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Autore: TrisEaton11    29/10/2014    0 recensioni
SPOILER ALLEGIANT.
"E la verità era che la vita continuava, prendendosi beffa della nostra sofferenza."
Sono passati due anni dal disgregamento delle fazioni.
Sono passati due anni dal fallimento del Dipartimento.
Sono passati due anni da quando, ormai, Tris se n'è andata.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Le mura si stendevano attorno a noi, quasi creando una sorta di protezione, allontanandoci dagli occhi di tutti. Da quando erano insorte le guerre fra fazioni, non c’era più privacy, nessun attimo per poter restare solo e questo per uno come me, che amava la solitudine, era difficile.
< Ho freddo. > Tris mi fissa con i suoi grandi occhi vivi.
< Prova a respirare di più. Non è molto grande qui, dovrebbe scaldarsi in fretta. >
Mi guarda, storcendo la bocca in una smorfia divertita per poi scoppiare a ridere.
< Pensi sia divertente, mh? > Porto le braccia al petto, ribattendo. < Allora, mi trovi divertente? >
Lei continua a ridere, fino a portarsi una mano sulla bocca. Sembrava una bambina.
Troppe volte mi dimenticavo che lei non era solo la ‘prima a saltare’, la ragazza coraggiosa che tutti avevano imparato a conoscere. Dentro quel corpo forte e muscoloso, si nascondeva ancora un’adolescente.
< Sì, Tobias. Mi fai ridere. > La sua voce era un tono di sfida.
< Ah si? Beh continua a ridere e ad aver freddo allora. La giacca la terrò io. >
Mugugna qualcosa, iniziando a piagnucolare. Mi giro di spalle, trattenendo una risata.
< Eddai, mica ti sarai offeso? >
Non rispondo, continuando a restare voltato.
< Ma guarda te. > Non la vedo, ma posso immaginare la smorfia che accompagna queste parole. La fronte corrucciata, gli occhi socchiusi e l’angolo del labbro inferiore rivolto verso il basso. Avevo imparato a memoria il suo viso. Avevo impresso nella mente ogni particolare, ogni lineamento, ogni particolarità del suo essere. Se questa guerra fosse finita nel peggiore dei modi e avrei dovuto morire, almeno sarei morto cullato dal pensiero del suo volto.
Con un movimento impercettibile la sento arrivare alle mie spalle e cingermi il torace con le sue braccia. Il suo respiro mi sfiora il collo ed un brivido mi percorre la schiena.
< Abbracciami. > La sua voce è leggiadra e fluttua in tutta la stanza, facendomi rabbrividire nuovamente.
< Abbracciami, Tobias. > Stringe la presa, intorno al mio busto. < Abbracciami e dimmi che andrà tutto bene. > Le sue dita diafane cercano le mie. < Abbracciami e dimmi che staremo sempre così > Chiudo gli occhi, facendomi trasportare in un mondo parallelo mentre sento i muscoli del mio corpo iniziare a sciogliersi e a rilassarsi. < Abbracciami e dimmi che sarà per sempre. >
Le sue labbra si posano sul mio orecchio che sfiorano appena. Tutto sembra sparito. Tutto quanto. Il dolore, la guerra, le fazioni. Ci siamo solo noi.
Senza sciogliermi dal suo abbraccio mi giro, trovandomi a pochi centimetri dalla sua bocca.
< Sempre. >
Mi avvicino e mi impossesso delle sue labbra morbide e screpolate dal freddo. Quello che era iniziato come un bacio dolce e puro si trasforma in un bacio viscerale, carnale, frenetico.
Le mie mani si intrufolano fra i suoi capelli mentre le sue tastano i miei bicipiti.  Mi tira a sé, mi immobilizza e lentamente ricadiamo sul letto creato con della paglia, dietro di noi.
Il desiderio mi infiamma il sangue, sento le viscere scuotermi dentro, risvegliandomi da un letargo durato troppo. Dovevo fermarmi, ora.
Riluttante, faccio cadere le braccia e facendo trazione su di esse, mi sollevo. Mi metto seduto sul letto, sfregandomi la fronte imperlinata di sudore.
< Tris, scusa.. io.. >
Tossisce, prima di poter parlare. Chiaro segno che l’enfasi del momento non aveva rapito solo me. < Ehi, va tutto bene. Davvero. >
Cerco di riprendere il respiro regolare. < Penso che sia ora di dormire. Dobbiamo riposarci. >
< Non voglio dormire. > Si tira su con il busto, raggiungendo la mia altezza. Appoggia il mento spigoloso sulla mia spalla.  < Voglio far l’amore con te. >
Mi mordo il labbro. < Tris..  > Era più forte di me, avevo questo innato senso di protezione nei suoi confronti ed ora la stavo proteggendo anche da questo, la stavo proteggendo da me stesso.
Mi prende la mano che porta sul cuore. Battiti veloci mi perforano la carne.
< Tobias.. > I suoi occhi mi fissano, mi scrutano e mi spogliano da ogni timore.
Forse era giunto il momento per entrambi. Era una delle poche sere in cui eravamo riusciti a rimanere da soli e considerando come si metteva la situazione futura, dovevamo approfittarne.
Avrei bevuto ogni singola goccia di quella notte, avrei spolpato ogni singolo momento di noi, avrei assaporato lei. Per tutta la notte.
Senza aggiungere altro, giro lievemente la parte superiore del corpo e mi trovo davanti al suo viso solcato da un leggero rossore. Senza distogliere lo sguardo da quella perfezione, lascio scivolare le mani lungo le sue braccia, afferrando i lembi della maglietta. Con l’indice le solletico il fianco, invitandola ad alzare entrambe le braccia e lentamente innalzo la t-shirt.
Era la prima volta per entrambi.
Timore, ansia, desiderio. Confusione.
Con un filo di voce, sussurro. < Non hai paura? >
Le sue dita scivolano sul mio viso, come carboni ardenti. < Finchè staremo insieme, nulla potrà farmi paura. >
Ed il buio accoglie le nostre anime, i nostri gemiti ed insieme scivoliamo nell’oblio.


Sento la pressione dell’alito di Marcus addosso, proprio come i suoi occhi.
Ogni posto del passato aveva racchiuso in sé un ricordo ed io non ce la facevo più. Non senza lei. Ciò che mi spingeva ad essere coraggioso erano le mie paure ma da quando lei se n’era andata, nulla riusciva a spaventarmi. Avevo già perso tutto.
Trovo il modo di muovere le labbra. < Marcus, per favore. Lasciami in pace. >
Stremato e tremante, cerco il suo sguardo impenetrabile.
< Sai, a cosa stavo pensando Tobias? > Si allontana da me ed incrocia le braccia dietro la schiena, camminando avanti ed indietro. < Tu mi hai sempre odiato. Hai sempre pensato che non fossi un uomo degno di stima. Com’è che mi chiami tu? > Si ferma e mi scruta con disprezzo. < Ah si, codardo. > Riprende a camminare con andatura lenta e sicura. < Io invece penso che tu mi abbia sottovalutato. Dovresti darmi un’altra possibilità, figliolo. >
Torno a guardarlo negli occhi con un baleno d’ira. < Marcus, dove vuoi arrivare? >
Indietreggio di un passo, per precauzione. Dovevo allontanarmi il più possibile da lui o non avrei trattenuto la collera.
Lo vedo accigliarsi e sogghignare. < Sei proprio mio figlio. >
Un velo di ribrezzo mi annebbia la mente e in un attimo gli sono addosso. Il suo collo raggrinzito fra le mie mani. Il suo odore di sudore mischiato alla paura mi pervade il naso e per un attimo mi sento potente, mi sento impenetrabile.
Sibilo come una furia, senza fiato. < Potrei ucciderti lo sai? > Allento leggermente la presa.
< Basterebbe stringere… > La sua bocca contratta si tira in un ghigno. La voce roca.
< Sono sicuro che non lo farai. > Si mostra forte, ma sento i suoi nervi tremare sotto la mia presa.
Improvvisamente le luci si spengono e tutto viene inghiottito dall’oscurità. Passano alcuni secondi quando una luce fioca illumina un cubo metallico. Non capisco cosa sta succedendo. Non riesco a vedere. Li strizzo più volte cercando di farli abituare a quella visuale quando finalmente riesco a scorgere una chioma bionda.
Tutto si immobilizza intorno a me.
< Cosa diavolo significa questo, Marcus? Che diavolo è? > Urlo, stringendo maggiormente la presa intorno al suo collo e ringhio. Ringhio come un’animale in trappola.
Giro nuovamente il volto verso quel cubo che dei fili sospesi in aria, avvicinano sempre più a me.
I suoi occhi.
Un tonfo al cuore.
La gola secca.
Inizio a tremare, sempre più confuso.
Il cubo si blocca sospeso a mezz’aria, a pochi passi da me. I suoi occhi ora sono nei miei. Il suo corpo è immobile, paralizzato e riversato al suolo. La bocca repressa da un nastro adesivo.
Lascio cadere Marcus a terra e sgrano gli occhi.
Tris.
Rimango immobile, incapace di pensare, di agire o anche solo di respirare. Lo stomaco si contrae, provocandomi dei conati di vomito.
< Tris.. > Sussurro con un misto di incredulità e timore accecante.
< Tris > Invoco il suo nome, sperando in una sua reazione ma vedo solamente due occhi grandi e stanchi che mi fissano.
< Tris. > Corro verso di lei, lasciando sfogare un pianto di rabbia. Mi lascio scivolare sulle ginocchia, portando entrambe le mani sul cubo mentre mi riverso lentamente sul pavimento.
Un volto scarno, diafano e solcato da cicatrici, mi osserva impassibile. I capelli ormai cresciuti ed arruffati fanno da cornice ad un’espressione repressa di morte.
Non potevo credere che fosse ancora viva, che fosse sotto al mio sguardo stupito. Avevo lanciato personalmente le sue ceneri sulla zip line. Com’era possibile? Troppe domande e nessuna risposta. Ma era lì e per qualche strano motivo ancora ignoto, era viva.
 La rassegnazione alla sua scomparsa aveva preso il sopravvento su di me ed ora, incredulo, mi ritrovavo ad osservare un viso che credevo ormai perso nel baratro della memoria.
Le lacrime percorrono le mie guance, avide e salate. 
Urlo, dimenandomi e sbraitando inferocito. Una mano da dietro, mi afferra la spalla, tentando invano di bloccare quegli spasmi di acuto tormento.
< Ti ho detto che avevi una scelta, figliolo. > Un respiro pungente mi colpisce la nuca. < Ecco la tua scelta. > 
  
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