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Autore: Elygrifondoro    26/10/2014    4 recensioni
Cosa succedere se uno Shadowhunter e i suoi amici frequantano la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts? Cosa succede se due persone destinate a stare insieme come Alexander Lightwood e Magnus Bane si trovassero nella stessa scuola, rispettivamente nei panni di studente e professore? lLamore e l'attrazione vinceranno sui dubbi che una relazione proibita inevitabolmente crea?
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Clarissa, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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~~CALL IT MAGIC
Quella mattina mi svegliai con lo stomaco in subbuglio. Era passato poco più di un mese dall’inizio della scuola, una settimana e mezza dal bacio con Juliàn, e già avevo preso due E. Una in incantesimi, l’altra in storia della magia. Il che, per me, equivaleva ad un miracolo. Avevo passato tutto il mio tempo libero studiando, cercando di tenere la mente, e me stesso, lontani da Magnus. Ogni sera mi chiudevo in bagno e il dolore tornava di giorno in giorno più forte del precedente. Io e Juliàn non proferimmo parola su quello che era successo al settimo piano, forse per imbarazzo, forse per dolore o pentimento.
Annabelle mi invitava a studiare al lago, ma io rifiutavo sempre per paura che la mia fragile corazza si spezzasse. Un giorno, stanca di rimanere rintanata in dormitorio, Ann perse la pazienza:
-ALEC, È INUTILE CHE TI RINCHIUDI QUI, E NON NE CAPISCO PIÙ DI TANTO IL MOTIVO!
Non le avevo detto nulla dei lupi mannari e del giretto nell’ufficio di Magnus, tantomeno di quello che era successo alla Stanza delle Necessità. Così mi limitavo a rispondere con aria assente.
-scusami Ann, hai ragione… È che non sto molto bene oggi…-
-tu non stai mai bene Alec, solo che mi fa male vederti così. So di chi è la colpa, ma devi provare ad andare avanti e ad uscire di qui. –
Qualche giorno dopo non ero cambiato di una virgola. Ero pronto per un’altra serata passata a disperarmi rintanato in un angolo della doccia. Ma, quella sera, la porta si spalancò e la visione che diedi di me ad Annabelle dovette essere terrificante: le guance erano rigate dalle lacrime, la voce roca per le urla di disperazione, le occhiaie scolpite da settimane sotto ai miei occhi di mare, i polsi pallidi solcati da tagli scuri e sangue coagulato sul piatto della doccia e sulle pareti in piastrelle, a tracciare inquietanti spirali e forme insensate. Stavo diventando il mio incubo. E questo lento oblio mi dava un minimo di sollievo dall’inferno in cui la mia vita s’era trasformata.
Annabelle mi rimase vicina quella sera, come solo lei sapeva fare durante le mie ricadute, mi convinse a rialzarmi e a darmi una ripulita. Mi fece mettere il pigiama e sdraiarmi sotto le coperte. Mi tenne la mano e vegliò su di me tutta la notte. La mattina seguente mi portò un vassoio pieno di leccornie: una caraffa di succo di zucca, un caffè, un piatto di biscotti al cioccolato e una fetta di torta. Rifiutai. Ormai saltavo almeno un pasto al giorno per non vederlo ed ero abituato ai digiuni con la cucina di Izzy, o agli spuntini alle due di notte, ma lei mi costrinse a mangiare fino all’ultima briciola. Aveva un sorriso perenne stampato sul volto, anche se era molto preoccupata per la mia salute. Purtroppo mi aveva già visto così, più di una volta, e ogni volta doveva fare sempre più male. Aveva giurato eterno silenzio sulla faccenda, sapeva che non volevo far preoccupare troppo Jace e Isabelle. Quella mattina nei suoi occhi vidi celata una preoccupazione tale da giurare a me stesso che avrei reagito o almeno avrei fatto finta di stare meglio. Quanto sarei stato egoista se non l’avessi fatto? Se non per me stesso, di cui ormai non m’importava più nulla, per lei.
Quella mattina mi stavo dirigendo verso l’Aula di Difesa Contro le Arti Oscure, materia che odiavo a causa delle domande inopportune del professor Bane, quando lui mi bloccò la strada e mi spinse in una rientranza nel corridoio schiacciandomi al muro col suo corpo. Gemetti per il dolore: mi aveva afferrato i polsi con forza. Mi lasciò andare quasi subito, all’apparenza terrorizzato di avermi fatto del male, senza lasciarmi però alcuna via di fuga.
-lasciami andare! –
Ringhiai. Se quel tono di voce fosse stato un pugno, come minimo gli avrei spaccato il naso.
-No. Alza le maniche del mantello Alexander. –
Mi ritrassi il più possibile da lui schiacciandomi contro al muro, cercando di nascondermi nell’ombra come un demone, ma lui non sembrava cedere.
-lasciami in pace Bane. –
Ero indeciso tra il graffiargli la faccia, impazzire o tentare di scappare il più lontano possibile da quell’uomo. Ma lui non mollava la presa… ed io mi sentivo così… così in trappola e allo stesso tempo così bene… la sua presenza era inebriante…
-non te lo chiederò un’altra volta, solleva quelle maniche o ti lascio completamente nudo. Sai che è molto più semplice con la magia. –
-ed io ti denuncio per molestia. –
-non puoi, sto agendo nel tuo interesse, sai chi dei due ha ragione Alexander Lightwood, tu la legge la conosci fin troppo bene e la rispetti. –
- ti prego smettila… -
Dissi con un rantolo nella voce. Poi rimasi immobile, le labbra contratte come ogni altro muscolo del corpo, pronto a scattare alla minima distrazione del mio avversario. Non sapevo per quanto sarei stato in grado di sopportarlo.
-bene, visto che non vuoi ragionare… -
Mi prese di nuovo i polsi ed io non potei ignorare il doloroso fremito che quel contatto mi causò percorrendomi tutta la spina dorsale. Non potei fare a meno di lamentarmi. Lui allentò la presa, senza però lasciarmi, e scoprì la mia pelle candida alla flebile luce dell’insenatura ove ci trovavamo. Espose i miei peccati alla luce del sole, ed il suo volto si rabbuiò.
-oh Alec, non di nuovo ti prego… -
Furono quelle le parole che non m’aspettavo. Credevo che mi avrebbe assegnato una severa punizione, un’ammonizione verbale o quantomeno un colloquio immediato nell’ufficio del preside…
Quelle parole le aveva pronunciate come se sentisse lui stesso il dolore scorrergli nelle vene, nei muscoli, nello stomaco, nei polmoni. Come se il mio e il suo corpo avessero una specie di legame per cui uno sentiva quello che sentiva anche l’altro.
Ma fu quel che successe subito dopo che mi lasciò ancor di più senza parole.
-mi dispiace così tanto… avevo giurato di proteggerti da tutto, e adesso guardati… mi sono scordato che il pericolo più grande a volte si nasconde dentro di noi… -
Magnus tirò un pugno al muro, ove si fece scivolare subito dopo. Io mi inginocchiai accanto a lui scostandogli le ciocche sudate e asciugando con le dita le lacrime silenziose che sgorgavano dai suoi occhi.
-Ma- Magnus… -
Stavo iniziando a piangere anch’io.
–non è colpa tua, tu sei sempre stato perfetto. Per il mio egoismo sto tornando quello di un tempo… sto tornando il mostro di una volta. Il poco tempo che ho passato con te è stato anche il migliore, e non cancellerei nulla. Perché ti amo. Miseriaccia se ti amo, e ci ho provato a smetterla di amarti, perché ora come ora non posso farlo liberamente. Ho provato di tutto, ma non ne sono capace. Ed è per questo che faccio quello che faccio. Perché sono uno stupido. E non ti merito. E voglio dimenticare, ma non ce la faccio… i ricordi sono difficili da sradicare, soprattutto quelli belli. –
Lui alzò lo sguardo e mi prese il volto fra le sue mani tremanti.
-perché Alec? Perché mi fai questo? Sarebbe tutto più semplice se ci odiassimo… se vivessimo di rancori come ogni stregone e Shadowhunter che si rispetti… -
-Magnus… -
-non parlare ti prego… tu non sai quanto mi è costato reprimere i miei sentimenti, non stringerti fra le mie braccia ogni volta che intravedevo il tuo viso nei corridoi… non sai quanto mi costa non baciare le tue labbra adesso, in questo momento. –
- Allora fallo Magnus, ti prego, per tutti e due. Perché mi uccide stare senza di te. E non voglio morire pensando che tu mi ami, che noi siamo come il Sole e la Luna… io voglio che la nostra distanza si azzeri, non voglio innamorarmi di qualcun altro che non risponda al tuo nome. –
E fu in quel momento che successe. Fu qualcosa di rapido e immediato. Come la quiete prima della tempesta, una stella cadente, un fulmine a ciel sereno. Lui mi baciò con tutto l’amore che nelle vene gli scorreva, mettendoci anche la paura che quei sentimenti portavano con loro. Fu dolce e vorace, deciso ma delicato. E mai più avrei rivissuto quello che stavo provando. Quando i nostri occhi si incontrarono di nuovo, questa volta con una scintilla nuova che ci guizzava dentro, insieme dicemmo:
-cosa stiamo facendo? –


La risposta a quella domanda era più difficile di quanto potesse sembrare. Io ed                                                                                       Alec, imboscati in un corridoio vuoto. Io insegnante, lui studente. La realtà mi piombò addosso come un blocco di cemento e fece male quanto il mignolo picchiato contro la porta. L’euforia di quel bacio che sognavo da cinque mesi mi aveva annebbiato la mente, ma gli incubi della quotidianità stavano riaffiorando velocemente…
Eravamo ancora seduti sul freddo pavimento di pietra, avvinghiati in una specie di abbraccio precipitoso perché, adesso che ci eravamo ritrovati, non volevamo più lasciarci.
-cosa… cosa ho fatto? –
Mi poggiai una mano sulla fronte. La mia mente non capiva più nulla.
- ti sei pentito Magnus? –
Alzai lo sguardo e incontrai il suo. La scintilla si stava spegnendo, gli occhi stavano tornando tristi e apatici.
-NO! Te l’ho detto, ho bisogno di te come dell’aria, non potrei mai rinunciare... ma dobbiamo prendere in considerazione il ruolo che abbiamo qui a scuola, non è permesso… -
-non mi importa. –
Non avevo mai visto Alec così. Certo, aveva sempre quell’aria decisa, soprattutto quando aveva qualche demone da uccidere, ma in quel momento era diverso. In quel preciso istante, capii che Alexander Lightwood non aveva alcuna intenzione di rispettare le regole, almeno per quella volta.
-baciami di nuovo Alexander Lightwood –
Lui mi avvolse le braccia attorno al collo incastrando le dita nei miei capelli, scompigliandoli. Con quel bacio sugellammo il nostro destino.  Una promessa scritta nero su bianco.
-promettimi una cosa –
Gli sussurrai quando ci staccammo quel tanto per guardarci negli occhi.
-dimmi Magnus –
Aveva un’espressione dolce e negli occhi tutta l’innocenza della scoperta di un sentimento nuovo e magnifico ed il mio nome pronunciato da lui era paragonabile ad un prato di fiori di campo mossi dal vento. Sorrisi.
-quello che è successo nei giorni precedenti, non accadrà mai più. Nessuno deve star male per causa mia. –
-tu promettimi un’altra cosa –
-che cosa Alec? –
-non abbandonarmi a me stesso –
-mai. –
S’era affidato completamente a me, ero la sua medicina, lui era il mio antidoto. Non potevamo guarire l’uno senza l’altro. Da soli, due mondi destinati ad implodere, insieme un sistema perfetto. Sorridevo per la prima volta da quando ero arrivato lì. Finalmente potevamo provarci per davvero, metterci alla prova. Non avrei sbagliato quella volta.




Quando Alexander Lightwood scomparve in un’insenatura del corridoio in compagnia del professor Bane, il mio mondo crollò un’altra volta. Il mio compagno di stanza se la faceva con un insegnante… quel ragazzo così ingenuo, eppure straordinariamente astuto e calcolatore, aveva corso un rischio così grande. Ora tutti i tasselli del puzzle erano al loro posto. Ora tutto prendeva forma. Ecco perché aveva reagito a quel modo. Lui apparteneva già ad un altro. Alec non parlava molto per natura, ma in quelle due settimane s’era praticamente trasformato in un vegetale: si alzava, mangiava, seguiva le lezioni, studiava, si chiudeva in bagno per tre ore a disperarsi, per un motivo adesso a me chiaro, e tornava a letto. Tutti i giorno così, tutti i giorni la stessa storia. Io non sapevo più che fare. La prima notte passata ad Hogwarts era stata ricca di pianti e parole dolci, ma lui non è mai stato mio. Quando mi guardava cercava gli occhi del professor Bane, non i miei. C’erano alcuni momenti in cui sembrava con me, ma non volli sbilanciarmi troppo per paura. Il Cappello ha fatto bene a non smistarmi in Grifondoro.
Anche se Corvonero mi rappresentava abbastanza, ho sempre saputo che la mia casata era Serpeverde. La mia ambizione era stata scambiata per intelligenza. Non che fossi stupido anzi, ma il modo in cui usavo le mie capacità era molto diverso dagli altri Corvonero. Loro la usavano per motivi futili come i voti scolastici, io la sfruttavo per ideare piani. Nuovi incantesimi, pozioni, anche maledizioni di bassa entità.
Stava di fatto che quello stregone strampalato era sbarcato in Inghilterra con i suoi dodici bauli stracolmi di vestiti firmati ed una nuvola di brillantini e mi aveva rubato ciò che era mio. Un Serpeverde non può permettersi un errore di questo genere. Non può lasciare agli altri ciò che di diritto è suo. È suo dovere riprenderselo e proteggerlo, tenerselo ancora più stretto. Alexander Lightwood è stato mio da quando misi piede in questo manicomio che chiamano più comunemente scuola. È stato mio quando lo prendevano in giro per le rune che aveva sul corpo, per quegli idioti chissà che significati derisori avevano… io sapevo che erano sinonimo di forza e potere. Quel ragazzino con i capelli spettinati e gli occhi tristi era diventato uno splendido ragazzo. E non avrei permesso a nessuno di allontanarlo da me.

 

ANGOLO DELL’AUTORE:

FINALMENTE LE COSE INIZIANO A FARSI INTERESSANTI PER I NOSTRI RAGAZZI!!
Non sono riuscita ad aspettare a pubblicarlo, diciamo che l’avevo già pronto da due settimane!

ANNA: la storia è sempre stata interessante, sei tu che l’hai resa noiosa.
ELISA: cosa?! Ti hanno smistato bene allora! Sei peggio di Juliàn!
ANNA: oh grazie, era un complimento?
ELISA: non direi proprio, Serpe!
ANNA: cosa hai detto sottospecie di gatto domestico?!
ELISA: che strisci, come tutti quelli come te *le fa la linguaccia e scappa via*
ANNA: FACCIAMO I CONTI DOPO NOI DUE!!! Vabbè, lasciamo stare quella grifona da strapazzo… piuttosto, vi piace la storia? La trovate scritta bene? Dateci la vostra opinione nelle recensioni! Siamo sempre felici di leggerne delle nuove!!! Altrimenti… vi crucio tutti!!! *si allontana alla ricerca di Elisa*

Un bacio
Elisa e Anna

  
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