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Autore: NanaJaneites    27/10/2014    0 recensioni
Racconto introspettivo ispirato al ventesimo episodio della quarta stagione di Glee " Lights Out"...
"Ormai era cresciuta. Ormai era passato troppo tempo. Ormai, era una cosa che apparteneva al passato."
Note dell'autrice: Ogni riferimento a fatti, cose e persone reali è puramente casuale.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ricordati di te
 
Erano le diciotto precise. Il professore diede le ultime indicazioni ai suoi studenti, che appuntarono tutto sui loro quadernini. Finalmente, quella estenuante giornata era terminata. Una palese espressione di sollievo si dipinse sul volto di quei giovani universitari, chiusi in quell'enorme stanza impregnata di un fastidiosissimo odore di solvente da quattro, lunghe ore. Clara era particolarmente sollevata. Poteva finalmente levarsi quell'odioso camice bianco di dosso ed intraprendere la strada per tornare a casa. Guardò l'orologio. Fece un calcolo mentale: mezz'ora di autobus, tre quarti d'ora di metro e altri trenta minuti di treno. Nel giro di due ore avrebbe varcato la soglia di casa. Era esausta. Era in piedi da più di tredici ore e nello stomaco aveva meno di mezzo panino. Mentre si dirigeva verso l'uscita, tirò fuori la sua Marlboro rossa e il suo accendino rigorosamente color azzurro : solo una bella sigaretta avrebbe potuto recarle un secondo di rilassamento. Ci mise meno di cinque minuti per fumarla. Erano passate ben cinque ore dall'ultima e questi erano i sintomi che il suo corpo le mandava per farle capire che aveva fatto mancare veleno e nicotina per troppo tempo. Gettò il mozzicone ancora fumante nell'apposito posacenere e si diresse verso la fermata dell'autobus. Mentre aspettava che il mezzo arrivasse, si coprì il viso con una sciarpa, per sfuggire alla morsa di quel freddo vento di dicembre. Improvvisamente, si sentì tirare un braccio. Si girò di scatto, per vedere chi fosse e si ritrovò davanti il viso sorridente della sua amica Angela. Non immaginava di trovarla lì a quell'ora. Erano ben due mesi che non si vedevano. Da quando si erano divise per seguire ognuna il proprio piano di studi, non si erano più incontrate. Frequentavano la stessa facoltà ed abitavano nello stesso paese. Ma , i troppi impegni,le avevano tenute lontane. Clara rimase un attimo interdetta, non sapendo bene cosa fare, presa com'era da quell'improvvisa sorpresa. Fortunatamente, la sua amica la salvò da quell'imbarazzante silenzio. La regalò uno dei suoi sorrisi più splendenti e la salutò con affetto. Lo faceva sempre: Angela aveva la straordinaria capacità di salvare Clara dai suoi silenzi cronici, grazie alla sua spiccata parlantina. Le chiese come andassero le cose; se lo chiesero a vicenda ed entrambe risposero positivamente. Questo mise Angela abbastanza a suo agio per farla parlare: cominciò a raccontare le ultime novità che avevano animato le ultime settimane appena passate. Clara ascoltava, ma passivamente. Partecipava di tanto in tanto a quello che sembrava un monologo con qualche <>, << Che bello!>>, << Dici sul serio?>>, solo per non ferire l'amica, ma la sua mente era troppo stanca e si rifiutava di recepire ogni nuova informazione. Il racconto della sua confidente aveva occupato il viaggio in autobus e in metropolitana. Erano giunte al binario nove , dal quale sarebbe partito il treno che avrebbe riportato le due giovani alle loro rispettive dimore. Salirono sul treno. Mentre cercavano un posto a sedere, Angela ebbe la brillante idea di far entrare di nuovo in funzione le sue intonate corde vocali.
< Mentre pronunciava queste parole, ad Angela venne in mente un particolare e i suoi occhi cominciarono a brillare.
<< Oh mio Dio! Clara! Ma tu! … Tu sei perfetta! >>.
<< Io? >>.
<< Si, tu! Sei una scrittrice eccezionale, prendevi sempre il massimo dei voti ai temi e hai una carriera universitaria perfetta. >> .
<< E allora? >>, disse con aria indifferente.
<< Come allora? Devi andarci! Andiamo, la facoltà di lettere è sempre stato il tuo sogno e ora puoi seguire uno dei loro corsi, senza dover abbandonare il tuo piano di studi >>.
<< Angela, io lavoro, studio e mi occupo della mia casa. Non ho il tempo per certe cose. E poi non scrivo da anni, sarebbe un totale spreco di energie e di tempo. A breve c'è la sessione invernale, concentrato su quello piuttosto che fare la brava samaritana con i sogni e le ambizioni altrui >>, tagliò secco Clara.
Sperava che il discorso fosse concluso , ma Angela non dava alcun segno di cedimento.
<< Quanto sei antipatica! Non ricordavo fossi così acida. Cos'è? Hai per caso inalato dell'acetato in quel laboratorio? Hai la possibilità di fare qualcosa di diverso e la sprechi. Non è giusto!>>.
<< Cosa ? Cosa non sarebbe giusto? Fammi sentire! >>, sbottò irritata Clara.
<< Che solo gli studenti meritevoli possano iscriversi a questo corso e la mia amica, che tanto vorrebbe imparare a scrivere, non può >>. << C'è una ragione ben chiara se hanno istituito questa clausola >>.
<< E quale sarebbe? >>, chiese Angela, con fare retorico.
<< Se non riesci a seguire i corsi del tuo piano di studi in modo regolare, come puoi pretendere di poter frequentare quelli di altre facoltà>>.
<< La solita pragmatica!>>.
Quel lungo discorso terminò nel momento in cui le giovani viaggiatrici arrivarono a destinazione. Finalmente casa.

Mentre era sotto la doccia, le ritornarono in mente le parole di Angela : << Scrivere è sempre stato il tuo sogno! >>. Era in errore. Avrebbe dovuto dire << Era il tuo sogno >>. Ormai era cresciuta. Ormai era passato troppo tempo. Ormai, era una cosa che apparteneva al passato. Con questi pensieri di “autoconvinzione” che camminavano per la sua mente, andò a coricarsi. La stanchezza la regalò alle braccia di Morfeo e , in breve tempo, cadde in un sonno profondo.

Correva. Correva con tutte le sue forze. Qualcosa la inseguiva. Non sapeva bene cosa fossa, ma le stava alle calcagna. Non la mollava. C'era qualcosa di strano. Lei correva, ma le gambe pesavano come degli enormi sassi e non avanzava che di qualche metro. Intanto quella cosa stava per raggiungerla, la sentiva sempre più vicina. Si sentì afferrare per un braccio e, in quel preciso momento, tutto intorno cadde il buio. Era tutto scuro, tutto nero, ma quella cosa era sparita. Vagando con lo sguardo, in mezzo a quelle tenebre, vide una luce. In quel momento sembrò piazzarsi la salvezza davanti ai suoi occhi. Si avvicinò velocemente a quel bagliore e , quando ormai gli era vicino, in mezzo a quel candore scorse una figura. Era minuta e aveva qualcosa in mano. Avanzò di qualche passo e si portò una mano sulla fronte per creare un'ombra sugli occhi abbagliati. Finalmente riuscì a vedere: era una bambina, una piccola ragazzina che stava scrivendo qualcosa. Le si avvicinò, per vedere meglio e sentì che la bambina stava canticchiando qualcosa.
<< Hei, piccola, cosa ci fai qui?>>, domandò Clara.
La bambina, sentendosi appellare, alzò lo sguardo. Clara rimase sbigottita. Non poteva essere: quella piccola creatura, con gli occhi castani, i capelli scuri legati con un grande fiocco , quella ragazzina in tuta e scarpette da ginnastica, era esattamente uguale alla Clara di dieci anni prima. Presa dallo stupore, cominciò a chiederle chi fosse, con maggior insistenza. Ma la bambina non rispondeva, si limitava a fissarla continuando a cantare la sua canzoncina. Anzi, più Clara le chiedeva la sua identità, più ella alzava la voce per coprire quella della sua interlocutrice. E più alzava la voce, più il suo viso dolce cambiava e assumeva un'espressione triste e arrabbiata allo stesso tempo. Finché, finalmente, la bambina si zittì. Clara sperava di ottenere la sua agognata risposta, ma ella invece cominciò ad urlare.
<< Ti sei dimenticata di me! Sei cattiva! Non mi vuoi più bene! Ti sei dimenticata di me!>> gridava forte.
<< Cosa? >> ,chiese incredula Clara ,<< Io non so nemmeno chi sei! Ma perchè urli? >>.
Ma la bambina proseguiva col suo lamento. Cominciò a piangere, ma dai suoi occhi non uscivano lacrime di sale: erano lacrime rosse quelle che rigavano il suo esile volto.

Saltò. Era sudata. Ansimava. Il cuore le batteva forte. Stava tremando. Poi realizzò : era tutto un sogno. Un sospiro di sollievo le restituì la calma. Attese che il suo battito cardiaco tornasse regolare. Si distese, chiuse gli occhi, sperando di raggiungere al più presto la fase REM. La sveglia sarebbe suonata da lì a due ore e il giorno che stava per giungere, si prospettava essere impegnativo. Aveva bisogno di riposare. L'amico sonno accolse la sua richiesta e, nel giro di pochi minuti, crollò in un profondo e lieto dormire.
La svegliò non mancò al suo impegno quotidiano: erano le sei precise ed essa avvertiva la povera ed ancora assonata Clara che era giunto il momento di abbandonare il suo caldo giaciglio: il mondo là fuori la stava aspettando. Si alzò controvoglia, maledicendo il giorno in cui decise di iscriversi all'università.
Doveva fare in fretta. Ogni passo era calcolato per far si che ella potesse giungere puntuale alla stazione.
Erano esattamente le 7:25 quando timbrò il suo biglietto. Il treno sarebbe arrivato entro cinque minuti. Con calma, scese le scale che conducevano al sottopassaggio – guai ad attraversare i binari – e , in un momento, fu dall'altra parte. Contro ogni previsione, il treno giunse puntuale. Con tutta quella gente, trovare un posto a sedere sarebbe stato impossibile. Ancora una volta, avrebbe dovuto percorrere il viaggio sorretta solo dal supporto delle sue stesse gambe.
Mentre il treno correva lungo i binari della tratta Casoria – Napoli Centrale, le venne in mente l'incubo avuto durate la notte. Una bambina che l'accusava di averla dimenticata e che piangeva lacrime di sangue. Si rimproverò : non avrebbe più guardato film introspettivi e al diavolo gli horror con le bambine indemoniate. Decise di ignorare quel pensiero e di proseguire il suo viaggio . Non era una psicologa. Non era suo compito esaminare i messaggi subliminali del suo inconscio.

Sempre la stessa storia: se il treno arrivava in orario, gli autobus erano sempre pronti a rovinare la giornata. In quel momento capì il significato della sigla ANM. “ Molto azzeccato “. Si guardò intorno, tanto per ingannare il tempo. Dall'altra parte del marciapiede, intravide Angela. Due incontri in due giorni : la dea bendata aveva deciso di favorirla quella mattina. Angela era in compagnia: doveva essere qualche sua collega del corso di nutrizione. La chiamò e , appena Angela la vide, le corse subito in contro. Mentre camminava verso di lei, trascinava con se la sua compagna.
<< Ciao Clara! >>, la salutò con un sorriso a trentasei denti.
Sembrava felice di vederla. Strano : si erano incontrate meno di ventiquattro ore prima.
<< Ti presento Monica. Questa è la mia collega di cui ti ho parlato ieri >>, disse tutta trepidante.
“ Oh no!”. Angela voleva riprendere il discorso del giorno precedente e, per provare a convincerla, aveva portato i rinforzi. Il vecchio trucco che si usa con i bambini “ mangia che nel Terzo Mondo i bambini muoiono di fame”.
Per non sembrare scortese di fronte alla nuova conoscenza, Clara decise di rispondere garbatamente ad ogni qualsivoglia provocazione che la sua sorridente amica le avrebbe lanciato.
Non ci volle molto e , dopo i soliti convenevoli che accompagnano una nuova presentazione, Angela sferrò il suo attacco.
<< Oh Monica, questa è la mia amica di cui ti avevo parlato: la scrittrice con la media più alta di tutto il suo corso >>.
<< Oh! >>, esclamò Monica con gli occhi che brillavano di ammirazione, << Oh sei tu! Oh... Come sei fortunata! Angela mia ha detto che hai i requisti per frequentare il corso di scrittura creativa. Che bello! Io ucciderei per avere i tuoi voti. >>.
“ Basterebbe studiare con impegno”.
<< Be' sai Monica >> “ Secondo colpo “ << lei non vuole andarci, dice che non le interessa>>.
<< Davvero? >>, cinguettò incredula Monica << della serie “ Cristo manda il pane ha chi non ha i denti per rosicchiarlo”>>.
Era troppo. Non avrebbe tollerato un'altra intromissione di Angela.
<< Adesso basta!>> , la sua espressione prese una piega piuttosto torva mentre pronunciava queste parole, << Angela, non voglio più sentir parlare di questa storia, ho capito il tuo giochetto. Quando è troppo è troppo!>>.
Approfittò dell'apertura delle porte dell'autobus. Una fermata prima, non le importava, preferiva fare due passi a piedi piuttosto che sopportare altro. Odiava quando qualcuno si intrometteva dei suoi affari, soprattutto quando era coinvolta una perfetta sconosciuta.
<< Buona giornata!>>, esclamò palesemente irritata mentre scendeva dall'autobus.

Metodologie biochimiche. Cromatografia a scambio ionico. La professoressa parlava mentre sullo schermo venivano proiettate le immagini di una procedura che sembrava essere lunga e complessa. Roba da biologi. Ma Clara non ascoltava nemmeno una parola: la sua mentre era altrove, al momento della brutta scenata nel pullman – cosa di cui si sentiva oltremodo mortificata – e al suo sogno.

Ora di pranzo. Sala comune dell' aulario A. In borsa , un solo panino col prosciutto. “ Non penso mi basterà”. Clara divorò il suo misero pasto in un nano secondo e , come aveva previsto, il suo stomaco reclamava ulteriore nutrimento. Frugando nel suo borsellino, trovò alcuni spiccioli e optò per del cibo spazzatura dal distributore. Patatine rigate al gusto di roast chicken and lemon e una barretta di cioccolato. Veleno confezionato. “ Al diavolo l'intolleranza al lattosio!”. Mentre gustava il sapore agrodolce delle patatine, il suo cellulare l'avvertì dell'arrivo di un messaggio. Era Angela.
“ Dobbiamo parlare. Oggi non lavori. Stasera sono da te”.
Chiuse il messaggio, senza rispondere. Non avrebbe permesso ad un messaggino che sapeva di minaccia di rovinare il suo momento di degustazione.
Finito di mangiare, si accese una sigaretta. “ La sigaretta a stomaco pieno si gusta meglio”. Si sedette su una panchina del cortile, per godere del torpore del sole del primo pomeriggio. Terminato il suo “rituale post-pranzo”, si diresse verso l'aula A7, dove si sarebbe tenuta una noiosissima lezione di fisica della durata di due ore.
La dure ore, contro ogni previsione, passarono in fretta. Tra vettori, forza normale e principi di Newton, il tempo volò senza che nessuno se ne accorgesse.
Un'espressione di ritrovata serenità si dipinse sul volto di Clara. La giornata era finita. Poi, le venne in mente il messaggio di Angela.
“ No, non è finita per niente!”.

Aveva appena concluso il suo dovere casalingo e stava riponendo gli ultimi piatti nell'apposita dispensa. Terminato il tutto, si diresse verso la sua camera per bruciare tre o quattro neuroni davanti alla televisione.
La camera di Clara era tutto, fuorché una camera per una ragazza. Appena varcata la soglia, si veniva invasi dal colore azzurro: era dappertutto. Dalla pittura sulla parete, alla copertura del divano-letto; dal tappeto, alle tende, alle sedie. Su ogni spazio verticale, c'era attaccato un poster raffigurante un calciatore della sua squadra del cuore. La parete orizzontale, alla sinistra della porta, era dominata da un'enorme fascia da stadio posta proprio sulla sommità. C'era scritto “ FORZA NAPOLI “, a caratteri cubitali. E quella scritta la si incontrava ovunque si posasse lo sguardo. Amava quella squadra. Impazziva per essa. L'amava in un modo irrazionale per una femmina. L'amava allo stesso modo in cui si ama il proprio fidanzato. Forse era questo il motivo per cui non era innamorata di nessuno: lei aveva già il suo amore. “ Tutta colpa di papà: solo figlie femmine e ha trasformato me nel maschio che non ha avuto”.
Riuscì a pena a sedersi sul divano, quando suonò il citofono. Era Angela. In men che non si dica, fu nella stanza di Clara. Era evidente che fosse arrabbiata, glielo si leggeva negli occhi. “ E come darle torto, dopo che l 'ho piantata in asso in quel modo”.
Angela diede sfogo alla sua rabbia.
<< Sei stata scorretta, maleducata e scortese!>>, “ Uh, ci è andata leggera”, << Come hai osato lasciarmi lì in quel modo? >>, urlò, digrignando i denti, << Io stavo cercando di fare qualcosa per te e tu, cosa fai? Mi tratti da schifo. Questa si che è gratitudine!>>.
<< Calmati Angela >>, la interruppe Clara, << Non volevo di certo offenderti >>, disse, cercando di mantenere la calma,
<< Semplicemente stamattina non ero dell'umore e tu mi hai provocato. Sai che odio quando le persone diventano troppo invasive >>, tentò di giustificarsi.
<< Non eri dell'umore?>>, chiese ironicamente l'amica, << E quando mai tu sei dell'umore?>>. La sua irritazione era evidente. << Tu non sei mai dell'umore! Ma si, diamo la colpa all'umore. La ragazza è piena di problemi, che ha sempre la luna di traverso. Ha una famiglia, dei figli da dar mangiare, è orfana, non ha lavoro...>>, mentre parlava, gesticolava con le mani con fare teatrale, << Ma smettila Clara! Ma cosa vuoi di più dalla vita? Hai tutto quello di cui hai bisogno. Sei intelligente, piena di talento e hai la possibilità di fare davvero qualcosa di buono nella vita. E tu, invece, passi le tue giornate a mettere il broncio, a lamentarti e ad odiare il mondo intero. Guardati! >>, con un gesto plateale la indicò dalla testa ai piedi, << E' venerdì sera e invece di uscire a divertirti, sei chiusa in casa a guardate la tv>>.
<< Sono stanca >>, tentò di difendersi Clara.
<< Stanca? Hai vent'anni … Questa è tutta una scusa >>.
<< Non ho bisogno di scuse>>, ribattè.
<< Oh si invece. Hai bisogno di scuse perchè non vuoi ammettere a te stessa che hai paura>>.
<< Di cosa avrei paura io ?>>, gli occhi di Clara si strinsero in due fessure.
<< Del mondo , Clara >>. A quelle parole, la rabbia le salì in volto, facendole arrossare le guance. “ Come si permette?”.
Angela sospirò e , chiudendo gli occhi, si passò una mano nei capelli, ritrovando la calma.
<< Senti Clara, io sono tua amica e ti voglio bene. Sono stufa di vederti sempre così. Devi fare qualcosa. Sei giovane, devi goderti la vita. Ci sarà tempo per intossicarsi le giornate con il malumore. E poi, un'uscita con le amiche non rovinerebbe la tua carriera universitaria>>. Ascoltando l'amica, l'espressione di Clara divenne da furiosa a pensierosa. “ Ha ragione”.
<< Senti Angela>>, disse, con un pizzico di mortificazione nella voce, << Tu hai ragione. Ma ioo odio uscire. Lo sai bene: per me è difficile stare in mezzo alle persone. Mi sento a mio agio a casa mia. E per me, va bene così. Non è questo il motivo che mi fa essere sempre nervosa>>.
Da quando si conoscevano, questa era probabilmente la millesima volta che affrontavano quel discorso, senza mai successo. La rassegnazione si palesò sul viso di Angela. Avrebbe cambiato tattica: se non poteva convincerla a cambiare stile di vita, doveva almeno riuscire nella missione “ corso di scrittura creativa”.
<< Va bene. Comprendo le tue esigenze. Ma vorrei davvero che tu facessi qualcosa per te : va a quel corso. Ti prego!>>, i suoi occhi imploravano insieme alla sua voce, << Hai talento, non sprecarlo>>. “ Di nuovo? Ma allora è ottusa!”.
<< Angela per favore, ti ho già detto la mia opinione al riguardo>>, tagliò corto Clara.
<< Ma perchè?>>, chiese esasperata.
<< Perchè no!>>.
L'atmosfera si stava di nuovo riscaldando.
<< Perchè?>>, Angela non mollava.
<< Perchè no e basta!>>. “ Adesso è troppo”.
<< Voglio solo sapere il perchè. Non dire che ti manca il tempo perchè sono due ore a settimana, mi sono informata bene. Dimmi solo il perchè e poi giuro che ti lascio in pace. Parla con me Clara, maledizione!>>.
“ E va bene. Le dirò tutto. Così la questione sarà definitivamente archiviata".
<< Angela, io non posso scrivere, non voglio. Uno scrittore, per mettere nero su bianco, deve guardarsi dentro. E io dentro non ho che buio, caos e disordine. Potrei solo creare mostri con i miei pensieri >>, pronunciò Clara, sperando che queste fosse abbastanza per l'amica.
Angela rimase a bocca aperta: mai Clara si era aperta in quel modo con lei. Solo una volta quando …
In quel momento capì, capì dove fosse il problema. Capì da dove derivava tutta l'indifferenza di Clara alla vita, tutta la sua freddezza, tutto il suo malumore. E conoscendola bene, Clara non l'avrebbe mai ammesso. Così , in un attimo, Angela capì quale fosse il suo compito: doveva fare si che la sua migliore, adorata amica ammettesse la verità a se stessa. Solo così avrebbe sconfitto i suoi demoni.
 << Sai cosa penso Clara? Penso sinceramente una cosa. Ricordi cosa mi dicesti due anni fa?>>.
“ Due anni fa? Dove vuole arrivare?”. Clara alzò la guardia. “ Ho capito... Non glielo consentirò”.
<< Sta zitta!>, sbottò improvvisamente Clara.
<< Fammi parlare >> .
La tensione cresceva di secondo in secondo.
<< No! >>. Clara era esasperata.
<< Tu .. >>, l'avrebbe detto, a qualsiasi costo.
<< Sta zitta! >>, urlò disperata Clara.
<< La verità è questa … >>.
<< No! >>. D'istinto, Clara si portò le mani alle orecchie. “ Non dirlo! Non osare farlo!”.
<< Tu non hai mai superato i tuoi problemi. La tua guarigione è una menzogna!>>.
L'aveva detto. Aveva detto la sacrosanta verità, quella che nessuno aveva osato mai sbattergli in faccia, temendo la sua reazione. Quella che Clara negava ogni giorno a se stessa, proteggendosi dietro ad un muro di ghiaccio.
Dagli occhi di Clara cominciarono a cadere gocce di sale. Lacrime incontrollate le rigavano il viso. Angela era mortificata, ma sapeva che aveva fatto la cosa giusta. Era arrivato il momento per la sua amica, di affrontare tutti i suoi demoni e sconfiggerli una volta per tutte. Dopo qualche minuto di silenzio, Clara decise di parlare, a cuore aperto. “Ora o mai più”. Si asciugò le lacrime e disse :
<< Sai meglio di me che sarei potuta diventare una grande scrittrice, Angela. Ci sarei riuscita, se solo quel mostro affamato non avesse divorato il mio talento, insieme a tutto il resto >>.
Angela ascoltava in silenzio, non l'avrebbe interrotta. Dopo qualche secondo di riflessione, Clara proseguì la sua confessione.
<< Mi manca sai? Mi manca quel che mi dava. Lei mi dava un'occupazione, qualcosa a cui pensare, che prendeva tutto il mio essere. Non avevo di che preoccuparmi, perchè i miei unici pensieri erano le calorie da assumere sempre di meno, i chili da perdere, le abbuffate notturne, gli escamotage per non farmi sentire. E tutto mi era indifferente. Nessuno poteva ferirmi , perchè nessuno poteva toccarmi. Lei era sempre lì per proteggermi da qualsiasi sentimento . Doveva ammalarsi mio padre per capire che mi stavo uccidendo a poco a poco e stavo facendo male a chi mi vuole bene. Per amore dei miei genitori, decisi di smettere. Niente abbuffate, niente dita infilate giù per la gola, niente dieta. Fu difficile, piansi tanto, ma ci riuscìì. A farne le spese però, sono stati i miei polmoni >>, rise per alleggerire un attimo l'atmosfera penosa che si era creata. Fu un attimo, poi il suo sguardo tornò serio.
<< Ma lei è ancora qui Angela, è sempre nella mia testa e mi condiziona. Ancora mi spinge ad odiare la mia immagine riflessa nello specchio, ancora mi spinge a provare disgusto per la mia persona. Ancora mi costringe a pensare il peggio di me, a negarmi ogni piacere. Perchè io sono un disastro, sono una sciocca vacca grassa, priva di cervello e di qualità. Non merito nulla di bello nella vita. E quello che faccio, gli sforzi che compio per far si che tutto vada bene, non bastano. Lei mi costringe sempre a disprezzarmi . Hai ragione, non l'ho mai superata. Avrei bisogno di un aiuto professionale? Non penso: so benissimo quali sono le mie lacune, ma non ho il coraggio di affrontarle. Angela, io non posso scrivere. Non posso guardarmi dentro. Qui, >> e nel dire questo si portò una mano sul petto, << c'è un pozzo senza fine, nel quale si può solo sprofondare. Io mi tengo alla larga da questo posto. C'è ancora quel mostro, anche se è legato con delle catene di orgoglio. Ho paura che, se mi avvicino, lei possa liberarsi ed io non avrei la forza di combatterla una seconda seconda volta. Fallirei>>.
Aveva sentito abbastanza. Angela iniziò la sua replica.
<< Non devi aver paura Clara, puoi farcela. Non lasciarti condizionare dal tuo passato. Archivia definitivamente quella parte della tua vita e va avanti. Non devi per forza scrivere. Non devi diventare allegra da un giorno all'altro. Ormai questo è il tuo carattere. Ma puoi andare a quel corso. Cosa ti costa? Come dici tu: il sapere non occupa spazio. Provaci , mal che vada avrai guadagnato un paio di crediti extra. E sarà l'occasione perfetta per incontrate altri letterati con problemi psicologici >>.
A quelle parole, le lacrime di Clara cessarono e un alone di speranza le illuminò il viso.
“ Ha ragione: tentar non nuoce. Mal che vada, ci sarà la mia Angela a consolarmi”.
Parafrasando Jane Austen: l'amicizia è il miglior balsamo per le piaghe di un amore deluso. “ E della vita”.
Si era decisa. L'avrebbe fatto: avrebbe mandato la domanda on-line quella sera stessa. Dopo un lungo abbraccio, le due amiche si congedarono.
Clara si sentiva sollevata. Finalmente, aveva tirato fuori quello che si teneva dentro da ormai troppo tempo. Per la prima volta in vita sua, avrebbe fatto qualcosa solo per se stessa.
Si mise al computer, inserì il nickname e la password della sua segreteria in rete e inviò la domanda.

Venerdì pomeriggio. Nonostante fosse metà dicembre, faceva piuttosto caldo e Clara si tolse la sciarpa. Camminava per il corso Umberto I, destinazione via Mezzocannone, edificio 3.
Le sede centrale della sua università era un edificio piuttosto antico, ma la sua facciata neoclassica le donava quel tocco di eleganza che mancava alla modernissima struttura di Montesantangelo.
Entrò nella hall e chiese al guardiano della portineria dove fosse l'aula 3p-14. Era al terzo piano. Si guardò intorno per cercare le scale. Le trovò e le osservò. “ Cavolo!”. Ogni gradino era alto quasi mezzo metro. Si affacciò sulla rampa e si accorse che le scalinate erano piuttosto pesanti. Guardò l'ascensore. “ Maledetta claustrofobia!”. Fu costretta dalla sua vocina interiore a salire le scale e arrivò al terzo piano senza fiato. “ Devo smettere di fumare”. Se lo diceva ogni volta che faticava a fare qualcosa.
Si guardò intorno, ancora una volta. Una targhetta color avorio le fece capire che alla sua destra c'era la stanza 3p-14. La porta era chiusa. Bussò.
<< Avanti!>>, disse una voce all'interno.
Mentre piegava il chiavistello, sentiva il cuore che le batteva all'impazzata. “ Sei sempre in tempo per scappare”.
Allontanò quel pensiero prima che potesse fare danni.
“ Non stavolta, bella mia. Non più”.
Aprì la porta ed entrò.
<< E' in ritardo, signorina >>, sbottò irritata una signora bionda con gli occhiali tenuti bassi sul naso.
Doveva essere la professoressa.
<< Meglio tardi che mai!>>, replicò Clara, raggiante come un raggio di sole, come non lo da tempo

. Era buio. Di nuovo. “ Oh no, dove sono?”. Da lontano una luce … “ Di nuovo quella luce!”. Corse verso quel bagliore. Si, era lei. In quella luce c'era la bambina, esattamente come la volta scorsa. Con la differenza, però, che la bambina non piangeva. Anzi, sorrideva, di un sorriso più dolce e sincero che avesse mai visto. Quando la vide, la fanciullina le corse subito in contro. Appena fu vicino a Clara, si aggrappò con le sue esili braccia al grembo della sua versione adulta, proprio come un figlio abbraccia la sua mamma. D'istinto, Clara appoggiò la mano sulla sua testa e la ella, di risposta, alzò il capo per guardarla negli occhi.
<< Non dimenticarti più di me!>> .
<< Non lo farò. Tu sarai sempre con me >>.

 
  
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