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Autore: PiccoloDelirio    23/10/2014    0 recensioni
Non sapeva, nessuno di loro sapeva. Era passato troppo poco da quel momento, rispetto a lunghi minuti intrisi d'eternità che aveva sgualcito, uno ad uno, con attenzione, fino al massimo, per poi passare a quello successivo, un processo doloroso che in qualche modo si sentiva obbligato a compiere. Cos'aveva detto? I cent'anni che meriti di vivere, e quando avrai avuto tutto, arriverò io.
Non sente la sua voce da quarantacinque anni, infiniti mesi, lunghi giorni, troppi istanti.
[...]
Sente la sua pelle umida e ricoperta di sabbia, e lo stringe, si stringono, forte, mentre il mare misterioso vicino a loro rumoreggia nel buio.
Abbiamo tanto di quel tempo, amore mio.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Untitled

 

Novembre. E' una mattina fredda, opaca, il porto è avvolto dalla nebbia. Harry sussulta nel posare le dita sulla balaustra di legno e ferro, che lo morde con forza, si stacca, sospira, si appoggia di nuovo.
Il freddo lo sente, quello sì, nitido come il borbottare delle onde sotto di sé.
 
Marinai sbucano dalla foschia, i volti umidi e sudati, corrono qua e là travolgendo la sua stanca mente, molti di loro prenderanno il largo tra poco. Harry ricorda il suo primo viaggio in mare, nessuna nebbia, un sole accecante che faceva lacrimare gli occhi, il dolore di lasciare la terra in quel tripudio di luce,  nessuna pioggia che cullasse i suoi pensieri. Ora è tutto diverso, e Harry si sente troppo vecchio per correre così, ha pochi obiettivi davanti a sé, di certo non partire.
 
Una grande nave mercantile gli oscilla davanti, come una donna che culla un bambino, e sussurra, circondata da gabbiani adagiati sul filo argenteo dell'acqua, e lo chiama, un ultimo viaggio. Ora non riesce più a staccarsi dal mare, e ricorda le lacrime, rabbiose, debilitanti come una febbre, la sua prima traversata, e quell'orizzonte piatto che ha lenito ogni cosa, tanto che lentamente ogni sbarco diventava più penoso delle partenze, il largo era una droga, così come il rollare della nave, il placido sussultare del mondo sotto di lui. Era diventato incapace di stare al mondo.
 
Ora è vecchio e sente il peso delle sue due vite, le ha sperimentate entrambe, e non ha dubbio su quale sia la migliore. Anni, troppo pochi, spesi a fianco della morte, la sua morte, e poi il mare, e la morte sempre lì, con lui, gridava quando lui gridava, piangeva quando lui piangeva, lo baciava quando dormiva. La sua morte.
 
La mia morte è morta, e io con lei.
Con il senno di poi, quella frase ha senso.
Sei la mia morte.
 
Un venditore di castagne passa per la banchina, le assi incrostate scricchiolano, scricchiolano, si lamentano ma non cedono. Harry si avvicina, e l'uomo, un bambino alto con la barba e gli occhi puliti, gli porge un sacchetto appena riempito, fumante, profumato, che tra le sue mani ha una consistenza irreale, come se non fosse davvero lì. Harry ne sfila una, la tiene tra le dita ricoperte di spessi calli, sente solo un leggero calore, quasi nulla. Il calore è diventato una sensazione arbitraria, decide lui se provarlo o no. Il freddo mai.
 
Ne stacca la buccia croccante con meticolosità, e il suo cuore si spezza un pochino nel ricordare le sue mani bianche e lisce, mani aristocratiche, delicate, e l'infantile sobbalzo con cui ne aveva lasciata cadere una, la prima, esclamazione che aveva infranto l'aria, oltraggio della scottatura. Era la prima volta che le mangiava, e lui gliene aveva presa un'altra e l'aveva sbucciata pazientemente, girandogli attorno, canzonandolo piano, e le sue labbra si erano schiuse lentamente, quasi timorose, accogliendo la pasta densa del frutto, e poi baciandolo. Gli girava la testa. Le sue dita annerite, e quelle bianche di lui, sensibili a tutto. Da quando non c'è, Harry sente freddo. Per il caldo, deve ricordarsene, altrimenti è un dettaglio secondario, non lo percepisce.
 
Harry piange dentro.
Le lacrime gli arrivano fino alla lingua, e si mescolano con le castagne, salato con indefinito. Un altro sottile frammento doloroso, tagliente, e lui sapeva che si sarebbe ferito, ma lo stesso lo ha raccolto, come un bambino che nonostante gli ammonimenti pensi che quel pezzo di vetro non lo ferirà, non lui. Come un vecchio patetico, illuso di non provare più tristezza, illuso che tutti quegli anni passati non siano solo ragnatele sul suo corpo, ma anche una corazza contro dei sentimenti giovanili.
 
Come sempre, la prima non la mangia.
 
Il vento si alza lieve e lecca via la nebbia, rivelando qualche spicchio di sabbia in lontananza, sabbia umida, in cui le orme si imprimono e non si cancellano, e Harry sa che da qualche parte ci sono ancora le loro impronte, di giovani ubriachi di gioia e l'uno dell'altro, che inciampano e cadono e non si rialzano da quel morbido tappeto, sotto un cielo di liquirizia, strati trasparenti e lucidi di stelle, l'una sull'altra, e baci e frasi sussurrate, coperte dal rumore del mare, come quelle frasi un po' romantiche un po' patetiche tracciate sulla sabbia vengono cancellate dalle onde.
 
Amore mio, sei la mia morte. - aveva detto, lucido e consapevole, o forse totalmente folle. Il senno dell'epoca gli diceva che sì, aveva senso.
La tua morte? - una risposta sconsolata.
La morte è la fine della vita, della mia vita senza di te, dei giorni in cui abbiamo sprecato le nostre sillabe, degli istanti in cui non eravamo qui, ora. - aveva sentito il suo corpo tra le braccia, sottile, morbido, forte, le sue dita che lo accarezzavano con dolcezza, gli occhi spalancati, di certo, nel buio. I nervi frementi di piacere.
 
Aveva capito.
 
Si era avvicinato di più a lui, legandosi tra le sue braccia, completamente tra le sue mani, aggrovigliato in un unico corpo.
Questo istante è la morte di quelle vite. Ora inizia qualcos'altro. Ti amo.
 
Non sapeva, nessuno di loro sapeva. Era passato troppo poco da quel momento, rispetto a lunghi minuti intrisi d'eternità che aveva sgualcito, uno ad uno, con attenzione, fino al massimo, per poi passare a quello successivo, un processo doloroso che in qualche modo si sentiva obbligato a compiere. Cos'aveva detto? I cent'anni che meriti di vivere, e quando avrai avuto tutto, arriverò io.
Non sente la sua voce da quarantacinque anni, infiniti mesi, lunghi giorni, troppi istanti.
 
Un gabbiano addormentato sull'acqua apre gli occhi e lo fissa stupito. Harry ne percepisce la paura, l'umano è vicino, troppo vicino, e non se n'era accorto. Sa che per quell'animale i secondi sono ora come macigni, finché non spalanca le ali e fugge, quelle ali appena intinte nell'inchiostro.
Harry non ha conosciuto secondi più rapidi di quelli. La sensazione che il tempo si cristallizzerebbe in quella notte sulla spiaggia, se non fosse per la sua forza, ogni mattina, di ricostruire ognuno degli attimi successivi. Altrimenti, non si alzerebbe.
Altrimenti, il buio.
 
Harry ha spalancato le ali ed è fuggito sul mare. Anni, la terraferma un semplice riferimento pratico, dove ci fermiamo dove scarichiamo dove mangiamo, anni di acqua, pensieri, lavoro. E' servito, non è impazzito, o almeno nessuno lo ha notato.
Ora è vecchio. Le sue mani sono un intreccio di vene blu e verdi, ha sul viso l'impronta dei suoi pensieri più ricorrenti, hanno tracciato il loro solco per essere percepiti anche dagli altri, perché Harry, annebbiato dalla vecchiaia, non li dimentichi mai. Harry è il ritratto di sé stesso. Si proietta al mondo, preciso. Ha settant'anni, il suo corpo finalmente rispecchia la sua stanchezza, ma anche la tenacia con cui ha rattoppato una vita.
Nel sacchetto le castagne sono soltanto tre.
 
Harry si riempie la bocca con due, grandi, bollenti, con una leggera commozione. Il sapore lo riempie di gioia feroce e travolgente, la sua condanna è finita. Questione di anni, qualcuno ancora, forse, ma la tempesta è passata. Harry è in grado di controllare il dolore, si concentra sui pochi ricordi, distillati dal tempo, che la sua memoria gli ha serbato, notti bianche dense del suo sapore, del suo profumo, della sua voce sognante e sottile. Di frasi futili, abitudinarie, mai notate, buongiorno, c'è il sole, buona notte amore, amore, amore.
Finalmente, dopo quasi mezzo secolo, riesce, davanti alla felicità, a non lasciarsi sopraffare dal dolore di essere da solo. Harry non ha mai mentito a sé stesso, nemmeno davanti alla straziante prova del lutto: è stata dura. E' stata una tortura. Ha passato una vita incatenato al dolore, che lo ha consumato, alleggerito del superfluo, e ora quelle catene sono diventate troppo larghe, se le può sfilare, guarda la prigione allontanarsi, accecato dal sole, un vecchio misero e impolverato.
 
Le sue dita non riescono a raggiungere l'ultima. La luce invernale è nitida e trasparente. La poca nebbia sta sparendo, il molo è deserto, il mare tace, le onde si accavallano, mute.
Harry è solo al mondo.
Un sorriso gli sfugge dalle labbra, un vero sorriso, luminoso come il sole, come il sollievo.
Indossa una veste nera, lunga, come se l'era sempre immaginato. Dio, se è bello. E' meraviglioso. Nessuna aureola o luce particolare, è lui solo ed è bellissimo. Nemmeno un secondo è passato, per lui.
Non ha senso parlare, frasi inutili come finalmente sei venuto. Lui lo sa, lo sa benissimo che è stato il dolore assoluto, infondo era sempre con lui, in ogni lento istante.
 
E invece no, ha bisogno di dirgli qualcosa, e scivola nel banale ce ne hai messo di tempo, Malfoy. Il biondo non fa il sorriso canzonatorio che si aspettava, e Harry si accorge che la sua frase si è spezzata a metà, no, la sua voce, e… sei reale? sta piangendo. Sta annegando, i suoi occhi appannati vedono solo una macchia di fronte a lui.
Non riesce a fidarsi dei suoi sensi.
Ma non scappa, come potrebbe? Piuttosto, ritrovarsi a mollo nell'acqua gelata per aver tentato di abbracciare un miraggio, un fantasma, libratosi a pochi centimetri dalle onde. Ma, dèi, lui è lì, è così dannatamente concreto, i piedi ben appoggiati alla banchina, lo sguardo, le labbra, è lui. Harry se lo ripete come un mantra.
Il biondo sorride, un sorriso venato di tristezza, la sua morte è triste, la sua morte lo vuole vivo.
Harry tace, ma dentro di lui tutto freme, lunghi momenti in cui studia l'immagine del suo amante, e trema e sì, per quanto abbia aspettato questo giorno, avrei voluto venirti a prendere più tardi, effettivamente non è più vivo, almeno crede, anche se il sangue sembra scorrere potente nelle sue vene, scivolando in un petto che non sente più il peso degli anni.
Abbiamo tanto da recuperare. Una vita intera.
 
Cosa succederebbe se tu morissi? - Harry affonda il viso nella sabbia. In un momento di pura passione come quello, le sensazioni sono folli, amplificate, e forse hanno anche bevuto troppo. E ora il dolore lo attanaglia, il pensiero che nessuno garantisce loro una vita insieme, nessuno. Possono solo affidarsi al caso.
Poi risponde: verrò a prenderti quando toccherà a te, dopo una vita intera, i cent'anni che meriti di avere. Dopo che avrai avuto tutto, arriverò io. Sente la sua pelle umida e ricoperta di sabbia, e lo stringe, si stringono, forte, mentre il mare misterioso vicino a loro rumoreggia nel buio.
Abbiamo tanto di quel tempo, amore mio.
 
Il suo viso è appoggiato al collo del biondo, e sono così ridicoli, un vecchio e un ragazzo, avvinghiati l'uno all'altro così stretti che le unghie potrebbero lacerare i vestiti. Harry si sente sciocco e felice. Lui, è reale, mio dio, è così reale che fa sbiadire i contorni del mondo, e... abbiamo tanto di quel tempo, amore mio, la sua pelle sta assottigliandosi, stropicciandosi... Harry lo sente indebolirsi, chinarsi sotto il peso del mondo, degli anni che rapidamente si accavallano, le mani iniziano a tremare. Non sono più così ridicoli, adesso, due vecchi, avvinghiati l'uno all'altro così stretti che i loro corpi fragili potrebbero spezzarsi, due vecchi amanti ritrovati.
Harry non respira.
Cos'è il freddo? Il suo fiato caldo gli solletica l'orecchio, la sua pelle scotta, sono due folli febbricitanti, desiderosi di abbeverarsi di eternità, giovani e imperfetti di fronte al mare testimone, nuda carne viva, tagliata dagli anni.
Ne è valsa la pena. Ogni singolo istante. La ricompensa è questo: una nuova vita da costruire. Harry è sabbia, acqua, sente il respiro del mondo mentre non respira più, Harry è metallo incandescente, non ha forma, non ha corpo, solo una mente e una manciata di sentimenti maltrattati, resistenti come pietra.
La sua morte è bellissima, vecchia, malandata come lui, una materia corrotta e incorruttibile, ha solo cambiato forma, ma le particelle di cui sono costituiti, cariche di elettricità, che li hanno portati a trovarsi troppi anni prima, sono sempre quelle.
Harry fa quello che faceva sempre, posa una mano sul suo collo e l'attira a sé, le loro fronti si sfiorano, come in quelle notti, dove percepiva la sua pelle sulla propria, di una dolorosa inconsistenza onirica. Non ci sono parole, che cosa possono dirsi due persone che condividono l'anima? Non ci sono parole come quella notte sulla spiaggia, dove a fare più rumore c'erano i loro passi, loro due disordinati e sudati, affamati, si sono amati - sfamati, l'uno dell'altro - fino a impazzire. Hanno irritato gli dèi di un pantheon misterioso, troppe promesse, troppi progetti, troppa fiducia nel fatto che sì, il tempo per loro avrebbe fatto un'eccezione. Ma la punizione ora è finita.
Harry respira, un bacio atteso, sperato, promesso, implorato tra le lacrime, e non gli importa di dormire per sempre, perché non è solo.
 
Il vento li accarezza, e le loro ombre vengono cancellate, solo un sacchetto abbandonato a terra, ancora profumato e caldo.
 
Ora inizia qualcos'altro. Ti amo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Niente da fare, non mi veniva in mente nessun titolo, così sono caduta nel banale "untitled". Tutto è scaturito dalla fanart qui sopra, la cui autrice non ho la più pallida idea di come contattare (anzi, se qualcuno potesse aiutarmi mi farebbe un gran favore), in ogni caso se lo desiderasse la rimuoverei immediatamente (mai capito come funzionano queste cose u.u).
Che altro?
Spero che vi sia piaciuta, sono apertissima agli incoraggiamenti, ma soprattutto alle critiche!
Un abbraccio (che serve sempre),
PiccoloD.
  
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