Serie TV > The Vampire Diaries
Segui la storia  |       
Autore: Fragolina84    27/10/2014    0 recensioni
Sequel di "Legami di sangue"
Alexandra vive a New York con sua sorella Evelyn e ha completamente dimenticato la sua vita precedente e il suo grande amore, Damon Salvatore. Qualcuno sta cercando di allontanarli e di usare Alex per i propri scopi. Ma non si può chiudere la bocca ad un amore del genere e Damon smuoverà le montagne per ritrovare la sua donna.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ma come sono andate veramente le cose
quel giorno sulle rive del lago Turner?
Lo scopriamo attraverso il punto di vista
di Damon Salvatore.
E scopriremo anche come se la sta
cavando lui senza la sua Alexandra.
A voi...

 

Una sola, fragile freccia scoccò dall’arco di Jeremy e volò precisa e veloce come se fosse telecomandata. Sapevo che Jeremy era in gamba, ma non pensavo che fosse così in gamba.
La vampira mora che tanto scompiglio aveva portato a Mystic Falls fu colpita alla spalla, ma il gemito di dolore non arrivò dalla direzione che mi aspettavo.
Fu Alex a singhiozzare e mentre mi voltavo vidi che si stava accasciando sul terreno. Si teneva la spalla, la stessa colpita su Evelyn, e il sangue scuro iniziava già a bagnare il tessuto della camicia bianca che indossava. Mi guardai intorno, cercando di capire da dove fosse arrivato l’attacco.
Mi inginocchiai, mentre il grido di Alex mi trafiggeva cuore e cervello. Non riuscivo a capire cosa fosse successo, ma in quella radura c’era più di quanto i nostri occhi potessero vedere.
Udii dietro di me uno sbuffo irritato e mi resi conto che Evelyn doveva aver colpito Tyler, cercando di fuggire verso il lago. Se si fosse lanciata in acqua avremmo potuto seguirla, ma avremmo dovuto rinunciare all’aiuto di Bonnie e Jeremy.
Alexandra spalancò gli occhi e gridò, chiamando Bonnie. La ragazza intuì subito e vidi che usava la magia per bloccare Evelyn, alzando la mano e tendendola verso di lei. La vampira si bloccò come se avesse sbattuto contro un muro, portandosi subito le mani alla testa. Anche io avevo provato sulla mia pelle il suo potere e sapevo quanto dolore poteva causare solo imponendo una mano.
Ciò che mi sconcertò fu che Alexandra si contorse fra le mie braccia, preda della stessa sofferenza che aveva colpito la sua gemella. E d’improvviso capii: le due sorelle erano legate. Ciò che provava Evelyn lo sentiva anche Alexandra, con la stessa intensità.
Alzò gli occhi su di me, mentre grosse lacrime scendevano oleose dai suoi occhi.
«Ti prego. Fallo smettere» sussurrò e, come raramente mi era accaduto, mi sentii impotente. Non c’era nulla che potessi fare, ma se fosse servito, mi sarei aperto il petto e straziato il cuore, pur di farla stare bene.
«Bonnie! Fa’ qualcosa!» gridai furioso, mentre un nuovo spasmo le faceva inarcare la schiena. Poi i suoi occhi si fecero vacui e assenti. Erano spalancati, ma ero certo che non potesse vedermi.
Mentre la guardavo, la vidi tendere la mano verso il nulla, come se stesse sognando. La chiamai ma non sortii alcun effetto. Nonostante tutto, un mezzo sorriso trasognato le incurvò le labbra. Pensai che Bonnie avesse trovato una soluzione, ma d’un tratto Alexandra scomparve e io mi ritrovai a stringere l’aria.
Mi voltai per notare che anche Evelyn era scomparsa. Guardai Bonnie, ma lei scosse la testa, incredula quanto me di fronte a quel fenomeno. Abbassai gli occhi sulle mie mani, incapace di comprendere ciò che era accaduto.
Stefan fu al mio fianco in un secondo.
«Che è successo?»
«Non lo so» risposi, alzando lo sguardo su di lui.
Mi svegliai di soprassalto, gridando al buio la mia angoscia. Ansimavo e, giacché non avevo bisogno di ossigeno, ciò dava l’idea del mio turbamento. Non potevo nemmeno dire che il cuore mi martellasse nel petto perché non batteva più da decenni ma, se fossi stato umano, certo mi sarebbe uscito dalla gabbia toracica.
Mi misi a sedere sul letto, non riuscendo ad impedirmi di guardare alla mia destra dove avrebbe dovuto esserci lei. Ma l’altra metà del letto era vuota, così come vuota era la mia anima da quando l’avevo perduta.
Avevo strappato di nuovo le lenzuola durante quell’incubo ricorrente e le gettai di lato, infastidito. Con i soli pantaloni del pigiama addosso, scesi al piano di sotto. Il fuoco nel caminetto era quasi estinto, perciò presi un ciocco e lo gettai sui tizzoni, smuovendo la cenere finché il legno non s’incendiò.
Mi avvicinai al tavolino e afferrai la pesante bottiglia di whisky. Tolsi il tappo e me ne versai una dose generosa, ma la mano tremava talmente tanto che la bottiglia sbatacchiò rumorosamente contro il bordo di cristallo del bicchiere. La posai e strinsi il pugno con forza tale da sentire le ossa scricchiolare.
Sedetti sul divano, davanti al fuoco che scoppiettava, e lasciai che il calore bruciante del liquore mi invadesse. Ma né l’alcol né le fiamme nel camino riuscivano a scacciare il gelo di quella notte e del sogno che mi aveva tormentato.
Le notti erano così difficili, da quando Alex era scomparsa, peggiori di quanto lo erano state quando ancora non la conoscevo. Erano una delle parti che preferivo del nostro rapporto e non certo per la passione, che comunque non era da sottovalutare. Durante la notte avevo imparato a conoscerla, ad ascoltarla, a godere della sua mente oltre che del suo corpo, e mi ero scoperto perdutamente innamorato di lei.
Quando ancora ero umano, una donna era entrata nella mia vita, trascinandomi in un vortice di passione e lussuria. Credevo di essere innamorato di lei ma a conti fatti mi stava solo usando, seducendo allo stesso tempo anche mio fratello Stefan, colui del quale era veramente invaghita. Alla fine si era rivelata essere un vampiro e aveva trasformato entrambi, obbligandoci a una vita da non morti.
Nonostante tutto, l’amavo. O almeno lo credevo, all’epoca. Poi era stata catturata e io mi ero trovato di fronte alla convinzione che fosse morta. Pensavo di non poter sopportare un’eternità senza di lei, il dolore era troppo forte. Perciò avevo spento la mia umanità, attivando quel piccolo interruttore nel mio cervello. Ero sceso a patti con la natura più bestiale del mio essere vampiro, facendo cose di cui ora che sono tornato a vivere, mi pento. Ma non sentivo nulla, non volevo sentire nulla, e tutto si confondeva in un lungo incubo di sangue.
Poi mio fratello era tornato a Mystic Falls e aveva incontrato una ragazza che era la sosia perfetta della Katherine che ci aveva sedotti un secolo e mezzo prima, crudeltà a parte. Elena le assomigliava solo nel fisico, e il suo animo gentile era stato la mia medicina, sufficiente a farmi ritornare in me e spingendomi ad accendere di nuovo i miei sentimenti.
Avevo avuto una storia con lei, ma era successo tanto tempo prima, finché ci eravamo resi conto che la nostra era una storia malata. Ci eravamo detti che era perché ci amavamo troppo, ma con il senno di poi riconobbi che non era a me che Elena era destinata. Doveva stare con Stefan e ora, effettivamente, faceva coppia con lui.
Ma quando mi ero quasi rassegnato a stare da solo, convinto che non avrei mai potuto amare qualcun’altra oltre a Katherine ed Elena, Alex era arrivata nella mia vita. Era entrata al Grill come una cliente qualsiasi, mascherando la sua natura tanto che l’avevo scambiata per un’umana. Era bellissima, con i lunghi capelli neri sparsi sulle spalle, i pantaloni scuri che le fasciavano le gambe come una seconda pelle e una giacca nera la cui zip era aperta sul seno esuberante.
Ricordo che avevo interrotto la partita di biliardo – lasciando mio fratello e Jeremy impalati presso il tavolo verde – e mi ero seduto accanto a lei, tentando l’approccio morbido che funzionava con tutte le ragazze.
E aveva funzionato anche con lei. Fingendo di essere soggiogata, alla fine se n’era andata ma la notte stessa era tornata. Solo dopo avrei saputo che era tornata per me.
Quando era stato chiaro che non era una minaccia per noi, ci aveva raccontato di essere in fuga dal vampiro che l’aveva creata e con cui era rimasta per i due secoli successivi alla sua rinascita. Julian la voleva per la sua capacità di percepire le creature magiche e anche perché era la sua donna e non aveva digerito benissimo il fatto che lei fosse fuggita.
Alex ci aveva avvertiti che se si fosse fermata a Mystic Falls prima o poi Julian l’avrebbe trovata ma io non avevo voluto darle ascolto. In verità, a quel punto nemmeno lei aveva molta voglia di andarsene. E Julian era arrivato, deciso a riprendersi la sua donna.
Non ce l’aveva fatta, nonostante un manipolo di vampiri quasi millenari che erano la sua guardia personale. Ci aveva sottovalutati, così come avevano fatto altri prima di lui, e aveva perso. Alexandra stessa gli aveva strappato il cuore, vendicando la sua famiglia che lui aveva assassinato.
A quel punto pensavo che avessimo diritto ad essere lasciati tranquilli ma, tornati da una vacanza in Indonesia, ci eravamo trovati una nuova gatta da pelare. La sorella gemella di Alexandra, che lei credeva morta tre secoli prima per mano di Julian, era ricomparsa sulla scena, e aveva deciso di scegliersi le sue cene a Mystic Falls.
Alex era rimasta parecchio sconvolta dal ritorno della sua gemella, che lei credeva fosse stata uccisa insieme al resto della sua famiglia, ma ancor di più dal cambiamento avvenuto in lei. Il legame che avevano da ragazze si era bruscamente interrotto – al punto che Evelyn era l’unico vampiro che Alex non riuscisse a percepire – e la ragazza si era trasformata in un’assassina in cerca di vendetta. Odiava Julian per averla trasformata, incolpava Alexandra di averla abbandonata e aveva giurato a se stessa di uccidere entrambi.
L’avevamo catturata ma era furba ed era riuscita a scappare, e Alex ci aveva quasi rimesso la vita. E poi eravamo arrivati sulla riva del lago. Evelyn era in trappola ma, quando l’avevamo colpita, anche Alex era crollata a terra.
Quel legame spezzato tre secoli prima non era scomparso, aveva solo cambiato forma. Ora Alex sentiva il dolore dell’altra come proprio e quando Bonnie aveva cercato di fermare Evelyn con la magia, anche Alex ne aveva patito le conseguenze. E poi, improvvisamente erano sparite entrambe.
L’incubo che mi tormentava incessantemente non era un prodotto della mia fantasia: erano i fatti, così come erano accaduti quella disgraziata sera di un mese prima.
Alexandra era svanita mentre era fra le mie braccia. Non c’erano stati lampi di luce o eventi visibili: semplicemente, un attimo prima era lì, l’attimo successivo non c’era più.
Avevo subito chiesto spiegazioni a Bonnie perché era evidente l’intervento magico, ma la ragazza era confusa quanto me.
«Non so cosa sia successo, Damon» mi aveva detto. «È intervenuta una magia più forte della mia, ma non saprei dire di cosa si trattasse. Non ho mai sentito una cosa del genere».
Eravamo ritornati in fretta e furia alla villa e Bonnie aveva tentato un incantesimo di localizzazione. Sulla cartina che avevamo usato per individuare Evelyn c’era ancora il sangue di Alex e la strega l’aveva usato per la sua magia, ma senza risultato.
«C’è qualcosa che mi blocca» aveva concluso, dopo aver tentato invano più volte. «Come se qualcuno avesse eretto uno schermo che m’impedisce di sentirla».
«Ma sta bene?» le avevo chiesto. Quella era la mia unica preoccupazione: per il resto, avrei messo a soqquadro il mondo intero per trovarla.
«Non posso dirlo. Non sento nulla» erano state le sue parole.
Da allora era trascorso un mese di giorni bui e notti maledette. Io non ero certo stato con le mani in mano e avevo smosso anche le montagne per trovarla, ma sembrava svanita nel nulla, quasi che la sua presenza al mio fianco non fosse stata altro che un sogno.
Avevo provato con le vie convenzionali, chiedendo allo sceriffo Forbes di muovere tutti i fili a cui aveva accesso. La donna si era impegnata nella ricerca, chiedendo ai colleghi delle contee vicine notizie su eventuali strani omicidi o su due gemelle brune che si fossero fatte notare in paese. Non ne era uscito nulla, ma la cosa non mi stupiva più di tanto: se qualcuno era riuscito a farle magicamente sparire, era qualcuno di veramente molto potente, e di certo le stava tenendo nascoste.
Ciò che trovavo strano, invece, era il fatto che Alex non fosse tornata da me, ma per questo c’erano mille spiegazioni possibili. Mi rifiutavo categoricamente di pensare che le fosse successo qualcosa di grave e non mi sfiorava il cervello nemmeno il fatto che non volesse più stare con me. L’unica ipotesi plausibile era che fosse trattenuta da qualche parte contro la sua volontà, impossibilitata perciò a tornare da me. Era l’unico pensiero che il mio cervello in panne mi permettesse di elaborare.
Rovesciai la testa all’indietro quando udii dei passi. Elena stava scendendo le scale, le belle gambe che spuntavano da sotto una delle camicie di mio fratello, abbottonata in modo sbilenco. Anni prima quella visione mi avrebbe riempito di gelosia, ora non mi faceva alcun effetto.
«Non riesci a dormire neanche stanotte?» mi chiese, cercando di sistemarsi i capelli scompigliati dal cuscino.
«No» risposi. «Tu, invece?»
«Ho sentito dei rumori e sono scesa a controllare». Sedette in fondo al divano, tirando giù la camicia perché le coprisse le cosce. «Avrei dovuto immaginare che eri tu».
Le allungai il bicchiere, ma Elena scosse la testa.
«La troveremo, Damon» mi disse all’improvviso. Io annuii, ma cominciavo a pensare che la cosa fosse più complicata di quanto avessimo previsto.
«Torna a letto, o Stefan verrà a cercarti» le dissi. Avrei voluto trattenerla perché mi facesse compagnia, ma Damon Salvatore non si mostrava mai (o quasi mai) nella sua fragilità. E, dato che sentivo di aver bisogno di una dose di deprimente autocommiserazione, era meglio che tornasse di sopra.
Lei capì, perché mi conosceva bene. Sorrise dolcemente e si alzò. Si tese e mi baciò la guancia; poi, senza una parola, tornò di sopra.
La promessa dell’alba era già nel cielo e non c’era possibilità di tornare a letto, non sarei riuscito a riprendere sonno. Perciò tornai di sopra, infilai una tuta e saltai giù dalla finestra, atterrando silenziosamente sul vialetto.
Iniziai a correre a velocità umana, così come avevo imparato a fare ogni mattina. Avevo scoperto che quel passatempo era il metodo migliore per svuotare la mente, e staccare un po’ dai morbosi pensieri che infestavano il mio cervello.
Di solito evitavo i posti dove ero stato con lei, ma quel giorno, quasi inconsapevolmente, tagliai per il bosco accanto alla casa. Era ancora buio, ma i miei occhi non avevano bisogno di luce, sicché correvo in scioltezza, ascoltando i rumori che mi circondavano.
Quando sbucai sul promontorio roccioso da cui si gettava la cascata che dava il nome alla nostra cittadina, il buio stava cedendo il passo al nuovo giorno. Il sole spuntò sulla sommità dei rilievi, illuminando la zona di boschi e la pianura sottostante.
Sedetti su un masso, chiedendomi se anche Alex stesse osservando quella stessa alba. Mi sembrava così strano che non fosse al mio fianco, come se fossimo sempre stati insieme.
Il sole mi inondò di luce e istintivamente toccai l’anello che portavo sul medio della sinistra, facendolo girare attorno al dito. Era quello che mi permetteva di stare al sole senza rivelare la mia natura di non morto.
Rimasi lì a lungo, seduto sullo stesso masso dove Alex mi aveva trovato dopo che avevamo litigato. Che perdita di tempo, quella litigata! L’unico risultato era stato perdere una notte con lei e, se avessi saputo che non sarebbero state illimitate come avevamo pensato, l’avrei gestita diversamente.
Sbuffai e mi rialzai. Il momento autocommiserazione era terminato e il sole era alto nel cielo. Un altro giorno era iniziato e forse sarebbe stato quello in cui avrei ritrovato la mia donna. Era l’unico pensiero che mi aiutava a tirare avanti.
Ritornai sui miei passi e, giunto davanti a casa mia, notai l’auto di Jeremy. Quando entrai però non vidi il Cacciatore ma solo Bonnie, in compagnia di un’altra ragazza. Aveva il viso sottile, reso ancor più fine dai capelli biondi e lisci che le scivolavano fino alle spalle. Gli occhi azzurri erano profondi nonostante la sua giovane età.
«Ciao Damon» mi salutò Bonnie. «Lei è Tani» proseguì, facendo un gesto verso la ragazza bionda.
«Ciao» dissi ad entrambe, tendendo la mano verso la nuova arrivata che Bonnie si affrettò a presentare meglio.
«Tani è una strega e forse può darci informazioni importanti per ritrovare Alex».
Le sue parole mi provocarono una scarica di elettricità lungo la spina dorsale e girai lo sguardo su Tani che non aveva ancora detto nulla. Le indicai di sedersi e lei prese posto sul divano. Bonnie sedette con lei, mentre io rimasi in piedi, troppo agitato per potermi mettere comodo.
Bonnie prese la parola. «Come sai, quando Alex è scomparsa, ho chiesto aiuto alla comunità delle streghe».
Subito dopo la sparizione della mia ragazza, Bonnie aveva mosso tutte le sue conoscenze. Serviva molto potere per una magia del genere, quindi doveva trattarsi di qualcuno molto potente, qualcuno che non sarebbe passato inosservato tra le streghe.
«Tani crede di aver capito chi ha operato quella magia» concluse, guardando la ragazza e invitandola a parlare.
La biondina frugò nella borsa e ne estrasse un libro. Era vecchio e consunto, come se fosse stato sfogliato infinite volte. Le pagine erano di carta spessa e scurita dagli anni e la copertina grigia e senza simboli era macchiata e con i bordi sfrangiati.
«Questo è il grimorio di una delle mie antenate» disse Tani, con una voce bassa e musicale. Sfogliò le pagine, che frusciarono come pergamena. «Si è scontrata con qualcuno che presentava una magia simile a quella che mi ha descritto Bonnie».
Tani trovò ciò che cercava e girò il libro verso di me. La pagina era ricoperta di una fitta scrittura fatta con un inchiostro sbiadito. Le parole erano incomprensibili, scritte in latino o in chissà quale lingua, e su un lato c’era un disegno, fatto con pochi semplici tratti.
Era il disegno di una donna dalla figura sottile e flessuosa, vestita di bianco, collo alla Modigliani e lunghi capelli chiari. Il viso era appena accennato, sicché i tratti erano indistinguibili.
«Lei è Amaya» disse Tani, indicando la donna del semplice ritratto. «È una strega potentissima e la mia antenata dovette reclutare molte streghe per sconfiggerla».
Osservai la figura, cercando di ricordare se Alex me ne avesse mai parlato, ma né il nome né la fisionomia appena abbozzata eppure molto caratteristica mi dicevano nulla.
«Aspetta un momento. Quanti anni sono passati da quello scontro? Come può essere la stessa? Le streghe non sono immortali, non può essere sopravvissuta, è passato troppo tempo».
Tani abbassò gli occhi sulle pagine del grimorio. «Qui dice che, al prezzo di decine di vite, riuscirono a respingere Amaya, e non ne seppero più nulla. Ma il motivo per cui si erano messe contro di lei era che Amaya stava cercando di creare un elisir di immortalità».
Rimasi in silenzio per qualche istante, meditando su quelle rivelazioni.
«A questo punto dobbiamo dedurre che Amaya abbia creato l’elisir. Ma non capisco cosa questo abbia a che fare con Alexandra» considerai.
Tani si strinse nelle spalle.
«Alexandra non è una vampira come tutti gli altri» intervenne Bonnie. «È l’unica in grado di usare la magia, e molto probabilmente la sua abilità fa gola ad Amaya». La mia espressione dubbiosa la spinse a proseguire: «Credimi, la magia che ha usato deve essere costata un enorme dispendio di energia, anche per una strega del calibro di Amaya. Non l’avrebbe fatto per futili motivi».
Tani assentì. «Ho l’impressione che Amaya faccia raramente qualcosa senza un motivo preciso. Se ha preso la tua ragazza, non l’ha fatto a caso. Ha bisogno di lei per qualche motivo e ti consiglio di cercarla in fretta, non credo che quella strega si farebbe molti scrupoli a sacrificarla per i suoi scopi, qualsiasi siano».
 
Le nuove rivelazioni di Tani sarebbero bastate a tenermi sveglio anche senza i miei soliti incubi perciò, dopo aver congedato le due streghe, mi rifugiai al Grill. Dovevo ancora decidere se la compagnia di Matt Donovan fosse in effetti più apprezzabile di stare a crogiolarmi bovinamente nei miei problemi, ma almeno il bourbon era ottimo.
«Quindi Bonnie sta contattando altre streghe per cercare di rintracciare Amaya, giusto?» chiese Matt, asciugando un bicchiere con un canovaccio.
Annuii, il gomito appoggiato al bancone e il bicchiere davanti alle labbra.
«Pare che rintracciare questa superstrega richieda una notevole quantità di potere. Non siamo nemmeno sicuri che sia stata effettivamente lei, ma è l’unica pista che abbiamo e tanto vale seguirla».
«Non posso ancora credere che sia scomparsa nel nulla. Di magie ne ho viste parecchie in questi anni ma questa è davvero grossa» commentò.
Caroline e Tyler entrarono in quel momento: nel bar non c’era nessuno e sfrecciarono tra i tavoli. La bionda sedette sullo sgabello accanto al mio.
«Ho saputo la novità» disse senza preamboli e io sbuffai, irritato.
«Sentite, non siamo più vicini ad Alex di quanto lo fossimo ieri, perciò non montiamoci la testa».
Il mio cuore era immobile da oltre un secolo, volevo almeno tentare di evitare che andasse in pezzi alimentando false speranze.
«Hai ragione. Scusa» mormorò Caroline. Tendevo sempre a considerarla niente più che una splendida Barbie bionda, ma dimenticavo che aveva una sensibilità particolare e una profonda comprensione degli altri. Aveva capito subito che non volevo illudermi con pensieri troppo prematuri.
«Devi promettermi che mi chiamerai, se succederà qualcosa» esortò
Caroline aveva finalmente trovato la sua strada. Sin da quando frequentava il liceo si era dimostrata una meravigliosa organizzatrice di eventi. Era attenta ai dettagli e severa con i sottoposti, che faceva rigare dritto con una sola parola. Dalle feste del liceo era passata agli eventi mondani della città, che fossero il Ballo dei Fondatori o l’elezione di Miss Mystic Falls, e da lì a farne un’attività, il passo era stato brevissimo.
Quel weekend avrebbe avuto il primo vero incarico. Una ricca figlia di papà di New York voleva organizzare una sontuosa festa per i suoi ventun’anni: aveva visto il sito web di Caroline e ne era rimasta colpita, tanto da contattarla per affidarle il lavoro.
«Sta tranquilla, sarai informata di ogni sviluppo. Sempre che ce ne siano a breve. Questa Amaya non mi sembra propriamente intenzionata a farsi trovare da noi. E, ripeto, non è detto che ci sia lei dietro questa storia».
Tyler mi strinse la spalla. Era stato il primo ad accusare Alex di essere un’assassina, quando la sua gemella era arrivata in città, ma nel momento in cui la verità era salita a galla, si era scusato con la mia ragazza e aveva finalmente preso a considerarla un membro effettivo del clan, sempre che di clan potessimo parlare.
«La troveremo» disse. Mi morsi la lingua per non rispondergli male: era almeno la duecentesima volta che qualcuno mi diceva quelle stesse parole, da quando era scomparsa.
«Grazie» risposi invece. «Fate i bravi nella Grande Mela» raccomandai con un mezzo sorriso.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Vampire Diaries / Vai alla pagina dell'autore: Fragolina84