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Autore: Stateira    17/10/2008    9 recensioni
Una visita inaspettata costringe Camus ad un'imbarazzante resa dei conti. Se poi ci si mette di mezzo Milo, con i suoi ghigni sardonici e le sue canotte inguardabili...
Mini fic di tre capitoli.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Andromeda Shun, Aquarius Camus, Cygnus Hyoga, Scorpion Milo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PREMESSA

 

Alla fine, quella che doveva essere la shot allegra che vi promisi qualche tempo fa si è trasformata in una mini fic di tre capitoli.

Eddai, che un po’ di vitalità in questo fandom ci voleva proprio.

Ma bando alle ciance, che qui il tempo stringe e io devo sincronizzare la libreria del mio nuovo iPod FUCSIA. Oddioh quanto lo amoh!

 

Un grazie e un bacio con la lingua vanno al mio Seme, che ha letto e in qualche strano modo apprezzato questa fic, nonostante la sua ben nota gelosia ossessivo-compulsiva nei riguardi degli altri Seme. Nonché di animali/alberi/automobili e quant’altro.

Lo sai che amoh solo teh! *nasconde i poster di Renji/Zoro/Shura/Katou/Grimmjow/Itachi/Kurogane/Roy Mustang…*

 

Enjoy!

 

Stateira

 

 

 

 

 

 

1. Quando… Milo prende in mano la situazione

 

 

 

- Aspetta, aspetta a girare! – implorò Milo, cercando di ficcare il dito indice fra una pagina e l’altra del quotidiano.

Camus si irrigidì. Scrutò con malcelato fastidio il profilo netto dell’uomo che aveva insistito a morte per poterlo tenere sulle proprie ginocchia. Lo aveva sospettato, fin dall’inizio, che altro non fosse che una sciocca scusa, la sua. Milo non si era mai appassionato granché ai giornali: se ne apriva uno, era per spulciare fra le curiosità, più che per dar retta alle notizie propriamente dette; ma era animato dalla curiosità tipica dei cuccioli, perciò qualsiasi cosa Camus prendesse fra le mani calamitava istantaneamente il suo interesse.

- O bevi o leggi. – lo redarguì, facendo sventolicchiare l’orecchio del giornale sopra al grande bicchiere da cocktail ricolmo di succo d’ananas che Milo si era portato appresso.

- Posso fare benissimo entrambe le cose! – protestò Scorpio, attaccandosi orgogliosamente all’orlo della sua bibita come se d’improvviso tutta la sete del mondo fosse esplosa nella sua gola, e meno male che si era premunito per tempo. Camus decise che non sarebbe stato al gioco, che le notizie sul recente uragano che aveva investito alcune isole a largo delle coste indiane lo interessavano mille volte più delle moine del suo amante, per pur singolari e, dovette ammettere, affascinanti fossero da ascoltare quelle moine che Milo pronunciava con la sua voce riscaldata e resa ancora più roca dal suo bell’accento.

Non aveva di che ribattere, però.

Stizzito, stava per voltare la pagina e proseguire con la sua lettura, quando lo sentì.

Netto, e al contempo oscuro, come una voce che con il suo richiamo ti strappa via al dormiveglia. Rimase con il pollice e l’indice chiusi a pinza sul foglio del giornale. Milo si affacciò oltre la sua spalla, perplesso.

- Questo cosmo… – azzardò. Anche se non c’erano dubbi.

- E’ Hyoga. È appena giunto qui. –

- Cosa è venuto a fare fin qui al Santuario? Eh Camus? –

Milo formò una piccola “o” arricciando le sue labbra sottili fino a ridurle ad una specie di coroncina regolare. Camus avrebbe tanto voluto cancellargli dal viso quella stupida domanda a cui non sapeva assolutamente rispondere.

- Dovrò avvertire gli altri. – asserì, mentre Milo spalancava pigramente i palmi delle mani attorno ai suoi fianchi, lasciando che si alzasse. Si ritrovò il giornale frettolosamente ripiegato sul grembo, ormai spogliato della sua importanza. – Che lo lascino passare. Vorrà dirmi qualche cosa. –

- Sì. –

 

Il cavaliere di Scorpio sbuffò, prendendosi il tempo di seguire con lo sguardo l’armatura di Camus che raggiungeva il suo signore alle spalle, vestendolo docilmente fintanto che egli era intento a richiamare a sé l’attenzione dei loro compagni. Operazione sgradita per lui, a giudicare dalla sua espressione forzata.

Milo sollevò un sopracciglio. Il suo Cloth, naturalmente, riposava all’interno dell’Ottava Casa, protetto dall’oro incorruttibile della sua custodia. Detestava l’idea di doverlo indossare fra le mura della casa di Aquarius come se fosse stato un torto fatto a sé stesso. Ma presentarsi in abiti civili all’ospite che giungeva, specie trovandosi ad affiancare Camus, sarebbe stato piuttosto imbarazzante.

- A proposito, Camus. – mormorò facendo forza con le braccia sulla sedia sdraio. – Non pare anche a te che…? –

 

Hyoga non si voltò indietro.

Giunse all’ultimo gradino giusto in tempo per scorgere una figura insieme tenue e maestosa che si distaccava dalla fila di colonne del tempio. Camus di Aquarius, il suo venerando maestro, dava l’impressione di essere stato cesellato nella sua interezza, dalle mani affusolate alle lunghe ciglia, in quelle stesse pietre opache. E l’oro della sua armatura era ghiaccio, una glassatura spessa, di quelle che solitamente rende di burro le tenere carni delle figure femminili nei gruppi scultorei che adornano le fontane. Alle sue spalle comparve anche Milo di Scorpio. Era in qualche modo più imponente, rispetto al suo maestro. Conservava l’espressione severa e beffarda che ricordava, eppure il suo volto era increspato da una meraviglia del tutto malcelata.

Per alcuni istanti fu un gioco silenzioso di sguardi fra i quattro cavalieri.

Subito dietro Hyoga, infatti, una mano sulla sua spalla per riguadagnare fiato dopo la lunga corsa, stava Shun di Andromeda, gli occhi color verde bosco spalancati su quei due signori del Santuario.

- Hyoga. – scandì Camus, permanendo immobile. – Che cosa ti porta qui. –

- Maestro Camus. – replicò lui, cercando di conservare un tono di voce altrettanto fermo. – Sono venuto fin qui per parlarvi di una cosa importante. –

- Ti ascolto. –

- Grazie, maestro. –

Hyoga e Shun vennero avanti assieme attraverso l’ampio pronao, incontro ai due Cavalieri d’Oro.

Milo si portò il dito indice al sopracciglio sinistro, grattandolo rapidamente. Era il segno inequivocabile, per chi lo conoscesse, di quanto poco ci vedesse chiaro in ciò che stava succedendo; ma anche di quanto fosse rilassato. Parlava un linguaggio gestuale, lui, che poteva essere benissimo legato all’infanzia, o ai tempi del mito, se mai esiste una separazione schietta fra queste due età. Attese le parole del Cavaliere del Cigno, che tardavano ad arrivare, con cipiglio niente più e niente meno che curioso.

Finalmente, Hyoga parlò. Con voce tenue, schiacciata dall’importanza che, forse un po’ ingenuamente, andava attribuendo alle proprie parole.

- Maestro, vorrei presentarvi Shun, cavaliere di bronzo della costellazione di Andromeda. –

Camus sbatté le ciglia. Poi sbuffò. Si concesse appena un paio di secondi per studiare quel viso bello e fragilino, senza per altro alcun interesse.

- Ebbene? –

- E… Ebbene, maestro, io… io gli sono molto legato. Gli ho chiesto di restare al mio fianco, e lui ha accettato, dandomi una grande gioia. Ecco, ho voluto che voi, che siete il mio amato maestro, lo conosceste, e che Shun conoscesse voi. –

 

Milo fece scattare verso l’alto le sopracciglia. Camus ebbe di che sentirsene tradito. Gli avrebbe volentieri chiesto che cosa pensava di farsene di quell’espressione da illuminato così orgogliosamente stampata sulla faccia. Ma ammettere la sconfitta in quel modo non era cosa da Camus di Aquarius.

A quel punto, quello Shun tese una mano verso di lui. Camus notò che osava a malapena guardarlo in volto. Non gli piaceva, quell’eccesso di deferenza da parte sua, pur dovendo ammettere di apprezzare chi sa come stare davanti all’autorità.

Gli strinse la mano, a mò di riluttante contentino per il suo essergli del tutto indifferente. Ignorò l’occhiataccia cagnesca di Milo. In un simile frangente non ne comprendeva proprio il motivo d’essere.

- E’ tutto qui? – domandò. Ebbe modo di testare di sfuggita, fra l’altro, quanto il suo tono di voce risultasse gelido anche quando non gli interessava  esserlo.

- Maestro… –

- E’ soltanto per questo che sei venuto? Per presentarmi questo ragazzo? –

L’espressione costernata di Hyoga servì da risposta. Sotto lo sguardo inorridito di Shun, Camus se ne tornò con tutta calma da dov’era venuto, fra le ombre innaturalmente fresche e nette del suo colonnato.

Nel silenzio delle circostanze, sul volto di Milo esplose, a tradimento, il sorriso asciutto e solare delle sue terre.

- Camus. – mormorò, scrollando brevemente le spalle. – Oh Camus. Voialtri due, sentite: alloggerete qui, stanotte? –

Hyoga provò per un attimo, ma fu un attimo soltanto, un moto di ammirazione e fastidio nei riguardi di quell’uomo, che gli aveva rivolto la parola senza nemmeno guardarlo in faccia, a braccia conserte, come si fa con le reclute. Aveva un’aria da ragazzino esaltato, che per puro capriccio decide di assumere sulle proprie spalle i problemi altrui, ed intende risolverli a modo suo. Ma dopotutto, stava soltanto chiedendo loro di aspettare l’arco di una notte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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