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Autore: Akeryana    26/10/2014    2 recensioni
[Ispirato al film di Peter Pan]
Una stupenda fanciulla, Violetta Castillo, ogni sera racconta ai suoi fratelli minori, Diego e Maxi, le storie di Peter Pan. Ma lei stranamente lo chiama Leon Vergas.
***
< Tu chi sei? >
< Sono Leon Vergas ma nelle storie vengo conosciuto come Peter Pan >
< Ma cosa ci fai qui? Nella mia camera >
< Voglio portarti con me nel’isola che non c’è > le prende la mano, la fa affacciare alla finestra e indica il cielo < Seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino >
***
Paring: Leonetta, Diecesca, Naxi e CamillaxSeba.
Spero di avervi incuriosito. Un beso.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Violetta
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’isola che non c’è

 
Seconda stella a destra
e
 poi dritto fino al mattino


L’isola che non c’è era un luogo conosciuto da tutti ma trovato da nessuno. I bambini lo cercavano nei sogni mentre gli adulti…beh…nulla che preoccupava un bambino avrebbe mai preoccupato un adulto.
Questo i ragazzi sperduti lo sapevano benissimo. I ragazzi sperduti erano ragazzi che da bambini erano stati abbandonati dai genitori e se entro sette giorni i genitori non li cercavano, finivano nell’isola che non c’è. Dove il tempo non passava mai. Se quando arrivavi erano le cinque del venti dicembre…sarebbe rimasto così per tutto il resto della tua vita lì.
Leon lo sapeva bene, essendo che lui e Alex erano arrivati lì per primi e dopo, molto lentamente, arrivarono anche i ragazzi sperduti.
Quando Leon, il loro capo, non c’era a comandare era Andres.
Un ragazzo che se c’era da combattere era il primo a farsi avanti, avrebbe dato la vita per il suo capo, non che amico, Leon, che nel momento del bisogno per lui c’era stato.
Aveva i capelli castano scuro e gli occhi dello stesso colore, la pelle bianca e sapeva che contava il cuore, l’anima e la destrezza per essere un buon capo e per seguire le orme di Leon, il suo idolo. Indossava sempre un pantalone grigio che gli arrivava fino a sopra le caviglie, una maglia larga e rossa e delle scarpe rosse.
Per combattere usava un arco intagliato e costruito da Leon, che aveva costruito appositamente per lui.
Si avventava nella fitta foresta con l’arco a portata di mano, in caso di un attacco da parte dei pirati. Aveva gli occhi che vagavano da una parte all’altra, ma appena sentì dei passi dietro di lui prese immediatamente l’arco, si girò di scatto e lo puntò verso il presunto nemico. Appena vide la persona ripose l’arma: era solo Marco.
<<  Marco non azzardarti più a fare cose del genere. Se non mi fossi fermato in tempo avrei potuto ucciderti  >>  lo rimproverò il vice capo.
<<  Calmati Andres e solo perché Leon non c’è non hai il diritto di comportarti come lui, sei solo il suo vice   >>   ribatté lui freddo.
Marco era uno dei ragazzi sperduti e anche lui, come Andres, provava un profondo rispetto per Leon. Era stato il primo ad arrivare e lui e Leon passavano i giorni insieme, ma dopo arrivò Andres e Leon non ebbe più attenzioni per lui. Aveva sempre creduto che doveva esserci lui al posto di Andres.
Marco aveva i capelli neri e folti, gli occhi verdi e la pelle abbastanza abbronzata. Indossava sempre un pantalone beige, una canotta verde che gli veniva stretta e delle scarpe verdi.
<<   Basta con questa storia Marco. Leon ha scelto me perché mi ritiene un grande capo pronto a prendere il suo posto in caso di necessità   >>  spiegò per la centesima volta il vice.
<<  Ah si? Ed è stato lui a dirtelo?   >> 
Andres tacque e Marco capì la risposta andandosene con un sorriso di vittoria sulle labbra.
***
Nel villaggio degli indiani Francesca, la principessa soprannominata ali di fuoco per la sua voglia di libertà e il suo animo incandescente, e Nata, una dei ragazzi sperduti, stavano chiacchierando.
<<   Invidio mia madre   >>  disse Francesca toccando la collana che portava al collo e che avevo ereditato da sua madre.
Francesca era la principessa degli indiani, sua madre era morta quando aveva cinque anni, adesso ne aveva sedici e il giorno del suo quattordicesimo compleanno, il padre e anche capo del villaggio degli indiani, le aveva regalato la collana di sua madre che veniva tramandata di generazione in generazione. Era azzurra con un ciondolo d’argento al centro a forma di rombo.
Aveva la pelle chiara come la neve, i capelli nero corvino e gli occhi verdi. Indossava sempre un vestito beige, dal lato destro più lungo, con una spallina e con una cintura marrone sui fianchi. Un paio di ballerine sempre beige, molto comode e utili per correre e saltare.
<<   Francesca non scherzare su queste cose!   >>  la rimproverò Nata con le guancie rosse per la rabbia   <<   Sai benissimo che tua madre ci ha lasciato molto tempo fa e qualunque cosa ti stia passando per la testa…    >>  si rattristò al pensiero di perdere la sua amica.
Nata era l’unica ragazza tra i ragazzi sperduti, non contando Camilla che, tecnicamente, non era una ragazza ma una fata. Era molto timida ma appena impugnava una spada era come se qualcun altro si impossessasse di lei e si precipitava al centro del campo di battaglia.
Anche lei, come Andres e Marco, era stata trovata e addestrata da Leon.
Aveva la pelle chiara, i capelli corti, ricci e neri e gli occhi castani. Indossava sempre un vestito nero che le arrivava fino a sopra il ginocchio, senza maniche e un po’ largo dai fianchi in giù e sui fianchi portava una cintura, sempre nera, con una fondina per tenera la sua spada, affilata specificatamente da Leon.
<<   Non pensavo al suicidio non preoccuparti, dicevo che la invidiavo perché lei era libera, non costretta a stare su questa maledetta isola giorno dopo giorno.    >>  la tranquillizzò l’indiana.
<<   Beh perché non chiedi a Leon di portarti con se sulla terra? Sai ultimamente ci va sempre più spesso e noi congeliamo   >>   propose la ragazza sperduta.
Il tempo in quell'isola veniva influenzato dalla presenza di Leon, se era presente c'era l'estate, ma se non era presente o se gli succedeva qualcosa c'era l'inverno.
<<    No, non permette mai a nessuno di andare con lui, tranne Camilla, povera illusa    >>  ribatté l'indiana.
<<   Cosa vuoi dire?   >> 
<<   Tutti hanno capito che Leon si è innamorata di quella "racconta fiabe" ma lei ancora si illude che un giorno lui possa guardarla no come un amica.   >>   rispose.
<<   Forse qualcuno glielo dovrebbe dire   >>  propose Nata.
<<  No, non ascolterebbe. Se sbagliando si impara, allora lasciala sbagliare    >>   
***
Andres si aggirava ancora per la foresta, quando sentì dei passi dietro di se non si girò come l'ultima volta, capì che si strattava di Brodway.
<<      Hai discusso ancora con Marco?   >>  chiese Brodway già sapendo la risposta.
<<    Quando non c'è Leon possono mancare le nostre discussioni?   >>   chiese ironico Andres.
Brodway ridacchiò   <<   Ne dovreste parlare con Leon, lui solo riuscirà a farvi chiarire    >> 
Brodway era l'ultimo dei ragazzi sperduti, era di colore ma a nessuno importava, lui era un ragazzo come Marco e Andres. Aveva i capelli corti e castani e così anche gli occhi. Indossava sempre una maglia color salmone, dei pantaloni verdi e un paio di scarpe bianche.
Anche lui, come gli altri era stato addestrato da Leon e gli doveva molto, era stato l'ultimo ad arrivare eppure l'avevano accolto con grande felicità.
<<  No, lo sai che Leon darebbe ragione a me e Marco...chissà che potrebbe fare   >> 
Brodway stava per rispondere quando sentì uno strano cambiamento, non nevicava più, stava spuntando il sole. Leon era tornato.
***
Sulla Jolly Rogerds, la nave pirata più temuta di tutte, il co capitano, Seba, stava fissando il il mare ghiacciato. Pensava al suo amore impossibile, impossibile perché lei amava quel ragazzino, Leon. Ma cosa aveva quel ragazzino in più di lui? Insomma lui era il co capitano della nave pirata più temute di tutte. Il suo nome era in tutti i libri sulla terra eppure lei aveva occhi solo per Leon. Perché?
Seba aveva i capelli neri e folti, gli occhi neri e la pelle abbastanza chiara. Indossava sempre una camicia bianca, una giacca nera con i bottoni dorati, dei pantaloni neri, con sopra una fascia rossa dove riteneva la sua spada, ricevuta dal suo capitano, e degli stivali sempre neri, dove dentro riponeva la sua piccola pistola in caso dovesse perdere la sua spada in un combattimento.
Lui era arrivato lì da due anni e il suo capitano l'aveva accolto in quella strana famiglia di marinai sbronzi dandogli cibo e un letto. Ma quello che non poteva dargli era Camilla.
Ma a distrarlo fu il tempo, non era possibile, l'inverno si stava ritirando e con lui il freddo. Quel ragazzino stava tornando e con lui Camilla.
Seba corse nella cabina del capitano ad avvisarlo e lo trovò a riposane sulla sua scrivania, senza maglia.
<<  Capitano, scusate se vi disturbo ma ho una notizia da darvi   >>   avvisò il ragazzo.
Dopo la sveglia suonò e il capitano con un pugno la sbattè contro il muro distruggendo l'aggeggio.
Alzò il volto rivelando la sua stanchezza.
<<   Seba perché mi hai disturbato? Stavo facendo un sogno...e poi lo sai che quando non siamo davanti agli altri uomini puoi darmi del tuo   >>  disse gentilmente il capitano.
<<  Si, hai ragione. Scusa Alex. Ma che sogno stavi fecendo?   >>   chiese Seba.
Il capitano sorrise amaramente e si alzò mostrando il suo braccio per intero e facendo vedere al povero ragazzo l'unica parte del corpo che gli mancava a causa di Leon: la mano.
<<   Stavo sogando che perdonavo, anzi, ringraziavo Leon per avermi tagliato la mano e averla data in pasto al coccodrillo    >>   rispose mettendosi prima la maglia e poi l'uncino, che usava come rimpiazzo per la sua mano.
<<   Quindi, in quel sogno Leon vi avrebbe fatto un favore?   >>   chiese scioccamente.
<<  Un favore? Ha dato la mia mano in pasto ad un coccodrillo, la bestia ha gradito così tanto che adesso mi da la caccia e dopo aver inogiato quella maledettissima sveglia, ogni volta che sento un ticchettio divento come un bambino che ha paura del buio.   >>  gli si mise davanti, gli accarezzò la guancia con l'uncino e gli chiese a bassa voce   <<  Questo me lo chiami un favore?   >>   
Alex era il capitano della Jolly Rogerds, era stato soprannominato dai ragazzi sperduti e dagli indiani "Capitan Uncino". Dopo quel soprannone si era diffuso anche sulla terra e tutti si dimenticarono del suo vero nome. Era conosciuto come il pirata più temuto per il suo uncino.
Aveva i capelli corti e castani, gli occhi castano scuro e la pelle abbastanaza scura. Indossava sempre una camicia bianca, con sopra una giacca rossa con delle linee dorate, dei pantaloni neri con sopra una fascia nera e un paio di stivali neri e un cappello cilindrico nero con sopra un teschio e una piuma rossa.
<<   Ma cosa volevi dirmi?   >>  chiese Alex.
<<   Che il giaccio si sta sciogliendo e il sole sta sorgendo    >>   rispose.
<<  è tornato   >> 
 
Nota autore: Salve a tutti, spero vi piaccia questo secondo capitolo e vi sareste aspettati che sarebbe stato Alex il capitano? Vi è piaciuto? Cosa ne pensate? Ditemi che ne pensate. Un beso.
  
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