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Autore: daisyssins    30/10/2014    17 recensioni
"...Le sembrava quasi impossibile non dare “troppo peso” ad una persona come Luke Hemmings, perché certe persone, quando ti entrano dentro, non è che tu possa farci un granché. Lei lo odiava, non aveva mai odiato tanto una persona quanto lui, sapeva chi era, aveva paura di lui, una fottuta paura, perché le ricordava tutto quello da cui stava scappando."
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«Sei strana. E sei bellissima» sussurrò lui come se fosse la cosa più naturale del mondo, facendo scorrere le dita tra i capelli corti della ragazza.
Phillis sbottò in una breve risata sarcastica, prima di «E tu sei matto.» rispondere divertita.
«Io sarò anche matto, ma tu resti strana. E bellissima.»
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«Luke, ho paura, stai perdendo sangue..»
«Ancora non te l'hanno insegnato, Phillis? Il sangue è il problema minore. E' questo ciò che succede quando cadi a pezzi.»
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La verità ha un peso che non tutti, e non sempre, hanno la forza di reggere.
Trailer Pieces: https://www.youtube.com/watch?v=vDjiY7tFH8U&feature=youtu.be
Genere: Angst, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Same old place, new friend.


Erano le 22:30 ed erano passati tre giorni da quando Phillis era uscita di casa l’ultima volta. Sua madre reagiva sempre così ai suoi attacchi di panico: entrava in ansia, diventava apprensiva e la chiudeva in casa fin quando non era certa che non ci sarebbe ricaduta, poi tornava ad essere distaccata come al solito.
Quella volta non fece differenza.
Phillis stava seduta a gambe conserte sul proprio letto, fissando un punto imprecisato del muro blu ricoperto da foto, poster e frasi di canzoni.
Il suo sguardo si fermò su una scritta sull’anta destra del suo armadio, proveniente da una delle sue canzoni preferite.

Sometimes is so crazy that nothing can save me, but it’s the only thing that I have”.

A volte sembra così strano che nulla possa salvarmi, ma è l’unica cosa che ho”.


Quelle parole avevano sempre lo stesso effetto su di lei.
Come pugnali, le ricordavano che tanto da quella merda in cui si ritrovava non ne sarebbe mai scappata. La causa scatenante era anche l’unica cosa che avrebbe potuto aiutarla ad uscirne, ma se la persona artefice di tutto non c’era, lei non avrebbe potuto fare comunque nulla per migliorare la situazione.
“Fanculo tutto” sbottò a denti stretti, lasciandosi cadere di schiena sul letto.
Lo sguardo le cadde sulla sveglia digitale accanto a lei che, in quel momento, segnava le 22:45. Un’idea le percorse la mente veloce come un lampo, ma fu abbastanza perché Phillis prendesse la sua decisione. Si affacciò dalla propria camera per dare uno sguardo in quella della madre, appurando che già dormiva. Ritornò nella propria stanza per indossare velocemente dei leggins neri, un maxipull viola e la giacca di pelle nera insieme alle All Star viola, come suo solito.
Scese silenziosamente le scale, per poi afferrare cellulare e portafogli dal mobile dell’ingresso, premurandosi anche di lasciare una scritta su un post-it così, nel caso in cui sua madre si fosse svegliata e avesse avuto l’idea di controllare che fosse in camera.
“Sono uscita. Non chiamarmi, rientro quando ho voglia, torna a dormire”.
Chiuse lentamente la porta alle sue spalle e poi, una volta fuori, corse per tutto il cortile fino al cancello, che scavalcò perché avrebbe prodotto troppo caos se avesse azionato il congegno elettronico che lo apriva.
Srotolò gli auricolari che aveva avvolto attorno al cellulare per poi infilarli nelle orecchie, lasciando che le note di “Fall for You” dei Secondhand Serenade la accompagnassero per le strade buie di Sydney. Non aveva una meta precisa, ma una mezza idea di dove andare la aveva. C’era un parco a tre isolati da casa sua, non era molto grande e, soprattutto, di sera era altamente sconsigliabile la frequentazione, ma a lei piaceva comunque perché era silenzioso e pulito. Lo raggiunse dopo pochi minuti ed entrò dal cancello posteriore, raggiungendo quello che era sempre stato il suo nascondiglio, un angolo un po’ nascosto dal resto del parco.
Era una panchina di pietra posizionata accanto ad un tavolino, di pietra anch’esso, nascosta dalla visuale delle persone da alcuni cespugli. Solo chi, come Phillis, aveva esplorato ogni anfratto di quel parco poteva conoscerne l’ubicazione.
La ragazza raggiunse la panchina e vi si sdraiò di schiena, puntando lo sguardo al cielo semi celato da un albero di quelli sempreverdi, che anche in inverno non perdeva le sue foglie. Quell’albero era una delle tante cose che le facevano piacere quel posto, le dava un’idea di vita, di forza, di qualcosa che non si ferma davanti a niente.
Quella sera non si vedevano le stelle, la luna era in parte coperta, ma nonostante questo il cielo continuava a sembrarle bellissimo. Aveva il potere di tranquillizzarla e farle dimenticare tutto almeno per un po’.
Le canzoni trasmesse dal suo cellulare si susseguivano senza sosta, cullandola, mentre lasciava che le note prendessero il posto di qualsiasi pensiero aleggiasse nella sua mente.
La scuola, suo padre, sua madre, Hemmings, Clifford, Hood, Lucy, le ripetizioni, le crisi… niente di tutto questo esisteva, in quel momento c’era solo lei e la sua musica, e le stelle lontane che per diciassette anni di vita erano state tutto ciò che aveva vegliato su di lei.
Dopo pochi minuti che furono sufficienti a calmarla, Phillis si mise seduta sulla panchina, portando le ginocchia al petto per poi appoggiarci il mento sopra. Sfilò dalla tasca della giacca un pacchetto di Camel, ne prese una e la accese con un accendino azzurro. Non fumava, di solito, motivo per cui quello stesso pacchetto giaceva nella tasca della giacca di pelle da mesi; nonostante questo ogni tanto le piaceva sentire quel sapore amarognolo in bocca, accompagnato dalla sensazione familiare del tabacco che le bruciava in gola. Le sue labbra screpolate a causa del freddo si chiusero attorno al filtro della sigaretta, aspirando senza fretta. Passarono pochi attimi prima che la ragazza le schiudesse nuovamente, lasciando fuoriuscire una nuvoletta di fumo bianco e nocivo.
“Non dovresti fumare, lo sai. Vero Turner?”
Phillis sobbalzò, voltando il viso in direzione della voce e scorgendo la figura di Calum Hood, che si avvicinava con le mani nelle tasche. Alzò gli occhi al cielo, riportando la sigaretta alle labbra.
“E chi lo ha deciso, tu?” ribatté.
“Sì, esatto” ridacchiò lui, come se avesse appena pronunciato la più esilarante delle battute.
Era davvero strano, Calum Hood. Phillis ancora si chiedeva perché, nonostante tutto, si ostinasse a non lasciarla in pace ma, soprattutto, perché fosse stato gentile con lei alcuni giorni prima.
Lo aveva ringraziato, era tornata a casa, e di sicuro non si sarebbe aspettata di aprire il computer e ritrovare un messaggio da parte di un utente che non faceva parte della sua lista di amici, rispondente al nome di Calum T. Hood, che le chiedeva come stesse. In quegli ultimi giorni di reclusione avevano parlato molto, o comunque abbastanza perché la ragazza appurasse che, tutto sommato, Calum non era male. Ma nonostante questo non riusciva ad abbandonare quell’ansia di fondo che la prendeva ogni volta che era a contatto con uno qualsiasi degli amici di Hemmings.
“Come mai sei qui?” si decise a chiedere Phillis dopo un po’, cambiando argomento.
Calum si strinse nelle spalle. “Potrei rivolgerti la stessa domanda”.
“Ma io l’ho chiesto per prima”
“Ed io non ho intenzione di rispondere” affermò il ragazzo, in modo leggermente freddo. “Mi dispiace, Phillis, ma non voglio mentirti, quindi non fare domande alle quali non posso rispondere” aggiunse poi, addolcendo il tono.
Nessuna risposta da parte della ragazza, che si limitò a sbuffare, ruotando gli occhi al cielo, e cacciando un ultimo tiro dalla sigaretta prima di spegnerla sotto la punta delle All Star.
“Sei da sola?” domandò poi lui, dopo qualche attimo di silenzio.
“Non ho intenzione di rispondere” lo scimmiottò lei, enfatizzando il suo tono distaccato. Ma poi, che domande erano? Le sembrava abbastanza ovvia la risposta, visto che quel parco, a parte loro due, era pressoché vuoto.
“Non fai ridere” sbuffò Calum, dandole una spinta che avrebbe voluto essere leggera, ma che finì con il farla cadere per terra con un gemito di dolore.
“Ma sei idiota?!” sbottò la ragazza, rialzandosi con una smorfia. Calum scoppiò a ridere senza riuscire a trattenersi, piegandosi in due e mantenendosi la pancia.
“Oddio Phillis, la tua faccia… avresti dovuto vederla” riuscì a dire tra una risata e l’altra.
“Non sei divertente” borbottò la bionda, sedendosi dopo aver dato alcune botte ai leggins per ripulirsi dalla polvere. Passarono alcuni minuti in cui Phillis incenerì più volte Calum con lo sguardo, mentre lui era troppo impegnato a ridere per rendersene effettivamente conto. Si riprese poco dopo, col fiatone per le troppe risate, accorgendosi dello sguardo contrariato che Phillis gli stava puntando contro.
“Non è colpa mia se basta toccarti per farti cadere” si difese con un sorrisetto.
“Ma piantala! Piuttosto, tu invece? Sei con qualcuno?” cambiò argomento Phillis.
Calum le lanciò un’occhiata obliqua, poi annuì.
“Sì, sono con…”
“Calum! Ma che diavolo, dove sei finito?”
Phillis si congelò sul posto, sentendo quella voce.
Calum se ne rese conto e le prese una mano tra le proprie, stringendola per darle coraggio. La bionda rivolse gli occhi chiari in quelli più scuri del ragazzo, e Calum la vide per la prima volta così com’era, priva di barriere, senza i suoi soliti scudi. Lesse tutto il panico negli occhi della ragazza e si chiese cosa fosse successo davvero, per quale motivo lei avesse così tanta paura di Luke.
Perché magari era vero che lui non era proprio una bravissima persona, ma questo Phillis non poteva saperlo. O forse sì? Mentre si perdeva nei meandri degli occhi chiari di quella nuova, improbabile amica, Calum si chiese se la Turner non sapesse realmente qualcosa. Dopotutto, non doveva mai dimenticare di chi era figlia. Eppure dubitava che avesse acquisito qualche informazione attraverso suo padre, era praticamente impossibile.
Il ragazzo tornò con i piedi per terra quando la figura di Luke si palesò a loro, comparendo da dietro l’albero sempreverde. Quando i suoi occhi misero a fuoco la figura della Turner, ci volle poco perché le sue labbra si stendessero in un ghigno divertito, mentre incrociava le braccia.
“Ora capisco perché ti attardavi tanto. Ma se proprio ci tieni la tua amichetta può venire di là con noi” disse, passandosi la lingua sulle labbra sottili.
Phillis si agitò sul posto. “No, io…” tentò di dire, ma il biondo la bloccò con un gesto della mano.
“La mia non era una domanda, Turner” chiarì, per poi fare dietro front e tornare da dove era venuto. Ovviamente, si aspettava che lo seguissero.
Calum si alzò e tese la mano a Phillis, che però lo guardava con gli occhi spalancati, senza dire nulla.
“Vieni?” le chiese, indicando con un cenno la direzione appena presa dal biondo.
Phillis non rispose, di sicuro non avrebbe voluto andare con loro, ma d’altra parte aveva anche paura. Si chiese dov’era finita tutta la sua spavalderia e a cosa le servisse essere così sfacciata, se poi quando si trovava a fare i conti con l’egocentrismo di un ragazzo come tanti non sapeva neanche far valere la sua volontà. Nonostante ciò si alzò e afferrò la mano di Calum, stringendogliela quasi a bloccare la circolazione del sangue. Il ragazzo non fece una piega, e insieme raggiunsero un angolo un po’ più illuminato del parco, grazie alla vicinanza con un lampione che, dalla strada, illuminava fiocamente anche quel tratto di prato.
Phillis poté distinguere presto la figura di Michael Clifford seduto con la schiena contro un albero, quella di Ashton Irwin sdraiato con le braccia sotto la testa e, appena un po’ distaccato dai due, Luke, intento a scrivere qualcosa in fretta e furia sul cellulare.
“Chi non muore si rivede. Che fine avevi fatto, Calum?” domandò Clifford appena si avvicinarono, inarcando un sopracciglio.
“Che, non vedi? Aveva di meglio da fare” commentò Irwin divertito, ridendo poi da solo per la propria frase, con una risata acuta e decisamente inquietante.
Michael si alzò e si avvicinò alla bionda, con un sorriso che probabilmente avrebbe voluto sembrare amichevole, ma che in quel momento servì solo a far schizzare la sua ansia a mille.
“Michael Clifford” disse, porgendo la mano che Phillis strinse con poca decisione.
Lo so, avrebbe voluto rispondere. Però tacque.
“A questo punto uno potrebbe aspettarsi una risposta, sai com’è…” aggiunse Michael poco dopo ironicamente, appurando che la ragazza non aveva intenzione di rispondere.
Phillis aprì la bocca per dire che, se fosse stato per lei, a quest’ora sarebbe stata ancora da sola su quella panchina nascosta dove Calum l’aveva trovata, quindi non vedeva perché avrebbe dovuto trovare interesse nel dirgli il proprio nome; la voce, però, non voleva saperne di uscire, e lei non aveva neanche troppa voglia di instaurare la discussione con un tipo del genere, non ne aveva le forze. Deglutì, prima di “Phillis Turner” rispondere flebilmente, mantenendo però uno sguardo indifferente.
“Hey Phillis, io sono Ashton!” si presentò il ragazzo dai capelli ricci, ancora steso per terra, rivolgendole un cenno ed un sorriso.
So anche questo.
La bionda annuì e ricambiò il sorriso increspando appena le labbra, prima di spostarsi dalla sua postazione dietro Calum per prendere posto di fianco a lui. I suoi movimenti erano più sciolti, ora, e meno nervosi: per il momento sembrava andare tutto bene, e la paura stava scemando in qualcosa di diverso. Adesso, tutto ciò che sentiva era determinazione.
Non doveva importarle chi fossero quei ragazzi, o perché avesse sempre cercato di evitarli come la peste: infondo, erano solo persone normali.
Era quasi riuscita a convincersi quando Luke decise di onorarli della propria presenza, avvicinandosi con le mani nelle tasche.
“Non vi dispiace se vi rubo Phillis per dieci minuti, vero ragazzi? Andiamo a farci un giro”.





Hey there!
Okay, sono una frana, è ufficiale.
Ho presentato questo capitolo un po' lunghetto - deheheh, ce l'ho fatta! - che però spero non vi abbia annoiato, nel quale inizia a formarsi un po' il rapporto che Phillis ha con Calum :)
Inoltre entrano in scena per pochi attimi Mike - che già abbiamo incontrato - e Ashton.
Lui per il momento non ha un ruolo fondamentale ma... beh, per come son fatta io, nessun personaggio verrà lasciato indietro, credetemi.
Passo con i ringraziamenti per tutti voi che avete recensito e che, davvero, mi avete resa felicissima! Non so come ringraziarvi, davvero, credo di volervi bene!
Mi scuso anche per aver finito così il capitolo, solo una settimana di pazienza e si vedrà come andranno le cose.çç
Ora vado che sto morendo per il nervosismo, sono a casa per un filone e sono da sola ma per qualche arcano motivo ho paura. Ciao!
Ida.x



PS: Come sempre potete guardare il trailer della storia qui: Trailer "Pieces" - 5SoS FanFiction [ITA]

 
  
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