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Autore: Elygrifondoro    23/10/2014    5 recensioni
Cosa succedere se uno Shadowhunter e i suoi amici frequantano la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts? Cosa succede se due persone destinate a stare insieme come Alexander Lightwood e Magnus Bane si trovassero nella stessa scuola, rispettivamente nei panni di studente e professore? lLamore e l'attrazione vinceranno sui dubbi che una relazione proibita inevitabolmente crea?
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Clarissa, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CALL IT MAGIC
 
 
-Allora ragazzi, qualcuno sa rispondermi? –
Chiese interrogativo il professor Bane.
-Eddai, non è difficile, tutti conoscono le procedure da seguire se ci si trova dinnanzi ad un dissennatore! –
Sorrisi. I miei compagni biascicarono solo alcune parole sull’invocare un Patronus, ma nessuno era in grado di dire cosa allevia la spossatezza e debolezza che si prova dopo che quelle creature ti rubano un pezzo di anima. Io sapevo tutto, ma non volevo partecipare troppo a quella lezione.
-bene, lasciamo perdere l’argomento di settimana scorsa. Passiamo a quello di questa settimana –
I ragazzi, tutti troppo impegnati a pensare a qualunque altra cosa fuorché ascoltare il professore, svolgevano le più svariate attività: c’era chi copiava i compiti delle ore successive, chi leggeva, chi inventava stupidi scherzi o piani inconcludenti per irrompere nel dormitorio delle ragazze, ma nessuno prestava il benché minimo interesse per il nuovo argomento, almeno non fin quando lo stregone non finì di scrivere alla lavagna.
-ebbene, nonostante le vostre ridotte capacità mentali, credo che siate più o meno tutti in grado di leggere: sarà un capitolo molto importante e impegnativo, che ci terrà occupati almeno fino alla metà di novembre. Chi ha mai sentito parlare dei demoni e vuole parlarmene? –
Dopo un paio di minuti di assoluto silenzio intervallati da aeroplanini di carta svolazzanti, Magnus fece scorrere l’indice perfettamente smaltato lungo l’elenco degli studenti.
-vediamo un po’ qui…. Lightwood Alexander, data la sua evidente indifferenza verso la mia lezione, ci illustri! Di certo saprà essere… esaustivo. –
Mi guardò come un leone guarda una gazzella, famelico e curioso. Mi immobilizzai, in preda al panico. “Chissà perché proprio me, poi” pensai mentre formulavo qualcosa di non troppo personale ma esclusivamente tecnico e poco interessante sull’argomento e contemporaneamente cercavo un modo per dissolvermi nell’aria o sprofondare sottoterra. Magari, schiacciando qualche bottone sotto al mio banco, sarei scivolato in un tunnel invisibile che mi avrebbe portato direttamente fuori da quell’aula, o chissà dove altro, invece era solo contrassegnato da un numero infinito di promesse d’amore eterno e amicizia incise sul legno vecchio e secco, completamente invaso dalle tarme, e qualche chewingum magico vecchio di decenni, ovviamente marchiato Mielandia. Dopo una veloce ma attenta analisi, mi rassegnai al fatto che quello era solo un normale banco scolastico.
-ehm, io… -
-so bene che è più che informato sull’argomento, signor Lightwood. Il preside mi ha parlato molto bene di lei. –
Avrei voluto essere colpito da un Anatema che Uccide in quel momento. Adesso sarei passato per il cocco del preside e del nuovo stravagante insegnante di Difesa tutto glitter e frivolezze, quando nella sua lista avrei voluto occupare un podio molto più alto che quello dello studente prediletto.
-beh, ecco… i demoni sono… sono creature provenienti da altre dimensioni e… e ne esistono di diversi tipi. Ognuno con le proprie caratteristiche e potenzialmente letale. –
Tutta la classe s’era girata a contemplare le mie guance che da color cenere stavano diventando scarlatte: tutti sapevano che io, Izzy, Jace e Clary eravamo Shadowhunters, o almeno era impossibile nascondere tutte le rune che ci ornavano il corpo, ma nessuno ci badava più di tanto ormai. Guardai di nuovo il professore sul cui viso era comparso un sorriso sornione, gli occhi gialli e felini scintillanti per la soddisfazione.
-molto bene Lightwood, speravo in qualcosa di più… completo, o quanto meno più tecnico, ma fondamentalmente è così. –
Arrossii ancora. Avrei potuto tenere dieci lezioni sui demoni: avrei saputo classificarli, elencarne gli effetti dei veleni e come riconoscere la specie da quelli, le migliori tecniche di uccisione … per non parlare delle armi e degli addestramenti più efficaci. Sarei stato mille volte meglio di lui in quell’ambito.
La campanella suonò un quarto d’ora dopo ed io raccolsi le mie cose in fretta e furia e uscii dall’aula. Odiavo essere visto come quello che ammazza i demoni anche in quella scuola, odiavo essere al centro dell’attenzione anche solo per un quarto di secondo e Magnus lo sapeva. Mi tirai giù ancora più violentemente le maniche del maglione, come a proteggere i brandelli di me stesso da un pericolo inesistente, dato che stavolta il demone non si trovava davanti a me, ma mi scorreva dentro come un parassita. Cosicché, di conseguenza, anch’io ero infetto.
-ALEC! ASPETTA! –
Mi girai. Ann cercava di raggiungermi sgomitando controcorrente tra la folla agitata e frettolosa e finalmente mi si parò davanti col fiatone.
-andiamo insieme fino alla serra di Erbologia? –
Le sorrisi; come si poteva non volerle bene? Insieme, due punti in mezzo alla folla, passammo il resto della giornata tra una lezione e l’altra, fra battute sullo strano aspetto dei professori e lamentele per i troppo compiti, come due studenti normali. Il pomeriggio tornammo in Sala Comune distrutti e ci buttammo su due poltrone dall’aspetto comodo e accogliente.
 -è stata dura oggi vero? –
-sì, ma siamo sopravvissuti! –
Dissi esultando trionfante.
-hai ragione… adesso vado a farmi una doccia: proprio oggi dovevamo fare il ripasso sulle Mandragole dico io?! –
Risi. Notai infatti che i suoi capelli erano più aggrovigliati del solito e i vestiti un po’sporchi di fango.
-tu come fai ad essere sempre impeccabile? Ma guardati! Sembri appena uscito dalla lavanderia! –
Disse imbronciata.
-beh, è più che ovvio: sono Alexander Lightwood! –
Lei si alzò e mi abbandonò con una linguaccia e i capelli in subbuglio. Appena scomparve nel corridoio del dormitorio femminile, mi alzai dalla poltrona e percorsi a grandi falcate la stanza semivuota, diretto al settimo piano. Quasi corsi per raggiungerlo! Arrivato, attraversai il corridoio fermandomi davanti ad una parte di parete spoglia di fronte all’arazzo di Barnaba il Babbeo e camminai avanti e indietro per tre volte. Quando un portone di pesante legno scuro comparì, sorrisi ed entrai assicurandomi la totale solitudine. Appena la porta si chiuse alle mie spalle e mi voltai a guardare, trovai un’ampia palestra col pavimento in parquet chiaro, un percorso ad ostacoli, un angolo dedicato al sollevamento pesi ed una postazione di tiro. Ma la cosa più sorprendente era la parete di fondo: era completamente occupata da archi e frecce di tutte le dimensioni e tipi, spade angeliche e coltelli, addirittura una decina di fruste tutte di diversa robustezza e lunghezza.
-questa piacerebbe ad Isabelle –
Pensai sfiorando il manico di una delle fruste interamente decorato con motivi floreali.
-ma questo è il mio santuario, almeno per stasera. –
Mi avvicinai alla zona dedicata agli archi e li esaminai attentamente: ne trovai uno adorno di diverse strisce blu che ricordavano l’oceano in tempesta. Partivano dalla base e si diramavano fino alla sommità in un gioco di sfumature e effetti ottici magnifici. Lo presi e lo esaminai più da vicino: oltre ad essere sorprendentemente bello esteticamente, era perfetto e preciso, rigido al punto giusto. Presi una faretra ed una ventina di frecce e con passo quasi solenne mi avvicinai alla zona di tiro e mi posizionai. Era come trovarsi in riva ad un lago, ed ero convinto che se avessi chiuso gli occhi avrei visto un immenso specchio d’acqua. Tesi l’arco, i muscoli vibranti e la mente concentrata. Eravamo solo noi, io e lui, il bersaglio che mi sfidava a centrarlo. Uno… due… tre… e la freccia partì. Sferzò l’aria e centrò l’obiettivo. Sorrisi soddisfatto e posai l’arma su una panca: basta divertimento, era tempo di allenarsi seriamente. Passai le due ore successive a sollevare pesi, correre, saltare ostacoli e fare addominali. Ero ad Hogwarts, ma rimanevo pur sempre un Nephilim e non potevo permettermi di rimanere fuori forma.
Finito l’allenamento, uscii accaldato e sudato dalla Stanza, pregando che non ci fosse nessuno al settimo piano. Ma non fu così.  Juliàn mi si parò davanti nel momento stesso in cui la porta scomparve alla vista.
-cosa ci facevi lì dentro? – chiese il francese.
-tu piuttosto, che ci fai qui? – domandai sulla difensiva.
-sei adorabile quando tenti di nascondermi qualcosa. –
Involontariamente arrossii ancora di più, ma sperai che il rossore venisse associato al fatto che avevo corso parecchio.
-non preoccuparti Alec, so che eri lì dentro per allenarti. –
-come facevi a saperlo? –
-beh, sei un Nephilim, mi sembra più che ovvio no? –
-giusto. –
-mi spiace… non volevo allarmarti in qualche modo. –
Si avvicinò a me prendendomi la mano: la sua era gelida, come se fosse appena stato sommerso da una valanga e mi spinse verso la parete. In poco meno di un secondo mi ritrovai imprigionato fra il suo corpo e il muro e quella situazione d’impotenza mi faceva sentire a disagio, impreparato.
-non farei mai qualcosa che possa turbarti. –
Sibilò al mio orecchio debolmente.
-io… - tentai di continuare a parlare, a dire qualsiasi cosa, ma lui mi zittì.
-Alexander, se devo fermarmi, dimmelo adesso o taci per sempre. –
Fu qualcosa di veloce e inaspettato, come un fulmine a ciel sereno, quando Juliàn mi baciò. Era un bacio vorace, quasi violento, famelico… e maledettamente sbagliato. Mi irrigidii come una tavola di legno mentre lui fondeva le sue labbra con le mie. Era come se avesse un disperato bisogno d’aria che solo io potevo offrirgli. Quando si staccò rimasi ancora più impietrito di prima . Lui fece un sorriso che in altre circostanze sarebbe parso magnifico, ma in quel corridoio vuoto, umido e semibuio era stranamente inquietante. Era tutto un grosso errore, un madornale errore di calcolo. Come in un’espressione sommare prima i termini e dopo moltiplicarli. Andava contro logica. Uno scherzo del destino. Non era Juliàn che avrei voluto lì con me, anche se sarebbe stata la cosa piùgiusta per tutti, non erano le sue labbra che sognavo la notte nei momenti di tregua tra un incubo e l’altro, non volevo che le sue labbra scaldassero le mie. Il mio cuore non aveva ripreso a battere con quel gesto d’amore anzi, sembrava ancora più fermo e vuoto di prima.
-Juliàn –
mi sorpresi quando riuscii a parlare.
-non… non posso farlo! –
E scappai via. L’arco blu oceano che rimbalzava nella sacca semivuota allargata da un incantesimo di estensione irriconoscibile. Mi fiondai in dormitorio e poi subito in bagno evitando ogni sguardo in Sala Comune. Cosa era successo? Mi interrogai fissando il mio volto sbiadito allo specchio, una figura che non riconoscevo. Era solo un bacio, ma fu doloroso quanto un pugnale affondato lentamente nel petto. Sapevo di averlo ferito, ma non volevo mentire né a lui né a me stesso. Mi tolsi i vestiti freddi e intrisi di sudore. Ero distrutto. E l’allenamento non c’entrava niente.
 
 
Il corridoio era diventato improvvisamente gelido quando Alec se ne andò via correndo non dandomi nemmeno il tempo di scusarmi e spiegare il mio gesto. Ma cosa c’era da spiegare? Un altro brivido mi percorse la schiena: era come se la scuola fosse stata attaccata da un branco di Dissennatori.
Sapevo che Alec non mi avrebbe più parlato,mi avrebbe odiato fino all’ultimo dei suoi giorni. Ormai lo conoscevo meglio di me stesso. Lui serbava tutto il rancore nel cuore, per non ferire gli altri. Ed era questo che lo distruggeva. E involontariamente distruggeva anche me. Eppure, nonostante lui mi avrebbe odiato fino alla morte, io l’amavo. Continuavo a desiderarlo e mai avrei smesso.
Mossi i primi passi lentamente invocando la Stanza delle Necessità. Mi sdraiai sull’anonimo divano che era comparso al centro della sala, completamente tinteggiata di grigio e colori tenui e tristi, del tutto anonimi. Quando mi sdraiai mi sentii un po’ meglio: almeno la Stanza sembrava funzionare ancora correttamente in un mondo dove tutto sembrava andare al contrario. Avevo desiderato qualcosa che in quel momento mi facesse sentire meglio e il macigno che mi schiacciava il cuore si alleggerì di un poco: gli ingranaggi del mio cervello si misero in moto cercando un modo per alleviare quel supplizio senza fine apparente. L’amore era distruttivo, l’amore era possessione. E io amavo Alexander Lighwood e volevo fosse mio più di ogni altra cosa al mondo.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE:
Ciao ragazzi!!!! Scusate il ritardo, ma i compiti sono un inferno ed oltre alla scuola i miei genitori mi assillano e non mi lasciano in pace un attimo. Tra l’altro oggi ho preso 4 in matematica e non so come dirglielo (ormai sono passate due settimane dal 9 nel tema e non ho più una scusa!!!!!!! Mini trauma adolescenziale) ho voluto osare un po’ questa volta, spero sia valsa la pena rischiare. Anna, la beta, è in stand-by e non so quando (ne se) ritornerà. Aspetto un sacco di recensioni voglio sapere che ne pensate e criticate se necessario!!!!!
Elisa e Anna(fantasma)
 
  
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