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Autore: Rallienbow_    29/10/2014    1 recensioni
{ Fanfiction partecipante al contest "Torneo Tremaghi [Contest a pacchetti!]" di PureHeroine sul forum di EFP. Contest annullato per storie non consegnate. }
" I used to be scared, I used to be like you, I used to care, then I came unglued; well it's something we all have to learn to do. "
Slice of life di uno dei miei OC.
“ Londra, 27 agosto 1976.
Ciao coso.
Ascolta bene.
Punto numero uno: scrivo su queste pagine solo perché ho promesso a Minnie che l’avrei
fatto.
Punto numero due: ho una scrittura che fa schifo, deal with it.
Punto numero tre: parlo, e quindi scrivo, come mangio. Non ti sorprendere se ci saranno
tante parolacce.
Verrai letto solo da me, perché sto per scrivere cose iper segrete. Tipo questa.“
Genere: Mistero, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Altro personaggio, Lucius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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“ Ciao coso.                                                                              
Londra, 27 agosto 1976
Ascolta bene.
Punto numero uno: scrivo su queste pagine solo perché ho promesso a Minnie che l’avrei fatto.
Punto numero due: ho una scrittura che fa schifo, deal with it.
Punto numero tre: parlo, e quindi scrivo, come mangio. Non ti sorprendere se ci saranno tante parolacce.
Verrai letto solo da me, perché sto per scrivere cose iper segrete. Tipo questa.
Oggi è stata veramente una giornatona. Sai, coso, penso di aver superato la mia paura più grande oggi. Chi l’avrebbe mai detto? Io, Alexis Bliss Winston, che ha paura di qualcosa? Ebbene sì. So che sembra incredibile, ma è proprio così.
Ti spiego: io non sono affatto come le altre, nossignore! E presto capirai perché. Insomma, ormai è un anno che io e Minnie ci conosciamo, e abbiamo sempre avuto questa chimica pazzesca. Non so cosa ci abbia visto in lei, non so cosa mi abbia attratto (forse quella bionda chioma indomabile, o gli occhioni verdi, o l’accento francese, o il sorriso dolce e timido...), ma so che lei ha visto qualcosa in me che gli altri non hanno mai nemmeno provato a tirare fuori. Se dentro la testa ho un miliardo di pensieri, tutti incasinati, che si aggrovigliano tra di loro e si prendono a cazzotti, basta che lei mi metta una mano sulla spalla e tutto tace; il suo nome si fa sempre più spazio, fino a quando niente altro rimane. Poi apro gli occhi e lei è lì che mi sorride, mi prende il viso tra le mani e mi fissa.
Oggi eravamo a Diagon Alley. Io ancora non sono pratica di queste strade, ho vissuto in Canada fino all’anno scorso, non mi so muovere bene qui. Lei invece, nonostante sia francese, conosce questo posto come le sue tasche. Mi ha portata a prendere un gelato da Florian, e poi ci siamo sedute a quei tavolini tondi di metallo, sotto gli ombrelloni. Stavamo ridendo per un qualcosa di stupido, ma con lei rido sempre. Poi ho voluto dirglielo. Dovevo dirglielo. Avevo una fottuta paura. Di quelle che ti mangiano dentro, e ti mandano a puttane lo stomaco e la voglia di parlare, ti fanno seccare la gola; di quelle che vorresti soltanto scappare a gambe levate ed evitare l’argomento; di quelle che ti fanno sciogliere le gambe e non riesci a stare in piedi. Ma poi mi sono detta Fanculo, io sono una Grifondoro! Io sono forte, e coraggiosa, e impavida! Io non posso avere paura! E le ho detto tutto quanto.
Come? Nel modo più semplice possibile. Le ho detto: “Minnie, io ti amo. È da un pezzo che devo dirtelo. Sei speciale per me, speciale quanto lo sono i miei pattini. Ti amo, e di questo ne sono più che sicura. Non ti sto chiedendo di ricambiare, ma dovevo fartelo sapere. Non posso più tenerlo nascosto.”
Lei subito è rimasta zitta zitta. Avevo paura che scappasse da un momento all’altro, o mi guardasse con una faccia schifata, esattamente come fece mia madre. Ma lei no. Saranno anche entrambe francesi, ma Minnie mi ha preso la mano e ha sorriso. È diventata tutta rossa in faccia, e aveva addirittura gli occhi lucidi. Però sorrideva. E mi ha risposto: “Anche io, Bliss, anche io ti amo.”
E in quel preciso momento non me n’è più fregato di niente e di nessuno. Che cazzo me ne frega della gente! Mi sono alzata e le ho stampato un bacio sulle labbra. Un bacio che era pieno di felicità, o almeno è quello che ho provato ad infonderle. E poi siamo scappate via (il gelato l’avevamo già pagato, giuro). Abbiamo passato tutto il resto del pomeriggio per negozi, ed è stato così bello vederla sorridere e provarsi vestiti. Siamo anche passate dal negozio di Quidditch, hanno lanciato la nuova Nimbus ed è bellissima. Se fossi un po’ più brava nel Quidditch la comprerei all’istante, ma sembra che l’unico sport che vada bene per me sia il pattinaggio, e quello lo posso fare solo con i Babbani. Quindi mai, dato che sono sempre ad Hogwarts. Che palle! Devo imparare a fare un incantesimo su quei pattini, in modo che possano andare ovunque. Mh. Okay, sto divagando.
Per adesso basta così. Domani vedo Charlie e lo aggiorno di tutto, che altrimenti mi cazzia se non gli dico che... In effetti, non so bene cosa dirgli. Non so se io e Minnie stiamo insieme. Boh. Vedremo.
Ciao coso, alla prossima.
Bliss. ”
 
Bliss infilò la penna negli anelli del raccoglitore e lo mise nella borsa, che si issò poi su una spalla.
Si guardò intorno e si mordicchiò un labbro: Minnie le aveva chiesto se avesse bisogno di indicazioni per la strada di ritorno, dato che era la prima volta che andava alla gelateria, ma lei aveva ovviamente risposto “No, ti pare, so perfettamente dove siamo!” ma la verità era che non aveva la minima idea di quale strada prendere.
Quindi si abbandonò all’istinto, e alla memoria, che però in quel caso faceva cilecca, perché durante tutto il tragitto dell’andata Bliss aveva fatto attenzione solo ed esclusivamente a Monique, figuriamoci se aveva pensato che dopo sarebbe dovuta tornare indietro! Così, un passo dopo l’altro, Bliss andava verso una direzione ignota. Cercava di ricostruire nella sua mente qualche negozio a lei familiare, qualche cartello, o magari qualche balconcino sporgente; niente di niente. Nulla di quelle costruzioni le faceva presupporre di essere ancora in una zona familiare, e aveva quasi il sospetto di essere finita in una parte della comunità magica un po’... Diversa. Pensando però a se stessa, e al fatto che anche lei fosse diversa da tutti gli altri, invece di indietreggiare Bliss continuò ad avanzare, fino a quando il presentimento che non avrebbe dovuto essere lì le attanagliò lo stomaco.
L’ambiente era cambiato. Diagon Alley l’aveva sempre vista con un occhio in qualche modo allegro, una via di negozi che sprizzava magia da tutti i pori (sempre che i negozi avessero i pori...); adesso, al contrario, era tutto scuro e misterioso. I mattoni delle case, anziché rossi o marroni, erano neri o grigi, i fumi che uscivano dai camini le trasmettevano un senso di irrequietezza, non di salvezza. E il silenzio. Ricordava perfettamente quanto avesse trovato Diagon Alley insopportabilmente chiassosa. Ora tutto era silenzioso, e nemmeno il rumore delle gocce che cadevano dai tetti e s’infrangevano per terra si udiva.
Ma Bliss era la ragazza più testarda del mondo, e dunque andò ancora avanti. Non si sognò minimamente di tornare indietro. Guardò l’ora sull’orologio da polso: le sei della sera. La maggior parte dei negozi o aveva chiuso o stava già chiudendo, probabilmente. Svoltò ancora una volta un angolo a caso, e intravide una vetrina, con un nome scritto a caratteri raccapriccianti sopra.
Magie Sinister.
Il nome non prometteva niente di buono, ma tanto valeva la pena provare ad entrare e chiedere un paio di informazioni, no? Fino a quel momento non l’aveva ancora fatto, perché era troppo orgogliosa, lei, per chiedere la via, e anche perché a dirla tutta non aveva incontrato nessuno, o meglio, nessuno che le avesse dato l’impressione di poter aiutarla. Con una mano spinse la porta per entrare nel negozio, l’altra invece rimase nella tasca della felpa, dove teneva la bacchetta. Non si sa mai.
- È permesso? -
Certo che il nome era azzeccato. Per essere sinistro, quel posto lo era a tutti gli effetti. Bliss osservò con attenzione gli strani ammennicoli esposti un po’ ovunque nel negozio, e nulla le faceva venire voglia di avvicinarcisi e dar loro un’occhiata più da vicino. Il proprietario sembrava non esserci, al momento; nessuno si era presentato al bancone dopo che aveva tentato di chiamare. Stava quasi per andarsene, quando intravide una familiare chioma bionda nel retrobottega. Sapeva perfettamente che quelli non erano fatti suoi, che non conosceva la strada, e che non aveva alcuna ragione al mondo per andare a spiare là dietro, ma la curiosità fu più forte di qualsiasi altra cosa. E poi capì perfettamente perché le era sembrato di conoscere quei capelli platinati.
Malfoy.
Quel lurido, schifoso essere di Serpeverde. Lucius Malfoy, il Prefetto della scuola, lo studente che lei aveva gentilmente apostrofato con la parola “stronzo” dopo averle fatto ricevere una punizione con fiocchi e controfiocchi, costatole cinquanta punti e cinque sere rinchiusa nei Sotterranei; tutto perché aveva soltanto fatto esplodergli in faccia una boccetta di inchiostro durante la lezione di Trasfigurazione, per avergli dato un pugno nello stomaco dopo che lui l’aveva chiamata “Mezzosangue”, per aver tentato di dargli fuoco nei corridoi, per avergli fatto finire una ciotola di pudding in testa e... L’ultima cosa qual era? Ah, sì, per avergli stracciato il libro di Pozioni (che tanto gli era inutile, dato che era senza speranza in ogni caso). Però non era solo.
Malfoy era in compagnia di un uomo particolare, non sapeva nemmeno dire che età avrebbe potuto avere. Venticinque? Trenta? Qualcosa del genere, credeva. Malfoy scoprì il braccio sinistro, e Bliss pensò di avere le allucinazioni, ma era tutto vero. Sull’avambraccio, Lucius aveva tatuato un teschio, dalla cui bocca usciva un serpente, e quando l’uomo sconosciuto puntò la sua bacchetta su di esso, quello prese a muoversi. Gli occhi di Bliss si sgranarono e frullò le ciglia, per cercare di vederci meglio. Quell’uomo aveva gli occhi rossi come il sangue, e sottili, sottili, come quelli dei serpenti. Un brivido percorse tutto il suo corpo, da capo a piedi. Non aveva mai visto una cosa del genere in tutta la sua vita. Quell’uomo tirò fuori dal mantello una pergamena con un disegno sopra, e la mostrò a Malfoy.
- Lucius, presta attenzione alle mie parole. Questa che qui vedi disegnata, è una Giratempo, e permette di andare indietro nel tempo a chi la possiede. So per certo che ad Hogwarts è possibile farne richiesta, se hai i voti migliori e intendi seguire tutti i corsi. Tu hai i voti migliori, non è vero? Perché questo oggettino qui, oltre che a farti seguire tutte le lezioni, ci darà la possibilità di attuare al meglio il mio piano, che ti svelerò al più presto, ma non ora. Hai capito bene quello che devi fare, Lucius? -
- Sì, Mio Signore. -
Per un attimo, ma solo per un attimo, le sembrò che Lucius l’avesse vista, che i loro occhi si fossero incontrati, ma forse Bliss era solo troppo terrorizzata da tutto quanto. Dubitava del fatto che Lucius fosse intelligente, ed era perfettamente conscia di quanto egli disprezzasse tutti coloro che non erano Purosangue... Ma che cosa diavolo stesse combinando, lei non lo sapeva. Aveva quasi la voglia di entrare lì dentro e cominciare ad urlare e scagliare incantesimi a destra e a sinistra, ma un colpo di tosse la portò a voltarsi con molta calma.
- Ha bisogno di qualcosa, signorina? Forse, la via per Diagon Alley? Sono sicuro che se esce, e va sempre dritta, si ritroverà a casa nel giro di dieci minuti. -
Quel tipo era quasi più inquietante dell’uomo dagli occhi rossi, ma Bliss non se lo fece ripetere due volte.
Con un’ultima occhiata fugace al proprietario del negozio, si richiuse la porta alle spalle e cominciò a correre, per non tornare mai più indietro.
  
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