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Autore: My_Name_Is_Toby    30/10/2014    2 recensioni
Il rumore dei passi era appena percettibile, forse quasi inesistente, ma lui sapeva che c’era: non era una questione di lucidità mentale, cercava di non credere a tutto ciò che la sua mente proponeva, ma sentendo quel lieve rumore e facendo due conti era facilmente intuibile che i suoi aguzzini non si fossero mossi da soli.
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Il rumore dei passi era appena percettibile, forse quasi inesistente, ma lui sapeva che c’era: non era una questione di lucidità mentale, cercava di non credere a tutto ciò che la sua mente proponeva, ma sentendo quel lieve rumore e facendo due conti era facilmente intuibile che i suoi aguzzini non si fossero mossi da soli.
I goblin erano troppo stupidi per poter anche solo immaginare di compiere un’azione come il suo rapimento, per non parlare del fatto che nemmeno dopo anni avrebbero potuto avere il guizzo ingegnoso di usare del sonnifero.
Un pungente odore di bruciato si espanse per tutto il magazzino: il ragazzo tentò di non urlare, impresa molto ardua considerando che ciò che stava bruciando era la sua pelle; un goblin aveva avuto la malsana idea di passargli la fiamma di un accendino per tutta la lunghezza della spina dorsale, mentre il grosso taglio sul petto stava continuando a sanguinare copiosamente.
Attraverso la vista annebbiata riuscì vagamente a distinguere un paio di stivali neri con la punta tonda e di metallo; il misterioso proprietario cominciò a calciare i tre piccoli goblin, come a voler loro intimare di lasciarli soli.
I tre mostriciattoli, sghignazzando malignamente, si allontanarono, probabilmente entrando in una stanza adiacente; lasciati soli, il misterioso individuo poggiò il ragazzo contro il muro e alzò il suo volto.
La figura che si stagliava davanti a lui era magra, abbastanza alta e tutta vestita di nero; sul volto, stonando con tutto il resto, una maschera bianca di ceramica copriva la faccia della figura, la quale chinò di lato la testa come a volerlo osservare meglio.
L’uomo mascherato chinò il volto sul pavimento polveroso e, con disinvoltura, cominciò a scrivere su di esso con una penna che lasciava sul liscio pavimento un tratto di color rossiccio; le lettere sembravano brillare di una propria luce.
Una volta finito di scrivere la scritta si mosse da sola, spostandosi in modo che il povero malcapitato potesse leggerla con più facilità.
Sporgendosi in avanti, il volto sanguinante, il ragazzo tentò di leggere.
Salve, Luca.
 Guardò la scritta, rileggendo più volte il saluto a lui rivolto, aspettando di più: avrebbe voluto, anzi voleva, una spiegazione per tutto ciò che gli era capitato e temeva che questa non sarebbe mai arrivata se non avesse giocato bene le sue carte.
Nella semioscurità di quel magazzino polveroso Luca decise che era meglio tacere ed aspettare con pazienza, sperando in cuor suo d’aver salva la vita.
L’altro ricominciò a scrivere, questa volta con una velocità maggiore, quasi avesse fretta di parlare.
Tu sai perché sei qui?
Il ragazzo scosse la testa lievemente e, con un filo di voce, finalmente si decise a parlare.
<< Direi proprio di no. – Emise un rantolo,soffrendo ad ogni singola parola pronunciata.- Mi sono divertito talmente tanto con i tuoi amichetti di prima che mi sono scordato di chiederglielo.>>
La figura curvò di nuovo la testa, scrutandolo e mettendolo ancora più in soggezione di quanto non fosse già: in quel momento, guardando bene l’altro, Luca dubitò persino della sua umanità.
<< Chi sei?>>
La figura non si mise a scrivere e anzi si avvicinò piano piano al ragazzo, osservandolo da vicino, la maschera inespressiva quasi attaccata al suo volto.
<< Cosa sei? – chiese il ragazzo, ormai terrificato. – Cosa ci faccio qui?>>
La figura ricominciò a scrivere sul pavimento con una frenetica follia e Luca si accorse, nonostante la presenza della maschera, che era felice: i movimenti e il modo di fare della creatura esprimevano una grande gioia.
Le scritte si mossero di nuovo.
 La mia esistenza è, come la tua, un semplice errore del fato, una fatal disgrazia per questo mondo. Un giorno tornerai a casa, forse, ma lascia che prima ti mosti i luoghi più oscuri.
Detto questo la figura si tolse la maschera e per tutta la stanza riecheggiò un grido.


Ehi, salve a tutti ^^ Questo racconto era rimasto a "prendere polvere" in una vecchia chiavetta usb per almeno un annetto. Non sono molto pratica nel creare "tensione", ma volevo comunque condividerlo. 
 
 
  
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