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Autore: Dragon_Flame    24/10/2014    2 recensioni
Firenze, luglio 2013.
La vita di Lidia Draghi, adolescente alle prese con l'ultima estate prima degli esami e con la fine di una relazione sofferta, prende una svolta inaspettata nell'incontro con Ivan Castellucci, padre di Emma, che deve affrontare un difficile divorzio.
Una strana alchimia li lega e la certezza di aver trovato la propria metà si fa pian piano strada nei loro cuori. L'unico problema sta nella loro differenza d'età: vent'anni. Lidia ha diciott'anni, Ivan trentotto. Aggiungiamo poi una madre impicciona, un ex-ragazzo pedante, un fratello inopportuno e pseudo ninfomane, un'ex-moglie inacidita che cerca di strappare a Ivan la loro unica figlia e mixate il tutto.
Mille difficoltà ostacoleranno la relazione segreta fra i due protagonisti, ma il loro sentimento sarà più forte del destino che sembra contrario al loro amore?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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21.




Anche il sette novembre di quell'anno alla fine era arrivato. Quella data cadeva di giovedì, il giorno di scuola più pesante della settimana scolastica, in cui i ragazzi della quinta avevano un'ora francese con l'adorata Floriane Ottaviani, poi una di matematica con l'arpia Prof. Landi, due soporifere ore di italiano con la De Luca, una di inglese con la Hamilton e, per finire in bellezza, un'ora sfiancante di letteratura tedesca con Alberto Marzi. Ovviamente, la felicità degli alunni della quinta linguistico, di fronte alla prospettiva di una giornatina così, era evidente e aumentava proporzionalmente alll'avvicinarsi dell'ultima lezione. Almeno così la pensava Lidia.

Quel giorno la castana attendeva che Enrico passasse a prenderla a casa sua per andare a scuola insieme. La ragazza si era messa d'accordo con lui e Céline per fare colazione insieme nel solito bar vicino all'istituto scolastico, ma all'ultimo minuto la loro migliore amica aveva fatto uno squillo ai due per avvertirli che non veniva più a scuola a causa dei forti crampi che le stavano devastando il ventre, segno inequivocabile del temuto ritorno del ciclo mensile.

I due ragazzi rimasti, allora, si erano accordati per le sette e mezza e proprio in quel momento, precisa come un orologio svizzero, la macchina di Gregorio, il fratello maggiore di Enrico, con il biondo amico di Lidia seduto al posto di guida, faceva il suo ingresso nella via in cui la giovane risiedeva, fermandosi davanti al cancello della casa della famiglia Draghi qualche istante dopo. Il ragazzo suonò il clacson per avvertire l'amica del suo arrivo, guadagnandosi un'occhiataccia risentita da parte della signora dell'abitazione accanto che proprio in quel momento, ancora mezz'addormentata, se ne stava uscendo dal garage della propria dimora con l'auto per recarsi a lavorare.

Lidia, accoccolata sul divano del salotto al piano terra, si levò istantaneamente in piedi, con la cartella penzoloni sulle spalle che dondolava furiosamente mentre si dirigeva a passo svelto verso la porta per poi uscire. Dopo uno squillante 'Ciao!' gridato a madre, padre e sorella, la castana si richiuse il portone alle spalle, uscendo velocemente dal perimetro dell'abitazione per entrare nell'abitacolo caldo ed accogliente della meravigliosa Audi A5 bianca di Gregorio, regalata al ragazzo dalla madre, facoltosa manager in carriera. Lidia salutò Enrico con un abbraccio.

L'auto ripartì subito dopo, inserendosi nell'intensa circolazione stradale mattutina delle strade fiorentine.

"Potresti chiedere a tuo fratello se mi regala questo gioiellino quando cambia macchina? La adoro!" cinguettò gaiamente la ragazza, rivolgendo uno smagliante sorriso all'amico mentre parlava dell'Audi di Gregorio.

"Pfff. Chiediglielo tu direttamente. Con me quasi non ci parla, quello scemo..." borbottò Enrico.

"D'accordo. Quando lo vedo glielo domanderò. Anche se credo che gli risulti alquanto difficile separarsi dalla sua Audi, dato che ci tiene tanto."

"Mica molto. Altrimenti non sarebbe stato così stupido da lasciare le chiavi incustodite, sapendo che in giro per la casa ci sono io pronto a fregargliele da sotto il naso per farmici un giro. Greg non è molto sveglio" e il biondo ridacchiò sotto i baffi.

"Effettivamente..." commentò la ragazza, sbadigliando per il sonno.

L'auto fu parcheggiata a pochi passi dall'edificio scolastico, quindi i due si diressero a piedi al solito bar da loro frequentato.

"Non so come consegnare il mio regalo ad Ivan... oggi compie gli anni" si disperò Lidia, sbuffando animosamente. Non riusciva proprio a trovare una soluzione a quel problema.

"Quanti anni fa?" chiese Enrico per curiosità.

"Trentotto... e non cominciare anche tu a rimproverarmi per la differenza d'età" l'ammonì la castana, guardandolo di sbieco con gli scintillanti occhi celesti.

"Non ho detto nulla" si affrettò a puntualizzare, levando le mani verso l'alto come per discolparsi di qualcosa.

"Ma lo stavi pensando."

"Non ti nascondo che questa situazione mi lascia perplesso... Ho sempre il timore che lui possa renderti infelice e causarti dolore. Gli uomini, specialmente a quell'età e con un matrimonio fallito alle spalle, sanno essere dei grandi stronzi. Te lo dico per esperienza: ti ricordi come si è comportato mio padre?" replicò il giovane, accarezzando con uno sguardo protettivo e fraterno l'amica.

I genitori di Enrico si erano separati quando lui aveva appena dodici anni e suo fratello diciannove. Il tutto a causa della carriera di Tiziana, la madre dei due, che era da poco diventata manager di una società piuttosto importante dopo avervi lavorato per molti anni in ruoli minori. Il nuovo lavoro l'aveva portata a compiere molti viaggi e ad essere più assente e meno costante in famiglia e ciò aveva fatto vacillare l'amore che la legava ad Aldo, il padre dei due ragazzi, che aveva cominciato a provare anche un po' d'invidia nei confronti della moglie, manager di successo con una carriera in ascesa, dalla cui ombra si era ritrovato ad essere offuscato a causa del suo lavoro precario come operaio. La consapevolezza di essere scivolato al secondo posto nella vita della donna dopo il suo amato lavoro aveva provocato in lui un moto di insofferenza tale da indurlo a tradire la moglie con una ragazza di non più di venticinque anni, con cui aveva stretto poi una relazione durata qualche mese. I due si erano separati, ma il clima tra essi era comunque teso e sofferto. Dopo un confronto piuttosto arduo e sincero, Aldo e Tiziana si erano finalmente chiariti, perdonando l'uno all'altra e viceversa le rispettive mancanze nei confronti del proprio partner, decidendo dopo tre anni di separazione di ricucire lo strappo che avevano provocato al loro matrimonio, annunciando la loro decisione davanti ai figli nel giorno della tesi di laurea di Gregorio, allora ventiduenne, e rendendo quello uno dei giorno più belli della vita del primogenito e di Enrico. Da allora il loro legame si era rafforzato ed erano diventati una coppia più felice di prima, con una bella casa, due figli in gamba ed intelligenti e un adorabile cucciolo di Labrador di nome Lucky. Quei quattro erano una bella famiglia, ora, ma prima avevano passato anche loro i propri momenti di crisi, uscendone più forti di prima.

"Capisco la tua preoccupazione, Enrico, ma devi fidarti di me, perché so quel che faccio. Ivan non mi sta usando per sfogare la propria insoddisfazione nei confronti di un matrimonio finito male. Lui non ama più sua moglie Alessia da un sacco di tempo, da ben prima che io entrassi nella sua vita. Me lo raccontava mia madre già dall'inverno scorso, anche se io allora non prestavo molta attenzione a ciò che mi diceva a proposito, perché era da un sacco che non rivedevo Ivan. Mi ero dimenticata anche di come fosse fatto fisicamente; ho perso tante occasioni di incontrarlo negli ultimi mesi e ci eravamo persi di vista. L'ho rincontrato all'inizio di quest'estate per caso, quando lui era già ad un passo dalla sua separazione, perciò puoi tranquillamente escludere ogni dubbio. Non posso essere certa che questa relazione andrà avanti per tanto tempo, tuttavia sono convinta che non sia fondata su basi così fragili e sentimenti così superficiali" lo rassicurò la ragazza, mettendo a tacere ogni riserva dell'amico.

"E va bene: smetterò di preoccuparmi. Ma ricordati che voglio conoscerlo. Voglio giudicare di persona com'è. E, se ci dovessero essere problemi, non chiuderti in te stessa come fai sempre, ma confidati e parlane con me e Céline. E anche con i tuoi genitori, ok?"

"Io ai miei genitori dirò qualcosa soltanto se la nostra storia dovesse prendere una piega spiacevole. Non andrò certo a dire a mia madre che mi frequento con un suo collega e che sono felice con lui. Tu non sai che casino provocherebbe una rivelazione di tale portata" sbottò la castana, camminando agilmente per riscaldare i muscoli delle gambe e scacciare dalle ossa la sensazione di gelo che la stava pian piano invadendo.

"Infatti non lo so... che cosa succederebbe, a parte che i tuoi genitori potrebbero prenderla molto male?"

"Mia madre romperebbe qualsiasi rapporto con me e con Ivan. Mi sarebbe impedito di vederlo e sarei sorvegliata a vista dai miei genitori - da mia madre perché è maniaca e da mio padre perché è estremamente geloso di me - per accertarsi che io non lo frequenti più. E, se quell'arpia di Alessia venisse a saperlo, potrebbe giocarsi quell'informazione al processo per strappargli la custodia di sua figlia."

"Ivan ha una figlia?" chiese Enrico, sgranando gli occhi per la sorpresa e la curiosità.

"Sì. Emma. Ha solo otto anni. Ed è contesa dai suoi genitori, perché Ivan lotta affinché l'affidamento sia congiunto oppure esclusivo a favore proprio e perché Alessia invece fa pressione in modo da poter andare a vivere con la piccola in Germania insieme al suo nuovo compagno Giacomo, che è anche l'uomo con cui ha tradito suo marito."

"E che cosa potrebbe succedere di tanto brutto se Alessia venisse a sapere che il suo ex vuole ricostruirsi una vita? In fondo ne ha il diritto, proprio come ha fatto lei" obiettò il biondo, tenendo cortesemente aperto l'ingresso del bar vicino al liceo per permettere all'amica di passare per prima.

"Ma tu pensi, Enrico, con quel tuo cervelletto?" lo rimbeccò la ragazza, picchiettando più volte un dito contro la sua fronte pallida. "Alessia in quel caso avvertirebbe il giudice del fatto che il padre di Emma ha intenzione di rifarsi una vita con una diciottenne. Una ragazza con la metà dei suoi anni! Quale giudice concederebbe l'affidamento congiunto di un minore ad un uomo che ha intrecciato una storia con un'adolescente, una ragazza che potrebbe non andare d'accordo con la bambina? Inoltre, questo fatto potrebbe far pensare che Ivan ha delle tendenze pedofile. Per lui rappresenterebbe un gravissimo svantaggio. E non sono rari i casi di separazioni come queste risolti in modo simile, con l'affidamento esclusivo alla madre. Ivan conserverebbe la patria potestà su Emma e avrebbe il diritto di vederla ogni tanto, ma credi veramente che gli potrebbe essere concesso il diritto di frequentare sua figlia in Germania, uno stato con un ordinamento giudiziario differente e leggi diverse, con Alessia che è pronta a tutto pur di impedire al suo ex-marito di vedere Emma regolarmente e che in quel Paese sarebbe tutelata dalla legge nei suoi diritti di madre affidataria?"

"Alessia non potrebbe avere la possibilità di impedire ad Ivan di frequentare la bambina contesa. Andrebbe contro la legge italiana. Perché vi preoccupate tanto?"

"Ma non capisci?!" Lidia si prese la testa fra le mani, infilandosi le dita tra i ribelli capelli bronzei e ondulati, subito dopo aver ordinato alla donna al bancone due cappuccini e due cornetti al miele. "In Germania Alessia avrebbe il potere di poterlo fare, perché la legge tedesca in quel caso non tutelerebbe i diritti di padre che ha Ivan. E quella strega si trasferirà lì con il suo amante, perché lui ha deciso di andarsene da Firenze. Ha trasferito la sede legale della sua impresa farmaceutica da Firenze a Ingelheim am Rhein, in Renania, per seguire personalmente i suoi affari finanziari con una grossa casa farmaceutica tedesca. In Germania Ivan non avrebbe la possibilità di poter vedere sua figlia, perché gli sarebbe impedito. E' per questo che sta cercando di ottenere un affidamento congiunto oppure, eccezionalmente, la custodia esclusiva di Emma. In uno di questi due modi riuscirà a trattenerla in Italia e a poterla ancora frequentare. Si tratta di sua figlia, Enrico. Come potrebbe non preoccuparsi di perderla? E' ovvio che la nostra relazione deve rimanere segreta, perché lo danneggerebbe. Possiamo vivere il nostro amore solamente di nascosto da tutti."

Lidia sospirò pesantemente, quasi accasciandosi contro lo schienale della sedia su cui si accomodò quando prese posto insieme all'amico ad un tavolino in un angolo appartato del locale, ancora mezzo vuoto a causa dell'ora mattutina. Enrico la scrutava silenzioso, gli occhi preoccupati e sinceramente dispiaciuti.

"Mi dispiace per lui. Spero che gli venga affidata la figlia. Si merita di vincere la causa, perché mi sembra una brava persona. Un buon padre, almeno."

"Lo è" asserì Lidia con convinzione.

"Sta' tranquilla, sono il tuo migliore amico e terrò il tuo segreto al sicuro. Il vostro segreto" la rassicurò, correggendosi un attimo dopo, il biondo, strappandole il primo sorriso della giornata.

"Grazie" mormorò lei con un filo di voce, grata di avere un amico così, prima di mordere con voracità la punta del cornetto caldo che stringeva fra le dita pallide ed affusolate.


 

***


 

Buondì, mia cara,

come va? :)


 

Hey, alla fine ti sei fatto vivo :P


 

E tu sei acida come al solito ahahah


 

Grazie tante -.-'

come va?


 

Non c'è male, grazie. Ma tu non hai risposto alla mia domanda.


 

Tutto bene, grazie...

Buon compleanno, amore! <3


 

Come fai a sapere che è il mio compleanno? :O


 

Lo so perché la mamma e Maria si stanno organizzando da una settimana per decidere cosa regalarti ahahah

A volte avere una madre come collega della persona con cui ti vedi può rivelarsi utile xD


 

Me lo dovevo immaginare.


 

Oggi lavori?


 

No, per fortuna ho il giorno libero.


 

Che ne dici se stasera, con una scusa, ci vediamo? Ho il mio regalo da consegnarti ;)


 

Stasera rimango a casa a preparare con Emma qualcosa che dovrebbe assomigliare ad una torta e che dovrebbe essere commestibile, tecnicamente. E' un'abitudine che abbiamo da quando lei era piccola, di passare così le serate dei nostri compleanni. Mi dispiace ma non posso... :(


 

Ah... ok.


 

Tu sei già a scuola?


 

No, comincia alle otto e dieci.


 

A che ora arrivi, di solito?


 

Dipende dai giorni e da chi sono accompagnata. Oggi sono venuta con Enrico, un mio caro amico. Sono andata a fare colazione con lui, ma alle otto e cinque circa ci tocca arrivare, perché abbiamo un tratto da percorrere a piedi >.<


 

Devo essere geloso? :P


 

Solo se pensi che ci sia un valido motivo.


 

Ha la ragazza?


 

No... preoccupati ahahah


 

Perché mi dici queste cose nel giorno del mio compleanno? xD


 

Perché... perché non lo so :P


 

Comunque tieniti pronta, ho una sorpresa in serbo per noi.


 

Che cosa?


 

Non te lo dico. Tu aspettati una sorpresa e basta.


 

Non irritarmi, dimmi di che si tratta, dài! :O


 

A dopo! :*


 

Lidia rimase sconcertata dall'ultimo sms che le aveva inviato Ivan. L'ultimo di una lunga serie di messaggi scambiati nell'ultima mezz'ora. Che intendeva dire con a dopo? Lo avrebbe visto durante quella giornata? Sarebbe stato il regalo migliore che poteva fare a se stesso, oltre che a lei.

Era da un po' che non si rivedevano. Domenico non vedeva di buon occhio la frequentazione della sua casa durante quelle due serate alla settimana in cui Ivan ed Emma venivano a fare visita alla figlia. Forse pensava che ci fosse sotto qualcosa, che non fosse solamente a causa del legame della figlia con la bambina e della fragile serenità di quest'ultima che avvenivano quegli incontri. Alla fine Sara aveva ceduto alle sue insistenze e quelle visite, a volte fatte personalmente da tutta la famiglia Draghi a casa dei Castellucci, si erano di molto diradate. Era dall'ultima domenica sera che non lo rivedeva e fino a quella dopo non l'avrebbe rincontrato. Ovviamente, l'ultima volta che si erano visti da soli era molto antecedente a quelle visite, perciò la ragazza sperava ardentemente che, di qualsiasi sorpresa si fosse trattata, in quella giornata le si potesse prospettare un incontro solitario tra loro due. Anche perché voleva consegnarle il regalo che gli aveva comprato.

Fu con questi pensieri in testa che, intorno alle otto e cinque, la ragazza uscì dal bar insieme ad Enrico, dirigendosi verso la scuola. Mentre percorrevano il breve tratto a piedi che li separava dal loro liceo, una moto parcheggiata dalla parte opposta della strada fu accesa dal conducente con un forte rombo del grosso motore, attraversando la carreggiata rapidamente per poi affiancarsi ai due ragazzi che camminavano lentamente verso la scuola chiacchierando tra loro. La moto andò a bloccare il passaggio, imponendosi minacciosamente davanti ai loro occhi esterrefatti.

Il conducente indossava un paio di jeans fascianti scuri, un giacchetto di pelle nera e un casco grigio metallizzato. Era un uomo di statura elevata e muscoloso, a giudicare dalla mole e dall'altezza, e discese con un movimento fluido dal mezzo a due ruote, portandosi davanti ad Enrico e Lidia. Il biondo prese l'amica per un polso e la trascinò dietro di sé, allarmato da quell'improvvisa quanto inquietante apparizione, pronto a difenderla se ce ne fosse stato bisogno. Quell'individuo, a giudicare da come era abbigliato e dal suo comportamento equivoco, non sembrava avere buone intenzioni.

Fu con queste idee in testa che Enrico avanzò di un passo, rischiando poi di cadere a terra per lo stupore quando quello sconosciuto scoppiò a ridere fragorosamente e con sarcasmo alla sua reazione determinata, le mani inguantate posate sui fianchi stretti che delineavano un fisico forte ed imponente. Quella risata lasciò entrambi i liceali a bocca aperta, uno per la perplessità e la confusione, l'altra per la meraviglia e l'eccitazione.

Infatti Lidia aveva riconosciuto quella profonda voce maschile e si era gettata in avanti tra le braccia ora aperte dell'uomo, togliendo frettolosamente il casco dalla sua testa con un luccichio entusiasta nelle iridi azzurre come il mare, facendo poi cadere e rotolare via sul duro, freddo asfalto il copricapo protettivo.

"Ivan!" esclamò la giovane con gioia.

Gli cinse il collo con entrambe le braccia per costringere il moro, con il proprio peso, ad abbassarsi, per poi baciarlo con trasporto sull'ampia bocca sottile, mentre lui le avvolgeva la vita con le braccia guizzanti di muscoli e la trasportava in una giravolta. La risata estatica di Lidia risuonò attutita contro le sue labbra, poi lui la posò nuovamente a terra, mentre la loro stretta si scioglieva.

La castana si voltò in fretta verso Enrico, che era rimasto a bocca aperta e con gli scuri occhi sgranati a guardare in disparte la scena inattesa che gli si era presentata davanti all'improvviso, per tendergli la mano e incitarlo ad avvicinarsi. I suoi occhi brillavano di felicità.

"Enri, fatti avanti, vieni a conoscere Ivan" disse, trascinandolo verso di sé senza smettere di abbagliare i due maschi con il suo radioso sorriso. "D'altra parte anche poco fa mi avevi rinnovato la tua intenzione di farci conoscenza!"

Ciò che il biondo vide fu un fisico colossale e massiccio, una specie di Bronzo di Riace moderno nelle vesti di un motociclista dalla pelle ambrata, gli occhi nocciola pungenti e gelidamente ironici e una massa scompigliata di lisci capelli color ebano fin troppo lunghi, appena spruzzati dal grigio di un lievissimo quanto precoce invecchiamento.

Ciò che Ivan vide, invece, dall'alto del suo metro e ottantasette, fu un ragazzetto sul metro e settantacinque, magro di una magrezza che si avvicinava all'anoressia, terribilmente privo di qualsiasi traccia di grasso o muscolo in tutto il corpo, con una ribelle zazzera di lisci capelli biondo miele e un paio di vivaci iridi color onice che svettavano su un volto chiaro e appena cosparso di sbiadite efelidi.

"Ciao. Io sono Enrico, il migliore amico di Lidia. Uno dei due, insieme a Céline" si presentò il diciottenne, tendendo una mano a quello che ai suoi occhi appariva un colosso.

L'uomo si concesse un breve sorriso, poi assunse un'espressione seria e composta, ricambiando la stretta di mano del biondo con una presa ferrea, decisa e vigorosa.

"Piacere mio, Enrico. Io invece sono Ivan, l'uomo di Lidia" disse il bruno, calcando bene le sillabe con la voce quando pronunciò la parola uomo.

Intendeva dire fidanzato, ovviamente, ma non pronunciò quella parola, perché ancora non gliel'aveva chiesto ufficialmente.

"Lidia mi ha detto che vi frequentate, non che state insieme. So anche che la vostra relazione deve rimanere segreta" azzardò il ragazzo, avvertendo poi su di sé l'implacabile occhiataccia di fuoco con cui la sua migliore amica lo gratificò.

Ivan sciolse la stretta di mano, un mezzo sorriso ironico dipinto sulle labbra.

"A me invece Lidia non aveva raccontato che fossi così impiccione" lo prese in giro, lasciandolo di stucco per poi strappargli una risata.

Per sua fortuna Enrico era un ragazzo alla mano, che di solito non se la prendeva per frasi bieche od equivoche rivolte a lui, anche se a volte si fingeva offeso, perciò replicò a quella frase con la massima tranquillità, conscio del fatto che non era intenzione di Ivan essere offensivo o stare sulla difensiva. Anzi, quella battuta glielo rese quasi subito simpatico.

"Di solito non sono così, ma qui c'è in gioco la felicità della mia più cara amica del liceo e non vorrei che anche tu, come quel bivalve decerebrato di Roberto, la faccia soffrire e la deluda. E' per questo che mi faccio un bel po' gli affari vostri" fu la sua pacata risposta, in cui riverberava un implicito avvertimento che l'uomo colse all'istante.

"Enrico, non sono una donzelletta inerme e incapace di difendersi" lo rimproverò l'amica, incrociando le mani sul petto e lanciandogli un'occhiata bieca.

"Tranquillo, non ferirei mai i sentimenti di Lidia" lo rassicurò, stringendola a sé con un braccio avviluppato alla sua vita. "So bene cosa vuol dire soffrire per amore e sarei un vigliacco e uno stronzo se la deludessi. Sono un uomo serio e, soprattutto, fedele, e ci tengo a sottolinearlo. Perciò non temere, perché non ho intenzione di far soffrire la tua migliore amica. Io sono innamorato di lei" dichiarò con schiettezza, osservando poi amorevolmente la ragazza al suo fianco, la quale arrossì intensamente e chinò lo sguardo a terra.

Il volto rannuvolato di Enrico si rilassò, lasciando spazio ad un'espressione più serena.

"Bene" mormorò soltanto.

"Ivan, come mai sei qui? Mi stavi seguendo? E come facevi a sapere che io frequento proprio quest'istituto?" intervenne Lidia, cambiando argomento.

"Be', me l'hai detto tu che frequenti questo liceo. Ehm... non ti stavo seguendo, ti stavo attendendo. Oggi vorrei passare la giornata con te."

"Con me? Ma io ho la scuola."

"Lo so, ma è da tanto che non trascorriamo da soli qualche oretta insieme. Mi mancano i nostri momenti insieme. L'ultima volta è stata quel dopocena a casa mia, dopo che abbiamo messo Emma a dormire" insistette l'uomo, rivolgendole uno sguardo implorante.

"Io vorrei davvero, Ivan, ma..."

"Lilì, tranquilla: ti giustifico io con i prof. Dico loro che non ti sei sentita bene e che ti ho riaccompagnata a casa poco dopo esserti passata a prendere. Aury, Fede, Alexa, Dar ed Eli sapevano già che oggi ti accompagnavo a scuola io, perché ci siamo messi d'accordo insieme a Céline ieri, proprio davanti a tutti, per cui ci devono aver sentiti di sicuro. Confermeranno le mie parole e i prof. non penseranno che tu possa aver bigiato" propose Enrico, incontrando l'incondizionata approvazione di Ivan e un sorriso pieno di gratitudine da parte della castana.

Lidia non pensò a sua sorella Eva, che si sarebbe insospettita se non l'avesse vista a scuola.

"Grazie, Enri!" disse, poi lo abbracciò impulsivamente. "Ti devo un grosso favore."

"Nessun favore, Lidia. Gli amici servono anche a questo" mormorò lui, felice di vedere l'amica così serena e allegra accanto ad un uomo che, ad una prima impressione, gli pareva affidabile e, soprattutto, serio.

"Bene, allora andiamo" cicalò la ragazza, gongolante di soddisfazione.

"Grazie, Enrico" disse con sincera riconoscenza Ivan, chinandosi poi a raccogliere il casco argentato da terra, dove era rimasto per tutti quei minuti.

Quindi ne estrasse un altro blu elettrico dal portapacchi della motocicletta, una Kawasaki Ninja color nero metallizzato di grossa cilindrata. Guardò corrucciato lo zaino di Lidia, domandandosi dove diavolo poteva metterlo, dato che le avrebbe dato sicuramente fastidio portarsi dietro tutti quei libri pesanti e opprimenti. Enrico intervenne ancora una volta, intuendo al volo il motivo della sua smorfia di disappunto. Si propose di tenere tutto il bagaglio scolastico dell'amica, la quale accettò l'offerta dopo un lieve tentennamento. Alla fine gli porse la cartella, tenendo con sé il cellulare, il portafogli, le chiavi di casa e il minuscolo pacchetto incartato e infiocchettato che risultò essere il regalo di compleanno per Ivan. Li sistemò tutti nelle ampie tasche del cappotto che indossava, chiudendo poi la lampo per evitare di perderli o farli cadere a terra.

Il ragazzo li salutò goffamente, dirigendosi poi verso l'edificio scolastico con lo zaino tra le mani, sistemandolo nell'Audi A5 del fratello parcheggiata nel perimetro dell'istituto.

"Non sapevo che avessi una moto" esordì la giovane.

"Be', per la verità ce l'ho da qualche anno... l'ho ritirata fuori qualche giorno fa, quando ho deciso di architettare questa sorpresa per noi due. L'ho portata dal meccanico a farla riparare: aveva un problema che però non avevo mai fatto mettere a posto subito perché non l'ho usata per due o tre anni. E quindi eccola qui. E' perfetta per una scampagnata."

"Dove hai intenzione di portarmi? Non possiamo restare qui a Firenze, potremmo essere scoperti da mia madre, mio padre o addirittura da Alessia" gli fece presente la ragazza, dopo aver indossato il casco ed aver chiuso il gancetto come suggeritole dal compagno, mentre saliva sull'imponente moto scura, cingendogli la vita tonica in una stretta spasmodica, perché era tanta la sua paura di cadere.

Era la prima volta che saliva su una moto grande come quella. Il suo scooter era ben più piccolo e lei non vi era abituata.

"Mai visto il mare nel tardo autunno, con l'inverno quasi alle porte?" la interruppe lui, eludendo in parte la sua domanda.

"Il mare?"

"Sì, il mare. Pensa ad una località marittima vicina e poi ti ci porto" rispose lui, voltandosi per rivolgerle un sorriso incoraggiante prima di calarsi il casco sulla testa, nascondendo il volto.

"Che ne dici di Livorno? Non è nemmeno troppo distante" propose Lidia.

La meta era piuttosto vicina a Firenze - relativamente, non troppo lontana -, perciò il moro tentennò il capo in un cenno d'assenso, mettendo in moto il grosso motore della dueruote che si accese con un potente rombo, partendo poi per la suggestiva località marittima della Versilia.

"Sono una novantina di chilometri, ma con la mia Kawasaki Ninja 650R del 2007 arriveremo abbastanza in fretta. Ci vorranno al massimo un'oretta e qualche minuto" aveva detto Ivan prima di partire.

E, in effetti, il loro arrivo era stato puntuale per le nove e dieci. Si proposero di ripartire alle undici e mezza, in modo da essere di nuovo a Firenze prima dell'una, perché Ivan doveva andare a prendere Emma da scuola proprio intorno a quell'ora e Lidia invece doveva tornare con Enrico a casa, perciò avrebbe dovuto attenderlo fuori del liceo fino alla fine delle lezioni, che terminavano intorno all'una e venticinque.

Rimasero per pochi minuti a Livorno, dove si fermarono per fare il pieno di benzina e per mangiare qualcosa, dato che l'aria sferzante e quasi gelida aveva acuito il loro appetito. Lidia rise come una matta e si fece quasi andare di traverso l'Estathé che stava sorseggiando quando vide il volto di Ivan cosparso dello zucchero a velo che si era sollevato furiosamente, dopo un suo forte starnuto, dal cornetto.

La coppia quindi ripartì in sella alla Kawasaki, diretta all'isolata spiaggetta ciottolosa che la giovane frequentava da due estati con il suo gruppo di amici durante le vacanze, seguendo le indicazioni stradali che proprio quest'ultima diede. Dopo qualche minuto i due erano arrivati nel punto indicato dalla ragazza, ossia un brano di costa quieto e solitario tra Livorno e Quercianella.

Ivan parcheggiò la moto lungo la strada, che non era distante dalla spiaggetta, poi seguì Lidia che si era avventurata fra massi, alberi spogli e la macchia mediterranea consumata dal gelo, scendendo rapidamente il declivio per poi atterrare con un salto di un mezzo metro sull'aspro terreno roccioso color marroncino-rossastro spento della costa tirrenica, imitata subito dopo dall'uomo. Poi la ragazza si mise a sedere su un alto sperone sassoso, fianco a fianco con Ivan, ascoltando ad occhi chiusi il perpetuo, fragoroso infrangersi delle alte onde tormentate del profondo Tirreno contro la battigia e assaporando estasiata l'odore della salsedine che levitava col vento forte che le sussurrava tra i capelli mossi, portando con sé il divino aroma del mare in tempesta, l'umidità salata dell'acqua mediterranea, riportandole alla mente i bei momenti trascorsi con gli amici durante quell'ultimo giugno prima del quinto liceo, quando ancora non conosceva Ivan, quando ancora era legata a Roberto, quando ancora non aveva realmente assaggiato il vero sapore della felicità che l'amore sapeva donare e toccato con mano quel tenero sentimento che fioriva nel suo animo, forte, impavido e tenace, e che brillava e si fortificava per l'uomo di cui era innamorata. Ormai lei lo amava. Forse non troppo profondamente, ma quell'intensità sentimentale sarebbe venuta con il tempo.

Ivan cinse le spalle di Lidia in un abbraccio, tirandola a sé gentilmente. Si alzarono in piedi e si sorrisero, i volti vicini, gli occhi estasiati, il cuore che batteva a mille.

"Ti pare questo il modo di abbracciare una ragazza?" borbottò ad un tratto la castana.

L'uomo rimase sconcertato di fronte a quella domanda senza senso apparente. Ma Lidia sfoderò un sorriso smagliante, uno di quei rari sorrisi radiosi che di quando in quando illuminavano il suo volto.

"Non è questo il modo di abbracciarsi! O mi abbracci per bene, come si deve, oppure non lo fai affatto" continuò, avvicinandosi un po' di più con il viso al suo.

"Come si abbraccia, allora? Insegnamelo, non so farlo" la provocò l'uomo, scrutando negli occhi profondi e azzurri della giovane in cui si rifletteva il moto burrascoso delle livide onde marine che si rifrangevano spumeggiando contro la costa rocciosa.

"Ci si avvicina" e la ragazza si accostò di più a lui, sfiorando quasi il suo petto muscoloso col morbido seno, "ci si stringe con entrambe le braccia," e come per un gesto automatico gli arti del moro le cinsero la vita delicatamente, attirandola a sé, mentre lei si stringeva al suo collo, il volto così vicino al suo da sfiorargli quasi il naso col proprio, "e poi ci si stringe, così..." e posò la testa nell'incavo del suo collo, andando ad intrecciare le dita affusolate sulla nuca di lui come piccole piante rampicanti lungo un tronco arboreo.

"Ma questo è un abbraccio da innamorati" osservò Ivan con aria fintamente innocente, rivolgendole un furbo sogghigno.

Lei levò lo sguardo, incontrando le sue iridi nocciola radianti di felicità.

"E noi non lo siamo?" lo rimbeccò lei, facendogli scherzosamente la linguaccia per poi scoppiare a ridere con l'accompagnamento del tono ironico della voce maschia e profonda di lui.

Quindi l'uomo chinò il volto su quello della ragazza, lambendo le sue labbra dischiuse con le proprie.

"Certo che lo siamo" asserì su di esse, approfondendo quel contatto così piacevole.

Una fitta di piacere attraversò il basso ventre di Lidia, che gemette, alzandosi sulle punte dei piedi per baciarlo con trasposto, azzerando la distanza millimetrica tra i loro corpi mentre le loro figure aderivano l'una all'altra fondendosi insieme, stagliandosi nitide come un'unica sagoma scura contro il cielo ombroso e carico, pronto a esplodere in un turbolento acquazzone.

Lidia si staccò dall'uomo, sorridendogli, poi aprì la tasca destra del cappotto. Ne estrasse un piccolo pacchetto incartato in carta blu a ghirigori e infiocchettato con una piccola coccarda rossa e lucida, che poi fece scivolare in grembo al moro, sedutosi accanto a lei. L'uomo la guardò con un misto di gratitudine e imbarazzo negli occhi.

"Non dovevi, Lidia... davvero" borbottò tossicchiando impacciato.

"Aprilo. Spero che ti piaccia" replicò lei semplicemente, richiudendo la lampo del pesante cappotto.

Ivan scartò velocemente il pacchetto e ne estrasse un piccolo I-pod nero metallizzato, con annessi cuffiette bianche e caricabatterie.

Il sorriso che lui le rivolse era sinceramente sorpreso e grato.

"Grazie, tesoro... mi hai fatto un bel regalo, sai? E' da tanto che ne volevo uno, in modo da poter ascoltare musica mentre corro o mi alleno in palestra" la ringraziò con trasporto, schioccandole un leggero bacio a stampo sulle labbra morbide e vermiglie.

"Sapevo che, in fondo, ne avevi bisogno. Ho già inserito le tue canzoni preferite al suo interno. Lo sai usare?"

"Sì, tranquilla. Grazie, Lidia. Così avrò sempre qualcosa che hai toccato tu al mio fianco. Ti avrò sempre vicina, in qualche modo."

"Ivan..." sospirò la ragazza, abbandonandosi all'abbraccio affettuoso in cui lui la coinvolse, avvicinandola a sé mentre lei tuffava il volto nell'incavo del suo collo, strofinando con una risatina la pelle delicata del viso contro il derma ispido di barba dell'uomo, inspirando a fondo il suo profumo virile. "Oh, Ivan, se solo sapessi quanto ti adoro!" mormorò contro la sua pelle mentre vi posava un languido bacio.

A quel punto, sciolto l'abbraccio, fu Ivan a tirare fuori qualcosa dalla tasca della sua giacca di pelle nera da motociclista. Posò tra le mani a coppa di Lidia un sacchettino marroncino di carta spessa, sorridendole enigmaticamente. Ridacchiò divertito mentre osservava l'impaziente curiosità riflessa nelle iridi azzurre della ragazza che apriva la busta.

La castana sbarrò gli occhi per l'emozione quando spalancò la scatolina rivestita di velluto nero che aveva tirato fuori dall'incarto. Si portò una mano alla bocca, schermando un sorriso, e lacrime di gioia brillarono agli angoli degli occhi celesti.

Dentro la scatolina c'era una semplice collana costituita da una catenina d'argento bianco molto elaborata e finemente decorata. Da essa pendeva un ciondolo ellissoide lucente, quasi simile ad un cameo ad una prima occhiata, decorato solamente sull'orlo, nel mezzo del quale era inciso con una grafia elegante il nome Lidia. Sul lato posteriore della medaglia era cesellata una frase: Aimez, aimez, tout le reste n'est rien. La frase preferita della ragazza, che ora teneva tra le dita il prezioso ciondolo.

L'aveva letta in terzo liceo in un testo di La Fontaine, ed era così significativa, per lei, che non l'aveva più dimenticata.

Amate, amate, tutto il resto è nulla.

Ivan le tolse delicatamente il ciondolo dalle mani, scostandole i capelli dalla nuca per sistemarglielo al collo, portandosi poi nuovamente davanti a lei. Le prese il volto tra le mani, guardandola dritto negli occhi lucidi.

"Io ti amo, Lidia" fu la sua replica alla frase che lei aveva detto un minuto prima.

Quelle parole la lasciarono paralizzata per la meraviglia e la felicità. Le riverberarono dentro l'anima all'infinito, come le onde del Tirreno che si rifrangevano contro la costa toscana in un moto eterno.

Io ti amo, Lidia. Anche Roberto gliele aveva dette quelle parole, ma non con la sincerità, la dolcezza e l'amorevolezza di Ivan. Il suo cuore fece una capriola acrobatica con tanto di salto mortale all'indietro, mentre lo stomaco si riempiva di farfalle che s'agitavano furiosamente in tutte le direzioni. Le tremavano le gambe per l'emozione. Lidia levò gli occhi azzurri e incerti su Ivan, che aveva puntato su di lei le sue pungenti iridi color nocciola, le quali avevano abbandonato la loro solita espressione ironica per lasciare spazio ad uno sguardo limpido e innocente.

"Anche io ti amo, Ivan" sussurrò lei al suo orecchio, con le lacrime agli occhi, prima di sedersi sulle sue gambe e cingergli il collo con forza disperata, lasciandosi trasportare dalla sua fiamma di passionalità ed amore in un bacio indimenticabile, con le prime gocce di pioggia che ticchettavano contro la costa e contro le loro figure avviluppate insieme in un abbraccio indissolubile.



 

***




N.d.A.
Hello everyone! :D
Ecco, ora mi ammazzerete. Forse qualcuno in particolare. Perché questo capitolo è sconclusionato e anche un po' - un bel po' - smielato sotto certi aspetti, ma ero ridotta alla disperazione e non sapevo come scrivere questo momento importante nella neonata relazione tra Ivan e Lidia senza far venire il diabete a qualcuno. Pardonnez-moi, s'il vous plait! :3
Comunque, che ne pensate? *già si ripara sotto la scrivania per salvarsi dalla valanga di insulti e critiche che le arriveranno*
No, a parte scherzi, sto svalvolando. Ho avuto due settimane difficilissime con la scuola e ancora non ho neanche finito... forse farei prima a buttarmi dalla finestra. D:
Be', prima che qualcuno pensi seriamente a spingermi di sotto con un calcio sul fondoschiena, vorrei ringraziare TheWhiteDoll per aver recensito il capitolo scorso. E grazie anche a chi legge e segue in silenzio. Mi siete comunque di grande supporto. E mi date tantissima soddisfazione, siete tantissimi! Ancora stento a crederci...
Bon, adesso sparisco sul serio! Notte :*


Flame

  
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