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Autore: Hi Fis    25/10/2014    0 recensioni
Cronaca della fine della Seconda Guerra Elfica, così come io l'ho immaginata. Ambientata dopo gli eventi di Skyrim, con la vittoria dell'impero sui Manto della Tempesta, è legata alle mie storie precedenti sul Sangue di Drago, specialmente Le Tre Spade e Tabula Rasa, che contengono elementi necessari per comprendere a fondo questa raccolta.
Genere: Avventura, Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Dovahkiin
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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"Quando ti è stato consegnato perché tu lo introducessi alla scherma, non ricordo fosse così... pesto." osservò pacatamente il Dovahkiin.
"Ho dovuto insistere con lui, mio Thane. Era, ed è, ancora troppo goffo." rispose Scudo di Drago.
"Mhh... Devo ammettere conte, che lo zelo dei vostri è... encomiabile." commentò la Reggente Imperiale.
Biografia di sua maestà imperiale Attrebus II Mede
 
Guardie Nere.
Le truppe personali del Sangue di Drago, scelti da lui personalmente tra migliaia di volontari. Uomini e donne di ogni razza, plasmati da un eroe leggendario a sua immagine e somiglianza grazie ad un addestramento del corpo e della mente in cui l'unico fallimento concesso è la morte. Ognuno di essi racchiuso in armature incantate di nero acciaio daedrico, l'infrangibile lega dell'Oblivion, per rendere invincibile ciò che è stato addestrato ad essere inarrestabile.
I membri delle Guardie Nere erano idolatrati dalle truppe regolari e per buone ragioni: dove la battaglia contro l'esercito dei Thalmor infuriava più disperata, dove perfino la speranza sembrava destinata a soccombere, le guardie nere avanzavano sotto il loro vessillo, il cerchio formato da tre draghi che si mordevano la coda.
"Una fortezza può rallentare una Guardia Nera, ma mai fermarla", era la frase più comune che i veterani dell'esercito imperiale usavano per spiegare alle nuove reclute chi fossero quelle truppe che combattevano al loro fianco, ma senza mescolare mai i ranghi.
"Datemi mille soldati vostra maestà. Oppure chiedete al Sangue di Drago dieci guardie nere." imploravano i generali di Attrebus prima di ogni battaglia difficile.
Fanaticamente devoti al Dovahkiin, le Guardie Nere non prendevano ordini che da lui, al punto che l'imperatore stesso le aveva sciolte dal protocollo: nessuna guardia nera si sarebbe mai dovuta inchinare di fronte a lui o a chiunque altro non fosse il Sangue di Drago. Un grande onore quello, senza dubbio, ma allo stesso tempo poca cosa, una piccola prova di gratitudine per truppe che avevano sempre e solo vinto contro i Thalmor.
Come spesso accade, in quei dieci anni di guerra le dicerie sulle Guardie Nere si erano moltiplicate assieme ai loro successi, unendo all'ammirazione dei soldati la paura: si diceva che ci fossero anche creature nelle loro file, vampiri e lupi mannari, e forse persino di peggio. C'erano storie di terrore su di loro, raccontate attorno al fuoco dei campi, mormorate a bassa voce da una gola all'altra e che sembravano vivere di vita propria ormai, crescendo e ingigantendosi sempre più: alcune era persino vere.
"Le Guardie Nere hanno ordinato alla città di Skywatch di aprire le porte. Gli elfi alti non solo hanno ubbidito, ma chiesto perdono di non poter fornire una migliore accoglienza."
Il loro numero variava, a seconda di quanto fosse stata difficile la loro vittoria precedente, ma non aveva mai superato le ottanta unità e questo per la tranquillità stessa del consiglio di guerra e di Attrebus: se le Guardie Nere fossero state di più, si temeva avrebbero potuto prendere il controllo dell'esercito.
La loro organizzazione prevedeva la spartizione in tre compagnie, ognuna retta da un comandante: così come essere membro delle Guardie Nere significava diventare un eroe per le truppe regolari, così essere comandante fra loro significava reclamare come propria la fama di un signore della guerra delle antiche leggende. Significava veder cambiare la propria armatura dal nero acciaio daedrico alle bianche ossa e alle scaglie dei draghi, ed essere investito dal Dovahkiin di nuovi poteri: ad ognuno dei suoi tre comandanti infatti, il Sangue di Drago aveva donato tre Urli, due per dare battaglia e uno per chiamare il proprio Dovah.
Non era per caso che l'emblema delle Guardie Nere fossero tre draghi intrecciati: Alkrahod, Freddo Distruttore di Neve,  Duyolzii, Fuoco Divoratore di Spiriti, e Infaasdok, Maestro Segugio di Paura, erano i loro nomi, unici che prestassero le loro ali ad altri che non fosse il Dovahkiin.
Essere comandante delle Guardie Nere significava insomma avere il proprio nome noto in tutta Tamriel: Beor Spezza Inverno, comandante del Nord, che brandiva in battaglia uno spadone fatto di Stahlrim, il ghiaccio acciaio. Taros, comandante dell'Est, che sapeva dividere gli schieramenti nemici con un solo affondo della sua lancia daedrica e Do'Zahana, comandante del Sud, imbattuta con le sue due corte spade di ossa di drago imbevute di magia elementale...
 
Si raccontava sempre delle Guardie Nere fra le fila dell'esercito schierato al loro fianco e questo perché non c'erano nemici da odiare fra quelle dei Thalmor: gli elfi alti non combattevano spada contro spada o magia contro magia, ma usavano invece la loro conoscenza dell'Oblivion, il piano d'ombre al di là della realtà, per trarre da esso e schiavizzare un numero apparentemente illimitato di creature, su cui le perdite non avevano significato. Quei mostri e demoni, forgiati dal buio e dal fuoco, erano tutti sacrificabili perché sconfitti essi non morivano, ma ritornavano semplicemente all'Oblivion da cui erano stati tratti: grazie a questo, i Thalmor raggiungevano coi crudi numeri ciò che mancava all'abilità dei loro comandanti, riuscendo a rallentare e a fermare l'avanzata degli eserciti schierati contro di loro.
Fare guerra ai Thalmor poteva apparire inutile a volte, arroccati com'erano all'interno di mura costruite con bianca pietra di luna, stregata affinché fosse immune ad ogni sortilegio; ma fino a quando le brecce nell'Oblivion aperte in ogni loro città non fossero state tutte chiuse, la Seconda Guerra Elfica non avrebbe mai avuto fine: era una guerra di trincea quella, fatta di rischi calcolati e di sacrifici dolorosamente necessari.
Per questo i semplici soldati delle Legioni dovevano avere qualcosa che li sostenesse dopo i giorni di massacro, dopo aver lottato contro le armate dell'Oblivion e aver respirato i suoi terribili incubi: per questo, per sostenersi, loro si raccontavano delle Guardie Nere, che affrontavano le schiere senza nome delle creature dell'Oblivion e i loro padroni senza mostrare paura. Si raccontavano dei loro tre comandanti, che da nord, sud ed est facevano guerra all'ovest assieme ai loro draghi, e si raccontavano anche della donna sospesa tra il mondano dei mortali e il cielo del Dovahkiin: Lydia Scudo di Drago, la prima ad aver giurato fedeltà al suo signore quando era giunto a Skyrim da prigioniero, e che lo seguiva ancora oggi come capitano della sua guardia personale, la sua fedeltà incrollabile.
 
***
 
"Imperatore. C'è mancato poco che io aspettassi." disse Lydia ad Attrebus, dopo che Hadvar scostò per lei il lembo della tenda del consiglio di guerra.
Gli anni passati al fianco del Sangue di Drago, che Lydia ancora chiamava testardamente "mio thane", avevano cambiato poco il suo aspetto: la donna del Nord, pallida e volitiva, portava ancora i capelli neri lunghi fino alle spalle, acconciati in una sottile treccia sulla tempia sinistra. L'unico vero cambiamento nel suo aspetto dai tempi di Skyrim riguardava la sua corazza: non più nera e scarlatta come l'acciaio dell'Oblivion o bianca come le ossa dei draghi, ma di un perfetto e uniforme grigio lucido, quasi come fosse fumo vetrificato; una lega inventata dal Sangue di Drago in persona e che solo Lydia indossava all'infuori della famiglia del suo signore.
Da sotto il suo elmo a testa di lupo, fu con occhi atroci che l'huscarlo del Sangue di Drago fissò i capi, i re, le principesse e gli ambasciatori nella tenda: Attrebus dovette abbassare lo sguardo, mentre gli altri dignitari gravitavano verso di lui, lasciando libero il lato del tavolo di fronte a Lydia.
"Che nessuno ci interrompa." ordinò la donna al generale del Nord, che fu più che lieto di obbedire e dileguarsi dal suo cospetto, rimanendo come sentinella al di fuori della tenda: solo quattordici persone in tutto il loro esercito potevano interrompere una sessione di quel consiglio di guerra, ma nessuno aveva il coraggio per fare lo stesso col capitano delle Guardie Nere.
Quando il lembo ricadde dietro Hadvar, imprigionandoli con Lydia nello spazio ristretto della tenda, nemmeno Tibdan sapeva cosa sarebbe successo loro, ma se c'era qualcosa che aveva imparato nella sua lunga vita, era la pazienza e la cautela: soprattutto quest'ultima. Meglio che non fossero loro a parlare per primi.
Nemmeno il capitano delle Guardie Nere aveva fretta, e lasciò scorrere per qualche istante ancora i suoi occhi sulle dieci teste dell'armata. Poi sorrise: un sorriso tutto denti, di una finzione che era raccapricciante da osservare; uno di quei sorrisi che si vedono anche chiudendo gli occhi.
"Vi porto liete notizie..." disse Lydia: "Liete notizie invero."
Gli sguardi di tutti, compreso quello di Attrebus, si concentrarono sull'ambasciatore Vandergroet: in quel momento, solo quell'ometto probabilmente avrebbe saputo scegliere le parole giuste. Anche il Bretone doveva saperlo e i suoi occhi acquosi saettarono sui volti degli altri otto attorno alla tavola, ricevendo il loro muto consenso: il volto sfigurato della nobile Shasara era invece fisso sul mento di Lydia, poiché l'elfa non riusciva a guardarla negli occhi.
"...Vi prego allora, riferitecele, capitano della Guardia Nera del Sangue di Drago." disse Gondard, con la sua voce stranamente acuta.
Se possibile il sorriso di Lydia si fece ancora più largo, diventando isterico e folle.
"Con piacere... annuncio con gioia ai membri di questo consiglio che la Seconda Guerra Elfica è giunta al termine. Che squillino le trombe e si proclami la fine delle ostilità, perché questo conflitto è finalmente finito. Una lunga guerra sanguinosa, ma quale vittoria infine."
Il silenzio dei presenti accolse quella notizia.
"Perché quelle espressioni? Si porti il vino per Talos! Il vino e le libagioni. Si faccia festa!" ripeté Lydia allargando le braccia.
"Temo... temiamo..." ripeté Gondard, umettandosi le labbra: "Temiamo di non capire, capitano."
Lydia incurvò appena la testa di lato, mentre il suo sorriso diventava appena un po' più piccolo:
"Che cosa c'è da capire, ambasciatore?"
"Come può essere finita questa Guerra, Guardia Nera? Come può essere, quando rimangono ancora ai Thalmor tre inespugnabili città e tutto l'ovest di Summerset..." cominciò Gortwog.
"Due città." lo interruppe Lydia con furia. "Sono solo due le città che restano ai Thalmor. E si arrenderanno prima dell'alba di domani."
"...Quindi lei è viva?" chiese Shasara con un filo di voce.
L'elfa aveva capito, ma non poté spiegare che cosa avesse compreso: perché quando Lydia calò il pugno sulla lastra di granito del tavolo, la pietra impossibilmente si incrinò come colpita da un martello da guerra.
Lo scricchiolio delle sue ossa accompagnò il gesto del capitano delle Guardie Nere, mentre apriva e chiudeva la mano, per scrollarsi dalla corazza la polvere e le schegge di pietra:
"Non di certo grazie a voi, sciocchi inetti." sussurrò Lydia.
"...Grazie agli dei. Grazie agli dei!" ripeté Idgrod portandosi le mani alla bocca per coprire il suo ennesimo colpo di tosse: l'insulto di Lydia era poca cosa di fronte al sollievo che quella notizia aveva portato loro.
"Capitano, come... come potete esserne sicura?" gemette Gondard.
"Non lo sono. Il mio thane lo è, e ciò mi basta: lei si trova ad Alinor." gli occhi di Lydia fissarono il Bretone con un tale immenso disgusto, che l'ambasciatore dovette fare un breve gesto propiziatorio per scongiurare un'eventuale maledizione.
"Ha senso. Una simile prigioniera viva... potrebbe cambiare le sorti di questa guerra. Ma perché dite che questo conflitto è giunto al termine allora?"
"Mentre parliamo, il mio thane e sua moglie, e il loro figlio maggiore, cavalcano il vento a dorso di drago, per riprendere ciò che voi avete permesso gli venisse tolto: la loro unica figlia e sorella. Kaan."
E quando Lydia pronunciò il nome della figlia del Dovahkiin, la tenda tremò attorno a loro per quel nome in lingua dei Draghi: Kaan, che era il nome con cui i draghi chiamavano la dea del cielo, colei che li accoglieva nel suo dominio quando spiegavano le ali, e che gli uomini chiamavano invece Kynareth, madre guerriera e signora della tempesta.
"...E il mio thane punirà coloro che hanno osato toglierla dalle loro braccia. Dal cielo pioverà su di loro fuoco e le loro strade si tramuteranno in rivi di sangue. E quando i Thalmor vedranno il prezzo della loro arroganza, non ne resterà uno solo con abbastanza coraggio da continuare questo conflitto. Questa guerra è finita." ripeté Lydia.
"Il Sangue di Drago... il vostro signore, può davvero far cadere da solo Alinor?"
"Non da solo: non mi avete forse sentito Azhri? Il mio thane ha espugnato una città già una volta, guardata da creature ben più terribili di quelle evocate dai meschini Thalmor. Ma con sua moglie e suo figlio al fianco? Potrebbero espugnare il cielo."
"Dite il vero?" chiese Attrebus.
"Perché credete che abbia reclamato per sé Skuldafn e i territori circostanti, una volta finita questa guerra?"
"...Skuldafn?" grugnì Gortwog.
"Un'antica rovina di Skyrim, risalente al dominio dei Draghi, ere fa. Un luogo che perfino noi Nord credevamo solo una leggenda, perduto e irraggiungibile come lo sono i sogni... fino a quando il Sangue di Drago non vi arrivò sulle ali del nobile Odahviing, il grande drago rosso." mormorò Idgrod e Lydia assentì lievemente.
"E il luogo in cui sorgerà la sua città: la promessa che ci lega come Guardie Nere. O credete che il mio thane abbia davvero bisogno di qualcuno che lo protegga?"
"Sciocchezze!" sbraitò Vandergroet: "Storie per intimorire i Thalmor! Mistificazioni! Nessuno sotto questo cielo può espugnare una città da solo!"
"Siete davvero così sciocco, ambasciatore?" sibilò Scudo di Drago: "La vostra gratitudine è così misera da non lasciare spazio al dubbio? Diteglielo Attrebus!" ordinò poi Lydia all'imperatore: "Diteglielo, o lo farò io."
"...Marito?"
"Oh Scudo di Drago... sarebbe stato più pietoso uccidermi." sospirò Attrebus.
"Non mi sento particolarmente misericordiosa quest'oggi, principe."
"... Che cosa si intende con questo, Attrebus?" chiese Nascondi Artigli.
L'imperatore sostenne per un attimo lo sguardo di Lydia, prima di parlare e confessarsi:
"...Sono in pochi a saperlo, ma prima di salire al trono dei miei predecessori, ho passato parte della mia infanzia in segreto, anonimamente. Il palazzo di Cyrodill è la dimora che sono stato chiamato ad occupare, dopo che l'antico consiglio mi ha designato successore al trono: probabilmente perché a differenza degli altri possibili candidati ero più degno, o semplicemente ancora vivo..."
Era stata la morte violenta di Titus II Mede a permettere alla fine l'ascesa di Attrebus al trono, ma non prima che quell'assassinio scatenasse a Cyrodill complotti e congiure per il diritto alla successione, che si erano esauriti solo quando Alexia Vici, zia del precedente imperatore, era salita al trono in qualità di reggente temporanea per qualche anno, facilitando la transizione nel periodo in cui cominciavano le preparazioni per la guerra contro i Thalmor.
"...Il luogo che, per un certo tempo, ho chiamato casa si trova a Skyrim: una villa, celata nei boschi vicino al lago Illinata. Una villa il cui signore è lo stesso del capitano delle Guardie Nere..."
"Imperatore, il Sangue di Drago vi ha cresciuto?" chiese Tibdan aggrottando la fronte.
"Ed educato. E nutrito. Per quasi un anno, invero i mesi più gioiosi della mia infanzia, ho chiamato amico il suo figlio maggiore..." la frase seguente, Attrebus la disse rivolgendosi all'ambasciatore Vandergroet:
"...Non posso immaginare la vastità dei suoi poteri e della sua furia, ma se c'è qualcuno capace di espugnare una città da solo, quello è lui."
"Avete visto Attrebus?" sibilò Nascondi Artigli: "Non in questo pesce risiedeva la chiave per dischiudere il Sangue di Drago. È stata in voi per tutto questo tempo, voi che come lui portate il drago come vessillo."
"C'è una differenza amica mia. Sì, noi imperatori degli uomini ci orniamo del drago come vessillo, ma è solo un ornamento. Lui, invece, lo è."
"Questa Khajiit si chiede perché l'imperatore degli uomini lo abbia tenuto nascosto..."
"Non siate... cough cough... ottusa, signora dei Khajiit. Il Sangue di Drago è già un mostro sacro per tutti noi, senza offesa Scudo di Drago..."
"Nessuna offesa." rispose Lydia.
"...Se la notizia che è stato il Sangue di Drago ad educare il nostro imperatore si diffondesse, quanti sospetti verrebbero seminati. Quanta paura, di fronte all'influenza che possiede: si direbbe che il trono imperiale è già suo. Che è lui a dare ordini all'impero degli uomini. E qualcuno desideroso di compiacerlo potrebbe tentare di... fare posto alla sua ascesa." Lo sguardo obliquo di Idgrod verso Attrebus fu più rivelatorio delle sue parole: "Mentre altri potrebbero tentare di opporsi a lui con mezzi che lo costringerebbero a reagire con violenza. Un inutile spreco di altre vite."
"Principessa del Nord, ogni decisione che ho preso da quando sono salito al trono è stata fatta indipendentemente dal Sangue di Drago." disse Attrebus piccato.
"Ma certo, vostra maestà, non era mia intenzione offendervi... cough... cough. Ma se anche non fosse vero, probabilmente avreste detto la stessa cosa..."
L'imperatore degli uomini scosse la testa tristemente:
"Se davvero avessi seguito per tutto questo tempo i suoi ordini, forse avremmo avuto meno perdite nei nostri ranghi."
"...Sembra siate diventato un poco più saggio dalla vostra ultima lezione, Attrebus." disse Lydia, facendo arrossire l'imperatore, che ripose:
"Dopo tutti questi anni... ancora non riesco a giudicare quanta influenza il tuo signore abbia sulla mia vita."
L'huscarlo guardò per un attimo Silandra, prima di tornare a fissare il principe:
"Chissà? Vivrete per sempre con questo dubbio: ma io non credo che il mio thane vi abbia protetto ed educato perché foste un suo strumento. Perché altrimenti accontentarsi di diventare conte, quando avrebbe potuto essere re lui stesso? Allo stesso modo, avrebbe potuto sedere nell'antico consiglio se solo avesse desiderato, e tuttavia non ha voluto nemmeno quello."
La possibilità che Attrebus facesse parte di un piano futuro del Sangue di Drago non venne nominata, ma rimase sospesa sopra le loro teste: perché ineffabile era il Dovahkiin, carne mortale animata da spirito di drago.
"Ma allora... " disse Vandergroet afferrandosi il mento: "...se il Sangue di Drago ha davvero sempre avuto questo potere... perché non usarlo prima?"
L'imperatore sospirò, chiudendo gli occhi e rammentando una lezione della sua giovinezza a proposito del buon governo:
"Un potere eccessivo..." citò Attrebus a memoria: "O un eccessivo impiego di esso, genera solamente resistenza e ribellioni e spargimenti di sangue: desiderando troppo, e troppo in fretta, inevitabilmente si perderà tutto a causa della propria avidità. Solo la forza necessaria, mai di più: ed è questo equilibrio a definire il governare..."
L'imperatore scosse la testa, ricordando quei giorni: "Questo mi è stato insegnato dal Sangue di Drago ed è un insegnamento che permane in me e sento come vero."
"...Un guerriero ed un filosofo. Un santo per i suoi alleati ed un incubo per i suoi nemici: quale peculiare dicotomia il Sangue di Drago. Simile alle altre leggende del passato, ma diverso al punto che solo il Nerevarine e l'Eroe di Kvatch possono essere accostati a lui. Così terribile... e tuttavia, così grande." ponderò Tibdan.
Fu il turno di Shasara di parlare a quel punto, e di rivelare ciò che aveva intuito dopo essere stata liberata dal buio e dalle catene, anni prima: lo sussurrò solamente, aprendo e chiudendo i palmi mentre lo diceva, ma venne udita da tutti.
"...Per tutto questo tempo, questi anni di guerra, il Sangue di Drago ha sigillato se stesso: perché questa era una guerra tra nazioni, non tra leggende. Una guerra tra esseri mortali e come tale egli l'ha combattuta: un generale fedele ed abile. Per salvare il nostro onore ed il suo, per non alimentare la paura verso la nostra alleanza, cresciuta così tanto in questi anni, egli si è imposto dei limiti e delle regole ferree: non ha mai usato la Voce dei Draghi in questa guerra, ma solo la forza del suo braccio e del suo spirito. Ha istituito le Guardie Nere perché facessero coi numeri quello che lui non desiderava più fare... e tutti questi sforzi, questo impegno... sprecati dalla nostra inettitudine." Shasara scosse la testa prima di continuare: "...Non più come mortale giungerà agli elfi, ma come drago di tempesta, come un fuoco del cielo. Che i nove dei abbiano pietà di Alinor e dei suoi abitanti, perché di certo non ne troveranno in lui."
"Ed è per questo che prima di partire il mio thane ha sciolto le Guardie Nere." confermò Lydia assentendo col capo.
"Che cosa ha fatto?"
"È così. Poiché questa guerra è già finita e noi abbiamo esaurito il nostro compito, Attrebus: le Guardie Nere non hanno più ragione di esistere."
"Che cosa sarà di voi?" chiese Azhri.
"Se temete una ribellione, posso assicurarvi che fino a quando indosserò quest'armatura, essa non avverrà. Per dieci anni abbiamo combattuto e affrontato gli incubi dell'Oblivion, sorretti dalla fede e da un sogno. È tempo che le Guardie Nere tornino alla casa che ci è stata promessa: prenderemo il mare, ed assieme al mio thane, torneremo ad est."
"...E che succederà a noi?" chiese Idgrod.
"Non sono io la veggente di questo consesso. Noi Guardie Nere non ci siamo mai aspettati molto da questo consiglio, ma perdere sua figlia... è troppo, persino per voi. Credo che il mio thane lascerà alla storia il compito di ricordarvi come coloro che hanno permesso ai Thalmor di ferirlo."
"Io pretendo una maggiore condanna per la colpa di cui ci siamo macchiati oggi..." implorò Shesara, ma Lydia la zittì con un gesto.
"...Come ho detto, non mi sento particolarmente misericordiosa oggi, Shesara. Vivrai con questo colpa per sempre, e vivere è la condanna che impongo a tutti voi. Ma se davvero vuoi redimerti elfa, vieni con noi all'est: Skyrim ha il suo modo di mettere alla prova gli animi e scavare la vera natura di una persona."
"Venire all'Est?"
"Non obbligarmi a ripetere ancora, Altmer. La nostra nave partirà con la marea e non un momento più tardi: saprò cosa avrai deciso quando spiegheremo le vele."
"...Quale nave, capitano? Le Guardie Nere non hanno un vascello."
"Quella che abbiamo requisito al vostro esercito, ovviamente. O preferireste che noi restassimo a Summerset, principe?"
Attrebus scosse la testa abbastanza velocemente da apparire ridicolo.
"E dunque addio." disse semplicemente Lydia, dando loro le spalle.
"Un momento solo, capitano." la chiamò la Dage: "Questa Khajiit pensa che, poiché il corpo delle Guardie Nere è stato sciolto, ci dobbiate un inchino."
Lydia si fermò sulla soglia, con il lembo della tenda già in mano, ma non si sprecò a voltarsi: girando appena la testa e guardando la Khajiit da sopra la spalla, sibilò:
"Precisamente."
Forse fu solo uno scherzo della luce, ma in quel momento gli occhi di Lydia sembrarono diventare come quelli di un lupo.
Senza degnarli di uno sguardo di più, la donna del Nord se li lasciò alle spalle, prostrati dal supplizio a cui erano sopravvissuti: perché stare in presenza dei compagni del Sangue di Drago era sempre come fronteggiare una tempesta.
"E così viviamo un altro giorno... che noia!" offrì la Dage a mo' di spiegazione, cominciando a leccarsi gli artigli: Il ghigno del deserto doveva tenere fede al suo nome, anche quando le sue mani tremavano come foglie.
"...Se fossi una orsimer, ti prenderei in moglie qui e ora, gatta."
"Questa Khajiit accetterebbe con gioia." rispose Dra'Khaj Krin: il verso di disgusto di Tibdan si perse assieme alla risata di Idgrod.


Angolo dell'Autore:
Durante la stesura di questa storia, mi sono trovato spesso a consultare il lore di elder scroll, sia per cercare di attenermici il più possibile, sia per curiosità e ispirazione.
Spero che le mie idee e teorie sulla composizione degli schieramenti di Altmer e l'Allenza, possa piacervi: sappiamo da alcune testimonianze durante la crisi dell'Oblivion, che gli Altmer sono abituati a schiavizzare le creature che evocano e usarle come forza lavoro e su questo ho basato molte delle mie idee sul loro esercito (ci saranno più informazioni nel prossimo capitolo, cmq).
Passando ad altro: Lydia! xD Dopo molto tempo, mi sono reso conto che o la si ama o la si odia, non ci sono vie di mezzo con lei. Ammetto che non è il mio seguace preferito, ma bisogna riconoscere che la fedeltà di Lydia è davvero incrollabile: non importa dove si vada, cosa si combatta o chi tu sia come Sangue Di Drago, lei stringerà le spalle, si caricherà la schiena e ripeterà sempre: "Ho giurato di condividere le tue pene."
Credo si debba rispettare una simile abnegazione e decisione. Lydia si merita di condurre le Guardie Nere.
  
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