Nami era preoccupata. Erano giorni ormai che stavano
navigando verso l’Isola Orange, e ancora, orizzonte dopo orizzonte, non si
vedeva altro che mare, infinito. Certo, l’acqua potabile non mancava, e così
anche il cibo, eppure lei non smetteva di torcersi le mani, ansiosa di
arrivare.
Anche quel giorno si trovava a prua col cannocchiale a spiare
insistentemente l’orizzonte, alla ricerca di un qualche cambiamento.
Zoro,
come al solito, aveva finito il suo allenamento e si era seduto all’ombra
del parapetto, a dormicchiare. Lo spadaccino socchiuse gli occhi e osservò la
figura tesa di Nami, le mani strette attorno al cannocchiale. Per lui un’isola
valeva l’altra, ma era decisamente insolito che la navigatrice fosse così
agitata per così poco, anche se forse, il motivo si poteva indovinare.
“Nami
– la chiamò Zoro, annoiato – anche se stai lì tutto il giorno, l’isola non
compare per magia. E’ inutile che tu sia così ansiosa. Quando arriveremo,
arriveremo.”
La ragazza abbassò il cannocchiale, stringendolo con rabbia,
volgendosi poi verso il suo compagno: “Vuoi parlare di cosa sia inutile? E’
inutile che tu stia lì senza fare qualcosa!”
”Non c’è niente da fare.”
Nami si accigliò, ma non rispose. Gli lanciò in grembo il cannocchiale e
scese le scale, dirigendosi verso i suoi mandarini. Salì sulla prua,
avvicinandosi lentamente agli alberi di Bellmer, mentre sul suo volto apparve
una tristezza improvvisa.
I mandarini non erano più le piante sane che
avevano iniziato il viaggio con lei: al posto delle foglie verdi e lucenti,
c’erano poche foglioline verdognole e arricciate, mentre i frutti dolci e
succosi di un tempo non erano altro che piccole protuberanze rinsecchite. Gli
alberi della sua terra natia, a cui era tanto affezionata, stavano morendo. La
causa sembrava una malattia contratta nell’ultima isola che avevano visitato,
anche se a dire la verità non avevano un aspetto sano da ben prima.
La
ragazza prese tra le mani una foglia, che si staccò dal ramo con facilità, e se
la rigirò tra le mani, incapace di accettare che i mandarini stessero morendo.
Solo nella prossima isola poteva trovare il rimedio per quella improvvisa e
letale malattia, eppure, il vento sembrava prenderli in giro, e la meta appariva
più che mai lontana.
All’improvviso un braccio apparve sul parapetto sul
quale si era appoggiata,e con il dito indice della mano le indicava la prua.
Nami sorpresa alzò lo sguardo e vide Nico Robin sorriderle dall’alto della
coffa, indicandole un punto all’orizzonte. La navigatrice seguì la direzione con
gli occhi, e rimase di sasso. Non ci poteva credere, era davvero …
“Terra!”
gridò Rubber, saltando sopra la polena allungandosi con le braccia, “ed è
davvero, tutta, arancione!”
“Davvero! Tutta arancione!” esclamò Chopper,
meravigliato, raggiungendo insieme a Usopp il capitano sulla prua.
“Pensa a
quanti mostri ci saranno lì. – riflettè Usopp, alzando le braccia e mimando i
movimenti di un grosso pallone – Giganteschi meloni con quattro braccia e
quattro gambe, che poi si ritirano per attaccare rotolando per terra. E poi
omoni che …” E il cecchino continuò a raccontare, mimando a gesti creature
spaventose, portando Chopper allo sgomento.
Sanji intanto uscì dalla cucina,
e si accese una sigaretta in tutta tranquillità, osservando dall’alto il
teatrino che Usopp aveva messo su per impressionare il medico e il capitano. Poi
alzò lo sguardo, e sbuffando una nuvoletta di fumo, vide la figura tesa di Nami
sul parapetto superiore, intenta ad osservare l’isola.
La navigatrice in
quel momento cominciò a dare gli ordini di manovra. “Usopp, fai cambio con Robin
e Sali sulla coffa. Con i tuoi occhiali riesci a vedere con più nitidezza. Zoro,
Sanji, Rubber e Chopper, voi andate ai remi: voglio approdare prima di
sera. Nico Robin, tu per favore vai al timone: correggi la rotta di un quarto a
est.”
Il cuoco vide con la coda dell’occhio Nico Robin scendere con un balzo
dalle sartie, e atterrare accanto a lui.
“Robin! Quale splendida visione!
Vuoi bere qualcosa? Thè? Caffè? O forse preferisci fare uno spuntino?” disse
entusiasta Sanji, avvicinandosi alla donna con uno sguardo premuroso.
“No, ti
ringrazio Sanji. Credo che adesso dovremmo prepararci per lo sbarco sull’isola.”
Gli rispose Nico Robin, con un dolce sorriso.
“Hai ragione come sempre mia
adorata.”
“Speriamo solo che Nami trovi quello che cerca.” Disse Nico Robin,
lanciando un’occhiata alla navigatrice.
Sanji, cambiò di colpo atteggiamento,
accompagnando la donna al ponte inferiore. Si tolse la sigaretta dalla bocca, ed
espirò un’altra boccata di fumo. “Lo spero anche io. Quei mandarini sono troppo
importanti per lei.”
Intanto la voce potente di Nami si fece sentire una
seconda volta: “SUBITO!”
“Agli ordini mia dolce Nami!” esclamò il cuoco,
lanciando dolci sguardi amorosi, per poi correre ad afferrare un remo ai lati
del ponte.
>Zoro però aveva fatto come se niente fosse e aveva continuato a
dormire sulla prua, ignaro, o forse fregandosene, del trambusto che c’era tutto
intorno. Un improvviso e alquanto doloroso colpo in testa, lo svegliò, lanciando
una mezza imprecazione.
“Zoro! – esclamò Nami, furente – alzati e vai ad
aiutare Sanji.”
Zoro risentito e massaggiandosi la testa, si sporse di lato e
vide Rubber e Chopper da una parte con un remo, mentre il cuoco dall’altra parte
con l’altro, mentre remava a doppia velocità, nel desiderio di compiacere la sua
divina Navigatrice, dedicandole dolci parole d’amore.
“A me pare che se la
cavi benissimo anche da solo.” Sbuffò Zoro, chiudendo ancora gli occhi.
Un
secondo colpo, più forte del primo, si abbattè sulla sua testa, facendolo
imprecare di nuovo. “Ma che vuoi ancora?” disse a denti stretti.
Nami lo
guardò fisso negli occhi: “Avanti, scansafatiche!”
Zoro si tenne con la mano
destra la testa, e si alzò in piede svogliato, scendendo poi sul punte
inferiore.
“Che cosa vuoi, testa di insalata? Non vedi che sto già facendo
io?” lo accolse Sanji, con un’occhiata di risentimento.
“Parla con la tua
dolce dea, è stata lei che mi ha mandato qui. Penserà forse che tu non sia
capace, sopracciglio arricciato?” lo stuzzicò Zoro, afferrando anche lui il
remo.
“Non osare ripeterlo, spadaccino da quattro soldi. Sei tu che te ne
stavi a dormire fino ad un attimo fa.”
“Bah. Almeno io conservo ancora la mia
dignità.”
“Cosa vorresti dire, marino che non sei altro?”
Zoro non fece a
tempo a rispondere che ricevette un terzo pugno sulla testa, mentre Sanji
incassava il suo primo.
“Invece di litigare, remate!” esclamò Nami,
allontanandosi furente verso il ponte superiore.
“Subito, luce dei miei
occhi!” le rispose Sanji, lanciando un’occhiata di sfida allo spadaccino, che
sbuffò e cominciò a remare.
L’isola si avvicinava sempre più, e ormai era
solo questione di poche ore prima dell’entrata in porto.
Nami intanto stringeva ancora nel pugno la fogliolina di
mandarino, mentre scrutava con attenzione la terra arancione dove stavano per
approdare.
Salve! Grazie per aver letto questo primo capitolo! E' la mia prima FF su One Piece, e naturalmente non poteva non incentrarsi su Nami e Zoro, coppia che adoro. Ok, lo so, non ci sono ancora molti elementi che facciano pensare a una storia tra quei due, ma datemi tempo e leggerete nel prossimo capitolo! Grazie! ;)