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Autore: Fantasia2000    22/10/2014    0 recensioni
Esatto, le coppie più strane, ed è proprio di ships che tratterà questa raccolta.
Ho notato che questo fandom è molto povero di ship “insolite” e, sebbene le poche oneshot che ne parlano siano scritte veramente bene, ho deciso di cominciare questa raccolta per riempire questa lacuna.
Le coppie di cui tratterò, notate, sono prevalentemente relazioni tra maschi o, nel caso di Octavian e Rachel (che probabilmente farò morire in un incidente d’auto perchè li odio), insospettabili, se avete da fare commenti sul tipo di coppia vi prego di tenere i vostri pensieri per voi, sarò felice di ascoltarvi invece se mi consiglierete coppie e/o situazioni tramite recensione o messaggio privato.
Generi vari, dalle fluff alle tragichetristidisperiamoci, niente rosse, non sono interessata.
Tutti gli spoiler saranno segnalati a inizio pagina.
***
–Leo?–
–Sì amore?–
–Leo, la tua mano è sul mio fondoschiena–
–Lo so…–
–Leo, la tua mano sta andando a fuoco–
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali: scusate per questa piccola parentesi, ma devo informarvi che uno dei personaggi di questa storia è completamente inventato e, sebbene all’inizio avessi progettato di farlo impersonare dal suo attuale fratellastro Mitchelle, che è comparso una sola volta ne “L’Eroe Perduto”, ho infine cambiato idea perchè il nome di quest’ultimo, che non mi ricordavo quando ho ideato la fanfiction, è insopportabilmente orripilante.
Detto ciò vi lascio alla storia.




Tra bende e disinfettanti



Gli ospedali sono luoghi frenetici.

Circondati da un costante stato di emergenza e pericolo, i medici e gli infermieri si muovono da un posto all’altro, concentrati sul proprio dovere e incuranti di ciò che sorpassano sul loro cammino.
Il Pronto Soccorso in particolare è un organo delle istituzioni sanitarie solente lasciato incurato.
Quello dell’Ospedale St.Paul di New York era un luogo assai sgradevole: controllato dall’amorevole vigilanza di Mrs. Jhones, accompagnata dall’eterna gomma da masticare, il visitatore si trovava accolto dalla sua figura pingue ed un’occhiata analizzante: nel caso in cui il danno non fosse visibile la signora smetteva per un poco di masticare per sbottare un “Che cos’ha?” scocciato, poi sbatteva in mano al malcapitato un bigliettino, di colore diverso per il tipo d’emergenza, e indicava le sporche seggiole in plastica blu dove si aspettava il proprio turno.
Anche gli altri compagni di sventura, strizzati negli scomodi sedili con una o più mani sulla parte del corpo che gli doleva, non prestavano attenzione a ciò che li circondava, concentrati sui loro personali malesseri.

Non c’è perciò da stupirsi che un giovane ragazzo, sebbene zoppicante ed esausto, fosse riuscito, dopo aver varcato un paio di porte proibite ai non addetti, a raggiungere l’entrata degli spogliatoi degli specializzandi, non più studenti e non ancora medici, che si cambiavano per finire o cominciare un turno.

Proprio in quel momento ne uscì Tracy Davis, già in vestiti “civili” e con lo zaino in spalla, che, intravisto il ragazzino, si mise ad esaminarlo da dietro gli occhiali squadrati e le profonde occhiaie.
–Non puoi stare qui– lo informò.

A queste parole il ragazzo alzò la testa e Tracy poté finalmente trarre le sue conclusioni: era piegato in due, presentava ecchimosi sul viso e lividi minori sulle mani (ma sospettava ce ne fossero molti altri sotto i vestiti curati e alla moda), teneva più peso su un piede che sull’altro e respirava faticosamente.

Non mi hai sentito?Non puoi stare qui!– ripeté con più enfasi quando lui non le rispose –E tra l’altro come se arriv- –
–Devo vedere una persona– la interruppe l’altro.
Tracy non si lasciò minimamente addolcire dalla sua vocina delicata e flebile e ribatté:– Le stanze dei pazienti sono dal secondo piano, ma prima devi sicuramente passare per il Pronto Soccorso, che è- –
–No– a quel rifiuto, e all’ennesima interruzione, una vena cominciò a pulsare sulla fronte di Tracy: cominciava a stancarsi di quel nanerottolo.
–cerco Will, Will Solance, me lo potrebbe gentilmente andare a chiamare, per favore?–tutta quella cortesia la irritò, specie dopo la scortesia i prima.
–Solance?–ripeté scocciata, ecco, ci mancava che centrasse quel pallone gonfiato biondo!
Ma sbuffando, e lanciando un’occhiataccia al ragazzino, ritornò nello spogliatoio.

Odiava quel posto, non aveva mai un buon odore e ora, in pieno inverno, si gelava. Era stata contenta, nemmeno due minuti prima, di lasciarlo per dirigersi verso il caldo letto che l’aspettava a casa, ed il rientro, specie per una causa tanto sciocca, la rendeva più irritata che mai.
Cercò di fare in fretta, scorrendo le file di armadietti in cerca della testa bionda di Solance.

–Oh, Will, ma perchè no?–ecco, non c’erano dubbi, quella era la petulante voce di Sandy, l’ostetrica del trio delle Barbie.
Il “trio delle Barbie” era un gruppo di specializzande che si occupavano rispettivamente di ginecologia, ostetricia e pediatria prenatale, frivole e superficiali, anche se a suo malgrado abbastanza dotate di cervello per non uccidere nessuno, tra Tracy e loro c’era un piccola rivalità, e questo le rendeva assolutamente odiose ai suoi occhi.
“Rivalità”? Seriamente, le sembrava di stare ancora al liceo!
–Mi dispiace davvero, ma per Natale ho altri programmi– sentì la musicale voce di Solance rispondere e, affrettandosi, raggiunse la fila di armadietti in cui si trovavano.
Le oche si stavano sdilinquendo in una serie di lamenti e proteste, quando lei le interruppe:
–Solance!–lo chiamò, interpellato si girò, facendo ondeggiare i setosi capelli biondi, davvero! Che pallone gonfiato!–C’è un nanetto qui fuori che vuole vederti!–
Tracy lo sentì distintamente mormorare un –Sin!– accorato, poi il biondo si diresse velocemente verso l’uscita e, mentre la sorpassava, Tracy ebbe il tempo di dirgli: –È ridotto piuttosto male, assicurati di curarlo decentemente, idiota!–
Ignorando l’insulto, Solance velocizzò il passo fino ad arrivare a correre svoltando la porta.
Tracy continuò a guardare con severità il punto in cui era sparito.
Non che le importasse qualcosa, ma non voleva avere quel moccioso sulla coscienza; si chiese distrattamente chi avesse potuto ridurlo così: forse subiva violenza domestica o era stato aggredito per strada, era un bersaglio così facile e indifeso, che propense per la seconda.
Poi si riscosse.
–Cosa ci fate ancora qui?– sbraitò alle tre oche –Avete finito pure voi, no?Andate a casa!–
Quando uscì Will e quel misterioso ragazzino erano scomparsi.



***



–…e, come sempre, sei sottopeso Sin, quante volte ti ho detto di mangiare di più?– gli chiese Will finendo di illustrargli la diagnosi risultata dalla visita appena fatta.
–Sempre una in meno di quante mi servono per nutrirmi con quegli schifi che chiami cibo, Will– cinguettò Hyacint*, mentre lo specializzando prendeva le garze da un armadietto.
–Non ho mai detto che devi mangiare ad un fast-food, Sin, solo che devi smetterla di mangiare come un uccellino–
–Un uccellino molto grazioso, prego– sottolineò Hyacint.
Will si limitò a sospirare.
–Su la gamba– ordinò, il più piccolo mise la gamba sinistra sulla barella cosicché, dopo averla adeguatamente lavata e disinfettata, la ferita con relativo ematoma e minifrattura sullo stinco potesse essere bendata e steccata.
Cominciando a srotolare la lunga pezza bianca Will guardò Hyacint di sottecchi, mentre sembrava perso nei suoi pensieri.

Non era la prima volta.

Quando, un paio di mesi dopo aver cominciato il tirocinio da infermiere*, si era trovato Hyacint con un paio di sbucciature e dei lividi davanti all’ospedale, non ci aveva dato grande peso: era normale per i semidei incappare in qualche mostro di tanto in tanto ed era anzi un bene che lui lavorasse nella sanità, perchè altri avrebbero potuto fare domande scomode, ma con il tempo Sin era venuto sempre più spesso e le sue ferite erano sempre più gravi, e, anche se era a conoscenza delle mancanze nell’autodifesa di Hyacint, era anche certo che fossero dovute ad un incremento degli attacchi.
Osservandolo dal basso, cosa piuttosto rara vista la sostanziale differenza di altezza dei due, si chiese che cosa spingesse i mostri ad accanirsi su un ragazzo ai suoi occhi così indifeso. Hyacint era molto piccolo per la sua età, lo era sempre stato, non che la sua altezza fosse ridicola, ma Will lo aveva sempre superato di tutta la testa; neanche di corporatura era molto sviluppato: sebbene sfiorasse la maggiore età ostentava ancora un fisico efebo, sicuramente aggraziato e ben fatto, ma poco adatto alle ore di allenamento a cui la cabina di Ares, storica compagna di addestramento dei figli di Afrodite, lo sottoponeva.
Aveva tratti gentili e placidi occhi verde menta, che si accendevano di ironia quando si lasciava scappare una battuta sarcastica, ma che mai sarebbero potuti essere reputati intimidatori o pericolosi, e una soffice chioma di capelli castano chiaro con riflessi ramati completava il quadretto di un aspetto angelico.
Mentre spostava più su i pantaloni sporchi di sangue notò il suo vestiario: solitamente composto di capi morbidi, per quanto lo permetteva la moda vigente, e dai colori tenui (gliel’aveva insegnata lui, quella parola), ma sempre firmate e di buon gusto, a Sin piaceva la moda e di certo poteva permetterselo.
La famiglia di Hyacint era molto facoltosa, e fin da subito era stato chiaro che non c’era spazio per il figlio bastardo del secondogenito, Will non sapeva cosa Afrodite ci avesse trovato in Mr Harris, ma supponeva che a suo tempo dovesse essere stato un Dongiovanni.
Sebbene nei primi anni della sua vita Sin fosse stato viziato e coccolato da parenti mortali e domestiche, appena possibile era stato spedito al campo, per starci quasi in pianta fissa, fatta eccezione per i lunghi mesi in scuole private e occasionali ricevimenti familiari.

Difatti quando Will era arrivato al Campo Mezzosangue, pur essendo più piccolo di ben quattro anni, lui aveva già cinque perle nella sua collanina. Ma Hyacint non si lamentava mai, seguiva tutte le regole della disciplina filo-aristocratica con cui era stato cresciuto e rivolgeva a tutti un dolce sorriso.
Tirando le somme da quell’analisi Will si domandò nuovamente il motivo della frequenza con cui apparivano le ferite, di fatto solitamente i mostri attaccavano coloro che ritenevano potenti, per provare la loro forza, per togliere di mezzo una minaccia o addirittura per commissione.
Che fosse questo il problema? Che qualche immortale si fosse adirato con Sin?

–Sin, posso chiederti una cosa?– domandò mentre stringeva strettamente la steccatura all’arto inferiore.
–Certo– acconsentì Hyacint.
–Quante volte sei venuto da me questo mese?–


Il figlio di Afrodite cominciò a sudare freddo. Lo sapeva, ovviamente lo sapeva, ma voleva torturarlo con qualche interrogatorio (seriamente, doveva smetterla di guardare CSI tutte le sere), ma lui non avrebbe ceduto!
–Questa è l-la nona– disse con appena un’esitazione, poteva farcela!
–Uhm…non ti sembra un po’ strano? Attaccato dai mostri nove volte in un solo mese? E siamo a Dicembre! Sai quanto me come la maggior parte odino le basse temperature–
Hyacint deglutì.
–B-bhe, di certo non le odiavano le dracene che mi hanno attaccato stavolta!–
–Le dracene sono a sangue freddo, Hyacint– gli ricordò lui.
Ora Hyacint aveva il fiatone e guardava ovunque tranne che nei limpidi occhi azzurri dell’altro.
–Sin, mi stai forse nascondendo qualcosa?–chiese.
Il cuore di Hyacint batteva così forte e veloce da sembrare quello di un topolino.
Era l’ultimo anno, mancava poco alla fine, aveva creduto di riuscire a tenerglielo nascosto ancora per un po’…era l’ultimo anno…
–Sin…–lo redarguì con tono pericoloso.
Hyacint era tutto rosso, come se stesse trattenendo il fiato da parecchi secondi.
Ancora un attimo di attesa poi…
–MA CERTO, SCEMO!– sbottò –Mi stupisce che tu ci sia arrivato solo adesso, con quel cervellone che ti ritrovi!– disse, poi sbuffò.
–Avanti, pensavi veramente che un mostro potesse interessarsi a me? A me? Ma se non so neanche tenere una spada dritta! Non vedo l’ombra di un mostro dalla guerra!–
William sgranò gli occhi e spalancò la bocca, ma l’altro non badò a lui.
–Andiamo Will, sono un ragazzo mingherlino e debole, relativamente bravo a scuola, e che, orrore più grande, conosce e indossa l’alta moda internazionale, in una scuola privata piena di figlio di papà idioti e imbottiti di steroidi! Direi che i mostri sono l’ultimo dei miei problemi!–




Will era confuso, gli sembrava di galleggiare su un liquido denso e vischioso, con il vago sentore che ci fosse qualcosa di disgustoso, come latte rancido.
Mentre Hyacint continuava a respirare forte per aver appena urlato, finì la steccatura e gli lasciò la gamba.
–T-tu…tu sei v-vittima di bullismo?– chiese con un filo di voce.
Sin trattenne il respiro, si mise entrambe le mani sulla bocca e sbiancò.
–Tu non lo sapevi?–sussurrò da dietro le mani.


Will lasciò che la sua mente galleggiasse ancora per un po’, poi lo sguardo gli cadde sulla fasciatura che gli aveva appena fatto e una sensazione bruciante lo pervase, i suoi occhi sfrecciavano da una ferita all’altra e a quelle immagini si sovrapponevano quelle di tutte le volte che Sin era venuto da lui, da quando era un semplice infermiere a ora, tirocinante laureato, sempre ferito, sempre piegato in due, sempre a sorbirsi le sue ramanzine sul combattimento senza fiatare, e Will l‘aveva curato, Will gli aveva dato un pugnale e insegnato come usarlo, Will aveva maledetto gli dei che lasciavano che tanti mostri si mettessero sul cammino di quel ragazzo che per lui era ancora un bambino.
Ma erano ben altri mostri ad assillare il figlio di Afrodite, non le creature immortali che infestavano il mondo, ma gli esseri mortali e terribilmente senzienti che erano il cancro di esso da più di tremila anni, che lo stavano uccidendo e dilaniando e che, a quanto pare erano riusciti a macchiare anche i limpidi occhi fiduciosi del ragazzino che gli stava davanti, in attesa di una sua reazione.
La sensazione bruciante aumentò, sembrò che una spezia si riversasse su di lui: gli confuse il cervello, gli fece aggrottare le sopracciglia, gli irritò gli occhi, che batté un paio di volte, poi arrivò al naso, e infine gli scoppiò in bocca.
–SIN!–urlò, mentre l’altro sobbalzava –come, hai potuto tenermelo nascosto?!– chiese con rabbia.
–Io…io non volevo Will, temevo che ti saresti arrabbiato e non volevo farti preoccupare– si difese l’altro con voce flebile e stentata.
–Certo che sono arrabbiato! Mi stai dicendo che ogni volta, ogni singola volta, che venivi da me qualcuno ti aveva picchiato e tu NON AVEVI FATTO NIENTE?– urlò, Hyacint cominciò a tremare, ma a Will non importava.
–Non- non è così! Solo…sono così tanti Will, non ce la posso fare!–
–E ALLORA AVRESTI DOVUTO CHIEDERE AIUTO!–
–Ci ho provato! Ho chiesto a Sarah di cambiarmi di scuola dodici volte quest’anno, ma lei sostiene che mio padre voglia che io segua un percorso di studi continuato alla St. George!–
–Domandare gentilmente alla segretaria di tuo padre di cambiarti scuola non equivale a chiedere aiuto! Maledizione, Sin, da quanto va avanti questa storia?–
–D-dalle medie…più o meno…–sussurrò Hyacint, e gli occhi di Will bruciarono di rabbia.
–E come ti curavi prima che io venissi a lavorare all’ospedale?–
–Lo facevo da solo e…sopportavo– mormorò l’altro che ora guardava in basso, nascondendo il viso.
–E non li hai mai fermati, e non lo hai mai riferito a un’insegnante, a tuo padre, a Chirone o…a me?–
Sin scosse piano la testa, perché il magone che gli era venuto gli impediva di parlare.
–Perché?–
Silenzio.
Quel mutismo irritò Will e l’animale che era in lui ruggì di rabbia.
–Questa è la cosa più stupida e sconsiderata che tu abbia mai fatto! Come hai potuto lasciare che degli idioti mortali ti maltrattassero? Dalle medie! Sono dieci anni che ci conosciamo Sin, perché non mi hai detto niente? PERCHE’ SEI RESTATO ZITTO E MI HAI MENTITO OGNI FOTTUTA VOLTE CHE TI CURAVO? PERCH- –

Will si fermò.
Sin stava piangendo.
Improvvisamente, come se avessero gettato dell’acqua fredda su un ferro rovente, Will sentì la sua rabbia sfrigolare e fumare, per poi scemare, e, senza quel fuoco nel petto a giustificare le sue azioni, Will si sentì malissimo all’idea di aver urlato in faccia a Sin.
Il ragazzino era sceso dalla barella, si era avvicinato a lui con un paio di passi stentati, sempre a testa bassa, e ora sembrava teso fra il desiderio di un contatto fisico e la paura che questo potesse causare nuovi scoppi di rabbia.
Will non si mosse, non se la sentiva dopo quella sfuriata di cui ancora si vergognava.
Lentamente, Hyacint alzò il viso, che era arrossato e contratto, e lo guardò intensamente coi suoi occhi verde menta.
–Mi dispiace– disse, e nella sua voce Will sentì un sincero pentimento senza la pretesa di essere perdonato.
Il più grande lo guardò per qualche secondo, poi sospirò e, senza guardarlo, gli mise una mano sulla testa, accarezzandogli i capelli.
–Lo so, scusa se sono scoppiato così– disse –È solo che… tu mi fai preoccupare un sacco Sin, e se non mi dici niente, come faccio ad aiutarti?– poi cercò il suo sguardo e aggiunse: –Mi giuri che non farai mai più una cosa del genere? Che mi dirai sempre se c’è qualcosa che non va e che cos’è?–
Sin lo guardò e, con gli occhi rossi che gli brillavano di lacrime e un sorriso che si formava sul viso disse:
–Te lo giuro sullo Stige, Will–


***



–Allora ci vediamo lunedì– disse Will –Quest’anno verrai, vero?–
Erano sul retro dell’ospedale e Will aveva appena finito di fare le ultime raccomandazioni a Sin per le sue cure.
–Certo! Passare il Natale al campo è magnifico!–
Will, per la prima volta dal litigio, sorrise.
–Sin, siamo pagani, non lo festeggiamo il Natale!– gli fece notare.
–Sempre meglio che passarlo ad un’odiosa cena di gala per ricconi: quest’anno sono riuscita a sfangarla! E poi la cabina di Efesto dice che ha una sorpresa! Non posso mica perdermela!–
–Va bene Sin, ora va e fa attenzione!–gli ricordò.
–Sì e…Will?–chiese mentre si avvicinava di un paio di passi a lui.
–Cosa?– rispose l’altro, Sin gli sorrise e si avvicinò ancora di più, si mise sulle punte e lo guardò.
–Grazie–sussurrò, poi, prima che Will potesse anche solo pensare di fare qualcosa, lo baciò.
Fu una bacio a stampo, frettoloso e pieno di paura e imbarazzo.
Quando finì Sin tornò coi piedi per terra e, dopo aver mormorato un –A presto– corse via.


Letteralmente, si mise a zoppicare per la via secondaria in cui si trovavano diretto alla 52esima per prendere un taxi.
E Will, da bravo medico, avrebbe dovuto fermarlo, ricordargli che si era appena fatto male e forse anche steccarlo meglio, ma sinceramente in quel momento la sua mente era così lontana che non si accorse che Sin era arrivato alla strada e aveva preso la sua vettura fin quando non rimase completamente solo, allora si riscosse e un forte desiderio lo raggiunse come un pugno nello stomaco.
Non vedeva l’ora che fosse lunedì.







*spero che tutti voi siate abbastanza istruiti in inglese da capire che in inglese Hyacint si pronuncia “Iasint” e che perciò Sin è un soprannome possibile (apprezzerò particolarmente quelli di voi che coglieranno il riferimento). * il tema del passaggio da infermiere a specializzando sarà trattato o nello spazio dell’autrice, se me lo chiederete o in un possibile seguito, sempre se richiesto. Mia nonna diceva sempre “mangiare come un uccellino”, spero non sia solo delle mie parti.

Angolo dell’autrice tremenda
Mi dispiace, veramente. Con tutto il cuore, è da secoli che non aggiorno e sono un essere ignobile, voglio dire, questa storia l’ho ideata quando ero in Giappone, quindi ad Aprile, e dopo aver marcito per mesi in forma cartacea, mi sono finalmente decisa a postarla.
Allora, come vi sembra? Lo so, è stato un po’ azzardato mettere un personaggio inventato, io di solito li detesto, perché piacciono solo all’autore e di solito sono lo specchio di ciò che vorrebbero essere loro, ma davvero Hyacint era troppo dolce, non lo potevo tenere rinchiuso nella mia testa! E sì il titolo è orripilante, ammetto anche questo.
Chiedo venia, ma ho davvero taaaanti progetti per la testa, l’unico problema è se avrò il tempo per realizzarli, allora, mi sono fatta vita morte e miracoli della WilCint, perciò potrei scrivere su quella, una Jasico mezza aangast già pronta (che devo però ritrovare tra il caos della mia stanza), e ho anche una Clalena (con la gentile partecipazione di *rullo di tamburi* Nico Di Angelo! Tanto per cambiare) in costruzione sottobanco, ma penso prometta bene, infine ho un’ossessione per la blind!Nico (accresciuta dalla fic “A Hand to Hold” la cui traduzione è su efp, leggetela, è semplicemente epica) e uno strano ma persistente AU in cui la Percico si prende cura di tre piccoli figli dei tre pezzi grossi (stile scimmiette, uno cieco, uno sordo ed uno muto, ma non ne sono sicura) e li crescono amorevolmente per tanti anni, il problema è che non ho ancora trovato il punto di svolta, insomma, non ho ancora trovato la catastrofe che sconvolge e traumatizza le loro vite, e questo è un problema.
Bene, ora che vi rivelato tuuutto ciò che mi passa per la testa inerente a PJ, me la fate una recensioncina? Anche piccina picciò (ma se fagirlate con me sono più felice).
Tanti baci zuccherosi e caramelle
Fanny


PS: qualcuno di voi viene al Luccacomix? Sono curiosa di saperlo!
PPS: Giappone…Luccacomix…sì, mi avete beccata, sono un’amante dei manga e degli anime!
  
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