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Autore: A lexie s    25/10/2014    7 recensioni
CaptainSwan spelling:
Scrivere flashfic o oneshot partendo dai seguenti prompt, la pubblicazione può avvenire in qualsiasi momento, l’unica regola consiste nel rispettare la sequenza senza saltare lettere.
-Chocolate&Comfort: Lui spostò la mano dalla sua schiena, facendole sentire la mancanza di quel calore, le toccò leggermente il labbro inferiore catturando una scia di cioccolata che era sfuggita al suo controllo e se la portò alle labbra.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Never give up

Captainswan – [Trick&Trust; 788 parole.]
 
Dire la verità o mentire?
Entrambe le opzioni implicavano comunque una situazione complicata nonché sofferenza per entrambi.
La verità significava ammettere di non essere cambiato profondamente come credeva, di essersi cullato credendo che uno stupido pezzo di carne potesse spingerlo a fare cose contro la sua volontà. Si sentiva male per essersi lasciato andare, per essersi fatto aggirare da Gold, tutto per una stupida mano che sapeva non le importava. Emma aveva chiesto di uscire a lui, l’uomo con l’uncino ed il voler essere “completo” per lei aveva complicato tutto, mentre si sentiva completo solamente insieme a lei.
Mentire contemplava il ricommettere l’errore che aveva fatto in passato, oltre al continuare ad essere controllato da quell’uomo e lui non voleva, voleva liberarsi da tutto e voleva dirle la verità, l’aveva omessa per troppi giorni. Troppi giorni spesi a pensare alla decisione da prendere, quando quella era già lì e doveva solo rispettarla. Lei si fidava di lui, l’aveva ammesso così apertamente, così vulnerabilmente mentre lo fissava negli occhi e lui non poteva tradire quella fiducia, anche se era spaventato e anche se significava deluderla.
Si alzò dal letto e si apprestò a lasciare la stanza, quando qualcuno bussò furiosamente alla porta.
“Hey, Emma” mormorò aprendo, preoccupato da quell’insistenza. Lei entrò, la furia dipinta nel viso e gli occhi ridotti ad un’unica fessura. Lo sorpassò avviandosi verso l’interno e rimase immobile dandogli le spalle.
Lui capì subito che doveva aver scoperto qualcosa, ma questo non gli impedì di chiederlo: “va tutto bene?” sussurrò.
“Tutto bene? Tutto bene? Come potrebbe andare tutto bene, se non hai fatto altro che mentirmi” sputò fuori, arrabbiata, ferita, delusa profondamente. Le spalle un po’ curve come a reggere il peso delle sue stesse parole.
Killian si avvicinò e le poggiò la mano sulla spalla, che Emma prontamente e bruscamente scostò voltandosi nella sua direzione.
Fu quando vide il suo viso che si sentì male realmente, la voce arrabbiata riusciva anche a capirla e a sopportarla, ma vedere quegli occhi così feriti e lucidi no.
Lei era sul punto di piangere, ma non l’avrebbe fatto, non davanti a lui e questo lo sapeva. Vederla trattenersi così dolorosamente, con quelle espressione fiera che contraddiceva la sofferenza che provava, vederla così gli spezzò il cuore in mille frammenti. Pezzi così piccoli che sembravano aghi che gli perforavano ogni parte del corpo, provocandogli una vera sofferenza fisica.
“Emma, ti prego, lasciami parlare” chiese con voce flebile, lei cercava di mettere distanza tra loro, mentre lui voleva solamente abbracciarla e chiedergli di perdonarlo.
“Prima dovevi parlare, io ti ho detto che mi fido, fidavo” si corresse, “e tu invece di fare lo stesso, invece di fidarti di me, mi hai mentito.” Concluse risentita, cercando di dare un contegno alla voce, non permettendole di sussultare.
“Non volevo ferirti, non volevo pensassi che sono quello di prima” confessò, cercando di avvicinarsi e mettendole la mano sul fianco.
“No, avresti dovuto dirmelo, avresti dovuto darmi il beneficio del dubbio e non privarmi della possibilità di scegliere” lo scostò nuovamente e si avviò verso il letto, sedendosi vicino al bordo nel punto più distante da lui.
“Ti prego, Emma.” Abbassò la testa sconfitto, mentre la sua voce diventava sempre più disperata. “Perdonami” sussurrò, avvicinandosi nuovamente e sedendosi vicino a lei senza toccarla però.
“Ti prometto che farò meglio. Non lo vedi? Non sono quello di prima. Mi sento così in colpa, puoi vederlo nei miei occhi. Ti prego, guardami.” La sua supplica, scosse le spalle della ragazza che si svegliò dal torpore in cui era caduta.
Emma alzò brevemente lo sguardo fino a scontrarsi con i suoi occhi, poi lo riabbassò rapidamente. “Non riesco nemmeno a guardarti.” Gli urlò contro, alzandosi subito dopo.
“Non ti fiderai più di me” constatò lui, sconfitto e addolorato. “Stavo per dirtelo, sai?” chiese, guardandosi intorno in cerca di un appiglio, qualcosa in quella stanza che lo mantenesse a galla, mentre l’unica cosa che poteva farlo era quello che lei gli negava.
“Stavo venendo da te, adesso, non volevo più ometterti niente.” Concluse.
“Dovevi pensarci prima, ci sono state mille occasioni per parlarmene in questi giorni e hai scelto di non farlo, di non fidarti.” Il dolore era così palpabile nella sua voce.
“Maledizione, Emma, io mi fido di te. Non volevo che mi guardassi diversamente.”
“E ti rendi conto che adesso non riesco nemmeno a guardarti?!” Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, poi si avviò verso la porta e fece per andarsene.
“Aspetta, solo non andartene. Possiamo riparare, puoi tornare a fidarti di me” lei si fermò, la mano appesa alla maniglia per qualche secondo e poi l’aprì.
“Non lo so” mormorò, prima di andarsene e di lasciarlo solo, lì, al centro della stanza. 
  
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