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Autore: Tresor    26/10/2014    2 recensioni
[Coppia Daniel Feuerriegel/Pana Hema Taylor]
Com’è cominciata quella strana telefonata?
Un nome sul display dello smartphone.
Quattro lettere.
Un nome semplice eppure insolito.
Un saluto altrettanto semplice…
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9

 

 

Il fruscio della risacca in lontananza riempie improvvisamente il silenzio della camera.

Nella penombra Daniel apre all'istante gli occhi, strappato alle maglie del sonno da quel rumore di sottofondo, dolce e ritmico, che sembra entrare e insinuarsi negli angoli direttamente dall’oceano.

Girato su un fianco, mette a fuoco la vetrata della porta scorrevole e si accorge che è in parte aperta.

Un’impercettibile e sottile brezza agita lieve come un soffio le tende tirate da un lato, sospingendole appena.

Un po’ intontito riesce a riflettere che non ricorda di averla lasciata aperta la sera prima.

Poi percepisce il vuoto accanto a sé, e in un attimo, cruda e violenta una fitta inspiegabilmente dolorosa gli contorce lo stomaco e il petto.

Una sensazione come di perdita, di abbandono, lo libera delle ultime tracce di sonno e lo fa scattare a sedere in mezzo al letto, perfettamente sveglio, completamente cosciente dell’assenza al suo fianco.

Hema non è più lì con lui.

 

Tuttavia l’ombra raggomitolata sulla soglia attrae la sua attenzione e scaccia via la sensazione con la medesima rapidità con cui lo ha travolto.

Non se ne è andato.

Perché poi lo abbia pensato non se lo sa spiegare in quel momento.

E a dire la verità nemmeno gli importa molto di indagare.

E’ lì.

Ancora.

E questo è sufficiente a fargli ritrovare la calma.

 

Scivola giù dal letto mentre con lo sguardo cerca i pantaloni del pigiama tra le ombre chiare che la luna filtra dall’esterno.

Devono essere da qualche parte, gettati sul pavimento la sera prima dall’ansia di liberarsene.

Scorge il groviglio scuro ai piedi della poltrona, lì prende, li indossa e fa il giro del letto.

 

Il ragazzo è seduto sulla soglia della porta vetrata che dà sul portico, le ginocchia tirate contro il petto, le braccia mollemente abbandonate su di esse e guarda l’immensa distesa nera che è l’oceano oltre la spiaggia.

Malgrado sia ancora notte, la luna piena alta nel cielo buio soffonde i dintorni di una luce lattiginosa abbastanza chiara da scorgere la sua espressione null’affatto serena disegnata sulla linea netta con cui tiene serrata la bocca.

Quella stessa bocca che ha baciato mille e mille volte, morbida, accogliente, dolce.

Quella stessa bocca che ha sospirato e cantato d’amore per lui mentre da due diventavano uno e mai avrebbe immaginato potesse essere così magico e unico.

 

Ma Hema non sembra felice e Daniel ingoia la contrazione piacevole e languida che gli si sta soffondendo in ogni cellula del corpo a quei ricordi ancora così vividi.

No, non lo è, anche se conserva di lui ancora l’immagine e la percezione dell’estasi e della gioia pure mentre facevano l’amore e non c’erano ombre, né brutti pensieri a offuscare quei momenti.

 

Perché?

 

Si inginocchia accanto a lui e allunga una mano per toccarlo.

Gli sfiora la pelle del braccio con le dita in un gesto leggero e immediatamente il ragazzo gira la testa verso di lui senza sorpresa, come se lo avesse sentito arrivare.

E probabilmente è così.

La linea rigida delle labbra si inclina in un sorriso appena accennato, cancellando solo in parte la tensione sul suo volto.

-          Hey! – Dice a bassa voce, gli occhi nerissimi nei sui chiari.

Daniel si piega su di lui e gli dà un bacio a fior di labbra come a voler ristabilire un contatto che, non sa perché, sembra gli debba sfuggire.

-          Stai bene? – Gli chiede un po’ apprensivo, mettendo tra sé e lui solo pochi millimetri di distanza.

-          … No! – Ammette il ragazzo limpido, ma lo dice mentre la linea curva si trasforma in un sorriso più aperto.

Uno dei suoi sorrisi belli e dolci che lo hanno fatto innamorare, irrimediabilmente.

Un po’ disorientato dall’evidente contrasto tra la sua espressione e la parola che ha pronunciato, Daniel tuttavia non si lascia abbattere.

Gli sfiora la guancia con le dita in una carezza affettuosa, lasciando vagare lo sguardo su di lui alla ricerca di risposte ancora non dette, ma di cui, d’un tratto, sente urgenza per non lasciarsi sopraffare dall’inquietudine.

Hema inclina la testa contro quel gesto e per qualche istante socchiude gli occhi, godendo del tepore del contatto.

-          Non riesci a dormire?  - Si sente domandare.

Lui non risponde e, sottraendosi alla sua carezza, ruota di nuovo la testa verso l’esterno, ritornando a guardare l’oceano.

Dopo qualche istante raccoglie un profondo respiro e lo getta fuori, tentando, senza successo, di liberarsi con esso anche del peso che sente sul cuore.

Fa un gesto con le mani come a voler seguire un proprio pensiero che lo angoscia particolarmente, ma non pronuncia neppure una sillaba, trattenendo per sé il fiume di parole che invece dentro di lui monta e si agita nel tentativo di forzare gli argini della propria anima e traboccare.

-          Sei pentito! –

Un’affermazione più che una domanda.

Daniel dà voce al fantasma che sembra aleggiare tra loro.

Categorico.

Secco.

Limpido.

Cos’altro c’era da dire?

Niente.

-          No, neanche per un attimo! –

La risposta altrettanto secca, trasparente.

Daniel trasale ancora più disorientato.

Non comprende.

Se non è pentito di quel che è successo tra loro, allora cosa c’è che non va e che gli mette quelle ombre livide sul volto?

Non lo capisce.

D’un tratto, chiuso in quel suo bozzolo di silenzio, non lo capisce più.

E non gli piace affatto.

Gli sembra di essere escluso da qualcosa di cui fino a poco prima gli ha concesso di far parte.

Da quella piccola bolla di felicità che si è creata intorno a loro e che lo ha riscaldato fin nel profondo come mai gli era accaduto prima di allora.

-          Non escludermi! –

Glielo dice.

Un sussurro soltanto sullo sfondo del rollare delle onde del mare.

Un’implorazione.

Sui loro respiri impercettibili, quasi trattenuti.

Sui loro pensieri disordinati, chiassosi, eppure senza parole, che si dibattono ognuno per conto proprio.

Dolorose come un pugno, quelle due parole scavano un solco lancinante nel cuore già esanime di Hema, lasciandolo senza fiato.

Gli sta facendo solo del male, pensa.

Da quando tutta quella storia è cominciata sta facendo del male a se stesso e a lui.

Per i propri mille dubbi.

Per le mille paure.

Per le innumerevole domande che si fa incessantemente.

Per le risposte che non trova.

Per il circolo vizioso in cui è caduto e dal quale non riesce a tirarsi fuori.

 

Perché gli ha telefonato?

Perché ha dato inizio a quella follia?

Perché non ha semplicemente aspettato che tutto passasse: il suo cuore impazzito, la sua mente ossessionata da lui, il respiro corto, le lunghe notti insonni?

Perché sarebbe passato tutto quel dolore.

Prima o poi.

A costo di morirne, come è stato sul punto di essere solo perché non lo ha più incontrato.

Solo perché non ha più ascoltato la sua voce.

La sua risata.

Quelle sue battute idiote.

Solo perché non ha più avuto quei suoi occhi di giada su di sé.

 

-          Non sono pentito. – Mormora all’oceano dopo un tempo infinito. – E’ stata la notte più bella della mia vita… non potrei mai essere pentito! –

E ritorna a guardarlo, a cercare il suo sguardo, che non è stato mai distolto da sé.

Quello sguardo che è un pozzo di oscurità tra le ombre della notte, e che gli entra dentro appena osa incontrarlo.

Che scava fino a raggiungere la parte più profonda di se stesso e vi si insedia senza tanti complimenti e senza alcuna intenzione di lasciarlo.

Se ne sente invaso, intimidito quasi, incapace di nascondervi alcunché e dal quale proprio per questo rifugge quando tra loro c’era la luce del giorno e non c’è modo di scappare.

-          Allora non è stato così orribile! – Cerca di scherzare Daniel senza sapere se essere sollevato o preoccupato dalle sue parole.

-          E’ stato… meraviglioso… naturale… spaventosamente naturale! –

-          Addirittura spaventosamente! –

-          … E’ che non pensavo potesse accadere così… come se… -

-          … come se avesse sempre fatto parte di noi! –

Annuisce, colpito dall’empatia che sembra diventare sempre più tangibile tra loro, e che li porta istintivamente ad anticiparsi nei pensieri e nei gesti.

C’è una tenerezza dolcissima nella sua voce e nei suoi occhi che lo confonde e lo conforta al tempo stesso.

Non è abituato a tanta dolcezza.

Meno che mai da parte di un maschio.

-          Non sono mai andato a letto con un uomo… né ho mai pensato di farlo… -

-          Nemmeno io se è per questo! –

Una risata, breve, incolore.

-          Quante volte... l’abbiamo fatto? ... E’… stato sempre… bellissimo… incredibile!!! –

-          Non lo so… eravamo troppo occupati per contarle!!... E’ importante? –

Una pausa inquieta, poi Hema chiede: -

-          Come fai a farti scivolare addosso tutto con tanta facilità, Daniel? … Io sono qui che tremo e tu non fai una piega come se tutto fosse normale… -

A quell’accusa l’espressione dell’uomo muta di colpo e muta in una maschera di granito.

I bei tratti si tendono e gli occhi diventano due strisce sottili di indignazione.

-          Ma che cazzo ne sai tu di come mi sento io? – Sibila la sua voce, cupa e rigida.

Colto di sorpresa dalla sua reazione, il ragazzo ha un brivido di sgomento lungo la schiena.

-          Daniel, io… -

-          Daniel, io un cazzo!!!!... Tu e le tue paranoie!

Che credi, di essere l’unico qui a sentirsi strano in una situazione come questa?

... Pensi davvero che io non mi faccia mille domande come te le fai tu? ...

Ti sei innamorato di un uomo, e allora?

Io mi sono innamorato di un uomo, e quindi?

Non ce l’aspettavamo.

Ok!

Sarà mica la fine del mondo?

Abbiamo fatto l’amore… l’a-m-o-r-e, Hema, non sesso… e l’hai appena detto con la tua bocca che è stato fantastico…

Perciò, è così schifoso provare tutto questo?

Così devastante e abominevole?

Così riprovevole o irreparabile? –

Non grida, non si agita, Daniel.

Eppure Hema si sente come se lo stesse aggredendo fisicamente.

Anzi, quasi spera di vedersi attaccare, picchiare addirittura, tutto pur di non vedere sul suo viso quell’espressione di gelida accusa che fa più male ed è più dura da sopportare.

Si sente improvvisamente piccolo e inutile come sempre davanti a questioni che non riesce a capire e a gestire.

Inadeguato, indegno quasi.

Gli sembra di averlo ferito, umiliato con quella sua ottusità, ed è l’ultima cosa che vuole fargli.

 

Scivola sul parquet per raggiungerlo e una volta che gli è difronte, gli prende il volto tra le mani e d’impeto gli bacia la bocca una, due, tre volte, come a voler sciogliere a forza di baci la linea ostile che vi si è disegnata.

-          Perdonami, ti prego! – Gli soffia sulle labbra, tremando d’emozione e di paura, le lacrime che pungono come spilli agli angoli degli occhi chiedendo di sgorgare.

-          Per cosa devo perdonarti?

Per voler negare tutto questo?

Per voler sputare su di noi, sull’amore che ci ha colto in fallo?

Per cosa? –

-          Perché sono uno stupido e perché ho paura! –

-          Paura di che cosa? – Daniel alza appena un poco la voce, che però rimane un sibilo gelido tra i denti serrati dall’angoscia.

E’ una lama affilata che lascia tagli sottili e brucianti sul cuore del giovane.

Solleva le braccia e affonda le dita tra i suoi capelli, serrandole rabbioso.

-          Di che cosa cazzo hai paura?

Io sono qui, non sei da solo ad affrontare tutto questo, sei con me!

... Non valgo niente per te?

... Non significo niente, eh? –

Il pianto esplode dirompente nella gola di Hema, sopraffacendo la sua volontà di controllo.

Gli viene su da un groviglio fitto che si è annodato al centro dello stomaco e che gli si propaga come una lingua di fuoco in ogni angolo del corpo, sconvolgendolo, facendolo tremare e vibrare.

Le mani scivolano giù dalle sue guance alle spalle e qui, d’impulso preme per spingerlo via da sé e sfuggire ai suoi occhi incendiati dal dolore.

Non riesce a sopportare di vederlo così per colpa sua.

Ma Daniel non lo lascia andare, nemmeno s’accorge della spinta.

Di contro serra ancor più le dita e lo strattona, avvicinandolo di peso al proprio corpo, facendolo cozzare contro di sé neppure tanto gentilmente, lasciando tra loro soltanto un filo d’aria che non impedisce alla pelle di venire a contatto.

Hema trasale, e non sa se per la sensazione di calore ustionante che gli trasmette o per il timore di essere davvero picchiato.

-          Tutto questo è troppo per me, non lo capisco, Daniel… - Il respiro gli esce difficile e spezzato contro la sua bocca a un soffio dalla sua, mentre il cuore gli salta un battito e si rifiuta di continuare a pompare sangue nelle vene.

-          Che c’è da capire quando due persone si attraggono e provano dei sentimenti come sta succedendo a noi?

 ... Sei così bigotto e ottuso da non poter accettare che questo accada tra due uomini? –

-          No, no, no!! – Hema urla la propria frustrazione.

Riprova a spingerlo via da sé, senza successo anche stavolta.

La forza con cui Daniel lo contrasta è troppo superiore alla sua e non gli cede un solo centimetro per dargli tregua.

Si sente disperato e non tanto per non aver scampo alla sua presa ferrea, quanto per l’angoscia furente che gli legge negli occhi e di cui si sente l’unico responsabile.

Sono stati così felici fino a poco prima.

Che sta combinando adesso?

Cosa?

-          Eppure non sembravi così prevenuto quando abbiamo girato quelle scene?

Sembravi a tuo agio.

Hai accettato la parte senza batter ciglio… questo poteva significare solo che non eri omofobo…

E adesso cos’è cambiato?

Hai capito che questa è la vita vera e non una serie televisiva e non ti sta più bene?

Di che hai paura?

Del giudizio della gente?

Di quello della tua famiglia?

Di che cosa cazzo hai paura? –

-          Di non essere abbastanza per te… di non essere capace… io non sono niente e questa cosa è più grande di me… finirò per rovinare tutto… io rovino sempre tutto quando le cose diventano troppo per me… -

-          Che stai dicendo? -

Per la prima volta in quegli istanti frenetici, Daniel allenta la stretta delle dita, colto di sorpresa.

Lo guarda disorientato, sentendo sotto le mani il tremore incontrollato del suo corpo e i suoi ansiti sempre più corti e affrettati.

Gli lascia i capelli, scende giù fino ai suoi occhi, con i pollici cerca di liberarglieli dall’ondata di lacrime che lo accecano, gli bacia la bocca umida nel tentativo di calmarlo.

Sente e assorbe la sua tensione sfiorandolo.

Inutilmente.

-          Sssttt, basta, piccolo, basta! – Gli mormora continuando a baciarlo. – Non sei da solo, ti prego, non te lo dimenticare.

Qualunque cosa accadrà, siamo insieme. –

-          I casini li combino sempre da solo, Daniel, non lo vedi? ... Se non ti avessi telefonato…  adesso non saremmo qui a urlare nel cuore della notte… -

-          Se non mi avessi telefonato, sarei venuto io da te! –

-          No, tu non saresti venuto e avresti fatto bene, perché è tutta colpa mia se… -

-          Tu non hai colpe di niente… non è colpa né mia né tua se ci siamo innamorati… e a farsi fottere tutti se siamo due uomini e ci sono sempre piaciute le donne!

… affanculo tutto… è qualcosa di speciale che sta accadendo a noi, ed è bellissimo e spaventoso allo stesso tempo, lo so… non credere che non me ne renda conto… ma questo non deve renderci infelici… -

Se lo tira contro con un gesto morbido e imperioso al tempo stesso, avvolgendolo tra le braccia e stringendolo a sé dolcemente.

Dapprima rigido e teso, Hema si oppone soltanto per qualche istante prima di lasciarsi andare esausto nello spazio che gli è stato fatto tra le sue gambe, il volto nascosto contro il suo collo e il corpo abbandonato perché stanco di combattere una battaglia persa.

-          Manderò tutto a puttane, Daniel, lo sto già facendo, non te ne accorgi? –

-          Cercheremo di evitarlo se lo vorremmo tutti e due! –

Il ragazzo chiude gli occhi esalando un sospiro difficile e non replica.

 

Lui non lo sa se lo vuole tutto quello.

Questa è la verità.

C’è dentro fino al collo e le sensazioni sono talmente tante e contrastanti, matasse di fili ingarbugliati e inestricabili, che lo avvolgono e lo stritolano, da non riuscire a capire se è disposto a imbarcarsi in una relazione come quella e mettere in gioco la propria vita di punto in bianco.

L’unica, inconfutabile, gelida, perfetta consapevolezza è la paura.

Una costante sottile da molti mesi a quella parte, che gli si è infilata sotto la pelle più scura e densa del sangue che gli scorre nelle vene.

Paura di sé stesso.

Di quei sentimenti imprevisti che lo hanno colto del tutto impreparato.

Della voglia ingestibile e violenta che ha di quell’uomo.

Del desiderio di farsi parte della sua vita.

Dei suoi pensieri.

Dei suoi sentimenti.

Di ogni suo sguardo.

Di ognuno dei suoi sorrisi.

Di cui vuole a ogni costo essere l’unico e solo centro, e che, allo stesso tempo teme e vuole rifuggire a ogni istante.

Paura.

Solo…

… fonda…

… lancinante paura.

   
 
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