Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: Darth Rainbow    26/10/2014    3 recensioni
Nyss e Myrtle sono un duo piuttosto particolare con il pallino per i furti, le astronavi e le pistole. Sono soddisfatte della propria vita fino a quando Thorn, il capo della più influente organizzazione criminale della Galassia, le costringe a entrare nella sua banda. Tra tigri giganti, telepati, alieni viola minacciosi, androidi, pianeti remoti, governatori corrotti, piscine idromassaggio e covi umidi e sgradevoli, le loro vite verranno leggermente sconvolte...
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO V

 

“Non potrò mai più uscire! Sarò costretta a passare il resto della mia vita in un bugigattolo maleodorante! Ahhhh…”. Myrtle se ne stava rintanata sotto un cumulo di coperte, rifiutandosi di affrontare la realtà.

“Ma dai, non è stato nulla di grave.” Fu la risposta, leggermente esasperata, della sua amica.

“Nyss, l’ho baciato di fronte a tutti. A tutti.”

“E allora? Dove sta il problema?”

Fece una pausa. Ovviamente una come lei non avrebbe mai capito. Nyss aveva sempre avuto frotte di corteggiatori e un discreto numero di amanti, nonostante fosse giovane quanto lei. Era decisamente più matura e disinibita in quel versante. Quindi, non avrebbe mai potuto capire l’imbarazzo, la paura del giudizio altrui, il terrore di aver commesso qualcosa di sbagliato e irreparabile, che la attanagliavano.

“Il problema è che,” disse, emergendo dal suo caldo rifugio “una come me ha baciato uno come lui. E’ come se la sorellastra brutta di Cenerentola tentasse di baciare il Principe Azzurro. A tutti farebbe ribrezzo, e la prenderebbero in giro.”

“Che razza di favole ti raccontavano da piccola?”

“La storia del ragazzo più bello della scuola che si mette con la nerd emarginata è pura fantasia, nella realtà non accade mai!” continuò l’altra imperterrita. “Sono storie che noi ci creiamo per consolarci dalla dura realtà, ma il fatto è che il bello eviterà come la peste la racchia. Non bisogna sconvolgere l’ordine naturale delle cose, il brutto anatroccolo non deve nemmeno sfiorare…” si fermò, senza fiato.

La rossa si sedette sul letto, a gambe incrociate.

“Credo che qualcuno debba superare alcuni traumi scolastici.” 

L’altra gemette. “E’ stato uno dei periodi più brutti della mia vita. Due anni di puro inferno. Perché ci siamo andate?”

“Perché Enthor era morto e sono intervenuti i servizi sociali di Youndoor.”

“Quello lo so. Ma saremmo dovute scappare prima.”

“A tredici anni dove volevi andare? Già partire a quindici è stato un azzardo. Comunque, ormai sono passati tre anni, non puoi essere ancora traumatizzata.”

“Quando un gruppo di ragazzi idioti ti prende in giro ogni santo giorno,  facendoti sentire l’essere più miserabile della galassia, ti segna. E poi te di cosa ti lamenti? Di certo non ti hanno preso in giro perché sei brutta.”

“No, ma sono pur sempre una mutaforma di origini sconosciute, non proprio il soggetto più normale di questo mondo. Prendevano in giro anche me, ti ricordo. Solo che erano dei completi idioti e non mi importava nulla.”

“La mia classe era peggiore della tua.”

“Cos’è, una gara? Rilassati. Ci siamo lasciati alle spalle tutto quello. E tra parentesi, non sei affatto brutta.”

“Lo dici tanto per dire.” Myrtle si sentì infastidita. Odiava quando tentavano di consolarla a quel modo. Curiosamente però, percepì il battito del suo cuore accellerare.

“No, penso tu sia molto carina. E poi hai personalità, e una certa dose di fascino.” Non rispose nulla e ignorò ostinatamente il tenue nodo allo stomaco. Non sapeva mai cosa dire quando le facevano dei complimenti.

“Quindi Thorn non si volterà disgustato quando mi vedrà?” disse dopo un po’.

“Myrtle! Alza il culo ed esci da lì!”

“Okay, okay non c’è bisogno di urlare” bofonchiò.

“Tra dieci minuti dobbiamo essere nella Sala Centrale, che Thorn ci darà le ultime istruzioni prima di partire.”

“Ho capito, mi sbrigo, mi sbrigo!”.

 

Tre minuti dopo stavano imboccando uno stretto corridoio.

“Io giuro che Venus lo ammazzo” disse piena di veleno Myrtle.

“Oh, vedo che hai fatto due più due. Finalmente” fu la risposta della rossa.

“E tu lo sapevi! Perché non mi hai avvertita? Io mi fidavo di te.”

“Perché non c’era nulla di pericoloso.” e la guardò con quei suoi incredibili occhi verdi, con una luce triste tinta di amaro. “Seriamente, credevo che tu avessi più fiducia in me. Come se avessi mai fatto qualcosa per farti male. Ti sono stata sempre accanto e tu lo sai. Ti stai comportando come una ragazzina.”

Myrtle comprese di aver oltrepassato il limite e distolse lo sguardo. Avrebbe voluto scusarsi, ma non vi riuscì e si odiò per questo. Lei e il suo stupido orgoglio.

Il resto del tragitto si svolse in silenzio, e quando giunsero di fronte alla  Sala Centrale, premettero il pulsante e la porta automatica si aprì silenziosamente. Non aveva fatto un passo, che il resto della sua squadra subito la accolse calorosamente. Guardandosi intorno vide un tavolo ovale con un ologramma al centro, che girava lentamente su se stesso. L’intera sala era riempita da computer e monitor.

“Guarda chi si vede! La nostra fémme fatale preferita!” la prese in giro Venus. Barticus si limitò a un più laconico “Buongiorno” ma uno scintillio negli occhi tradiva un certo divertimento, mentre Liu le sorrise. Vi si leggeva  però un leggero fastidio nella piega della sua bocca. Myrtle si chiese se in qualche modo ce l’avesse con lei per la faccenda di Thorn. Poi decise che non le importava, dato che in parte era anche colpa sua.

“Bene arrivate. Possiamo iniziare” la voce calda e avvolgente alle sue spalle la fece sobbalzare impercettibilmente, attanagliandole lo stomaco in una morsa di panico. Avrebbe tanto voluto evitare di girarsi. Con la coda nell’occhio vide Nyss salutare Thorn con un “Ciao!” che le sarebbe parso allegro, se non fosse strana rigidità che Myrtle non riuscì a decifrare. Quindi si decise a girarsi, stampandosi la sua migliore faccia neutra.

“’Giorno.” Per un millisecondo aveva incontrato i suoi occhi, così assurdi con quelle iridi nere come la pece e pupille verdi, e aveva distolto immediatamente lo sguardo, osservando la sala per trovarsi qualcosa da fare. Lo sentì ridacchiare.

“Vedo che qualcuno è piuttosto in imbarazzo.”

“Quanti computer che ci sono in questa sala. A cosa servono?” disse, tentando di far credere che non avesse sentito.

“Non cambiare discorso.”

“Non c'è nulla di cui parlare” replicò lei, continuando a guardare ostinatamente alla sua sinistra. Si rese conto che tutti la stavano fissando, la maggior parte annoiati.

“Myrtle, smettila di fare la donzella pudica dalla risposta tagliente” le disse Liu esasperato.

“Non capisco perché bisogna parlarne” fu la risposta piccata “decisamente non è la faccenda più importante.”

“Hai ragione” si intromise una nuova voce, cristallina, e Calypso entrò nella sala “ma  meno questioni irrisolte ci sono, meglio sarà per la missione.” La fissò con uno sguardo gelido. “Aiuto, sta diventando una telenovela.” pensò Myrtle. “Anche Calypso mi odia per ieri sera.” Decise che comunque avrebbe dovuto dare delle spiegazioni almeno alla Yule, dato che probabilmente era la compagna del capitano.

“L’unica cosa di cui parlare è che quel ritardato di un androide mi ha drogata. Fine, punto. Ecco spiegato lo spettacolino di ieri.” Tutti sogghignarono.

“Immaginavo fosse qualcosa del genere” disse Thorn pacato. “Beh, dovremmo tenerlo a mente, si potrebbe rivelare utile in ciò che ti aspetta.” Detto questo si scostò una ciocca di capelli corvini dal viso, e si avvicinò all’ologramma al centro del tavolo. Myrtle decise di non aprire bocca, non sapendo che replicare.

“In questa missione avrete quattro fasi” esordì Thorn. “Nella prima, la più breve, Calypso vi accompagnerà nella scelta e l’acquisto di un Dardo. Dopodiché, Myrtle assumerà l’identità fittizia di Fanny Greenjaw, pilota clandestina. Nyss sarà la tua ancella. Gli altri resteranno nell’ombra, ad eccezione di Venus, che parteciperà alle gare come spettatore e si inserirà nell’ambiente, senza  mostrare alcun collegamento con voi. Myrtle si iscriverà alla prima gara eliminatoria per qualificarsi nel torneo. Non è necessario che tu vinca il torneo, ma solo che tu ci stia abbastanza a lungo da poter entrare in conoscenze più strette con il governatore. Ovviamente, migliori i tuoi risultati, maggiori saranno le possibilità di venir notata. I dettagli più specifici vi verranno forniti al momento del bisogno da Liu, Calypso, e Shpynx in collegamento dal Quartier Generale o da me in persona. E’ tutto chiaro?”

Tutti annuirono.

“Bene. Non mi resta che augurarvi buona fortuna.” 

“Yee! Si parte per una nuova avventura!” disse Nyss. Myrtle sbuffò. “Tu e il tuo entusiasmo.” 

Venus le si avvicinò e le mise un braccio intorno alla vita.

“Suvvia, non tenere così il muso. Sarai la nostra eroina, non ne sei emozionata?”

Stava per replicare qualcosa di estremamente volgare, quando Barticus decise di evitare una baruffa e la spinse delicatamente verso la porta. Iniziarono ad uscire dalla sala per dirigersi verso la loro astronave, ma Thorn richiamò Myrtle indietro.

“Sì?” chiese lei con finta noncuranza. Lui la fissò negli occhi, prendendola delicatamente per le spalle. “Dannazione Thorn” pensò. “Non puoi farmi questo, non puoi starmi così vicino, toccarmi, fissarmi a quel modo.”

“Comportati come ti sei comportata ieri, e sarai perfetta.” disse, con un leggero sorriso malizioso.

“Uhm, ero sotto l’effetto di droghe, non credo di poterlo fare a mente lucida.” Cercò di sembrare distaccata, quando invece era estremamente scombussolata. Si chiese confusamente se quelle parole potevano farla sperare in un interessamento reale da parte sua, dandosi della stupida subito dopo. Thorn interessato a lei? Fantascienza.

Lui la osservò un secondo. “Non aver paura di mostrare un lato di te stessa che vuoi tenere nascosto. La gente forse ti giudicherà, ma già ti sta giudicando per tante altre cose. Non è un buon motivo per perdersi il divertimento, o no?”

Myrtle si ritrovò in corridoio che stava ancora ripensando alle parole di Thorn, tentando di dargli un significato.

“Che ti ha detto?” chiese Nyss con un sopracciglio aggrottato.

“Boh, qualcosa a proposito del fatto che non devo aver paura che la gente mi giudichi, e che mi devo comportare come l’altra sera.” 

L’altra sbuffò.

“Non ti piace, vero?”

“Non lo so, ha un atteggiamento di uno che si crede meraviglioso. E ha quell’aria da cascamorto che mi irrita.”

Myrtle scelse di ignorare quel commento.

 

Nell’hangar le attendeva una sorpresa, nella forma della navicella da loro rubata poco tempo prima.

“Viaggeremo con questa?” chiese Nyss entusiasta.

“Sì, è una ottima nave ed è spaziosa” rispose Calypso.

“Quanti bei ricordi” disse Liu, e strizzò l’occhio a Nyss, che sorrise di rimando.

Quando furono tutti entrati nella cabina di pilotaggio, Liu le indicò la sedia di comando con un gesto cerimonioso. Myrtle si sedette nella poltrona, impugnando il volante. Era una sensazione strana. Aveva sempre viaggiato o da sola o con Nyss, mai aveva trasportato altra gente, se non per brevi tratti. Le dava un senso di responsabilità e autorità che le piaceva da impazzire, anche perché Calypso, pilota decisamente capace, le aveva ceduto il posto.

“Prepararsi al decollo” disse, allacciandosi la cintura, imitata dagli altri. Calypso prese posto come copilota.

“Tutti i livelli delle funzioni vitali e delle funzioni minori sono nei parametri standard” disse “il decollo può essere effettuato.”

Myrtle si ritrovò costretta a guidare l’astronave basandosi interamente sul suo istinto e sulla sua vista. I campi magnetici attorno al pianeta rendevano impossibile l’utilizzo non solo del pilota automatico, ma anche di gran parte dei sensori e misuratori. Persino la visibilità era scarsa. Nonostante ciò, riuscirono ad uscire dall’orbita senza incidenti  e in breve tempo. Calypso, con la sua solita eleganza, la lodò per quel decollo così ben fatto. Nyss inserì il pilota automatico, dopodiché fece per andarsene, ma qualcosa la fece tornare sui suoi passi.

“Calypso senti… mi dispiace per ieri sera, ma davvero, non era nelle mie intenzioni” esordì senza nessun preambolo. L’altra la guardò con un’espressione strana, un miscuglio di divertimento, tristezza e irritazione.

“Non ti devi scusare, non sto insieme  a Thorn” disse con voce pacata, e tornò a guardare il monitor del computer su cui stava lavorando. L’altra sollevò le sopracciglia, stupita.

“Ah no? Scusami, ero convinta che foste una coppia.”

“Lo siamo stati” fu la risposta, data – o così le parve - con finta leggerezza.

“E cosa è successo? Se posso chiedere, ovviamente.”

“E’ finita abbastanza all’improvviso, senza un motivo preciso.”

“Mi dispiace.” L’altra fece le spallucce, e rispose continuando a guardare lo schermo, senza fissarla negli occhi:

“ Credo che lui si sia stufato, si stufa presto in effetti. Sarà per il fatto che è così vecchio, che trova chiunque noioso.”

“Quanti anni ha?”

“Non lo so. Qualche migliaio, credo. Nessuno, nemmeno lui lo sa con esattezza.”

“Ma che diavolo di razza è?”

“E perché dovrei saperlo? É un mistero. Tiene nascosto il suo passato da tutto e da tutti. Da questo punto di vista, non è una persona facile con cui stare insieme.” Fece una pausa, in cui osservò Myrtle.

“Però è interessato a te” disse.

“Oh, non credo. Voglio dire, se nemmeno con te ha funzionato… oggettivamente tu non hai nulla da invidiarmi. Sei perfetta, bella, brava, intelligente. Abbiamo persino interessi in comune. Perché mai dovrebbe preferire me a te?”

“Non ho mai detto che ti preferisca a me. Ho solo detto che gli interessi, non per forza in senso romantico. E tra parentesi, la gente non si innamora per una lista di qualità. Si innamora e basta, il più delle volte senza nessun motivo” sospirò. “L’amore è una cosa così insensata… era comprensibile finché si basava sulla conservazione della specie, ma ora con tutte queste coppie interspecie si è persa persino quell’intenzione. Non è affascinante, come creature provenienti da posti così lontani gli uni dagli altri, abbiano tutti provato questo sentimento, in forme così simili?”

“Si può dire lo stesso per ogni altro sentimento.”

“Questo è vero” riconobbe la Yule. “D’accordo, vado a prendere qualcosa da mangiare, l’ora delle conversazioni profonde è finita.”

Myrtle rimase nella cabina di pilotaggio, a osservare lo Spazio davanti a lei. Poco dopo la raggiunse Nyss, che sorseggiava rumorosamente un succo.

“Ehi, hai faputo la grande notiffia?” disse con la cannuccia ancora in bocca.

“No, che grande notizia?”

“Ci sono solo quattro camere. E noi siamo in sei.”

“E  quindi?”

“Beh, ovviamente io e te dormiremo insieme. Barticus è troppo grosso perché possa dividere la camera con qualcuno. Calypso è l’unica donna rimanete fuori e prenderà la terza camera. Questo vuol dire che…”

“Venus e Liu prenderanno la quarta camera?”

“Esatto!”

Myrtle la fissò perplessa per alcuni secondi.

“E quindi?” chiese infine.

“Come ‘e quindi’? Ma non hai visto come Venus guarda Liu?? E’ perfetto.”

“Nyss, sei la solita pervertita” disse con un sospiro.

 

**

 

“Ci sono tantissimi modelli, che variano per velocità, accelerazione, manovrabilità, dimensione, resistenza… ovviamente tutti sono costruiti con materiali di altissima qualità. Ci sono anche moltissime differenze nel prezzo.”

Una specie di granchio giallognolo li stava facendo camminare nello sterminato magazzino di Dardi, affollato di gente. Il venditore in sé era un buffo personaggio, che indossava una sorta di smoking e aveva scelto una voce profonda e ossequiosa per il suo modulatore vocale, strumento di cui tutte le specie impossibilitate al discorso parlato si servivano.

“A quanto ammonta il nostro budget?” chiese Myrtle a Calypso, sussurrandole in un orecchio.

“Teoricamente illimitato, ma dobbiamo fare attenzione a non destare troppi sospetti.”

“Preferirei un modello piccolo e manovrabile, se fosse possibile” disse Myrtle al granchio.

“Ma certo signorina, consideri però che verrebbe penalizzata in potenza.”

“Mi interessa anche che abbia una buona accelerazione, anzi, deve avere più ripresa possibile. La velocità mi interessa meno, ma deve essere comunque molto buona.”

“Sarà difficile coniugare tutti questi parametri” rispose, armeggiando con l’ologramma informativo. “Uhm... Vediamo, abbiamo un M42 Tiger Lily. Estremamente aerodinamico, raggiunge ottime velocità. E’ di dimensioni molto ridotte ed è tra i modelli con l’accelerazione migliore.”

“Ma è praticamente di cartapesta” disse Calypso.

“Bisogna pur mantenere i prezzi competitivi, signora.”

“Troppo pericoloso. Non va bene” disse la Yule.

“Ma Calypso! Non andrò mica a schiantarmi! Anzi, il fatto che sia piccolo e manovrabile diminuirà questa possibilità!”

“No, è troppo pericoloso. Rischieresti di finire schiacciata tra le lamiere.”

“Abbiamo anche un Beetle Bum. Dimensioni maggiori, raggiunge le velocità più elevate tra i Dardi. Passa da 0 a 1000 chilometri orari in 0,0001 secondi.”

“Un po’ complicatuccio dosare la velocità, eh?” disse Myrtle.

“Infatti” si intromise Calypso.“E’ tra i più costosi ed è il modello preferito dai professionisti, cosa che tu non sei. Quale è il modello col migliore rapporto resistenza/dimensioni?”

“Sicuramente il White Typhoon SX6. E’ fatto con un nuovissimo materiale in lega di carbonio, con una struttura retinica che lo rende allo stesso tempo resistente ma elastico agli urti. Purtroppo i parametri di velocità e accelerazione sono estremamente scadenti. Ha una buona manovrabilità, date le sue dimensioni ridotte, che sono addirittura inferiori a quelle del Tiger Lily, ma i comandi risultano a volte difettosi.”

“Credo sia il nostro modello” disse Calypso.

Myrtle la guardò con due occhi sgranati. Senza un motore performante non sarebbe arrivata da nessuna parte.

“Abbiamo i nostri meccanici” le sussurrò la Yule come spiegazione. “Possiamo modificarlo quasi interamente.”

Per sicurezza si fecero mostrare altri modelli, ma Calypso rimase fissa sul Typhoon.

“Di che colore lo desidera?”

“Blu elettrico. Come i suoi capelli” disse Myrtle. L’altra la guardò stupita.

“E’ un colore che mi è sempre piaciuto” spiegò.

La Yule rimase a contrattare con il granchio, mentre Myrtle si dirigeva al bar dove era situato il resto della squadra.

“Come è andata?” le chiese Barticus, che era il primo ad averla vista arrivare.

“Abbiamo scelto un Typhoon. Fa abbastanza schifo, ma Calypso dice che ci penseranno i nostri meccanici a migliorarlo, e quindi non mi devo preoccupare.”

“Di che colore l’hai preso?”

“Blu elettrico”. 

Nyss sporse le labbra, dispiaciuta. “Perché non arancione?” chiese.

“Perché non rosso rubino?” chiese Venus.

“Perché non nero?” chiese Liu.

“Perché non ti siedi?” chiese Barticus. 

Myrtle si sedette. “Perché il blu è il mio colore preferito” fu la secca risposta, mentre apriva un menù per ordinare qualcosa da mangiare.

Calypso li raggiunse dopo un’ora e mezza:

“Quello stupido granchio mi stava facendo un prezzo esorbitante, ci ho messo una vita, ma alla fine ho ottenuto un quarto del prezzo che chiedeva.”

Liu emise un fischio. “Però, qualcuno qui sa contrattare. La prossima volta che andrò a fare shopping ti porterò con me.” L’altra lo fulminò con lo sguardo.

“Comunque” aggiunse lei “verrà il cugino di Sphynx a modificarla. Sarà qui a breve.”

Arrivò due ore dopo nell’officina affittata per l'occasione, accompagnato da un pilota dell’Organizzazione su un’astronave malmessa. Al contrario della cugina, era estremamente timido e introverso. Aveva una zazzera disordinata di capelli castani, e un volto ricoperto di lentiggini. Possedeva anche la fastidiosa abitudine di non guardarti negli occhi quando gli parlavi, e mentre camminava con le esili spalle incurvate in avanti, il suo lungo corpo filiforme ondeggiava leggermente. A Myrtle fu subito simpatico.

 

Immediatamente Calypso gli mostrò la navicella, che lei stessa quasi non aveva visto, e lui subito iniziò a buttare giù una serie di progetti sul suo tablet.

“Per aumentare l’accelerazione e la velocità avrò bisogno anche di un meccanico, ma credo che in questo pianeta non sarà difficile trovarne uno” disse con una voce pigolante. Quella fu quasi l’unica cosa che disse per tutto il periodo che passò con loro.

Fu un lavoro lungo, che richiese alcuni giorni. Myrtle per passare il tempo esplorava quel nuovo pianeta. Era piuttosto grande, con una vegetazione variegata, e la maggior parte delle terre erano ricoperte da una fitta e rigogliosa giungla, con numerosi alberi, alti anche centinaia di metri, da cui pendevano liane e dove si annidavano le più disparate specie animali. Queste piante erano talmente tenaci che le città e il cemento erano in continua battaglia con la natura, e ogni centimetro disponibile negli insediamenti era occupato da qualche albero o arbusto. Si era chiesta perché non esportassero quegli alberi in pianeti con forti crisi ecologiche, dato che si mostravano così ansiosi di sopravvivere. Tutto ciò dava la piacevole sensazione di una città completamente immersa nella foresta.

Questi luoghi erano comunque molto affollati, e le vie sempre piene di gente multicolore che andava e veniva. Gli indigeni assomigliavano a delle cavallette verdi, ma indossavano stoffe molto pregiate e variopinte, le donne indossavano monili, e nel complesso si trattava di una specie molto affabile e generosa.  Myrtle amava vagare per le vie del mercato, circondata dal frastuono. Conducevano una vita molto semplice, quasi primitiva: cucinavano ancora interamente con la legna del fuoco, e gli edifici erano spesso in lamiera. L’energia elettrica era diffusa in maniera sommaria, ed era evidente come vi fossero forti disuguaglianze, specie a causa del traffico illegale di Dardi che si era istallato in quei luoghi.

In quel momento una vecchia seduta a un banco stava tentando di venderle una serie di bellissime collane, e a Myrtle stringeva il cuore rifiutarsi, visto che gliele stava mostrando una ad una con grande tenerezza, emettendo dei gracidii incomprensibili. Le collane erano molto belle: erano tutte di metalli poveri, ma avevano le forme più diverse, con ghirigori, spirali, rombi, stelle, arabeschi ed altri elementi decorativi ancora più complessi di squisita fattura. Alcuni avevano anche degli intarsi decorati. Alla fine optò per una collana di quarzo viola, composta da una miriade di piccoli cristalli disposti in modo da formare una cupola araba rovesciata. La vecchia la ringraziò per il suo acquisto, e lei procedette per la sua via, dirigendosi verso il tempio dove si stava svolgendo una festa tradizionale.

 Questo era  scavato nella roccia di una collina, e presentava numerosi altorilievi rappresentanti mostri e figure mitologiche, stuccate e colorate, sull’immensa facciata. Myrtle si fermò ad osservarle con grande interesse. L’ingresso invece consisteva in una piccola apertura, che iniziava con un lunghissimo tunnel oscuro, dentro il quale fu restia ad incamminarsi. L’interno era umido e vi era uno strano odore di muffa, che le metteva addosso un leggero ribrezzo. Dopo aver camminato per ciò che le era sembrato un’eternità nella tenebra più totale, e si era fatta prendere dall’inquietudine più di una volta, iniziò a scorgere alla fine del tunnel un bagliore rossastro. Incantata, si avvicinò sempre di più ad esso, sentendo una musica aliena aumentare di volume man mano che si avvicinavano. Lo spettacolo che le si parò davanti agli occhi fu incredibile: un’immensa grotta, piena di stalattiti e stalagmiti, era illuminata a giorno da migliaia di candele, tenute accese dai fedeli in preghiera. Al centro vi era un’enorme statua del dio Shantpoor, una specie di serpente con la testa da uccello, che reggeva in mano una coppa. Accanto a lui vi stava la sacerdotessa che guidava la preghiera, avvolta in un manto viola. Myrtle rimase affascinata a guardare tutte quelle persone muovere la testa all’unisono emettendo quei loro gracidii, accompagnati dai musici. Alla fine della preghiera, la sacerdotessa si accorse della sua presenza e la invitò ad avvicinarsi. Myrtle obbedì, imbarazzata e incerta, e sentì una serie di occhi che la osservavano.

“Benvenuta bambina” disse la sacerdotessa, con il modulatore vocale. “C’è qualcosa che ti affligge?”. Myrtle annuì, sorpresa di una tale empatia. “Rivolgi allora la tua preghiera al Grande Dio, ed egli ti ascolterà.” Myrtle non credeva in alcun Dio, ma decise che comunque non le sarebbe nuociuto tentare. Pregò che la missione andasse al meglio, ma anche che i suoi genitori fossero ancora vivi. La cosa la sorprese: negli ultimi anni aveva pensato pochissimo a loro. Infine, si augurò che il futuro avesse in serbo per lei una vita piena e felice. Dopodiché la sacerdotessa le unse il naso e le fece girare attorno al viso la candela per tre volte. Una sensazione di calore e di protezione la avvolse.

“Ora ricorda” disse la sacerdotessa “che la vita e i tuoi desideri sono come questo tempio: all’inizio sembravano grandiosi ed elaborati, come la facciata; ma subito diventano oscuri e angoscianti, non appena ci si rende conto che la via è molto più tortuosa e difficile del previsto. Ma se uno non demorde e procede fino in fondo, arriverà alla meraviglia più grande di tutte.”

Myrtle sorrise e si inchinò riconoscente: erano giorni che si torturava sull’imminente gara. Aveva paura di non essere all’altezza, di creare disastri, di finire in situazioni pericolose. Ma quel breve scambio l’aveva tranquillizzata un poco. Le sorrise felice, e si diresse verso l’uscita. Sulla via del ritorno per loro alloggio, ripensò a quanto era avvenuto. Senza dubbio di fronte a lei si stagliavano giorni oscuri, ma avrebbe avuto il coraggio di andare fino in fondo?

***

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Darth Rainbow