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Autore: Margo_Holden    29/10/2014    3 recensioni
Sheena è una pacifista, che nel giorno della scelta, deciderà di stare con gli intrepidi.
Quello che non sa, è che non ci sarà solo la lotta per rimanere nel suo nuovo mondo, ma la lotta più grande dovrà vincerla contro se stessa e i suoi sentimenti.
Dal Capitolo 17.
"Quando giunsi lì, mi sedetti sul muretto con i piedi a penzoloni. Chiusi gli occhi e allargai le braccia. E sognai di essere una bellissima aquila, che volava e spiegava le sue ali senza paura o timore, che padroneggiava alta su nel cielo, limpido e senza nubi. Andava dritta per la propria strada e non si guardava mai indietro, sapeva cacciare e badare a se stessa, mentre muoveva le ali su e giù senza badare agli altri uccelli che la guardavano intimoriti. Aprii gli occhi di scatto quando capii che avevo disegnato il profilo di Eric."
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio, Tris
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2.


Mi ritrovai a correre come una matta lungo le scale, mentre tutti mi spingevano e mi gridavano qualcosa che non riuscivo a capire, ma non mi importava niente.  Così continuavo a sorridere e ridere come un ebete, perché l’unica cosa che mi importava realmente era che mi trovavo nel posto giusto con le persone giuste.

Andammo alla stazione del treno e aspettammo quel mostro argentato prima di saltarci sopra.

Sapevo tutto questo, perché, la finestra della mia cameretta si affacciava sulla ferrovia e molte volte, anzi quasi sempre, appena sentivo il fischio del treno, smettevo di fare quello che stavo facendo, e rimanevo a guardare le loro azioni. Saltare o scendere dal treno in corsa, e lo trovavo straordinario. E mi piaceva molto. Loro non erano mai banali, mai uguali l’uno con l’altro, potevi portare anche i capelli rosa, a loro non fregava niente. Mentre tra i Pacifici, se alzavi solo un po’ la voce, interpretavano questa cosa come un “voler fare a pugni” e allora ti rispondevano con quegli stupidi sorrisini canzonatori e con frasi come:
“Sheena, non siamo mica quegli ubriaconi degli intrepidi che litigano per qualsiasi cosa, noi siamo pacifici, amiamo la convivenza civile”.

Ricordando quelle parole, che mi venivano dette spesso a causa del mio carattere, le nocche delle mie mani divennero bianche come il latte. E solo il ricordo di mia madre che mi consigliava di non  starli a sentire, di non badare  a loro, ma che dovevo continuare per la mia strada, mi fece ricordare improvvisamente che la mia strada, ora, stava per prendere un treno in corsa e che se non volevo finire tra gli esclusi, dovevo assolutamente sbrigarmi.
Cosi, cominciai a correre imitando gli altri, lungo la banchina.

Una considerazione -più che ovvia si fece strada nella mia testa: esattamente, come avrei dovuto saltare e arrivare dritta, dritta dentro il treno e non finire-magari-spiaccicata sul cemento?  Insomma sono un intrepida solo da mezz’ora!

Decisi che le maniglie fuori dal treno mi avrebbero aiutato. Corsi ancora un altro po’, però il treno stava già per girare l’anglo quindi  dovevo sbrigarmi. Feci un passo in avanti e saltai sulla maniglia.

Immaginatevi un Koala, bene, quella ero io sulla maniglia.

-Dai Koala ti aiuto io! Sempre se non preferisci startene li, impalata sulla maniglia!- mi disse un ragazzo ridendo e porgendomi la sua grande mano.
Sapevo che le mie guance erano andate a fuoco per il semplice motivo che sentivo caldo, molto caldo.
Bella figura Sheena, davvero complimenti.
La mia coscienza, sempre pronta  a rassicurami.
-Grazie, accetto volentieri il tuo aiuto!- dissi prendendo la sua mano. Lui con un movimento semplice, mi portò dentro.
-Comunque io sono James, ma tutti mi chiamano Jimbo.
-Io sono semplicemente Sheena- dissi sorridendo al mio nuovo e primo amico.
Devo dire che James o Jimbo, è un ragazzo molto carini, occhi azzurro chiaro, altezza 1,90, capelli corti con una frangette un po’ più lunga sul davanti e un sorriso beffardo. Sapevo che saremmo diventati ottimi amici, perché quando gli stavo vicino non percepivo quell'astio o quell'imbarazzo che si sente con gli sconosciuti, ma riusciva invece, a trasmettermi un insolita fiducia unita alla tranquillità. La stessa tranquillità che mi dava mio fratello.

Trav.

Una sorta di malinconia mi invade tutto il corpo, ma a risentirne è proprio lo stomaco. Chi sa cosa starà facendo adesso il mio fratellone. Spero che un giorno possa perdonarmi per averlo abbandonato. Forse un giorno sarà così. Mi ripeto.

Abbasso gli occhi sugli anfibi rossi e sospiro. James sembra accorgersene così, senza un preavviso mi abbraccia. Io ricambio il suo abbraccio, d’altronde tra i Pacifici ci insegnano che non rispondere ad un abbraccio è maleducazione, così lo stringo forte, quasi a volermi sorreggere e non piangere, altro che educazione, se voglio fermare le cascate che potrebbero uscirmi da un momento ad un altro, devo farlo.


***
 
Ci sediamo per terra. Non ci sono sedie nel vagone ma solo finestre e porte. È tutto grigio metallizzato e c’è una tale confusione da non riuscire nemmeno a sentire i propri pensieri.
-Ascoltate iniziati trasfazione- una voce ci zittisce e tutti ci giriamo a guardare verso la sua padrone.
Quello che ci si presenta  davanti è il corpo asciutto di una ragazza di diciasette anni. Trucco pesante nero sugli occhi, calze a rete con giarrettiera in bella mostra dello steso colore, una maglia nera che le arriva appena sotto i glutei lasciando scoperta la giarrettiera e per finire un Chiodo borchiato sulla spalle. Ah beh, quasi dimenticavo, una chioma lunga e bionda.
Non c’è che dire, un look molto casto.
-Lei chi è?- sussurro vicino all’orecchio di James.
-È una dei  cinque capifazioni, lei e Caroline.-
-Ma ha appena diciasette anni?!- dico un po’ troppo forte poichè mezzo vagone si gira nella mia direzione, ma tra questi, fortunatamente non c'è lei. 

Seconda figura di merda, complimenti Sheena dai il meglio di te non c’è che dire.

-Qui, l’età non conta- mi risponde sottovoce.
Poi Caroline, continua.
-Non aspettatevi che questa iniziazione sia una passeggiata, anzi, aspettatevi il peggio che possa esistere. Se non ce l’ha farete sarete esclusi, per chi ce l’ha farà, beh (apre il portellone dietro di lei, mentre i capelli gli coprono il viso -poco truccato- a causa del forte vento) benvenuti tra noi!- e poi si gira di scatto e salta fuori, cadendo in piedi. Adesso capisco perché è diventata un capofazione.

-Dammi la mano.- mi dice James allungando verso di me la sua.
-No, voglio farlo da sola.- affermo titubante guardando il portellone mentre altri ragazzi si buttano sul selciato.
-Okay.- mi risponde tranquillamente prendendo la rincorsa e urlando divertito salta giù dal treno.
Ora toccava a me. Mi giro, prendo la rincorsa e salto giù dal treno. Guardo in alto e vedo una bellissima Aquila volare su, in quel cielo limpido e di un azzurro pastello.
La sensazione di volare è bellissima, ti fa sentire come quel maestoso uccello su nel cielo, che è impavida mentre attraversa le nuvole senza provare alcun rimorso o sentimento di paura. Dei brividi mi percorsero tutto il corpo, ma  questa bellissima sensazione finì quando mi ritrovai improvvisamente in ginocchio sul selciato. Fregandomene del bruciore alle ginocchia, comincio a ridere di cuore, felice come mai lo ero stata prima. Ed è una felicità stranamente liberatoria e...
-Tesoro, tutto apposto, non so vuoi che ti porti qualcosa? Muoviti Frikkettona, qui non abbiamo tempo da perdere con voi pacifici.
Improvvisamente quella sensazione finì a causa di una voce maschile profonda e dura. Allora indispettita mi voltai a guardare nella sua direzione.
Quando trovai questo “qualcuno” vidi che aveva tatuaggi sugli avambracci, due piercing sulle sopracciglia, un dilatatore su entrambe le orecchie e per non farsi mancare proprio nulla, degli occhi di ghiaccio. Profonde lastre di metallo.
Rabbrividii, ma questo non mi fermò certo dall'aprire quella boccaccia che mi ritrovavo. 
-No, niente grazie! E Comunque il mio nome è Sheena e tu (dissi puntandogli il dito contro) sei un grandissimo maleducato!-
Il suo sguardo da scocciato divenne furibondo. Si avvicinò quindi, verso il mio corpo marciando rabbioso e una volta vicino, mi prese per un braccio e con una facilità disarmante, mi mise in piedi.
-Ascoltami ragazzina, non permetterti mai più di usare quel tono con me! Hai capito, stupida Pacifica!- mi urlò ad un palmo dal naso, mentre ancora mi teneva per un braccio e mi stava facendo male con quella sua stretta di ferro. Non aveva mani, ben si artigli.
Cominciai a dimenarmi per togliergli la mano dal mio braccio, perché sapevo che se non l’ho avesse fatto avrei cominciato ad urlare e piangere.

No, se ve lo state chiedendo io non sono pazza, è che nella mia infanzia mi era successa un cosa molto spiacevole che non dovrebbe capitare a nessuna donna.

-Lasciami!- urlai a pieni polmoni.
La fase uno era ormai in atto.
Lui strinse ancora di più la presa su di me, come a volermi sfidare.
-Lasciala Eric, non vedi che non riesce nemmeno a reggersi in piedi - rispose la bionda Caroline, con fare seducente e cantilenante.
Il biondo distolse gli occhi dai miei e si rivolse alla ragazza, così mi lasciò il braccio.

Non ricaddi sul selciato per miracolo. Ma le immagini inpresse nella memoria non potevano essere fermate facilmente. Fregandomene delle persone che avevano assistito al tatrino e che mi stavano guardando, poggiai le mani sulle orecchie e urlai dentro di me, chiudendo gli occhi. 

Inspiravo ed espiravo. 

Cinque minuti dopo, James mi strattonava e io ritornai con piacere alla realtà.
-Ragazzina ma hai qualche problema?- chiese di nuovo il ragazzo biondo, quello che mi aveva stretto il braccio pochi minuti prima.
Risposi di no con la testa, anche se era un enorme cavolata.
-Bene stavo giustamente dicendo che io sono un Capofazione, se sua maestà volesse saperlo.-
Disse facendomi un segno con la mano e io mi sentii morire dentro. Avevo appena fatto un'altra figuraccia con un altro capofazione. Non potevo crederci. Ero tra gli intrepidi da meno di un ora ed ero già crollata psicologicamente, come avrei resistito ai prossimi mesi? 
-Così la terza prova che vi aspetta è quella di saltare giù da questo cornicione. Allora chi va per primo? Non vi affollate mi raccomando.- annunciò mentre, con un sorriso beffardo, si siede sul cornicione guardando giù.
Il mio cervello non rispondeva più perché voleva fare una solo cosa: far spegnere sul suo viso quello stupido ghigno.
-IO, SALTO IO.- stavo urlando lo so, ma dovevo far cambiare idea sul mio conto, non volevo essere vista come l’agnellino pronto per essere sbranato da quelle tigri affamate, soprattutto all’Erudito alto 1,80.
-Accomodati.- mi dice invitandomi a salire sul cornicione, con una trasparente ironia stampata sul quel faccino.
-Se dovessi morire, James, raggiungi mio padre e mio fratello e digli che gli ho sempre voluto  bene.- dissi rivolta a James ,che con un sorriso mi faceva okay con la testa. Amavo già quel ragazzo.
-Perfetto  adesso che abbiamo dettato anche le tue ultima volontà, potresti salire su questo maledettissimo cornicione e saltare giù? Grazie.-
Ancora lui, Dio!
-Okay.- dissi alzando gli occhi al cielo, a quanto pare non era molto paziente.

Guardai di sotto, e mentre i capelli corvini mi coprirono la faccia, mi lanciai nel vuoto.
Amavo quella sensazione di vuoto nello stomaco, l'aria cha sbatteva sulla faccia e che si insidiava sotto i vestiti rendendoli gonfi. Era proprio in quei momenti che la mia mente si fermava dal pensare e si concentrava su altro.
Aprii gli occhi nel momento in cui qualcosa mi spinse di nuovo in alto e poi di nuovo in basso. Mi ritrovai distesa su una rete. Una rete super resistente, che genialata, volevo conoscere la persona che l’aveva costruita.
Qualcosa, o meglio qualcuno, mi cinse i fianchi con le mani e mi aiutò a scendere. Gli mimai un imbarazzato grazie e mi sistemai la gonna.
-Ciao, io sono Quattro benvenuta tra gli intrepidi…?-
-Sheena.- aggiunsi con un alzata di testa.
-Prima a saltare Sheena!- urlò girando la testa a destra mentre un boato di acclamazione si innalzò a rompere la bolla che si era creata nella mia mente, ancora sul cornicione.
Per una volta nella mia vita mi sentii a casa, mentre con un sorriso a trentadue denti salutai tutti con la mano.
Ero felice, ma non potevo smettere di pensare al capofazione, volevo che lui cambiasse idea su di me, volevo che mi guardasse come aveva guardato Caroline. Lo volevo con tutta me stessa, fosse l’ultima cosa che avessi fatto, nel frattempo mi accontentavo della piccola soddisfazione che avevo percepito nel petto, quando mi ero offerta volontaria per saltare per prima.
-Buona fortuna  Sheena.- aggiunse Quattro facendomi l’occhiolino.
   
 
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