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Autore: loujsyndrome    22/10/2014    4 recensioni
Louis/B | War!AU, Soldier!Louis | Conteggio: 4.1k | Note: Menzione di abusi sessuali.
-
Louis è un nuovo soldato nell'accampamento di Wolverhampton e scopre ben presto di un capannone sospetto in cui una ragazza misteriosa di nome B è costretta ad accontentare in più svariati modi gli uomini che vi si presentano. Cerca di trattenere la curiosità. Le cose non vanno affatto come dovrebbero.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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don’t you see me i, don’t you need me i
i think I’m falling, i’m falling for you
and on this night
and in this light
maybe you change your mind
fallingforyou, the 1975
 
 
 
 
“Quindi- davvero tu rischi di morire in questo schifo senza aver ancora dato al tuo pene la bellezza di un orgasmo?” rise il ricciolino accanto a lui.
 
Louis abbassò la testa sui suoi anfibi e no, non arrossì di vergogna. (Forse un pochino).
 
Quando l’avevano mandato a fare il turno di notte non gli era passata neanche per un secondo per l’anticamera del cervello l’idea di trovarsi lì, alla postazione di guardia, a parlare di verginità con uno sconosciuto.
 
“Già..” ammise imbarazzato, ricorrendo al suo nervosissimo gesto di grattarsi il retro del collo con una mano “Non di quelli seri, almeno”.
 
E fu inevitabile, allora, che il ricciolino impertinente gli raccontasse di B.
 
Con il suo forte accento londinese, gli spiegò che era stata deportata al campo di Wolverhampton all’inizio della guerra. Disse che il colonnello aveva fatto fucilare tutti gli uomini e le donne deportate come bottino di guerra dalla Germania, e che, insieme ad essi, doveva esserci stata anche lei, con la sua famiglia. Era del sud della Germania, ma originaria della Francia. Conosceva poco l’inglese. Il colonnello pensò che fosse troppo bella per essere venduta alla stessa sorte degli altri prigionieri, e la tenne con sé.
È
 
Louis ascoltava estasiato ogni parola e premeva sempre con maggiore forza la canna del fucile sulla sua spalla. Accoppiarlo al riccio, per il turno di notte, non era stata affatto una buona idea. L’avrebbe tenuto a mente, per il futuro. (Non che avesse potuto fare qualcosa per cambiare i turni). (Sempre se sopravvivere a qualche granata nascosta nel campo gli avrebbe mai garantito un futuro). (In ogni caso l’avrebbe tenuto a mente).
 
“Non sappiamo il suo nome, ma tutti la chiamano B, e non chiedermene il motivo, perché non ne ho la minima idea” concluse il riccio, osservando le stelle in cielo, più limpide del solito “Quasi tutti, qui, al campo, la usano per soddisfare i propri bisogni”.
 
Louis spostò la canna del fucile sull’altra spalla e si sistemò il berretto sulla testa con un movimento fin troppo nervoso.
 
Che poi, perché diavolo era nervoso? Masturbarsi non era mai stato un problema per lui, sapeva cos’era un fottuto orgasmo, solo- aveva diciassette anni, dannazione. Non aveva avuto ancora il tempo di sperimentare qualcosa di fottutamente serio con qualcuno.
 
“Non vogliono niente in cambio?” chiese.
 
Il ragazzo scosse la testa.
 
Louis notò che sulla sua divisa la targhetta con il nome ‘Styles’ campeggiava fiera accanto a due lucenti stelline dorate. Posò i suoi meravigliosi occhi azzurri sul terriccio circondante i suoi piedi, poi prese l’orologio da taschino che teneva sempre con sé e lo aprì, osservando la foto di sua madre sulla parte interna del coperchietto. Sorrise, ma subito dopo il suo sguardo si posò sull’ora. Aprì la bocca per parlare, ma Due-Stelline-Styles lo precedette.
 
“Il turno è finito” saltò giù dal muretto su cui si era temporaneamente seduto “Vado io a svegliare Nick, tu vai pure a divertirti”.
 
Ed era un sorriso malizioso, quello? Che tra quei capelli ricci Due-Stelline-Styles nascondesse un marchingegno capace di leggere i suoi pensieri sessuali?
 
Lo lasciò lì, in piedi, facendogli un occhiolino e sparendo subito dopo nel buio. Louis restò qualche minuto davanti al tendone con la testa fra le nuvole.
 
Non sapeva cosa fare, ma la tentazione era davvero troppa. Ormai quel ragazzo gli aveva messo in testa quel brutto e costante pensiero.. A passo svelto, sorpassò il tendone e girò dietro di esso, cercando di ricordare le indicazioni che gli aveva dato il ricciolino poco prima, mentre gliene parlava.
 
Saltò agilmente il fossato, ignorando la possibilità di essere avvistato e successivamente colpito da qualche nemico, e arrivò al capannone 753 con il fiato in gola. Si fermò per riprendere la normale costanza del respiro, chiedendosi cosa diavolo gli fosse preso per andare in quel posto che vedeva un po’ come proibito. Che poi- dannazione, non era affatto proibito. Probabilmente l’aveva visitato quasi tutto il campo militare.
 
Louis voleva tornare indietro. (Non proprio, era solo quello che si autoconvinceva di stare pensando).
 
Sospirò.
 
Nella sua testa, B era la ragazza tedesca più bella che avesse mai visto. I suoi capelli era morbidi, lisci, biondi e chiari, tanto chiari, che facevano luce. Dire che i suoi occhi erano azzurri era una gigantesca banalità. Pensava che fossero addirittura ancora più chiari dei suoi, magari screziati da lunghe e delicate pagliuzze bianche attorno alla piccola pupilla nera.
 
Si ritrovò sul serio a sperare che Due-Stelline-Styles non avesse avuto nessun marchingegno nascosto tra i capelli poco prima, quando arrivo sul retro del capannone 753. E, inevitabilmente, qualcuno gli puntò una bocca di fucile dietro la schiena.
 
Normale. Fottutamente normale.
 
“Nome” parlò la voce di un uomo, e probabilmente avevano messo dell’acido sulle sue corde vocali in passato perché- come diavolo poteva essere così bassa?
 
Louis alzò le mani in alto in segno di resa e pronunciò il suo cognome con (forse) uno strano fare di sfida.
 
“Tomlinson” dischiuse la bocca.
 
La canna del fucile fu tolta dalla sua schiena e il ragazzo si votò verso il possessore dell’arma.
Non riusciva a vedere bene chi fosse, era troppo buio. Dannazione.
 
“Sono qui per-“.
 
“Sei quello nuovo, giusto?” lo interruppe bruscamente la voce, che aveva un tono quasi divertito.
 
Louis annuì, i tratti del suo viso si innervosirono notevolmente e i suoi muscoli si irrigidirono appena. Era arrivato al campo da poco più di un mese, lasciando sua madre sulla soglia della porta di casa in lacrime, e viveva con il costante pensiero che i nazisti bombardassero la pacifica cittadina di Doncaster.
 
- dannazione, era quello nuovo.
 
“Non c’è bisogno che tu mi dica per cosa sei qui” riprese l’uomo nascosto nel buio “Lo sappiamo entrambi”.
 
Louis per un attimo si sentì quasi aggredito. Le parole che aveva pronunciato gli sembrarono una brusca traduzione di ‘Sei un porco, sudicio maniaco sessuale’. Il che era assurdo.
A Wolverhampton, da quando era iniziata la guerra, tutti i soldati erano classificati come porci sudici maniaci sessuali.
 
“B è occupata adesso” riprese la voce “Ma Zayn è dentro da fin troppo, vieni con me o aspetti fuori?”.
 
Louis sospirò e fece un passo verso l’uomo. In quel momento la luce del controllo torretta passò sopra di loro e il ragazzo ebbe finalmente l’occasione di vedere quello che dalla voce gli sembrava un uomo, ma che in realtà non era altri che un ragazzo fin troppo alto e muscoloso.
 
Stava iniziando seriamente a pentirsi di aver dato ascolto al ricciolino e di essersi fatto coinvolgere dal suo stupido racconto. Magari erano tutte solo grandi balle. Magari B era solo una delle tante puttane di turno che giravano per il campo. Una volta Louis ne aveva vista una, di giorno. Niall, unico soldato irlandese con cui era riuscito a legare, gli aveva accennato che ogni tanto se ne trovavano alcune morte, nei posti meno frequentati dai soldati.
 
A Louis era sembrato spregevole, eppure eccolo lì, ad aspettare di ricevere una maledetta prestazione sessuale che (ne era sicuro) di lì a poco avrebbe finito per fargli venire un attacco d’ansia.
 
Il soldato lo squadrò da capo a piedi, poi scostò il lembo della tenda con un braccio ed entrò. Louis lo seguì.
 
Il capannone 753 era molto più piccolo rispetto a ciò che sembrava dall’esterno. Louis non ci era mai passato davanti, ma anche se l’avesse casualmente fatto, non l’avrebbe degnato di uno sguardo. Era esattamente identico agli altri novecentonovantanove presenti nell’accampamento.
 
Una figura a dorso nudo era in piedi, al centro della stanza. Dava le spalle a Louis e all’altro soldato, e sembrava tenere fermo tra le braccia qualcosa che Louis non riusciva a vedere.
Indossava solo i pantaloni della divisa, ed era scalzo.
 
“Zayn, levati dalle palle, il tuo tempo qui è scaduto”.
 
Il moro si voltò verso di loro, e Louis impallidì.
Ciò che il ragazzo teneva stretto al suo petto non era un oggetto, ma una ragazza minuta, troppo magra. Indossava un lungo vestito rosso, un po’ sgualcito, che ricordava vagamente le tuniche dell’antica Roma. Era terrorizzata, teneva gli occhi serrati e le sue labbra erano violacee. Il fatto che il moro che la tenesse ferma e che le stesse puntando un coltello alla gola non aiutava affatto la sua paura a darsi una calmata.
 
“Come sarebbe a dire che il mio tempo è già scaduto?” chiese, sconcertato, senza lasciare la presa dalla ragazza che non poteva essere altri che B “Oggi il colonnello non c’è”.
 
I suoi occhi marroni e inespressivi si posarono immediatamente sulla figura di Louis, che era rimasto in disparte per tutto il tempo. Lo squadrarono da capo a piedi, quasi- taglienti, e sul volto del loro possessore si formò un sorriso a dir poco spaventoso.
 
“Payne” rise “Non dirmi che questo novellino di merda vuole fottermi la serata”.
 
Louis strinse la presa sulla canna del fucile e desiderò tanto piazzargli una pallottola nel bel mezzo della fronte. L’altro ragazzo, che aveva appena scoperto essere il figlio / nipote / qualche parente più giovane del colonnello Payne, sorrise.
 
“Mi dispiace amico, le regole sono regole. Sei qui da più di due ore, sta’ al pischello adesso”.
 
Il moro incenerì con lo sguardo sia il ragazzo che aveva parlato che Louis, poi sembrò riscuotersi dal suo stato di trance e strinse ancora più forte la schiena della ragazzina verso di sé, facendola aderire al suo petto nudo e senza togliere la lama del coltello dalla parte inferiore della sua mascella.
 
“Domani sera finiamo” le sussurrò ad un orecchio, ma Louis lo sentì comunque.
 
Idiota. Ma- ehi, un momento. Non aveva alcun diritto di dare dell’idiota ad un ragazzo che era venuto lì dentro con le sue stesse intenzioni.
Okay, questo non fu esattamente quello che Louis pensò, ma era la vera morale di tutta quell’assurda faccenda, giusto?
 
La ragazza rabbrividì, e il moro, soddisfatto, tolse il coltello dal suo collo pallido e lo gettò con violenza a terra. Il figlio / nipote / qualche parente più giovane del colonnello Payne (Louis non aveva ancora capito quanti anni avesse e chi diavolo fosse) li raggiunse ed afferrò la ragazza per gli avambracci.
 
Lei, quasi abitualmente e con il cuore ancora in gola, si incamminò a testa bassa verso una spalliera per esercizi da allenamento, evidentemente rubata da qualche palestrina del campo. Era sporca e trasandata, ma lei non fece una piega a poggiarci la schiena sopra. Mise le mani all’altezza della testa, e Payne legò i suoi piccoli polsi con delle corde che erano ancora strette al legno e che penzolavano, aspettando solo di essere legate di nuovo al suo minuto corpicino.
 
Zayn nel frattempo si era già rivestito, e dopo aver rivolto un saluto nervoso a Payne, urtò con violenza la spalla di Louis e uscì dal tendone prima che il ragazzo potesse tirargli un pugno in pieno viso. Cercò di mettere a freno i suoi nervi a dir poco tesissimi e osservò di nuovo la ragazza che si faceva legare le mani alla spalliera. Era stato così stupido a pensare a lei come ‘la perfetta tedesca bionda’ che non si rendeva affatto conto che la B di cui gli aveva parlato Due-Stelline-Styles fosse veramente lei. I suoi capelli erano color cioccolato, fusi in ciocche ondulate che le ricadevano sul viso. E gli occhi, gli occhi non li aveva ancora visti. Erano sempre chiusi, e aperti quel poco che bastava per vedere dove mettere i piedi.
 
A testa bassa, il suo mondo girava.
 
Payne sorrise e le accarezzò lentamente uno zigomo sporgente, poi le prese il mento con due dita e, senza dire niente, la baciò. Così, all’improvviso. E lei non sembrò neanche tanto sorpresa da quel gesto. Si limitò semplicemente a stringere le mani intorno al legno a cui era stata legata, come per infondersi coraggio, e ricambiò. Il ragazzo si staccò da lei cercando un contatto visivo che non avrebbe mai ricevuto, e poi sorrise. Tornò verso di Louis raccogliendo una bottiglia di qualche liquore sconosciuto da terra che probabilmente il moretto di prima aveva dimenticato lì per la fretta, e ne buttò giù un lungo sorso.
 
“Vado a farmi un giro, Tomlinson” pronunciò il suo cognome con disprezzo “Quando tornerò, leverai il tuo culo di qui, intesi?” indicò con un movimento circolare della mano l’interno del capannone.
 
Non aspettò neanche una sua risposta. (Louis non aveva alcuna intenzione di dargliene una).
 
L’andatura traballante di Payne attraversò a lunghe falcate la stanza tenendo mollemente in una mano il collo della bottiglia di liquore sconosciuta, e poi sparì dietro la tenda. Rimase in ascolto dei suoi passi per un po’, poi, quando fu sicuro che se ne fosse andato, sospirò. Per sollievo o frustrazione o- più probabilmente, entrambe.
 
Osservò di nuovo il lungo vestitino rosso al di là della stanza e, per un attimo, tutti i suoi pensieri, sparirono. Aveva la dannata possibilità di provare una cosa nuova. Lui era venuto al capannone 753 per quella dannata cosa nuova (alimentata anche dalla sua curiosità, ma questo proprio non voleva ammetterlo a sé stesso).
 
Tolse il fucile che teneva a tracolla facendoselo passare sopra la testa, e lo posò temporaneamente a terra. Solo ora si accorgeva di quanto diavolo facesse caldo, lì dentro. Tolse anche la giubba militare e rimase in canottiera, poi osservò di nuovo B.
 
Continuava ad osservare il pavimento di fronte a lei senza alcun tipo di espressioni sul viso. Comprimeva le labbra con movimenti strani, delle labbra così carnose e rosee che Louis rabbrividì al pensiero che Payne le avesse inquinate con le proprie solo qualche secondo prima. Sul collo aveva ancora il brutto segno che le aveva lasciato il coltello di Zayn.
Il suo naso era piccolo, all’insù, dolce. Le lunghe ciglia scure ricadevano sui suoi zigomi gonfi, morbidi e perfetti come soffici petali di qualche fiore orientale.
 
Louis, non avendo la più pallida idea di cosa fare, si avvicinò a lei con titubanza. Quando fu esattamente di fronte al piccolo e minuto corpo di B, cercò di fare qualcosa che si avvicinasse di più ad un sorriso. Non appena il suo sguardo si posò suoi seni (che quel vestito drappeggiato lasciava davvero tanto a vedere) sentì qualcosa dentro di lui crescere più del solito. Non sapeva cosa fosse, ma era così piacevole che non voleva rovinare quella bellissima sensazione chiedendoselo.
 
“Ciao” disse piano.
 
La ragazza continuò imperterrita ad osservare i propri piedini nudi, immersa in un silenzio religioso.
 
“I-Io mi chiamo Louis” balbettò “E.. Ecco.. Come posso dire-”.
 
Louis voleva trovare le parole, lo voleva così tanto. E forse- ma proprio forse, ce l’avrebbe fatta se B non avesse deciso di alzare improvvisamente lo sguardo e di incontrare i suoi occhi. Louis rimase paralizzato. Erano meravigliosi: grandi e verdi come gli immensi prati di trincea prima di una battaglia. Erano occhi parlanti. Intorno alla pupilla nera e lucida c’era un messaggio inciso nel cuore che solo Louis aveva colto fino a quel momento.
 
‘Salvami’ urlavano, e non andava bene. Non andava bene per niente.
 
“S-stavo dicendo che.. Ecco.. Io..” si strofinò di nuovo e per la fottuta seconda volta nel giro della serata la mano destra dietro la nuca perché- dannazione, era così nervoso. Ed era anche pronto a scommettere che per un attimo solo lo sguardo di B fosse caduto sul suo bicipite scolpito, ma se anche fosse successo (Dio, era veramente successo) fu veramente veloce, perché un secondo dopo tutto era di nuovo come prima. Occhi negli occhi e tanta tensione.
 
“Sono vergine” disse alla fine, abbassando lo sguardo sui suoi anfibi neri, per poi ripuntarlo subito dopo negli occhi di B, di nuovo.
 
Lei sorrideva, o, per lo meno, stava facendo una cosa simile, ma il povero Louis si sentì comunque morire.
 
“Quindi pensavo che.. Ecco tu.. Magari potresti spiegarmi come si fa.. Perché.. Ecco.. Non vorrei fare qualcosa di sbagliato e procurarti dolore.. Capisci?” sussurrò.
 
Lei sorrise ancora di più, poi puntò lo sguardo sul petto del ragazzo e apri di poco la bocca, ma la richiuse subito dopo, quasi pentendosi di aver tentato di parlare.
 
“Se sei in imbarazzo, magari potremo conoscerci un po’, prima.. Che ne dici?” tentò Louis “O magari, potrei parlare io. Sai, sono così nervoso che non so neanche quello che sto dicendo e-“.
 
B, inaspettatamente, si alzò sulle punte dei piedi scalzi e, per quanto le corde che la tenevano legata alla spalliera le stessero permettendo, lo baciò. Lo baciò e Louis spalancò gli occhi, sorpreso e allo stesso tempo travolto da un improvvisa ondata di intenso calore.
 
(Nessuno le aveva mai chiesto di parlare, prima).
 
Tutti entravano in quella tenda mentre lei riposava, a terra oppure in piedi, legata a quella stessa spalliera perché nessuno aveva mai avuto la pietà di farla stendere anche sul pavimento sporco, dopo uno stupido abuso sessuale. E non sentivano moine.
Volevano quello che volevano, e lei non protestava. Semplicemente, stava in silenzio.
 
Ed era proprio quello il motivo per cui molte di quelle persone se la prendevano con lei, perché stava sempre in un rigorosissimo silenzio. Non parlava, non rispondeva alle loro domande sporche e futili. Zayn era una di quelle persone. Poi c’era Payne, lo stretto parente di nuova generazione dello stesso colonnello che l’aveva rapita e piazzata in quello stupido tendone a scapito suo e di tutti gli altri soldati dell’accampamento. Colui che veniva amabilmente a farle “visita” ogni sera, tranne il giovedì, giorno di riunione. Aveva deciso di mettere Liam (così si chiamava il soldato), di guardia, perché sapeva che se il ragazzo avesse avuto bisogno di una veloce prestazione non avrebbe esitato ad entrare nel capannone 753.
 
B aveva imparato forzatamente a conoscere ognuno di loro, e, per quanto li disprezzasse, aveva dovuto farlo, altrimenti si sarebbe sicuramente ritrovata spenta e senza vita nel brutto fosso delle trincee. E a volte, ci aveva pensato, a morire. Le era sembrata la soluzione più lampante a tutti quei dolori per fuggire da quel branco di uomini insensibili, sempre se potevano chiamarsi così. Ma nel mentre in cui aveva disubbidito, si era ritrovata solo reduce di tante botte e di un brutto stupro.
 
E adesso, arrivava lui. Un ragazzo così dolce da sciogliere qualunque cuore, anche quello stretto tra le catene più forti.
E Louis- dannazione, Louis era quel ragazzo.
 
“Wow” annaspò staccandosi di quel poco che gli consentiva di parlare “Grazie”.
 
Poggiò istintivamente la fronte su quella di B. I due si guardarono intensamente negli occhi.
Lei arrossì, quando si rese conto che Louis era il primo vero ragazzo che aveva baciato di sua spontanea iniziativa da quando era stata deportata nel nord dell’Inghilterra.
 
“E adesso cosa succede?” sorrise lui ingenuamente.
 
Lei ricambiò, poi si voltò lentamente verso il suo polso legato, e incrociò nuovamente quegli occhi, così azzurri che le sembravano il più bel ciel sereno che avesse mai visto.
 
(Non lo vedeva più da tanto tempo, il cielo).
 
“Giusto” comprese il ragazzo, allungando subito dopo quelle dita nodose e affusolate fino alla corda, che era stata fin troppo stretta dalle sporche mani di Liam. La sciolse con un po’ di fatica, ma quando le corde caddero a terra, ogni sforzo fu premiato.
 
B non perse neanche tempo a massaggiarsi la pelle rovinata dei polsi, che lo prese per mano. Louis la seguì.
 
La ragazza indicò una sporca stuoia nell’angolo più buio del capannone, che era sfuggita allo sguardo attento del castano nel momento in cui aveva squadrato ogni centimetro di quel luogo, non appena entrato. Louis si stese lì sopra senza fare una piega, invitandola a fare lo stesso, ma lei fece segno di aspettare.
 
Rimase in piedi, esattamente di fronte a lui, e slacciò il primo spallino del vestito rosso. Louis deglutì sonoramente e si maledì un secondo dopo perché- diavolo, B si stava spogliando e lui se ne stava lì, mezzo disteso su quella stuoia senza far niente, completamente paralizzato.
 
Al secondo spallino slacciato la gravità vinse ogni vincolo e il lungo vestito rosso cadde ai suoi piedi con il suono più bello che avesse mai sentito.
 
Davanti agli occhi spalancati del soldato, c’era il suo corpo nudo. Minuto, magro. Le gambe avevano quel centimetro di carne in più necessario per mandare fuori di testa un qualsiasi membro della specie umana maschile. I capelli, fino a quel momento legati con un nastro, furono sciolti e le ciocche ondulate marroni finirono un po’ sul suo seno pieno, un po’ sulla sua schiena nuda e calda come il fuoco.
 
Arrossì, vedendo che anche le guance di Louis si erano tinte del colore del vestito che ormai aveva ai piedi, e uscì da esso con un passo, quasi rischiando di inciampare.
 
Il suo meraviglioso corpo fu sopra quello prevedibilmente eccitato di Louis prima di quanto il ragazzo potesse pensare.
 
“Oh” cercò di riprendersi da quello stato di trance “S-Scusa.. Che stupido. Dovevo spogliarmi anch’io, non è ve-“
 
Gli posò il dito indice sulle labbra, zittendolo e facendolo arrossire ancora di più. Cosa diavolo gli stava succedendo. Cosa.
Quel dito scese lentamente sui suoi pettorali, e arrivò fino al bottone del pantalone della sua divisa. Lo spogliò così, lentamente, e quando entrambi furono nudi, Louis non poté fare a meno di entrare nel panico più totale.
 
“E-E se ti faccio male?”.
 
B sorrise e Louis, su quelle labbra, ci vide quasi la punta di un risata perché- andiamo, era impossibile che proprio lui, quel ragazzino dolce e inesperto, potesse farle male.
 
Non ci fu bisogno di dargli una risposta differente da un lungo e passionevole bacio, e a Louis bastò per trovare la forza di ribaltarsi dall’altra parte della stuoia, con lei sotto, lui sopra, e i loro cuori al centro, che sembravano ballare al tempo della stessa identica melodia, dettata solamente dai loro battiti accelerati.
 
E così, senza smettere un solo secondo di baciarsi, Louis fece la cosa più istintiva del mondo: la cercò. E quando la trovò, non esitò affatto a sentirla.
 
B cercò con le mani i suoi capelli arruffati e intrecciò le gambe al suo bacino nudo su cui si stavano formando piccole goccioline innocenti di sudore. Li strinse con delicatezza, quei capelli, e desiderò non lasciarli più, sentire la loro consistenza tra le sue dita per sempre.
 
B, in quel momento, si sentì a casa.
 
Louis continuava a fare ciò che gli veniva istintivo fare, baciando senza sosta le sue labbra gonfie, cercandole continuamente, come se fossero state l’unico motivo per cui continuare a vivere. Dolcemente, i loro corpi continuavano a muoversi a ritmo di quella musica che solo loro erano capaci di sentire.
 
Andava tutto bene, fino al momento in cui la piccola B si fece scappare un gemito. Louis sorrise, immaginando il suono della sua voce uscire da quelle labbra che stava usando disperatamente come unico appiglio esistente e diffondersi nell’aria riscaldata dai loro unici respiri.
 
Sfortunatamente, per Louis durò poco. Uscì da lei esausto, adagiandosi accanto al suo corpo tremante e osservando il soffitto del capannone, sciupato e bucato da qualche mina vagante. Si voltò verso di lei, e notò i suoi occhi verdi completamente spalancati e dalla pupilla tremante. Non aveva ancora finito, e senza esitare, il soldato infilò la testa fra le sue gambe e baciò la punta rosea di ciò che le persone solitamente cercavano in lei. La baciò con delicatezza, sentendo i suoi gemiti strozzati essere fermati nella sua bocca.
 
E le sue membra sembrarono rilassarsi all’improvviso, la sua mente svuotarsi.
 
B aveva raggiunto il suo primo vero piacere lì, in quel capannone reduce di tante torture, nel bel mezzo di Febbraio, al freddo, con lui.
 
“Louis” sussurrò.
 
La sua voce quasi non si sentiva, roca e inesistente. Non ricordava più il suono della sua voce.
 
“Louis” ripeté.
Il suono di quel nome volò oltre i loro respiri, i loro cuori si fusero in un'unica anima, e tutto ciò che Louis fece, fu tornare sopra di lei, sorridendo, per poi baciarla di nuovo.
 
Quel bacio sapeva di promessa, una promessa che Louis aveva intenzione di mantenere.
 
 


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