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Autore: Selhen    25/10/2014    2 recensioni
Anni di guerra, territorio conteso e fazioni eternamente in lotta nella terra del dio Aion. Com’è possibile per Selhen nutrire odio verso qualcuno che l’ha risparmiata? Com’è possibile odiare senza conoscere veramente il volto della guerra?
Com’è possibile parlare con un nemico e trovarlo così normale e uguale a se stessi?
Una nuova avventura di Selhen solo per voi. Recensite numerosi. Le vostre recensioni mi danno la carica per scrivere sempre di meglio. Un abbraccio, la vostra autrice.
N.b. avviso gli eventuali lettori che ho postato questa storia più corretta e revisionata su wattpad. Se la preferite con meno imperfezioni sapete dove andare, sono selhene. :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Il vento stormiva tra le fronde, e un quieto silenzio aleggiava nei dintorni della fortezza del Katalam quando, portata dal teletrasporto, sopraggiunsi in quel luogo. Era il tramonto.
La mia giornata era stata talmente impegnata che non avevo avuto un attimo di respiro. Ripulire le guarnigioni dagli intermediari nemici, avventurarmi con la mia amica Saephira nel sottosuolo di Katalam alla ricerca di ID sconosciuto da consegnare allo shugo che ce lo aveva commissionato , il tutto, solo in cambio di qualche moneta antica che, con parsimonia, io e la mia amica mettevamo da parte in vista dell'acquisto di una nuova arma decisamente più efficace di quella attuale.
Avevo così tanta fame che prima di recarmi al Katalam Settentrionale, dove Velkam mi aveva indicato, mi ero fermata in una piccola taverna di ventura, ad Altgard, per mettere qualcosa sotto i denti una volta di ritorno dalla fortezza dell'abisso.
Io e Dahnael, con cui ero andata a fare un ispezione nei dintorni di Primum, eravamo seduti al piccolo tavolo dell'inospitale taverna quando balzai in piedi, ricordandomi solo allora dell'appuntamento con Velkam.
"Devo scappare...", avevo solo detto colta da una fretta improvvisa. Il mio piatto di sushi con erbe aromatiche e nokara era rimasto terminato solo per metà, e già sentivo di non avere neanche più fame.
"Ma... ma...", aveva boccheggiato Dahn con uno sguardo spaesato. "Dove scappi?".
Rimasi per un secondo interdetta, senza sapere realmente cosa dire, e notai negli occhi di Dahn balenare una scintilla di consapevolezza.
"Mi sono ricordata solo ora di un impegno", avevo farfugliato abbassando lo sguardo per prendere e imbracciare la mia bisaccia.
"D'accordo, ci vediamo...", aveva borbottato lui contrariato.

Mi lanciai in una corsa a rotta di collo mentre gettavo una fugace occhiata al cielo che cominciava a diventare di un colore più scuro.
Chissà se Velkam si era stufato di aspettarmi... e se non ci fosse stato? E se non fosse mai arrivato?
Con un verso di disapprovazione per i miei pensieri inutili e idioti, come al solito, mi avvicinai al teletrasportatore, e una volta pagatolo e giunta alla fortezza asmodiana di Katalam Nord,  mi mossi verso la corrente d'aria che mi avrebbe condotta direttamente nei pressi della guarnigione 71. Proprio nel posto che Velkam mi aveva indicato.
Quando con un colpo secco mi lasciai andare oltre il tubo di corrente le mie ali si gonfiarono, planando dolcemente nell'aria calma e ormai fresca delle foreste settentrionali.
Riuscii a prolungare l'atterraggio quel tanto che bastasse per raggiungere l'imbocco della radura che avevamo prestabilito, e non appena i miei piedi sfiorarono il suolo cominciai a scostare i rami delle folte piante per addentrarmi nel semibuio di quella piccola radura nascosta.
"Velkam", mormorai con tono fievole. La piccola Daff ai miei piedì cacciò un piccolo guaito, che non era nè ostile nè di preoccupazione. Aveva di certo percepito la sua presenza, il che mi rincuorò.
Scostai un'ultima fronda oltre la quale la mia piccola wuff argentata era sparita e lo vidi. Tutto intento a tendere la corda sull'arco, a calibrarla aiutandosi con uno sguardo attento.
Il suo sorriso luminoso mi mozzò il respiro.
"Bentrovata, Asmodiana", aveva sussurrato melodioso.
Allungai cauta un piccolo passo e il mio labbro si curvò in un sorriso spontaneo.
"Mi sei mancata...", mormorò infine, gettando l'elegante arco da una parte.
Quella frase, detta da un elisiano suonava tanto strana e quasi, avrei potuto dire, ingannevole. Ma avevo imparato a conoscerlo, e mai Velkam mi aveva dato motivo di dubitare di lui.
Senza lasciargli il tempo di dire altro mi chinai alla sua altezza, con un ginocchio conficcato nel terreno, e lo tirai verso di me per il giubbino, con l'urgenza di sentire le sue labbra sopra le mie.
Mi piaceva la sua tenuta sportiva. Quando era vestito come la sera precedente a Tiamaranta, riuscivo quasi a dimenticare quanto minaccioso fosse. Non  mi era facile riconoscerlo come un nemico.
La sua mano ruvida e callosa accarezzò la pelle morbida del mio viso. Ci staccammo per un momento, giusto per riprendere una frazione di secondo dopo con più intensità di prima.
Non mi accorsi come, ma mi ritrovai seduta sulle sue ginocchia con le braccia intrecciate dietro la sua nuca, ubriaca del suo profumo che mi riempiva insistente le narici.
"Selhen..." sussurrò roco sulle mie labbra.
Rimasi con la bocca dischiusa e il suo viso tra le mani, a fissarlo intensamente negli occhi.
"Dovremmo spostarci", disse lui a fatica. Percepii un tremito nel suo corpo poi i suoi pugni si strinsero tra i miei capelli tornando a darmi un ultimo bacio intenso prima di costringersi a farmi scendere e rimettere in piedi.
 "Tra un po'...", disse con un sorrisetto sghembo passandosi sulla spalla la cintura della faretra e raccogliendo l'arco da terra.
"Dove andremo adesso...", annunciò, "è una zona poco trafficata...  si tratta di un distretto neutrale dei Reyan, ho cambiato programma quindi quelle non serviranno". Sfiorò con lo sguardo i revolver scarlatti assicurati ai miei fianchi. Emanavano una luce rassicurante nel buio della sera.
"Ci sono guarnigioni nei dintorni?", domandai.
"No...", rispose pragmatico stringendosi addosso la cinghia della faretra, concentrando in essa tutta la sua attenzione. Lo vidi uscire allo scoperto e attesi che si guardasse intorno per potermi comunicare che non c'era nessun pericolo.
"Vieni svelta...", lo sentii dire. Mi affrettai e quando fummo sulla strada, ormai al buio, il rumore veloce e cadenzato dei nostri passi ci accompagnò per tutto il tragitto.
"C'è molto da camminare?".
Lo vidi inerpicarsi per una stradina che attraversava una piccola e boscosa radura neutrale piena di guardie Reyan. Lo seguii ignorando lo sguardo sospettoso di quelle guardie impiccione, e mi stupii quando lo vidi lanciarsi per la discesa aprendo le sue splendide ed immense ali candide.
Era la prima volta che vedevo le ali di Velkam. Ed erano così diverse dalle nostre.
Per gli asmodiani tendevano spesso ad una gradazione di colore che variava dal nero al blu. Le sue invece erano luminose e chiare. Rasentavano quasi l'idea della purezza. A confronto, mi parve quasi di sentirmi sporca, mentre le mie immense ali verde smeraldo striate di nero si spalancavano.
Giungemmo nei pressi di una vecchia fortezza interamente in pietra costeggiata da uno scuro ruscello punteggiato da fiori di ninfee. Poco più in là, a perdita di vista, si stendevano silenziose le acque di un lago cristallino.
Grandi chiazze di verde, da una parte all'altra, rendevano quel posto quasi paradisiaco. Lo scroscio dell'acqua era continuo là dove un naturale terrazzamento roccioso del corso d'acqua creava una piccola cascata naturale.
L'atmosfera era quasi magica, tra le lucciole notturne e il profumo dei fiori che abbellivano in ogni angolo quella che doveva essere, a mio parere, una sorgente.
"Benvenuta nel lago della solitudine... territorio Reyan", disse Velkam teatrale allungando un braccio a mostrarmi il paesaggio circostante
"Non ci ero mai... stata". Mormorai meravigliata.
"Te l'ho detto che non è un posto di passaggio", disse lui poggiandomi entrambe le mani sopra le spalle. "Le guarnigioni sono lontane".
Con un'agilità tale da fare invidia ad un karnif vidi Velkam arrampicarsi su uno dei muri  bassi e laterali della fortezza e tendermi una mano per aiutarmi a fare lo stesso.
"E' bellissimo..." mormorai rimanendo in piedi su di esso una volta che mi fui arrampicata. Da quell'altezza era possibile scorgere tutto il paesaggio circostante.
Tutto taceva, e il vento sembrava essersi stranamente calmato. Solo una leggera brezza portava alle mie narici il delizioso profumo del nettare dei fiori. I miei occhi, abituati all'oscurità non faticavano a visualizzare, in lontananza, colossali statue di giganti che dovevano essere state un tempo, i moniti della fortezza verso un possibile incauto nemico che avesse voluto attaccarla.
L'ingresso della fortezza, maestoso tra i giganti di pietra, si apriva in un'immensa scalinata che percorsi quasi con soggezione.
Alcune colonne erano spezzate, le mura, nelle parti più umide, adorne da timidi ciuffi di muschio.
Velkam mi prese per mano, ormai certo che nessuno potesse vederci al riparo di quelle vecchie mura. Timidamente avanzai con lui verso quella che un tempo doveva essere stata un'uscita laterale, ma di cui ormai non era rimasta alcuna parete.
Ci ritrovammo di fronte ad una piccola altura che si apriva esattamente sopra il fiume. L'acqua scorreva placida abitata da innocui aironi e famiglie di ribbit della nebbia di lago.
"Togliti le scarpe", disse Velkam con un sorriso complice sfilandosi gli stivali.
Per un attimo temetti che alla vista dei miei piedi artigliati Velkam avrebbe potuto provare ribrezzo.
"Non importa...", farfugliai, "scendo con gli stivali".
Velkam corrugò la fronte. "Dai asmodiana, hai paura che possa vederti i piedi?", ridacchiò.
Scossi energicamente il capo ma ciò non servì a far desistere Velkam che mi spinse a sedere sull'erba soffice e si inginocchiò davanti a me per prendere tra le mani la mia caviglia.
"No Velkam...", dissi spaventata e vagamente in difficoltà.
"Se credi che possa giudicarti perchè i tuoi piedi hanno gli artigli...", disse tranquillo scorrendo piano il mio stivale per sfilarmelo, "non hai capito niente...". Il suo tono era carezzavole e pacato come sempre. Il suo tocco controllato e sapiente.
Deglutii. Quando mi sfilò lo stivale il mio piede parve di gran lunga fuori posto, pallido e artigliato, a confronto con le sue mani rosee e umane.
Mi accarezzò la caviglia nuda, sempre col capo chino. Il ciuffo gli ricadde sul viso e questo non mi permise di scorgerne l'espressione.
Era vero, avevo paura... una tremenda paura di essere giudicata da lui per quello che ero. Un'asmodiana dall'aspetto mostruoso e bestiale. Le mie fattezze, i miei lineamenti, non avevano nulla a che vedere con la raffinatezza e l'eleganza delle femmine della sua razza.
Mentre questi pensieri mi affollavano la mente Velkam mi aveva già sfilato il secondo stivale.
"Giù...", disse alla fine con un sorriso rimettendosi in piedi e lanciandosi di sotto con le ali spalancate.
Titubai un momento sul ciglio della sporgenza ma infine mi lasciai cadere attutendo il breve tuffo con l'apertura delle ali. Quando posai i piedi nel letto sabbioso del corso d'acqua mi stupii. Era calda e fumante.
Una cascata scrosciava poco lontana, l'acqua precipitava da una roccia e sembrava stemperarsi nel tragitto fino a raggiungere, in quel punto, la temperatura perfetta.
Mi accorsi solo allora che Velkam mi aveva sorretto prontamente, e mi ritrovai inspiegabilmente tra le sue braccia forti e robuste.
Socchiusi gli occhi rilassata al calore di quell'acqua che mi avvolgeva i piedi. Sebbene noi asmodiani fossimo abituati alle temperature fredde, non ci dispiacevano i bagni caldi.
Nell'attimo in cui mi resi conto di essere ancora tra le braccia dell'elisiano questo si era già allontanato, sbottonando il giubbino e sfilandosi la felpa sottostante.
Mi accigliai stupita. "Velkam che.. stai...?".
Il giovane cacciatore ridacchiò. "Non vorrai mica rinunciare ad un bel bagno caldo", disse con un sorrisetto furbo. La sua espressione si turbò. "O forse a voi asmodiani non piace il caldo?". Fu come se se lo stesse chiedendo seriamente preoccupato.
"Ti sbagli", sorrisi sincera. "Non avresti potuto scegliere posto migliore!".
Velkam sorrise angelico, allungando il passo verso di me.
"Vuoi... fare il bagno coi vestiti?", domandò cauto, come se si aspettasse un rifiuto secco.
Rimasi interdetta. Ancora una volta la paura di non esser accettata per quello che ero mi tormentò i pensieri.
"Io..." balbettai in difficoltà.
Anche in quel momento di totale imbarazzo Velkam non smise di rivolgermi quello sguardo spiazzante ma allo stesso tempo rassicurante. I suoi occhi verdi erano più luminosi del solito. La cicatrice rosea che gli tagliava a metà quello sinistro era per una parte coperta dal suo ciuffo ribelle.
Le sue labbra, morbide e invitanti erano socchiuse a lasciare intravedere una fila di denti bianchi e perfetti.
"Shhhh", mi sussurrò piano premendomi un dito sulle labbra tremanti e intente a proferire chissà quale giustificazione.
"Pensi sempre troppo...", mormorò melodioso percorrendo con un pollice l'intera curva della mia spina dorsale e soffermandosi, gentile, ad accarezzare la mia lunga coda albina.
Rabbrividii al tocco di quella mano, lento ma fermo. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quegli occhi, sebbene percepissi sopra di me le sue mani attente e curiose.
Mi sfiorò piano la coda, ancora, soffermandosi sul fondo della mia schiena mentre mi guardava negli occhi.
"Non c'è niente di cui tu debba preoccuparti...", mormorò. "Se adesso, io sono qui con te, è perchè ho scelto di esserlo. E non mi importa... nulla, delle convenzioni sociali, della legge, della tua natura".
Contrassi le labbra ma le distesi nuovamente quando lui me le accarezzò con un pollice.
"Mi hanno sempre insegnato ad avere paura della tua gente... comprendimi", risposi incerta senza distogliere lo sguardo da quelle iridi smeraldo.
Prima che potessi anche fare qualcosa per fermarlo, le mani di Velkam si mossero lente ma decise all'attaccatura del mio giubbino in pelle.
Ne sbottonò i bottoni, uno per uno, scoprendo pian piano la pelle pallida del mio corpo da asmodiana.
"Ho paura che il tuo sia solo un capriccio da soddisfare", gli confidai con voce tremante.
E anche se fosse stato? Che armi avrei potuto avere io, per difendermi? Ero già pazza di lui... mi aveva in pugno. E sarebbe stato di certo meglio per me, se non stesse mentendo.
"Selhen, io sono... innamorato di te. Sono un elisiano suicida. Ogni singolo... attimo...", il suo tono aveva subito una leggera inclinazione d'enfasi, "ogni singolo istante che passo insieme a te... lo passo col rischio di vedermi appeso con un cappio al collo, senza la possibilità che la mia anima sia legata ad un obelisco della resurrezione. Credi davvero che io voglia scherzare?".
Abbassai lo sguardo. "E suppongo che valga lo stesso per te", concluse gentile.
Le sue labbra cercarono le mie, mentre con le mani, anche l'ultimo bottone usciva fuori dall'occhiello. Sul mio petto non rimase che la collana luminosa che da sempre portavo al collo. Era un regalo... regalo di mia madre che non avevo mai tolto.
La mano di Velkam scivolò lenta sul mio collo, e percorse con un dito la mia gola e ancora giù, fino ad appoggiarsi sul mio petto, esattamente in direzione del cuore.
La mia pelle assurdamente pallida non parve sconvolgerlo mentre le nostre lingue si intrecciavano in un gioco di ansimi e respiri. I suoi occhi verdi accarezzarono le mie curve e anche gli aderenti pantaloni in pelle finirono sulla riva.
Senza chiedermi alcuna spiegazione, senza pensare neanche un attimo, gettai entrambe le braccia al suo collo spingendomi contro di lui per sentire il calore rassicurante della sua pelle contro il mio corpo quasi nudo.
"Ti voglio Selhen", aveva sussurrato sulle mie labbra tra un bacio e l'altro annaspando con i respiri.
Le mie mani incerte andarono al bottone dei suoi pantaloni sportivi che erano ormai per metà bagnati fino al ginocchio, esattamente come i miei.
"Sono tua da un sacco di tempo", proferii nascondendo il viso nell'incavo della sua spalla e baciandogli un lembo di pelle.
Assaporai tutte le contrastanti sensazioni che mi causava. Il mio cuore era in subbuglio così come i pensieri nella mia testa. Il suo profumo mi stordiva, il suo calore accendeva i miei sensi. E ad ogni bacio sentivo di volere sempre di più.
Scivolammo entrambi nell'acqua calda del torrente. Ben lontani da occhi indiscreti e nascosti dalle possenti mura di quella vecchia fortezza.
Sussultai appena alle sue carezze sfrontate, poi anche gli ultimi indumenti finirono sulla riva del fiume lasciandoci completamente nudi, immersi tra i vapori di quelle terme naturali, a baciarci e a stringerci come se fosse stata l'ultima volta.
Colta da un desiderio crescente incrociai le gambe ai suoi fianchi mentre i capelli bianchi, così come la coda, mi si inzuppavano d'acqua.
Riversai la testa all'indietro, lasciandomi cullare da quella stupenda sensazione di calore avvolgente mentre Velkam si chinava con lentezza estenuante a lasciarmi una scia continua di baci sul collo.
Percepii un brivido e la mia schiena si inarcò. Poi fummo una cosa sola. Velkam era sicuro, esperto, ma comunque cauto.
Un gemito fuoriuscì flebile dalle mie labbra ad ogni suo movimento cadenzato. Si sporse a soffocarlo con un bacio lungo e appassionato mentre mi reggeva il capo con una mano.
Non capii se fosse stata solo una mia impressione, se il rumore delle cascate e dell'acqua scrosciante mi avessero causato una qualche strana illusione, eppure mi parve di sentirla, tra un bacio e l'altro.
Era una frase che non mi sarei mai aspettata di sentire. Mentre i nostri respiri continuavano ad aumentare di intensità, fu un farfuglio, quello che giunse fragile, nella mia testa.
"Zl ipr", aveva sussurrato Velkam.
Non seppi mai cosa volesse dire, ma in cuor mio, ebbi la certezza che quella fosse una tacita promessa.
"Ti amo".

[Ok lo ammetto, mi sono fatta attendere troppo per questo capitolo, ma sono sempre troppo piena di impegni ç_ç. Però si può ben dire che l'attesa ripaga. E i tempi erano ben maturi perchè i nostri due tesori si dichiarassero il loro amore proibito ed eterno u.u
Premetto che non so quando pubblicherò il prossimo, ma spero che i ritardi nella pubblicazione non vi dissuadano dal seguirmi.
Ovviamente ve lo dico sempre, spendete l'1% del vostro tempo recensendo. Salvate anche voi l'ispirazione di un'autrice in crisi <.<. Un'altra piccola precisazione che ci tenevo a fare: volevo chiedervi scusa per non aver più risposto alle vostre recensioni, ma sono stata (come vi ho già detto) un po' con la testa in aria. Non avevo neanche fatto caso a tutto il tempo in cui ho visualizzato ma non ho scritto alcuna risposta. Perdonatemi! Da adesso in poi sarò qui a rispondere a tutto quello che vorrete sapere. Vi ricordo che se voleste avete un riscontro visivo con i personaggi della storia basterá che mi contattiate in privato.
Bon, non ho altro da aggiungere xD vi amo <3 e a presto col prossimo capitolo!]

  
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