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Autore: Shadow writer    30/10/2014    3 recensioni
Fuggo oltre il locale con la musica a palla, fuggo sulle strade buie, fuggo nel vento gelido della notte.
Fuggo dagli altri, dai loro giudizi, fuggo da me stessa e da ciò che provoco.
Corro, con le ali ai piedi, per le strade deserte.
Anzi, ai piedi, ho il vento. Vento che mi spinge, che mi solleva, che obbedisce ai miei ordini come se fossi la sua padrona assoluta.
Faccio un balzo e l'aria mi spinge in alto, oltre le cime degli alberi. M'innalzo contro il cielo nero bagnato di stelle.
Apro le braccia, stringo l'orizzonte tra le mani. Inspiro il freddo della notte e tutti i suoi sapori.
Potente, ecco quello che sono.
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Trasferirsi in un nuovo continente è di certo una cosa grandiosa, ma non mi sarei mai aspettata il genio ribelle, il vecchio misterioso, il giocatore di football, una ragazza che sarebbe diventata come una sorella per me, ma soprattuto qualcosa di molto, mollto più grande di me.
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Riverso le parole addosso a Greg e mano a mano che lasciano le mie labbra, qualcosa si alleggerisce dentro di me.
Il ragazzo mi ascolta in silenzio, con lo sguardo vacuo, ma per il resto mantiene un'espressione impassibile.
Per concludere in bellezza con un po' di concentrazione riesco a produrre un refolo di vento che mi fa svolazzare i capelli.
«Non posso fare altro che crederti dunque» mormora.
Annuisco, timorosa.
«Perché parlavi di paura?» chiede con uno sguardo penetrante.
«Perché non sapevo come avresti reagito, come l'avresti presa.» ammetto.
Cala il silenzio.
«Capisco» dice semplicemente.
«Davvero?»
«Non proprio, ma...posso arrivarci. Devo elaborarlo.»
«Va bene»
Rimaniamo ancora in silenzio.
«Will mi ha dato una cosa!» esclamo all'improvviso e frugo nelle tasche dei jeans per prendere il foglietto che ci avevo ficcato.
Greg lo legge, poi mi guarda.
«Perché te lo ha dato?»
«Ha detto che mi avresti mostrato delle prove» spiego trepidante.
«Capisco, questa volta sul serio»
Sorride leggermente e anche io finalmente mi rilasso.
 
Riusciamo ad uscire dalle finestre del bagno e fuggiamo verso il parcheggio della scuola.
L'uomo dalla voce grave non si vede in giro, ma non mi sento comunque molto tranquilla.
Greg apre la portiera di una vecchia auto grigia che non sembra in grado di resistere per più di duecento metri.
«Salta a bordo della mia magnifica carrozza!» esclama con una smorfia sarcastico.
Sorrido:
«Almeno non sei vanitoso come Simon Cox, dovresti vedere come ama la sua auto»
«Me lo immagino mentre l'accarezza e le sussurra dolci parole»
Mi sciolgo in una risata nervosa mentre salgo a bordo.
L'interno della vettura non è meglio dell'esterno arrugginito. I sedili sono rigidi e sgualciti.
Poi l'auto parte con un rumore simile alla tosse.
Sobbalziamo sulla strada per una ventina di minuti, inframmezzati dalle domande di Greg.
«Quindi hai capito che non c'erano altri proiettili alla consegna delle borse di studio grazie al vento?» sta domando con lo sguardo saldo sulla strada.
Annuisco, poi mi rendo conto che non riesce a vedermi, così traduco in parole.
«Forte. Se Will lo venisse a sapere, ti vorrebbe ancora di più al suo fianco» commenta.
M'irrigidisco:
«Hai promesso...»
«Tranquilla» mi interrompe «Mantengo le promesse. Devi valutare tu se dirglielo o no, io non parlo»
«Grazie»
Ci infiliamo un quartiere di case fatiscenti e grigie, simili a catapecchie.
Greg rallenta con un cigolio e parcheggia sul lato della strada rovinata.
Lui scende dall'auto, lo seguo.
C'è una luce strana in questa strada, quasi grigio-giallognola, come se nell'aria volteggiassero granuli di polvere.
«Vieni» mi fa cenno il ragazzo.
Ci avviciniamo ad una delle case meno cadenti della via, che pare comunque piuttosto decrepita.
Ha le imposte scrostate di quella che una volta sarà starà vernice verde, le mura sembrano ricoperte da uno strato spesso di polvere e le pietre del viale sono così irregolari da apparire selvagge.
Greg bussa sulla porta malridotta e dall'interno proviene una voce stridula.
Qualche istante più tardi sulla soglia compare una donnetta bassa e tozza, dalla pelle scura e i capelli color ebano raccolti in uno chignon scomposto.
Il mio sguardo cade sul grembiule che ha legato in vita e sulle pantofole sgualcite.
Ci rivolge qualche parola in una lingua che sembra spagnolo, o forse portoghese, poi ci fa cenno di entrare.
Attraversiamo un lungo corridoio buio, fino a giungere in una piccola sala zeppa di scatoloni.
Con cenni concitati insiste che ci sediamo su un divano da cui spunta dell'imbottitura.
«Signora Ales» la chiama Greg quando finalmente la donnetta si siede sulla vecchia poltrona.
«Luna, la ragazza qui con me, vorrebbe farsi un'idea riguardo Benedict Lennox» dice ancora il ragazzo.
Lei comincia a lagnarsi con dei versetti piagnucolanti, si alza in piedi, fruga in uno degli scatoloni, poi si avvicina e mi tende un pacchetto.
«Guarda! Guarda!» insiste mentre ritorna alla sua poltrona.
«Mia nonna lavava vestiti, mia mamma lavava vestiti, io anche lavavo vestiti lì!» esclama dopo indicando il pacchetto che tengo in mano.
Lo apro e trovo delle fotografie,
La prima inquadra un edificio basso e cubico, che sembra essere, dall'insegna, una lavanderia.
«Io lavoravo lì!» ripete la signora Ales «Ma adesso non più. Sai perché?»
Scuoto il capo.
«Un giorno, io lavoro, mia figlia lavora, mia mamma lavora, lì, ma entra un signore. Alto, bei vestiti, tutto profumato. E ci chiede se vogliamo vendere il negozio. Noi diciamo: "No" perché nostro unico lavoro! Senza questo niente soldi! Allora diciamo: "No", ma l'uomo non va via. Ci fa vedere dei fogli, scritti, con tanti numeri, ma io non capisco, allora chiamo mio figlio. Mio figlio è intelligente, ha studiato!»
La donna fa un sorriso di soddisfazione e mi guarda quasi con orgoglio.
Poi, riprende il racconto, con la sua voce piagnucolante:
«E mio figlio dice che se io vendo negozio, il signore ci dà quei soldi, ma dice anche:"Mamma, questi soldi bastano solo per due mesi. E poi? Cosa facciamo?" Allora io dico: "No" al signore e lo faccio uscire, con gentilezza! Ma sai cosa succede?»
Si ferma e quando mi rendo conto che sta aspettando una risposta, scuoto subito il capo.
«Il signore ritorna! Sette giorni dopo, con altro fogli. Questa volta, dice mio figlio, i soldi sono per quasi tre mesi. Ma in tre mesi io non trovo altro lavoro! Allora diciamo:"No" al signore, ma sempre gentili, noi siamo persone gentili! Ma sai cosa succede?»
Scuoto ancora il capo.
«Guarda! Guarda!»
Faccio scorrere le fotografie mentre la donna si lagna nella sua lingua madre.
L'immagine successiva rappresenta una saracinesca abbassata con una scritta che non riesco a leggere.
«"Brucerete nel nostro inferno, cani brasiliani"» mi sussurra Greg nell'orecchio.
La donnetta ha smesso di piagnucolare e tirando su col naso prosegue:
«C'era quella brutta scritta! E noi...paura! Paura! Ma non possiamo fare niente, così compriamo vernice e copriamo la scritta. Ma sai cosa succede?»
Questa volta scuoto il capo ancora prima che abbia finito di formulare la domanda.
«Guarda! Guarda!»
La prossima fotografia riporta una serie di lavatrici poste l'una accanita all'altra, annerite come se fossero state bruciate.
«Metà di quelle,  tutte in fiamme!» grida la signora con enfasi. «Noi abbiamo paura, tantissima paura...nessuno vuole più stare al negozio, nessuno viene a lavare i vestiti. Che fare? Che fare?»
Rimango in silenzio.
Lei si mette a singhiozzare, e tra le frasi scomposte riesco solo a riconoscere due parole: "negozio venduto".
Lasciamo che la signora si sfoghi senza parlare.
Quando alla fine si asciuga le lacrime e acquista un'aria più dignitosa, Greg si alza in piedi e le stringe la mano, quasi con dolcezza.
«Grazie del suo aiuto» le dice premuroso.
Mi alzo in piedi anche io, scossa e guardo la donna.
«Lei ha mai fatto un corso di teatro?» chiedo senza neanche rendermene conto.
La signora sgrana gli occhi, come se non capisse quello che dico, poi fa cenno di no con il capo.
«Mi dispiace averla disturbata» dico, poi seguo Greg fuori dalla casa.
«Non le hai creduto?» domanda il ragazzo quando ci ritroviamo nell'aria grigia della strada.
«Voglio solo esserne certa al cento per cento. Mi è sembrata piuttosto credibile comunque.»
«Non era una messinscena, Luna, te lo giuro. La zona dove sorgeva il negozio della famiglia Ales ora è stato ristrutturato ed vi si trova un enorme sede di grandi uffici. Sai chi è il proprietario?»
Rimango in silenzio, ma siamo entrambi consapevoli che conosco la risposta.
«Forse Will ha ragione» ammetto infine.
Greg mi rivolge un piccolo sorriso di vittoria:
«Non sai quanto vorrebbe sentirselo dire»
 
Il ragazzo mi riporta a casa, ma mi rendo conto che ho saltato circa un'ora del lavoro in biblioteca.
Decido di telefonare la segreteria della scuola ed informare che sono malata scusandomi per il ritardo.
La passo liscia solo per il fatto che ho una condotta impeccabile.
So che dovrei allenarmi con il vento, ma dopo quello che è successo non ho voglia di incontrare Jim, e preferisco riflettere su tutto, dall'uomo misterioso, alle prove che mi ha fornito Greg.
L'unica cosa che riesco ad elaborare è che l'uomo è come me e Jim e probabilmente ha un ruolo rilevante all'interno di qualche organizzazione dei nostri simili.
Alla fine passo un pomeriggio accasciata sul divano con i pensieri che frullano nella mia testa.
Ah, e Voce non si è fatta viva.
 
Dopo ore di professori barbosi e compagni di classe rumorosi, giovedì pomeriggio posso finalmente andare al Centro.
Mentre aspetto alla fermata passa una splendente auto cabriolet.
«Ciao Luna» mi saluta Simon dall'interno con un sorriso beffardo. Lo guardo perplessa, poi capisco che si sta aspettando che io sia gelosa perché seduta al suo fianco c'è la cheerleader Zoey.
«Ciao» replico scuotendo la mano «Ci si vede in giro»
Lui non sembra molto contento della mia risposta, a giudicare dalla smorfia che fa, e mette in moto bruscamente.
Qualche minuto più tardi arriva l'autobus che mi porta al Centro.
Questa volta all'ingresso c'è un uomo che non conosco, ma saluta comunque con calore mentre mi affretto verso la sala principale.
Scorgo Marcelo che saltella su una panca per attirare la mia attenzione.
«Ciao, attento, stai per cadere!»
Il ragazzino perde l'equilibrio e mi crolla addosso.
Lo freno preoccupata, ma mi basta guardarlo negli occhi per scoppiare a ridere.
«Sembri allegra oggi» mi fa notare quando siamo seduti davanti al libro di scienze.
«Anche tu» replico.
«Lo sarò per poco» commenta con una smorfia «Odio scienze»
«E perché?»
«Perché sono così...fredde, come la matematica!»
«Forse hai ragione, o forse c'è qualcosa di più che puoi imparare. L'unico modo per scoprirlo è cominciare a studiare!» faccio un sorriso smagliante.
«Argh! Traditrice!»
Scoppiamo a ridere entrambi, prima di doverci gettare nella fredda materia.
Quando Marcelo comincia a capirci qualcosa delle cellule, decido di fare una piccola pausa per farlo riposare, così mi metto a conversare con lui.
Ad un tratto chiedo:
«Sai dov'è Will? Non l'ho ancora visto“
Il ragazzino strizza gli occhi:
«In infermeria»
«Infermeria? Cos'è successo?» domando preoccupata.
«Scommetto che quando io ero malato non eri così in pensiero!» commenta lui, ma ha un sorriso malizioso che gli increspa che labbra.
«Ehi, quando la smetterei di cercare di combinare il matrimonio tra me e Will?» replico arrossendo. Mi guardo attorno, ma nessuno sembra interessato alla nostra conversazione.
«Quando ammetterai che ti piace da impazzire!» ribatte il ragazzino.
«Scordatelo!» esclamo con lo guance in fiamme.
"Io non ne sarei così convinta"
Com'è che tu ricompari solo quando ti piace?
"Non ha senso che stai sveglia quando combini le solite cose noiose. A me piace divertirmi."
«Però devo parlargli» riferisco a Marcelo «Dici che se è malato lo disturbo?»
«Io non ho detto che è malato!» esclama lui ridendo.
«Aspetta, quindi cosa ci fa in infermeria?» chiedo stupita.
Il ragazzino fa un sorrisetto divertito:
«Conosci Aaron Jones, quello che si crede di essere il padrone di tutto qui dentro? Be', lui e Will litigano spesso.»
«Okay, quindi hanno fatto a botte?» domando preoccupata.
«Se lo vai a trovare lo saprai da lui»
Scoppio a ridere, scuotendo il capo, ma Marcelo mi detta le indicazioni per raggiungere l'infermeria.
Mi allontano così dalla sala principale, lungo i corridoi, cercando di non perdermi come mio solito.
Raggiungo senza troppi problemi l'infermeria.
"Sarà forse perché c'erano miliardi di cartelli a scritte cubitali per indicare la direzione"
Simpatica, come sempre.
L'infermeria è molto semplice. Saltano subito all'occhio le pareti di un bianco immacolato, su cui sono poggiate delle poche sedie scarne per dare la parvenza di una sala d'aspetto.
Di fronte a me c'è una porta semiaperta, oltre cui si intravede una lunga camerata con degli ordinatissimi letti paralleli.
Mi affaccio sulla soglia, lanciando uno sguardo fugace all'interno.
L'unico letto occupato è uno degli ultimi, dove sta comodamente accasciato un ragazzo dagli arruffati capelli corvini.
«Will?» chiamo incerta.
Lui si volta e mi rivolge un enorme sorriso:
«Ciao. Puoi entrare, ti ho già detto che qui dentro non mordo»
«All'esterno invece sì?» chiedo avanzando lentamente.
Lui continua a sorridere:
«Dipende da che parte stai»
Tiro le labbra verso l'alto in modo nervosamente.
«Allora posso ritenermi al sicuro» commento quando sono vicino al letto.
Mi accorgo che il ragazzo ha un segno violaceo sotto l'occhio destro, però sta sorridendo sempre più estasiato.
«Quindi le mie prove ti hanno convinto?» domanda allegro.
Prendo un respiro profondo.
«Sono state convincenti, non c'è motivo per darti torto» risponde infine.
Lui mi fa cenno di sedermi sul letto e si scosta per lasciarmi spazio.
Prendo posto al suo fianco, ma lascio le gambe penzolanti sul bordo, mentre lui le tiene lunghe sulle lenzuola.
«La mia piccola Luna ha fatto la sua scelta, quindi?» domanda con un sorriso sornione stampato sul volto.
«Luna, che non è tanto piccola e ancor meno tua, ha elaborato che hai ragione e tuo zio è una vera e propria Faccia di Pupù»
Il ragazzo fa un sorrisetto e si passa una mano tra i capelli, arruffandoli ancora di più.
«Quindi dirai alla segreteria della scuola che non frequenti più il Centro?»
Resto un istante in silenzio.
"Non farlo"
Non ho mai fatto niente tutto questo tempo.
"Infatti adesso sei qui, sana, salva e dotata di tutti i neuroni"
Credi che passerò una vita intera pensando solo alla mia salvaguardia? Se posso fare qualcosa, è il momento di farla. Non me ne starò immobile ancora a lungo.
"Mi correggo, forse non hai tutti i neuroni"
 La mia vita è stata inutile fino ad oggi. Non ho realizzato niente, non sono stata produttiva per nessuno.
"Pensi sia giusto farlo solo per un ragazzo di cui sei cotta? Lui ti userà, ti consumerà, ti trascinerà in un vortice da cui non potrai liberarti e ti ritroverai sola, confusa, sperduta in qualcosa che non conosci e che non hai veramente voluto"
Mi sento fremere dalla rabbia.
Voce mi ha detto cosa fare per anni, è stata quella che mi ha fatto prendere le decisioni che all'epoca mi erano sembrate quelle giuste, ma in realtà erano quelle migliori per me stessa e basta.
«Luna?» chiama Will scrutandomi.
Prendo un respiro profondo.
«Ci sto» mormoro.
«Ne sei certa?»
«Sì, sono con te»
"Idiota"
Detto questo, Voce sparisce.
 
Will mi riaccompagna nella sala principale, dopo aver informato l'infermiera delle sue condizioni.
«Chi si è fatto più male?» chiedo al ragazzo mentre camminiamo nei corridoi deserti. Lui capisce subito a cosa alludo.
«Pari, anche se di certo Aaron si incazzato come una bestia.»
«Cos'è successo? Se mi è concesso domandarlo»
Will fa un sorriso pigro:
«Signorina Leach dovreste sapere che ormai non ci sono segreti tra di noi. Aaron Jones, noto per la sua stazza massiccia, tanto quanto per la sua insormontabile stupidità, ha cominciato a stuzzicarmi con banalità, tirandomi qualche "pugno amichevole" sulle braccia. Dato che sono più abile di lui a parole, si è ritrovato presto senza più niente con cui controbattere e ha giustamente deciso di passare alle mani. Sempre a causa dell'insormontabile stupidità non si è reso conto che non poteva attaccarmi a testa bassa senza pensare a difendersi, così si è ritrovato con tante botte quante ne ho ricevute io, pur essendo molto meno piantato di lui.» 
Abbozzo un sorriso:
«Che affascinante storiella»
«Lo credo anche io. Eccoci»
Il ragazzo tiene aperta la porta per farmi entrare nella sala.
Lo ringrazio e mi avvio verso il tavolo dove si trova Marcelo.
«Ciao Will, cosa ci fai qui?» chiede il ragazzino con la bocca piena di pane e cioccolata.
«È venuto per aiutarci a fare scienze» rispondo io con un sorriso smagliante.
Marcelo geme:
«Preferisco guardarvi mentre vi fate gli occhi dolci a vicenda»
«Noi non lo facciamo!» esclamo con le guance rosse.
«Oh, certo che sì» rincara la dose lui con uno sguardo malizioso.
«No!»
«Sì, sì!»
«Will!» mi volto verso il ragazzo che se ne sta seduto con la testa abbandonata sul palmo della mano «Non dovresti aiutarmi?»
Fa un sorriso sornione:
«Mi piace vederti imbarazzata»
Le mie guance ormai stanno andando a fuoco e l'unica soluzione che riesco a trovare per nasconderlo è prendere il libro di scienze e nascondermi dietro.
 
Alla fine riesco a convincere Marcelo a fare un po' di compiti, nonostante Will non sia molto d'aiuto, perché continua a distrarre il ragazzino.
Ad un certo punto gli rivolgo uno sguardo di fuoco e il ragazzo decide di rimediare, così si rivela un ottimo insegnante, molto preparato e per nulla pesante.
Quando Brad vieni a dirmi che è quasi ora di cena, saluto Marcelo con un abbraccio caloroso e la promessa: «Ci vediamo presto!», poi Will si offre di accompagnami verso l'uscita.
«Sai un sacco di cose» gli dico mentre siamo nei corridoi.
Lui sorride:
«Lo so.»
«Modesto» rido «Ma con tutta la cultura che possiedi,perché hai scelto di farti rinchiudere qui?»
Il ragazzo sembra innervosirsi:
«Lo sai. Ho deciso di non fare l'ipocrita e di prendere le mie responsabilità accettandone le conseguenze. Sono colpevole, quindi vivo in un carcere, è normale»
Resto in silenzio fino a che raggiungiamo la fine del nostro percorso.
L'uomo al di là apre la porta, così mi volto per salutare Will.
«Buona serata» gli dico.
Lui abbassa gli occhi blu verso di me e sorride.
«Anche tu, e stai attenta, Luna»
La frase mi provoca un brivido lungo la schiena, mentre mi allontano e lo lascio alle spalle.
Dalla porta d'ingresso è appena entrata una donna, alta, snella e ben vestita, che mi rivolge uno strano sguardo divertito, poi alza gli occhi oltre me e prosegue.
Mi volto in tempo per vedere Will, fermo sulla soglia, fissare senza espressione la donna.
Poi esco dal Centro e tutto ciò che rimane è il mio riflesso incredulo sui vetri della porta d'ingresso.
 
Quando arrivo a casa, trovo delle chiamate perse sul cellulare da parte della mia famiglia e parecchi messaggi che intimano di farmi viva.
Con un sospiro rassegnato prendo il computer, decisa a sistemare tutto il prima possibile.
Pochi secondi dopo l'avvio della video-chiamata, dall'altro capo rispondono.
«Luna!» risponde mio fratello con un sorriso smagliante «La mamma e il papà ti uccideranno! Non ti sei fatta sentire per tantissimo tempo!»
«Lo so, loro sono in casa adesso?»
«No»
Faccio un sospiro di sollievo. Non avevo alcuna voglia di doverli affrontare.
«Puoi dir loro che ho chiamato?»
«Se io lo faccio tu cosa mi dai?» chiede malizioso.
«Calvin, non sono in vena di litigare» ribatto decisa.
«Cos'è stai diventando una cattiva ragazza, lì in America? Mamma e papà lo potrebbero venire a sapere...» continua lui per nulla preoccupato.
«Penso che ti diserederò come fratello, tanto ho già trovato un sostituto» commento secca.
Dall'espressione che Calvin mi rivolge capisco di aver fatto centro.
Mi guarda spaventato, triste, come se io potessi all'improvviso privarlo dell'effetto che provo per lui e trasferirlo a qualcun altro.
Si riprendo però subito dopo.
«E come si chiamerebbe questo sostituto?» chiede con un altro sorriso sfacciato.
«Marcelo» rispondo a tono, ammiccando con gli occhi.
Calvin mugugna qualcosa di confuso, poi aggiunge:
«Va bene riferirò»
Gli rivolgo un sorriso affettuoso:
«Bravo! Come ricompensa ti prenderò quel videogioco che volevi!»
«Scommetto che non ti ricordi neanche il nome» ridacchia lui.
Gli faccio la linguaccia, poi guardo l'ora:
«Aspetta, ma lì non è il cuore della notte?»
Mio fratello sorride:
«Esatto»
Scuoto il capo:
«Non importa, buona notte, Calvin. E dì alla mamma e al papà che ho chiamato!»
«Sissignora!»
«Bravo. Buona notte»
 
Quando la mattina successiva cammino per i corridoi della scuola mi rendo conto che c'è qualcosa di strano.
Guardo alle mie spalle e un ragazzo distoglie gli occhi.
Proseguo per la mia strada, ma poco dopo la scena si ripete nuovamente, con un gruppetto di ragazze che bisbigliano tra loro.
«È una mia impressione o la maggior parte degli studenti mi sta fissando?» chiedo a Clare, ferma davanti al suo armadietto.
Lei mi rivolge uno sguardo indecifrabile da sotto le spesse lenti, poi si guarda attorno.
«Non l'hai ancora capito?» domanda perplessa.
«Ehm...no»
«Le voci girano, adesso sei "Quella che ha piantato Simon Cox"»
Sollevo le sopracciglia:
«Sul serio?»
«Direi di sì» conferma lei.
Sulle labbra mi si dipinge un sorriso divertito.
Clare sbuffa, ma la sento ridere sottovoce.
«Comunque» prosegue poco dopo «In qualità di "Quella che ha piantato Simon Cox" e "Amica di Quella che ha piantato Simon Cox", abbiamo ottenuto questi!»
Lo guardo perplessa:
«Due fogli di carta verde con i brillantini?»
Lei sbuffa e mi rende uno dei due fogli:
«È un invito per una festa, sabato sera»
«Davvero?» chiedo prendendolo.
«No, ti sto prendendo in giro» ribatte lei sarcastica.
«E dove sarebbe questa festa?» 
«A casa di una delle cheerleader, non la conosci»
«Cos'è i suoi genitori sono via per lavoro e lei dà un mega-party?»
Clare mi guarda corrucciata, poi abbozza un sorriso divertito:
«Non dirmi che credi a tutti quei film sugli adolescenti americani!»
Apro la bocca per rispondere, poi decido che è meglio stare zitta e mi precipito dietro Clare verso la nostra prima classe.
 
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Ciao a tutti!
Come promesso ho aggiornato qualche giorno prima rispetto alla scorsa volta, ma personalmente questo capitolo non mi fa impazzire. Vorrei sapere cosa ne pensate voi, quindi, come al solito, vi prego di recensire per farmi sapere cosa va e cosa non va nella mia storia. Ho notato un calo di recensioni, anche se le visualizzazioni sono rimaste le stesse, quindi, per favore, non abbandonatemi, ho bisogno dei vostri consigli e/o pareri! :)
Cosa ne pensate della storia? E dei personaggi? La trama si sta facendo monotona o noiosa?
Grazie a tutti quelli che sono arrivati fin qui. Ricordo che il titolo diventerà:"Cronache di una ragazza che pensava di essere normale" 
Alla prossima:)
Lux 
   
 
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