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Autore: koorime    28/10/2014    1 recensioni
A un anno dalla sparizione della Nogistune e della fine definitiva di Kate 2.0, il branco si ritrova a dover affrontare una nuova emergenza: qualcosa blocca Derek e Malia nelle loro forme animali e proprio quando gli omicidi rituali ricominciano.
(Partecipa alla I edizione del Big Bang Teen Wolf Italia)
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Nuovo personaggio, Sceriffo Stilinski, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Titolo:  Beyond the wolf
Fandom: Teen Wolf
Pairing/Personaggi: Sterek ( ♥ ) ,  stiles/OMC, Scott McCall, Sceriffo Stilinski, un po’ tutti
Rating: R
Charapter: 2/8
Beta: Nykyo
Genere: future!fic a partire dalla 3B, circa
Warning: slash stuff, magical stuff, avventura, azione, one side!Derek, pomiciamento più o meno spinto.
Summary: A un anno dalla sparizione della Nogistune e della fine definitiva di Kate 2.0, il branco si ritrova a dover affrontare una nuova emergenza: qualcosa blocca Derek e Malia nelle loro forme animali e proprio quando gli omicidi rituali ricominciano.
Note: Questa storia è stata scritta durante la pausa tra la 3B e la 4 stagione e durante la 4 stagione, ma prende una discreta distanza dagli avvenimenti di quest'ultima.
È, in pratica, un enorme pov Derek, ed è nata per prendere in giro un'amica e il suo odio per le tirate chilometriche sugli occhi che ogni tanto si trovano in certe fic. Quindi, lasciatemela dedicare a Nadia: è stato divertentissimo vedere come da una sciocchezza sia nata una storia che mi ha accompagnato per mesi, mi ha fatta dannare e mandare al diavolo la stupidità di Derek
La storia, inoltre, partecipa alla prima edizione del Teen Wolf Big Bang Italia e si avvale, quindi, di gift bellerrimi da parte di due fanciulle adorabili. Lasciatemi quindi ringraziare dal più profondo del cuore AlexCoffeegirl per questa bellissima art e Phoenix Bellamy per questa bellezza di fanmix  Sono state bravissime e le devo un grazie dal cuore per aver scelto la mia storia e fattomi emozionare con i loro lavori
And last but not least, fatemi dare un grosso bacio e dire un enorme grazie a Nykyo per aver betato e seguito questa storia con amore e attenzione

DISCLAIMER: vorrei tanto possedere Derek, ma no, né lui né nessun altro mi appartiene .__. Neanche Stiles, no *sigh*

 

 

 

 

La cosa più sorprendente dell’essere bloccato in quella forma, comunque, era il suo riuscire ancora a pensare razionalmente. Derek aveva sempre creduto che abbracciare la sua parte animale, lasciare emergere il lupo, significasse abbandonare la razionalità del suo essere umano e lasciarsi andare all’istinto. Aveva sempre pensato che da lupo i suoi pensieri sarebbero stati molto più semplici, più lineari e basici e all’improvviso gli tornò in mente sua madre e il suo sorriso, il pelo morbido della sua forma-lupo e la ruvidità della sua lingua quando lo leccava – a ogni occasione possibile. Gli occhi di sua madre non erano mai cambiati e lo avevano sempre guardato con lo stesso amore, in qualunque forma lei fosse.

Talia non gli aveva mai detto che, a ben vedere, restare se stessi in forma di lupo era molto più facile di quanto lui non avesse mai immaginato. Ad essere sinceri lui non le aveva mai chiesto nulla al riguardo, dando per scontate cose che, evidentemente, non lo erano. Eppure Malia aveva avuto problemi all’inizio, subito dopo la trasformazione, era stata confusa dal ritrovarsi coyote all’improvviso, motivo per cui era scappata, incappando in Lucas e quasi uccidendolo – per legittima difesa, se così si poteva dire.

Lui invece era rimasto lucido e cosciente per tutto il tempo, fin dai primi istanti in cui il dolore gli aveva squassato il corpo, trasformandolo. C’erano stati Stiles e Scott con lui, quella volta, intenti a cercare il motivo che aveva fatto scattare la trasformazione di Malia, così all’improvviso durante un allenamento del branco nel bosco.

Derek ricordava perfettamente il ringhio del lupo che combatteva per venire fuori, per prendere il sopravvento, e come lui aveva lottato per tenerlo a bada, con i denti e con le unghie, affinché Scott e Stiles fossero in salvo. Forse era stato quello a mantenerlo umano: la consapevolezza di voler proteggere qualcuno, di volerlo tenere al sicuro da chiunque, se stesso compreso, perché Scott era il suo Alpha e non avrebbe avuto difficoltà a sottometterlo, ma se nel frattempo lui avesse fatto del male a Stiles? Non l’avrebbe mai permesso, a costo di sopprimere la sua stessa natura. Era per questo che era lì, in quella camera da letto, a ben vedere, per proteggerlo da chiunque si stesse divertendo a loro spese, mentre Malia, ora che era stata ritrovata e si era calmata, si occupava di proteggere Lydia.

Tanto meglio per la loro appena nata alleanza, lui non aveva alcuna intenzione di muoversi da quel letto o di distogliere l’attenzione dal suo occupante, anche ora che il sole stava sorgendo e che Stiles sarebbe dovuto andare a scuola.

Come richiamata dai suoi pensieri, la sveglia suonò con insistenza e Stiles grugnì nel sonno, allungando una mano in automatico per spegnerla, senza neanche tirar fuori la testa da sotto il cuscino. Derek, accucciato ai suoi piedi, alzò il muso e abbaiò piano per dirgli di alzarsi, ma l’altro non sembrò sentirlo. Derek lo spinse col muso, tirando le lenzuola con attenzione per non morderlo e Stiles mugolò, infastidito, agitando una mano in aria e arricciandosi meglio sotto le coperte. Derek sbuffò – o almeno si produsse nel corrispettivo lupesco di uno sbuffo – e si alzò, annusandolo prima di decidersi a passare alle maniere forti: afferrò la manica della maglietta e tirò, trascinandolo verso il bordo. Stiles si lamentò e cercò di opporre resistenza, ma Derek era grande come lupo, nel pieno delle sue forze e soprattutto sveglio. Non ci volle molto perché fosse costretto a scendere dal letto per poter continuare a tirare, tra le proteste di Stiles.

«Derek!» brontolò Stiles, poggiando una mano sul pavimento, quando per poco non cadde. «Ho capito, ho capito, mi alzo» sbadigliò, rotolando sulla schiena e, finalmente, mettendosi a sedere al centro del caos di lenzuola e coperte. Fece appena in tempo a poggiare i piedi per terra che la porta si aprì e lo sceriffo li guardò sorpreso.

«Sei sveglio.»

«Sì, qualcuno ha deciso di buttarmi giù dal letto.»

Lo sceriffo guardò Derek, seduto composto nell’angolo sotto la finestra, serio e silenzioso, e annuì. «Grazie per l’aiuto» disse, voltandosi poi verso il figlio. «A scuola, niente digressioni sovrannaturali»
Stiles brontolò, ma filò in bagno. Derek aspettò di sentire l’acqua scorrere prima di scendere in cucina in tempo per vedere lo sceriffo versarsi una dose doppia di caffè nero. «Ne vuoi un po’?» gli chiese con un sorrisino ironico e Derek abbaiò perché sì che ne voleva. Gli mancava il caffè, dannazione.

Ciò che invece ricevette fu una pacca tra le orecchie mentre l’odore delle salsicce che sfrigolavano sul fornello gli stuzzicava il naso e lo stomaco.

Derek sbuffò e fece il giro del tavolo, puntando le orecchie verso i rumori esterni, le auto che passavano sporadiche, cariche di bambini e adolescenti diretti verso le scuole, e di adulti annoiati e poco volenterosi di cominciare quel lunedì mattina pieno di lavoro e impegni. Derek poteva capirli, anche lui odiava il lunedì. Era strano, ma sembrava che di lunedì capitassero sempre le cose più assurde e ridicole – e quelle più brutte. Lui aveva un vago ricordo di aver conosciuto Kate esattamente un quarto d’ora dopo la mezzanotte del primo lunedì dei suoi quindici anni. Tre anni prima, sempre di lunedì, si era rotto un braccio cadendo dal letto a castello che divideva con Cora e aveva imparato a sue spese quale fosse la sensazione di un osso che si rinsaldava, riposizionandosi correttamente. Non era stato piacevole. E Derek poteva contare almeno un'altra decina di episodi simili, tutti avvenuti di lunedì, a qualsiasi ora del giorno o della notte – tra cui l’ultimo ma non meno importante era ciò che gli stava accadendo ora con la maledizione. Che, okay, non l’aveva colpito esattamente di lunedì, ma ormai era lunedì, quindi il punto rimaneva. I lunedì erano orribili giorni che sarebbero dovuto essere cancellati dal calendario. Per sua sfortuna, ancora nessuno aveva pensato bene di farlo.

I passi giù per le scale lo richiamarono e annunciarono l’arrivo di Stiles, prima ancora che il ragazzo entrasse. E quando in effetti Stiles entrò, seguito dall’odore di sapone e di ormoni adolescenziali, Derek aveva il muso puntato verso la porta, in attesa.

«Siamo sicuri che non gli facciano male?» domandò il Stiles, guardando suo padre far scivolare un paio di salsicce ancora fumanti in una ciotola e posarla davanti alle zampe di Derek. Lo sceriffo gli rispose con lo stesso sguardo, rimanendo accucciato accanto al lupo.

«Cos’altro vorresti dargli? È un lupo.»

«Non lo so, croccantini per cani?» tentò Stiles, dubbioso, arretrando d’istinto quando Derek ringhiò. Col cavolo che avrebbe mangiato croccantini. Che li mangiasse Stiles, se proprio voleva.

Lo sceriffo sorrise a mezza bocca e si alzò, facendo leva con le mani sulle ginocchia. «Hai avuto la tua risposta, figliolo» disse, dandogli una pacca di conforto sulla spalla, mentre Stiles borbottava contro stupidi lupi permalosi. Derek si ripromise ancora una volta di morderlo.

Poi però il profumo delle salsicce tornò a invadergli il naso e mandò al diavolo Stiles e le sue stupide idee alimentari per addentare la prima. Oh sì, adesso ragionavano.

Non ci furono molte altre parole a spezzare i suoni tipici di una prima colazione: tazze bevute e poggiate sul tavolo e posate che battevano tra loro e contro i piatti che, morso dopo morso, venivano svuotati. Poi il rumore di un’auto che parcheggiava davanti la casa attirò la sua attenzione e Derek puntò il muso verso la porta proprio quando il campanello suonò. Stiles si alzò e andò ad aprire, precedendo Parrish nel tornare in cucina.

«Buongiorno, sceriffo» salutò il vicesceriffo con un cenno della testa e arretrando subito dopo di due passi, sorpreso, quando notò lui, l’enorme lupo nero steso ai piedi del suo superiore.

«Ah, Parrish, accomodati. Vuoi del caffè? Stiles, versagliene una tazza» disse lo sceriffo, seguendo lo sguardo dubbioso dell’altro con un sorriso divertito. «Cos’è quella faccia, Parrish? Non hai mai visto un lupo addomesticato?»

«A essere sincero no, signore, no» disse, scuotendo poi la testa quando vide Stiles recuperare la brocca di caffè. «Oh no, grazie, no, non... ero solo passato per ricordarle dell’incontro di stamattina con il Sindaco, sceriffo.» Derek sbadigliò e la mano di Parrish scivolò discretamente verso la fondina. Lo notarono tutti, ma nessuno disse nulla.

«Hai notato anche tu che sta cominciando a dimenticarsi le cose? Che dici, sarà la vecchiaia?» lo distrasse Stiles, la brocca di caffè ancora tra le mani. Suo padre gli allungò uno scappellotto dietro la testa e con un cenno gli intimò di riempirgli al tazza vuota.

«Il vecchio qui è quello che riempie il serbatoio della tua jeep, quindi vedi di trattarlo bene o potrebbe decidere di ritirarti il privilegio di possederla» disse lo sceriffo, dopo un sorso di caffè.

Stiles lo guardò indignato e Parrish e lo sceriffo si scambiarono un sorriso. Derek sbuffò, divertito. Parrish lanciò un’altra occhiata al lupo, questa volta stringendosi la tesa del cappello tra le mani. «Devo chiederlo: da dove è sbucato?»

«Aehm...» fu la risposta di Stiles, che guardò suo padre in cerca di aiuto. «L’abbiamo trovato» disse l’attimo dopo, nello stesso istante in cui lo sceriffo disse: «È di Derek Hale»

Parrish inarcò un sopracciglio. Se avesse potuto, Derek avrebbe sollevato gli occhi al cielo. Ora sì che vedeva la somiglianza tra padre e figlio. L’incapacità a dire bugie doveva essere genetica. I due – cretini – si guardarono l’un l’altro e presero in respiro in sincrono. Stiles tentò una risatina e suo padre si grattò la testa. «Derek lo ha trovato.»

«E ci ha chiesto di tenerlo.»

«Perché è fuori città.»

«Per lavoro.»

Il silenzio si protrasse a lungo e Parrish continuò a guardarli dubbiosi, ma non parlò; lo sceriffo si alzò, guardando l’orologio. «Dannazione, è tardi. Tu, a scuola» intimò a suo figlio proprio mentre il campanello di casa suonava di nuovo.

Questa volta fu Wiggins a entrare, levandosi il cappello, con un sorriso di cortesia.

«Mi dispiace interrompervi, ma hanno appena dato l’avviso di un uno-otto-sette e hanno detto che lei avrebbe voluto—cosa...» disse, puntando la pistola alla vista del lupo.

Wiggins era nuovo, una recluta fresca d’accademia – beh, fresca di un anno – era molto timido e si portava dietro un costante odore di nervosismo e di ansia. Questo però, per quanto riguardava Derek, non lo giustificava dal puntargli una pistola al viso – muso – quindi rimbrottò offeso.

«Giù la pistola, Wiggins» gli ordinò lo sceriffo. Wiggins lanciò uno sguardo incerto verso Derek, ma la rinfoderò, sforzandosi di tornare a guardare il suo superiore quando riprese a parlare.

«Chiamo il Sindaco e vengo con voi» disse. «Di cosa si tratta?» chiese, portandosi la tazza alle labbra per finire il suo caffè.

Il giovane scosse la testa. «Mi hanno detto di dirle: tre volte morto

A quelle parole Derek alzò il muso, Stiles si voltò a guardare a occhi sgranati il poliziotto e lo sceriffo si versò il caffè addosso.

«Ah… maledizione» borbottò quest’ultimo, ripulendosi col tovagliolo. «Voi due andate e delimitate l’area. Non fate avvicinare nessuno, non rilasciate dichiarazioni con i media. Anzi, fate in modo che non sappiano niente» ordinò, sbottonandosi la camicia e aggirando il tavolo. I due sottoposti annuirono, scambiandosi uno sguardo nervoso – per loro nulla di tutto ciò doveva avere senso, dopotutto – e uscirono, richiudendosi la porta alle spalle, dopo un cenno di saluto.

Appena fu certo di non essere più sentito, lo sceriffo si strofinò la testa, teso, e guardò Stiles. «Che diavolo significa? Non era finita con il druido?»

«Darach e non lo so, okay? Non ha senso.»  Derek li seguì su per le scale, Stiles che recuperava la camicia sporca e lo sceriffo che s’infilava nella camera da letto per indossarne una pulita. Non ci voleva. Non poteva succedere di nuovo, non con lui in quella forma per chissà quanto tempo. E se Jennifer era tornata... dio, no, dovevano trovare il modo di liberarlo da quella stupida maledizione il prima possibile.

«Okay, okay, me ne occupo io. Andrò a parlare con Deaton appena ne avrò la possibilità» disse lo sceriffo, ritornando in corridoio appuntandosi la nuova divisa.  

Stiles annuì e guardò Derek, poi stirò le labbra. «Io provo a chiedere a Scott. Solo chiedere» specificò quando l’espressione di suo padre dichiarò quanto poco apprezzasse l’aiuto. «Solo raccolta informazioni, promesso.»

Lo sceriffo tentennò, poi annuì e gli fece una carezza tra i capelli. «Rimanete fuori dai guai. Entrambi» disse, lasciandoli sui primi gradini delle scale – e Derek si chiese se parlasse di lui o di Scott.

 


***

 

Derek sarebbe dovuto rimanere a casa. Stiles era stato più che chiaro e lui stesso si rendeva conto che un lupo in giro per la città non era qualcosa che passava inosservato. Ma dopo quello che aveva saputo, non poteva restare accucciato in casa in attesa di sviluppi. E soprattutto non poteva lasciare Stiles senza una difesa, quando Jennifer era lì fuori in cerca di vendetta – di nuovo.  Per questo aspettò che lo sceriffo uscisse e che Stiles si allontanasse con la sua jeep in direzione della scuola, prima di raggiungere la porta e aprirla con due zampate sul pomello. Un’auto passò tra gli schiamazzi di bambini e la voce disperata di un padre in ritardo per la scuola e per il lavoro. Derek mise il muso fuori dalla porta e scivolò silenzioso attraverso il giardino e sul limite della strada. Rimase nell’ombra, discreto, raggiungendo il bosco e da lì il confine, poco distante, con la scuola e aspettò, puntando tutti i suoi sensi verso l’edificio nella ricerca di Stiles. Lo trovò nel corridoio, vicino l’armadietto di Scott, mentre lo aggiornava sulle novità della mattina, con Lydia che tratteneva il respiro. «Ne parliamo a pranzo» disse lei, e Derek poté quasi visualizzarla mentre prendeva sotto braccio al volo una Kira appena arrivata e si allontanava dagli altri due con un ticchettio nervoso di tacchi.

Poi la campanella diede inizio alle lezioni e Stiles e Scott vennero inglobati da professori, libri e test a sorpresa. Derek rimase lì, ai limiti della boscaglia, sul tappeto di foglie alle radici di alberi ormai spogli, chiedendosi cosa avrebbe potuto fare per accelerare le cose, per trovare Jennifer e neutralizzarla prima che facesse del male a qualcun altro – soprattutto a qualcuno a lui caro.

Lo scricchiolio dei rametti dietro di lui anticipò l’arrivo del coyote al suo fianco. Malia si leccò il muso, degnando Derek di un rapido sguardo, e si accucciò a pochi passi da lui, vista e olfatto diretti verso la scuola. 

Le ore passarono in assoluto silenzio, senza che i due si interessassero ad altro che non fossero i loro compagni chiusi tra le mura scolastiche, di vedetta, a silenziosa protezione del branco fino a quando il suono della campanella risuonò nell’aria, liberando gli studenti e i professori per il pranzo e dando a loro due la sensazione che il tempo ricominciasse a scorrere regolarmente.

Stiles e Scott si ricongiunsero a Lydia e a Kira e, parlando tra loro, si sedettero al solito tavolo nel cortile. Non l’avevano mai cambiato da quando, più di un anno prima, era stato inconsciamente eletto all’unanimità a tavolo del branco.

Era stato il tavolo di Allison e Isaac, lo stesso tavolo dov’erano seduti la prima volta che Kira si era avvicinata a loro, sentendoli parlottare del bardo e degli effetti che stava causando e delle conseguenze che avrebbe portato.

Subito dopo il funerale di Allison, erano rimasti al cimitero, riuniti attorno alla lapide, a raccontarsi l’un l’altro aneddoti e ricordi su di lei. Scott aveva pianto, Lydia lo aveva abbracciato e lo aveva seguito dopo pochi istanti e Stiles aveva finito per farli ridere ricordando loro una vecchia confusione sul nome proprio del bestiario. Chris li aveva trovati seduti a gambe incrociate sull’erba fresca attorno alla terra smossa ancora umida e aveva poggiato una mano sulla spalla di Scott e una su quella di Isaac; aveva guardato Derek negli occhi e si era seduto tra loro, accarezzando con struggente dolcezza la lapide di sua figlia. Aveva cominciato a raccontare delle prime parole di Allison e dei suoi primi passi, delle domande imbarazzanti che gli aveva posto nell’arco degli anni e della determinazione con cui gli aveva detto, dopo la morte della madre e a poche ore dalla partenza per Parigi, che sarebbero tornati in tempo per l’inizio del nuovo anno scolastico, che non aveva alcuna intenzione di scappare di nuovo, che non l’avrebbe fatto mai più in vita sua. Derek aveva chinato il capo, chiuso gli occhi, e lasciato che la pressione della spalla di Stiles contro la sua aumentasse appena, mentre Chris continuava a parlare della sua bambina e di come fosse diventata una donna prima che lui se ne rendesse conto, anche se ne era stato immensamente orgoglioso, nonostante tutto.

Sedersi a quel tavolo era diventato un modo come un altro per ricordare chi non c’era più, chi, come Allison e Boyd ed Erica e Aiden, aveva dato la sua vita per il branco, e chi, come Isaac e Cora ed Ethan, era dovuto andar via per continuare a vivere.

«Quindi è vero?» chiese Lydia. Né Derek né Malia potevano vederli, ma entrambi sapevano che aveva l’aria spaventata e che si sentiva come se fosse stata toccata da un’improvvisa corrente gelida. Jennifer non era un bel ricordo per Lydia tanto quanto non lo era per Derek o Stiles o Scott.

Stiles sospirò. «Stamattina è stato trovato un cadavere. Segni di soffocamento, trauma cranico e taglio della carotide» elencò, «Mio padre mi ha dato gli ultimi aggiornamenti.» Lydia tremò – e Malia, accanto a Derek, si agitò sul posto, controllando l’istinto di andare da lei per consolarla. 

«Scusate, ma cosa significa?» domandò Kira, timorosa ma comunque consapevole che metterla al corrente avrebbe riportato allo scoperto ferite mai guarite. Scott sospirò e tentò un sorriso incoraggiante.

«Significa che ben presto avremo un problema di morti seriali.»

Il silenzio che seguì fu pesante e cauto, quasi incerto nel suo calare su un cortile pieno di risate e chiacchiere, di adolescenti carichi di energia, di scontentezza e di speranza. Nessuno toccò il proprio pranzo, troppo tesi e concentrati com’erano nel raccontare a Kira chi era Jennifer Blake, chi era Deucalion e cos’era successo poco tempo prima che lei si trasferisse a Beacon Hills. Kira li ascoltò con attenzione e a occhi sgranati.

«Come possiamo trovarla?» chiese Lydia alla fine, quando il resoconto fu terminato. «Dobbiamo trovarla prima che ricominci. Non voglio incappare in altri cadaveri. E invece succederà, anche se non vorrò, se non la fermiamo quindi ditemi che possiamo anticiparla e fermarla prima che mi ritrovi di nuovo con le ginocchia nel sangue di qualche povero vergine o giuro che a fare una strage sarò io

«E con questa nota di equilibrio mentale direi di chiudere qui la riunione e di aggiornarci a più tardi» fu il commento di Stiles, un attimo prima che la campanella suonasse.

Derek e Malia voltarono il muso a una folata di vento che trasportò fino a loro l’odore di qualcosa di sovrannaturale, strappandoli dalla loro missione di protettori a distanza. I ragazzi stavano rientrando nelle classi, di nuovo assorbiti dalle lezioni e dalla finzione di essere molto meno, e Derek non si sentì in colpa – non troppo, per lo meno – ad allontanarsi con Malia, nel seguire quella traccia effimera trasportata attraverso il bosco. Le foglie secche scricchiolavano sotto i loro passi felpati, rompendo lo spettro dei suoni che pullulavano attorno a loro, accompagnandoli nella caccia.

Il Nemeton si parò loro davanti dando a entrambi la sensazione che il suo tronco tagliato fosse ancora lì, con le fronde rigogliose e il potere che si dipanava da ogni foglia, da ogni ramo e ogni gemma, come se il tempo non fosse mai passato. Per un attimo, Derek ebbe l’impressione di avere di nuovo cinque anni ed essere fianco a fianco con sua madre, che ne accarezzava il tronco robusto con affetto, il potere mistico che li accarezzava come se ne riconoscesse le essenze, come se sapesse chi erano e perché erano lì, che il loro compito era proteggere lui e l’intera città circostante.

Eppure, in quel momento, con i sensi affinati dalla sua forma lupo, Derek si rese conto che c’era qualcosa di diverso dai suoi ricordi, che in quel luogo, il Nemeton non era l’unica fonte di potere che poteva percepire. C’era qualcosa che ne distorceva la percezione, ma lui non riusciva a capire cosa fosse. Malia passeggiò incuriosita attorno al tronco, annusandone una radice enorme che spuntava dal terreno in una curva sinuosa prima di rituffarsi nel suolo, anche lei consapevole che c’era qualcosa di troppo.

Il crack di un ramo calpestato spezzò il silenzio e riecheggiò nel vuoto dell’inverno ormai alle porte, e i sensi di Derek si risvegliarono nel percepire un odore peculiare, ormai più che noto. Ebbe appena in tempo di voltarsi che Lucas sbucò da dietro un paio d’alberi, incespicando nei suoi stessi passi. Malia saltò nei cespugli appena in tempo e Derek si ritrovò faccia a faccia – beh, muso a faccia – con il ragazzo, che ammiccò sorpreso. Lucas arretrò, battendo le palpebre, con il cuore che gli schizzava nel petto per la sorpresa. Si stava chiedendo perché lui era lì, e Derek avrebbe potuto fargli la stessa domanda.

«Mr... Mr Fluffy?» chiamò, incerto. Derek abbassò le orecchie e scodinzolò, facendo qualche passo verso di lui, come per incoraggiarlo. Lucas accennò un sorriso ed ebbe uno spasmo nervoso alla mano quando Derek ci strusciò il muso contro per rassicurarlo che era lui e che non l’avrebbe divorato. «Cosa ci fai qui? Stiles lo sa?» gli chiese, accucciandosi davanti a lui. Derek poteva ancora sentire il nervosismo irradiarsi dal ragazzo. Il suo cuore batteva più forte del normale e notò le pupille che si dilatavano appena. Le mani infilate nel suo pelo erano sudate, nervose e tiravano più del dovuto, ma Derek lo lasciò fare, annusandolo con discrezione, e fu allora che si rese conto di una cosa: la sensazione di sbagliato che sentiva attorno al Nemeton si espandeva e inglobava anche Lucas. Era lì, sulla sua pelle, tra i suoi capelli, nel battito alterato del suo cuore e risuonava senza possibilità di errore nelle sue vene.

Derek ebbe un fremito che gli fece rizzare il pelo sul dorso.

 

   
 
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