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Autore: Merryweather616    19/10/2008    5 recensioni
Ripensavo ad una frase che Ville mi diceva spesso, l’aveva cantata, l’aveva sussurrata, l’aveva scritta. Nella gioia e nel dolore la mia casa è tra le tue braccia. E stretta contro di lui, i suoi occhi gentili e dolorosamente perfetti dritti sul mio volto, protettivi e seri mi trapassavano l’anima ricordandomi ogni istante ancora che la mia casa non erano quattro pareti di cemento riempite di mobili e foto, il luogo dove il mio cuore aveva messo le radici erano le sue braccia secche e il suo petto magro contro cui raggomitolandomi potevo sentire il ritmo della mia vita.
Genere: Romantico, Comico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Deceiving our restless hearts

 

-Ville- mi appoggiai contro la sua spalla cercando di non dare corda ad una strana sensazione che stava facendo seriamente attorcigliare il mio stomaco. –Che c’è al Tavastia?- chiesi sperando di avere una risposta.

Io e questo tipo di sorprese non andavamo così d’accordo.

-Bi, se me lo chiedi un'altra volta potrei non rispondere di me stesso- il tono era quasi serio. Quella cadenza che usava quando cercava di minacciarmi. Peccato che lo conoscessi talmente bene da riconoscere ogni sfumatura, e sapere che se avessi insistito un altro po’ me l’avrebbe detto. Due coccole lo scioglievano come neve al sole.

Ma mi precedette stampandomi un bacio in bocca per azzittirmi. Diciamo che ebbe il suo effetto.

-Siamo arrivati-. In pochi minuti ci eravamo trovati davanti al Tavastia. –Io devo andare dietro, li c’è Elena- mi indicò – ci vediamo dentro, love-. In un soffio me lo vidi sparire da davanti diretto verso l’entrata del locale.

La mia curiosità stava raggiungendo livelli inimmaginabili.

Vidi mia sorella e Kiki appoggiate comodamente alla bacheca rossa, avevano entrambe una sigaretta in mano e stavano parlando animatamente. Appena mi video smisero di chiacchierare e ammutolirono.

Stavo cominciando ad arrabbiarmi. Se tutti sapevano qualcosa e io no potevo tirare fuori il demone nascosto in me. Anche Eva stava risentendo del mio pseudo nervosismo, non smetteva un secondo di scalciare. Appoggiai una mano sulla pancia cercando di calmare lei e me stessa ma con poco successo.

Improvvisamente mi ritrovai Kiki addosso che parlava alla velocità della luce, blaterando parole incomprensibili.

-Non sai…incontrato…Elena…capisci?- avevo bisogno di un traduttore automatico.

-Kiki, Kiki- la presi per le spalle –con calma. Che è successo?-

Stava iperventilando.

-Bi, tu non sai- fece un respiro profondo –chi abbiamo incontrato prima-

-Chi avete incontrato?- chiesi pazientemente.

-Allora, camminavamo tranquille in cerca del Morticia, quando Elena ad un certo punto mi trascina dietro un angolo nello stesso istante in cui vediamo spuntare una chioma bionda. Allora lei comincia ad imprecare contro lo sconosciuto passante in varie lingue- blaterò Kiki senza fare pause.

-E poi, mi giro verso la criniera bionda e chi è? JONNE-

-Jonne?- le faccio il verso. – Quel Jonne?-

Elena non lo sopportava. Anzi. Lo odiava a morte. Ogni volta che spuntava a casa nostra a prendere un caffè con Ville magicamente lei spariva e ritornava la sera tardissimo non prima di avermi chiamato per assicurarsi che se ne fosse andato.

Risi istericamente al solo immaginarmi mia sorella che sbraitava contro il povero biondino che non le aveva mai fatto nulla di male.-E cos’ha fatto?- chiesi incuriosita a Kiki.

-Lei voleva scappare. Ma se lo poteva anche sognare. Sono in Finlandia e incontro una celebrities locale che è anche amica di famiglia, mica me la faccio scappare no?-

-Non fa una piega- assentii.

-Quindi l’ho supplicata per la mia felicità eterna e con la promessa di varie barrette di cioccolata di fermarlo e salutarlo- disse con tono entusiasta – ma non c’è n’è stato bisogno perché Jonne ci aveva già viste, e tutto baldanzoso si è avvicinato a Elena con un sorriso a mille mila denti. Secondo ha una cotta per lei- aggiunse sospirando.

Eh si, ci voleva un genio per capire che il biondo era perdutamente e disperatamente innamorato di mia sorella. E ogni volta che ce lo trovavamo a casa, il suo faccino triste alla scoperta che Elena non c’era, era da foto. Ville se la rideva, io macchinavo per trovare un modo di metterli insieme. E prima o poi ce l’avrei fatta, se il fato mi avesse assistito.

-E come è andata a finire?- chiesi innocentemente.

-Beh, Jonne era talmente felice di vedere Elena che ci ha trascinato in giro per il centro- concluse Kiki con un sorriso sulle labbra –e alla fine ci ha chiesto dove saremmo state questa sera e io gli ho detto che Ville ti aveva…-

-Si?- la incalzai.

-Kiki, diamine!-

Mia sorella era arrivata. Niente da fare. Non sarei riuscita a cavare la notizia da nessuno.

-Ville non doveva fare nulla Bi, niente di cui preoccuparti tranquilla- mi disse con tono molto subdolo.

-Si Elena e poi…-cominciai.

-C’è la marmotta che incarta la cioccolata- dissero all’unisono. –Queste marmotte prima o poi andranno in sciopero lo sai vero?- aggiunge Elena con la sua sempre sottile ironia.

-Simpatica, davvero- borbottai.

-Insomma, hai visto Jonne?-

Tanto valeva fare qualche pettegolezzo se proprio non riuscivo a scoprire cosa il mio adorato marito stava tramando alle mie spalle.

-Non nominare quel nome. Non mi ha dato pace tutto il pomeriggio, ci seguiva ovunque non smettendo un istante di parlare. Un essere insopportabile, Bi, non so come fate voi a tollerarlo-

C’era qualcosa nella sua voce che mi faceva presagire un cambiamento. Sembrava di sforzasse a non sopportarlo, ma forse era solo una mia impressione dovuta al Cupido inside che ogni tanto faceva capolino nella mia mente, o agli ormoni impazziti per la gravidanza.

-Chi disprezza compra, Ele- le risposi con tono saggio.

Non rispose. Si limitò a fulminarmi con lo sguardo e tenermi il broncio.

Forse questa volta ci avevo preso.

 

 

-E’ tutto pronto, ragazzi?- il mio tono era tutto fuorché calmo per vari motivi. Ogni cosa doveva andare alla perfezione, Bianca mi avrebbe ucciso perché era fuori al freddo ad aspettare e odiava essere tenuta all’oscuro di qualcosa. Bam era magicamente arrivato ad Helsinki e sembrava che Elena non fosse riuscita a trovargli qualcosa altro da fare. Non sapevo per quanti altri giorni avrei potuto evitare che Bianca lo scoprisse e lo andasse a cercare minacciandolo di morte.

-Stai tranquillo, Luce. E’ tutto pronto- un Linde ancora più zen del solito mi rispose da dietro le quinte.

Presi il cellulare e lanciai il segnale a Elena.

 

Nell’arco di dieci minuti avevo visto arrivare metà dei nostri amici, tutti borbottavano tra di loro, e nessuno voleva dirmi cosa stava per accadere. Il secco ne avrebbe sentite due da me, dopo.

Prima di vedere Elena tirare fuori il cellulare e fare cenni nascosti alla piccola folla radunata fuori dal Tavastia avevo scorto Seppo che come un fulmine era entrato nel locale, due o tre dei roadie, una decina di nostri amici di Helsinki e qualche rappresentante della Warner finlandese.

La mia curiosità stava salendo a livelli stellari.

-Entriamo- annunciò Elena prendendomi per mano.

Non ero mai stata così agitata prima di entrare nel Tavastia, era uno dei pochi luoghi dove mi sentivo davvero a casa.

Raccolsi un po’ di coraggio e spinta soprattutto dalla curiosità che mi stava uccidendo mi misi al passo con mia sorella e mi incamminai verso il fumoso corridoio del locale.

 

Un sottofondo musicale che mi era stranamente familiare accompagnò la nostra entrata, una volta superato il piccolo atrio mi affacciai sulla sala principale. Era tutto fiocamente illuminato da candele sparse per tutto l’ambiente e la pista da ballo solitamente sgombra era colma di divanetti e tavolini con un aria confortevole. Tutte le poltrone erano rivolte verso il palco. Che per la prima volta vedevo coperto da una tenda.

Le cose erano due: o Ville aveva chiamato l’intero cast di Notre Dame de Paris a fare una prima solo per me, o stavano facendo qualche ristrutturazione. Non vedevo altrimenti il motivo per tale segretezza

Tutti intorno a me si sedettero. Anche io presi posto a fianco ad Elena e Kiki su uno dei divanetti proprio sotto al palco. Non sapevo più ormai cosa aspettarmi ma almeno ero comoda e al caldo.

-Zucchero filato!- una voce famigliare trillò da dietro di me. Mi girai e vidi una Jonne affannato venire verso mia sorella con enormi occhi a cuore.

-Non chiamarmi così ti ho detto- urlò Elena mentre il cantante, vestito stranamente sobrio per i suoi standard, si sedeva a fianco a lei e le metteva una mano intorno alle spalle. Per mia grande gioia quella serpe di mia sorella non si scostò, ma si limitò a volgere lo sguardo altrove senza degnarlo di alcuna attenzione.

Soddisfatta scoccai a Jonne uno sguardo di approvazione che fu ricambiato da uno dei suoi sorrisi più furbeschi. Sapeva quello che faceva il ragazzo.

Improvvisamente i miei pensieri da agenzia matrimoniale furono distratti da alcuni rumori provenienti da dietro le quinte. Se il sesto senso me la diceva giusta Ville era appena inciampato in qualche amplificatore. Come faceva praticamente sempre.

Qualche istante dopo lo vidi spuntare da dietro la tenda con un microfono in mano.

Niente cappello viola.

Niente strati di vestiti.

Niente look trasandato ma figo.

Era il Ville di cui mi ero disperatamente innamorata a 18 anni. L’idolo dei miei sogni di piccola adolescente metallara. Oscuro e misterioso. Bello come solo lui poteva essere.

Un paio di jeans che non ricordavo nemmeno che avesse gli fasciavano comodamente le gambe ossute. Una canottiera, anzi, la canottiera, quella col drago, aderiva sul busto senza fare una grinza. E per finire, il rosario nero, quell’oggetto così sacro eppure così profano pendeva dal suo collo con grazia.

I miei occhi incrociarono i suoi. Incorniciati da una massa di boccoli castani. Quei capelli che ogni volta che ci passavo le mani lanciavano fitte di doloroso piacere lungo la mia spina dorsale. E il mio regalo personale, sapevo che tutto era fatto per me, ma questa cosa in particolare mi tirò fuori un sorriso infinito.

La matita sugli occhi. Esattamente come ai vecchi tempi. Tanta, lucida e soprattutto nera come la notte.

Quando si accorse del mio ghigno si inchinò restituendomi il sorriso.

Non ebbi il tempo di abituarmi a rivederlo così che la tenda si alzò che dietro di lui apparvero gli altri quattro.

Linde, Migè, Gas e Burton. Tutti con i loro strumenti, evidentemente pronti a fare un concerto. Il mio cervello non riusciva a capire.

 

Stricken by fear you held me, my Darling

Denied , the love didn’t give me up

Lost in hazel eyes and brown silk

Now I resurrect

 

Delle note sconosciute, delle parole sconosciute. Ma sempre le sue parole, la sua musica.

Una nuova canzone.

Lo shock della realizzazione mi lasciò senza fiato. Avevo atteso due anni prima di sentire le nuove canzoni, di mettere le mani sul nuovo album, ma Ville mi aveva impedito di sentire qualsiasi traccia fino a che non fosse pronta. Bruciante di desiderio gli avevo fatto promettere che la prima persona a sentire il nuovo album una volta completato sarei dovuta essere io, pena tortura. E ora capivo. Capivo perché non mi aveva fatto sentire nulla.

Quell’album era lui. Quell’album ero io. Eravamo noi. E più la prima canzone si snodava in migliaia di stupende sfumature più mi rendevo conto che aveva avuto ragione. La sua musica andava sentita completa, quando ogni magico tassello era andato a creare quell’incantesimo che dava vita all’anima del Love Metal.

 

-E questa era Sowing Fears- dissi traendo un respiro profondo. Ed una era andata.

Dire che fossi terrorizzato per questa cosa, era usare un eufemismo. Per la prima volta stavamo facendo sentire il nuovo materiale ad un pubblico che non fosse Seppo o Silke. Guardai Bianca, il suo parere sarebbe stato il più importante. Per quanto fossimo sposati, mi amasse, fosse una nostra fan, se una cosa non le piaceva, quella cosa di media faceva davvero schifo. Avevo dovuto ingoiare l’orgoglio molte volte e cominciare a fidarmi del suo giudizio.

I suoi occhi si allacciarono ai miei istantaneamente. Stava piangendo e sorrideva.

Non servì altro.

-Mi scuso di avervi trascinati qui senza preavviso- dissi avvicinandomi al microfono –ma dovevamo scegliere un giorno per questa session e oggi ricorreva una data importante per colei che è l’anima di questo album.-

La guardai e vidi che stava sogghignando, potevo sentirla sporgersi verso Elena e sussurrare quanto fossi sdolcinato.-E dato che quando saremmo in tour per promuoverlo Bianca sarà troppo incinta per venirci a sentire, mi è sembrato giusto regalarle la prima anteprima – conclusi sentendo le guance diventarmi rosse. Anche io non ero immune alla timidezza a quanto sembrava.

Le rivolsi un ultimo sorriso, presi il microfono e ricominciai a cantare.

 

-Apri la porta, Ville-

-Non ho le chiavi-

-Aspetta-

-Magari se smetti di baciarmi il collo le trovo, che dici?-

Il concerto era finito. Poche parole per descriverlo. E ora, come dire, stavo dimostrando la mia gratitudine a mio marito, non che di certo mi dispiacesse fare i miei doveri di moglie. Tutt’altro.

Ma a quanto sembrava eravamo destinati a rimanere fuori casa e congelati.

Kiki e Elena erano rimaste al Tavastia. Un certo Zacky, chitarrista di una band che avrebbe dovuto suonare il giorno dopo era spuntato al locale per caso e non c’era stato verso di portare via mia cugina. Mentre la mai sfacciata sorella, meschina e bugiarda, era stata trovata da me avvinghiata a Jonne come una medusa. Aveva fatto finta tutto il tempo. Che infida ragazza.

E ora eravamo rimasti soli. Avvinghiati l’uno all’altro eravamo scesi dal taksi senza smettere di baciarci, sembravano essere tornati ai primi mesi di matrimonio, quando ogni occasione era buona per farlo ovunque capitasse. Ma, vederlo così, come ai vecchi tempi, mi aveva provocato dei strani moti di lussuria. Mi sentivo come la fan che aveva finalmente conquistato il suo idolo, quando avevo conosciuto Ville ero più grande, lui non era più il bel tenebroso che come una droga infestava ogni mio sogno per notti infinite. Era solo quella meravigliosa persona che avevo sposato.Ed ora invece, con un bel salto nel passato mi stava regalando la mia fantasia proibita.

-Bi, è aperta-

-Come è aperta?- chiesi.

-Si, guarda-

Mi feci avanti, fifone com’era non si sarebbe mai avventato a entrare. Mi sporsi dentro e la luce del salone era accesa.

Una voce.

-Ciao Bianca-

-Mamma?-

 

 

@ Ethereal Clover: magnanima tu? Muhahahahahaha facciamo prima a vedere il Valo grasso ahahaa comunque avendo ora: marchio nero e biglietti dell’helldone direi che è ora di mettere a nanna B&B no?

 

@lithi: forse troppo coccoloshoooo XD ma non ho resistititooooooo. Cmq grazie per gli esami U:U per fortuna sono andati bene. E l’uni a PG come va?

 

@ valeriana: ma grazie!!! E chi non vivrebbe felice con uno così XD peccato che il vero Valo sarà sicuramente mooooolto meno puccio, e tanto tanto più pazzo ahaha

 

@ kiki91: potremmo mettere su un’azienda *animali domestici del Valo offrono firme e autografic INC* seriamente, ci facciamo i soldi ahaha

 

@ kiki91: grazie mille *inquinoH*

 

 

  
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