondamente, più di quanto non voglia ammettere.
Quando Girodelle? Quand’è successo che ti sei innamorato di
me?
Come hai potuto innamorarti di me? Ho detto o fatto
qualcosa che possa averti tratto in inganno?
Come fai ad amare una donna soldato, che non ti ha mai
neppure concesso la sua amicizia?
Che con la sua presenza ingombrante, ti ha impedito di fare
carriera?
E io mi sento un po’ idiota, perché mi sfugge sempre
qualcosa.
Il fatto più sorprendente è che il generale, mio padre, si
è dimostrato favorevole.
Semplicemente incredibile!
Dovrei sposare un uomo a cui ho dato ordini fino a poco
tempo fa, mi sembra qualcosa di talmente ridicolo, che mi viene da ridere. Non
avrei voluto, ma non ho potuto non pensare ad André e alla sua reazione quando
scoprirà la faccenda.
Lui non riderà… e anche la mia risata si spegne in fretta.
Ma perché ora, mi chiedo? Dopo tanto tempo?
Dopo una vita vissuta diversamente, una vita passata a
soffocare nel cuore, sentimenti che non avrei mai dovuto provare. Ho sofferto
per essere ciò che sono oggi, ciò che lui ha voluto che diventassi.
Tutta quella fatica per cosa? Che senso ha avuto soffrire
in silenzio di fronte a Fersen?
Per condividere la sorte delle mie sorelle? No, non sarà
mai!
Sfiderò chiunque cercherà di scegliere per me, come devo
vivere la mia vita, nel bene e nel male.
Volevo ignorare Girodelle e la sua proposta, fare finta di
nulla e scoraggiare i suoi possibili tentativi, ma mio padre insiste. L’ho
quasi visto piangere, dice che si sente in colpa.
È per questo, padre? Volete lavarvi la coscienza? Rimediare
ai vostri errori? Forse non vi soddisfa il risultato ottenuto, siete deluso… da
me. Non ho soddisfatto tutte le vostre aspettative?
Vuole dare una festa in mio onore per trovarmi marito. Se
non mi piace Girodelle troveremo qualcun altro, ha detto. È tardi per cambiare
direzione padre.
Con sgomento penso a come potrei accettare le carezze di
uno sconosciuto, cui non mi sentirò mai legata per davvero, dopo aver respinto
André con tanto dolore.
Inutili sforzi i suoi, perché non intendo sposarmi, con
nessuno.
Ma lui ha chiesto ad André di accompagnarmi al ballo,
proprio a lui che semisvenuto, tra le lacrime mi chiedeva di non sposarmi, dopo
la rissa nella caserma.
Avverto una pena profonda. L’amore per noi può essere solo
sofferenza, André?
Potevo rassicurarti subito e dirti che non mi sarei sposata
mai, ma in quel momento non ne ho avuto il coraggio e ti ho lasciato lì tra le
lacrime e la polvere, in preda alla tua pena, che io non sapevo affrontare.
Eppure morivo dalla voglia di rassicurarti e di mettere a tacere il ghigno
beffardo di Alain, che aveva scoperto la verità su noi due.
Ho lasciato passare del tempo, dovevo dimostrare a me
stessa che non dovevo nulla neppure a te.
Non è colpa mia se tu stai soffrendo, se hai scelto di
amarmi così. Allora perché mi tormento?
Perché non posso essere indifferente di fronte al dolore
che ti porti dentro?
Perché non ci riesco?
Alla festa ci sono andata, sì… e quegli sciocchi che si
aspettavano di trovare una sposa, hanno trovato un soldato in uniforme. Li ho
presi in giro, gettandoli nel ridicolo. Ho riso di loro e delle loro vane
speranze.
Ma di fronte a te, sono stata severa, odiosa. Ti ho
impedito di seguirmi, ma non ho potuto lasciarti nell’incertezza perché sarei
stata male anch’io. Dovevo dimostrare a tutti che la mia vita appartiene
soltanto a me, che non avrei accettato imposizioni da nessuno. E ho vinto.
Ma Girodelle prima di ritirarsi ha voluto parlarmi. Che
voleva ancora da me?
Non gli era sufficientemente chiaro, che non sarei tornata
sui miei passi? Che non avrei sposato ne lui, ne altri? Voleva sapere perché mi
ostinavo a rifiutare il calore e il rifugio che mi poteva offrire l’amore, non
potevo non averci mai pensato alla possibilità di lasciarmi guidare da un altro
cuore.
Se sapesse Girodelle…
Il pensiero di Fersen ha attraversato la mia mente solo un
attimo, e mi sono resa conto che non ho mai pensato alla possibilità di essere
felice con lui, non ho mai pensato neppure di sposarlo.
Semplicemente non avevo mai considerato una simile
eventualità nella mia vita. Adesso, se ripenso al gesto folle che feci tempo
fa, potrei sospettare che ero mossa più dal desiderio di scoprire qualcosa di
me stessa, che ancora non conoscevo.
Girodelle attendeva la mia risposta; non mi sentivo in
obbligo verso di lui, ma ad un uomo innamorato si deve la verità, o perlomeno
un chiarimento.
Rammentavo che aveva tentato di corteggiarmi, di come
sentendomi fragile, avevo abbassato le mie difese e lui mi aveva quasi baciata.
Un lampo nella mia mente.
Improvviso, arriva il ricordo di un altro bacio sulla bocca
e una strana sensazione che non mi so spiegare. Cerco di allontanare da me
questo pensiero, forse per cercare una scusa, ho parlato di André.
“C’è una
persona che… è molto legata a me. Sposandomi gli darei certamente un grosso
dolore…”
“State
parlando di Andrè, il vostro attendente? “
“Sì… proprio
lui.”
“Non
vi sposerete mai, per lui? “ mi aveva chiesto.
“Potrà sembrarvi assurdo, ma è così. Se lo facessi, lui ne
soffrirebbe enormemente… mi vuole molto bene… non voglio che soffra… se lui
fosse infelice io lo sarei altrettanto.”
E mentre lo dicevo mi rendevo conto che era vero. Più vero
di qualsiasi cosa.
Gioia
e dolore scambiati e confusi come un contagio. E non si capisce dove inizia uno
e termina l’altro, quanto dipenda uno dall’altro sentimento.
“Ma questo significa… che dunque lo amate davvero? ”
La sua domanda suonava come un’affermazione. Diretta come
un fulmine che attraversa un cielo scuro.
“Ecco… non lo so. Non ho mai pensato a lui in tal senso.
Siamo cresciuti come fratelli… in realtà le nostre anime sono sempre state
assai vicine, quasi non potevamo accorgercene. Ci siamo sempre capiti, quasi
senza parlare. Se uno dei due sta male, l’altro soffre altrettanto…”
“Madamigella Oscar, per me è tutto chiaro, ma voi dovreste
far chiarezza dentro voi stessa. Chi ama non vuole la sofferenza dell’amato. Le
vostre parole parlano di un legame molto profondo, che va ben al di là della
semplice amicizia. Una sintonia così perfetta si genera solo con l’amore, a mio
avviso. Non mi resta che ritirarmi… perché anch’io sarei l’uomo più triste del
mondo se voi foste infelice.“
Quelle parole, adesso continuano a tormentarmi.
Chi ama non vuole la sofferenza dell’amato. Dio, come erano
vere quelle parole.
Apparentemente banali, in realtà contenevano una verità
inconfutabile e assoluta di cui sto prendendo coscienza. Quello che prima era
certo, diventa un dubbio che assale la mia mente e fa tremare la mia anima.
Ho sempre considerato André come e più di un fratello. Non
ho mai pensato a lui in altro modo.
Posso dirmi certa che sia questa la verità?
Due anime fatte della stessa sostanza, da non potersi
riconoscere, troppo vicine perché potessimo accorgercene. Ecco perché potevo
chiamare amore, quello che sentivo per Fersen, un amore sofferto incompreso e
non ricambiato, ma non è solo amicizia, quello che mi lega ad André.
È amore?
Io non saprei dirlo… ma sono certa che la sua infelicità e
la mia, sono la medesima cosa.
Mi guardo dentro e temo di scoprire qualcosa che non posso
negare.
È vero: se André è felice, allora lo sono anch’io.
Siamo
riflessi uno dell’altro.
Fine prima parte