Tyra
era arrivata a Peckham spinta dalla fama di quella
zona di Londra. Aveva sentito che lì la polizia aveva parecchio lavoro da fare,
con bande di ragazzini che facevano pratica, seguendo le orme di quelle degli
adulti e aveva subito pensato che quello fosse il posto giusto per trovare un
documento d’identità falso.
Quello
era stato il primo passo verso una nuova vita: dopo avrebbe trovato un lavoro e
con i soldi si sarebbe pagata una sistemazione, per non dover più stare da sua
zia Careen. Non ci si poteva fidare delle persone: avrebbero
potuto tradirti da un momento all’altro. Dunque non rimaneva altra scelta che
una vita solitaria, con qualche amicizia superficiale o di convenienza: nulla
di impegnativo.
Tyra
si era autoimposta questa strada quando sua madre, non fornendo nessuna
spiegazione ma allontanandosi nel cuore della notte, aveva abbandonato lei e
suo padre senza una parola e senza nemmeno cercare di contattarla dopo quasi un
mese. All’inizio aveva incolpato l’uomo di tutto, accusandolo di non aver
nemmeno cercato di fermarla, e si era trasferita, dal piccolo paese in cui
abitavano, a Londra, a casa di sua zia. Aveva cercato più volte di parlare con sua
madre ma qualsiasi tentativo era stato vano, dalle chiamate ai messaggi,
mandati a tutte le ore: il suo cellulare risultava sempre spento. Questo
finché, pochi giorni prima, il numero era stato disattivato. A quel punto aveva
capito che era sua madre la prima a non volersi mettere in contatto con lei e
si era sentita distrutta.
Da
qui nasceva la sua determinazione nello spezzare i legami con chiunque e
nell’essere indipendente. Conseguentemente, si trovava in uno dei pub della
zona, per capire se avessero bisogno di personale di servizio. Era una bella
presenza e una cameriera come lei, adeguatamente truccata, poteva risultare
abbastanza attrattiva in un posto come quello, dove comunque tre quarti degli
elementi maschili erano sbronzi o drogati.
Ma
quella sera la proprietaria era troppo occupata per parlare con lei e le aveva
detto malamente di tornare, per faccende non urgenti come la sua, durante la
settimana: non certo il sabato o il venerdì. Poi se ne era andata sbraitando
contro dei ragazzi, probabilmente componenti di qualche gruppo musicale.
Alla
fine la ragazza aveva deciso di rimanere lo stesso, anche perché a quell’ora si
sarebbe rifugiata in ogni caso in un locale di quel tipo: tutto, pur di passare
meno tempo possibile a casa di sua zia. Non era particolarmente opprimente ma
sentiva di non essere a casa sua.
Si
era issata su uno degli alti sgabelli vicino al bancone e aveva ordinato una
birra. Il liquido freddo aveva contribuito a calmarle i nervi, che con quel
caldo tendevano a scattare senza un freno, dopo tutto quello che era successo.
Sul palco improvvisato sul fondo del piccolo locale era salito un gruppo,
probabilmente i ragazzi che aveva intravisto prima. Significava che, per quanto
inflessibile potesse sembrare, la proprietaria aveva finito per non
licenziarli, anche se era parsa sul punto di farlo.
I
tre componenti della band iniziarono subito a suonare: cantavano quello che
Tyra interpretò come un pezzo originale, visto che non l’aveva mai sentito. Non
la emozionarono particolarmente ma apprezzò la voce del cantante, roca e
potente, che non si lasciava sommergere dalla musica e la costringeva ad ascoltare
le parole, riducendo la deriva dei suoi pensieri.
Prese
un’altra birra e scambiò qualche parola con il barista. Sembrava
particolarmente annoiato e in vena di conversazione, ma sul palco cominciarono
una sequenza di pezzi particolarmente assordanti e l’uomo dovette desistere dai
suoi tentativi di distrarsi. Tyra ringraziò silenziosamente quei tre ragazzi,
che dovevano avere qualche anno più di lei. Il cantante era l’unico che
riusciva a distinguere chiaramente e sicuramente non avrebbe avuto bisogno di
una carta d’identità falsa per entrare in un pub come quello.
Dopo
più di un’ora il gruppo annunciò una pausa e anche Tyra si alzò: il caldo era
tornato ma non era ancora il momento per un nuovo alcolico, se voleva stare lì
dentro fino a notte inoltrata. Passò nel piccolo cortile interno che aveva
adocchiato dalla sua posizione e lo trovò abbastanza tranquillo. Un’occhiata
più approfondita le rivelò mattonelle dissestate, grumi di terra dall’odore
nauseante e mucchi di rifiuti: capì perché la maggior parte degli avventori
scegliesse di sostare verso l’entrata principale, in strada.
Si
sedette sul davanzale di una delle basse aperture del piano interrato, dove
doveva esserci il magazzino del locale. Stava piuttosto scomoda, con le schiena
tagliata dalla cornice del muro in mattoni che riprendeva a salire all’altezza
delle sue spalle ma era meglio che rimanere da sola al bancone del pub, mentre
il gruppo che suonava dal vivo faceva una pausa.
Davanti
a lei si parò un ragazzo, all’aspetto più che ventenne, che riconobbe subito
come il cantante della band. Le sue urla sguainate l’avevano aiutata, quindi
gli sorrise amara, in parte riconoscente, tornando ad abbassare gli occhi.
Quello le si sedette vicino, allungando le gambe.
“Pausa?”
Chiese lei, anche se sapeva già la risposta. Il silenzio portava i pensieri che
quella sera voleva evitare.
“Bisogna
fumarsi qualcosa ogni tanto” Le rispose con la sua voce roca, tirando fuori un
pacchetto di sigarette. Ne prese una e lo allungò verso di lei; Tyra non aveva
mai fumato molto ma in quel momento le sembrò la cosa più giusta da fare. In
fondo, a chi sarebbe importato? A sua madre? “È forte” la avvisò il ragazzo,
mentre gliela accendeva.
Gli
occhi di Tyra si riempirono di lacrime al primo tiro ma la ragazza non ne versò
nemmeno una. Forse si stava abituando, forse poteva farcela da sola. Avrebbe
potuto trovare un lavoro, tra poco avrebbe compiuto sedici anni, e Londra era
una città grande, avrebbe trovato qualche amico disposto ad ospitarla per i
primi tempi.
L’altro
ragazzo tirò un basso fischio, per complimentarsi con lei. “Sei sola? Potremmo
prenderci qualcosa dopo che abbiamo finito” Le propose.
Tyra
lo fissò: era incredibilmente bello, con quegli occhi di ghiaccio e i corti
capelli biondicci. Le fossette ai lati della bocca e le labbra sottili lo
rendevano molto desiderabile. Ma lei non era proprio interessata a quello,
adesso.
“Louis!”
Li interruppe un ragazzetto moro, che doveva avere la sua età, mettendo la testa
fuori dal locale “La proprietaria vorrebbe parlare con te” lo informò
avvicinandosi.
Era
un altro dei membri della band: a Tyra sembrava il batterista ma non ne era
completamente certa, poiché le luci coprivano il suo viso durante l’esibizione.
“Che
seccatura” proferì alzandosi e consegnando all’amico la sigaretta accesa “Al,
convinci questa ragazza a prendere qualcosa con noi quando abbiamo finito.
Lascio la situazione nelle tue incerte mani.”
Il
ragazzo scosse la testa e anche l’oggetto tra le sue mani, usandolo come una
bacchetta. Poi tornò a dare attenzione a Tyra, sempre con il sorriso sulle
labbra “Piacere, Albus” Le disse tendendole la mano. Tyra gliela strinse,
scandendo il suo nome.
Il
batterista cercò di sedersi accanto a lei ma, dopo il secondo tentativo
rinunciò, acciambellandosi a terra “Molto più comodo, non trovi?” Le fece
notare guardandola da sotto in su.
Tyra
soppesò la sporcizia delle piastrelle e scosse la testa.
“Allora
ti unisci a noi dopo?” Proseguì quello noncurante.
“Non
sono dell’umore” Rispose Tyra schietta.
“Non
ti farebbe sentire meglio aiutare uno sconosciuto?” Le chiese dopo una pausa
osservandola.
“Perché
dovrei farlo?”
“Non
puoi sapere da chi arriverà l’aiuto. Per esempio, tu potresti essere disperata
perché non riesci a suonare la batteria e io potrei aiutarti.” Dopo pochi
istanti di silenzio e una bieca occhiata della ragazza, Albus riprese “Non è
questo il problema però magari incontrerai qui fuori chi lo risolverà.”
“Non
credo” rispose Tyra, pensando che, se anche lì fuori avesse rivisto sua madre,
un incontro fortuito non avrebbe risolto nulla.
“Dovresti
farti ammirare, non compatire” Disse l’altro, aspirando dalla sigaretta che
teneva ancora in mano. Ne seguì un violento accesso di tosse e un’imprecazione
tra i denti.
“Non
mi sembra di aver chiesto l’aiuto di qualcuno” ribatté Tyra stizzita. Come si
permetteva, questo stupido batterista, di consigliarla su qualcosa di cui non
era nemmeno al corrente?
“A
me sembra che tu stia aspettando… Un intervento
divino, mi sembra diciate. E immagino non ti dispiacerebbe se qualcuno venisse
a consolarti.”
“Non
pretendere di capire la mia situazione con una semplice occhiata!” Sbottò Tyra
alzandosi.
L’altro
inarcò un sopracciglio “Tutti hanno dei problemi. Tu quanti anni hai? Diciotto?
Sicuramente le tue faccende riguarderanno il tuo fidanzato, che credevi l’amore
della tua vita, o le tue amiche del cuore. Possono essere importanti in questo
momento ma c’è di peggio” le fece notare ironico.
Albus
odiava le persone che si compativano, senza tirare fuori un po’ di amor
proprio; Tyra dovette intuire qualcosa “Sto cercando mia madre” gli disse
controvoglia, infilando le mani nelle tasche. Perché i suoi tratti davano
sempre l’idea di un carattere angelico?
“Se
non altro sei originale” fece l’altro alzandosi a sua volta e scrollandosi i
pantaloni con la mano libera.
Tyra
rimase di sasso: si aspettava un po’ di considerazione in più, per questo aveva
ammesso la verità tra i denti. Invece quell’Albus sembrava più interessato a
capire come tenere in equilibrio la sigaretta tra tre dita nel modo più
complicato possibile. Avrebbe fatto meglio a tacere. Però forse nascondeva
anche lui qualcosa: “Qual è la tua storia?” gli domandò.
Albus
scrollò le spalle “Un normale quindicenne che vede le cose in prospettiva. Ho
una famiglia che mi vuole bene e sono convinto che ce l’abbia anche tu, non
sembri una disadattata” concesse con un sorriso “e, se non ce l’hai, hai degli
amici o qualcuno che si prende cura di te. Le cose che cerchiamo non sono così
difficili da trovare.”
“Dovrei
accontentarmi di ciò che ho?” Gli chiese, alzando la voce.
“Tenerlo
presente, non accontentarsi” precisò quello strano ragazzo passandosi una mano
tra i capelli “Londra è grande, puoi seguire la tua strada. Però devi fissare
dei paletti, per non andare fuori strada.”
Tyra
si fermò a riflettere su dove stesse decidendo di andare: la ricerca ossessiva
di sua madre che aveva svolto nell’ultima settimana non poteva essere portata
avanti e dunque aveva rinunciato. Quale sarebbe stato il passo successivo? Era
andata avanti spinta per inerzia per qualche giorno e si era ritrovata con una
carta d’identità falsa in un pub malandato e malfamato, per cercare un lavoro.
“Anche se mi lasciassi tutto alle spalle?”
“Devi
valutare se ciò che perdi è davvero di meno di ciò che acquisti” Albus fece una
pausa, poi commentò facendo schioccare la lingua “Questo discorso è troppo
profondo.”
Tyra
gli sorrise per la prima volta e incrociò i suoi occhi: si accorse che erano
verdi, quel verde che assumevano i prati dalle sue parti dopo un acquazzone.
“Devi essere proprio convinto di ciò che dici, per dirlo con questa
naturalezza.”
Il
batterista scrollò le spalle “Vogliamo tutti troppo: si potrebbe cercare di più
ma senza disprezzare ciò che abbiamo.”
Tyra
pensò a sua zia, che la stava ospitando lì a Londra, ai suoi silenzi, ai suoi
pasti e alla vecchia camera di suo figlio che aveva prontamente allestito per
la nipote. La zia Careen non faceva troppe domande,
riuscendo comunque a farle sentire la sua vicinanza: se fosse tornata indietro,
Tyra avrebbe comunque scelto di chiedere ospitalità a lei. E suo padre aveva
accettato di mandarla a Londra: ultimamente la ragazza pensava fosse un modo
per liberarsi di lei ma forse lo aveva fatto per un altro motivo. Forse l’aveva
capita più di quanto lei non aveva immaginato e le aveva offerto un modo per
allontanarsi da un luogo con ricordi troppo dolorosi. “Forse dovremmo provarci”
“Non
sei la ragazza così stupida che credevo” le concesse Albus, offrendole la
sigaretta ancora accesa. Tyra la accettò, aspirando il fumo e soffiandoglielo
in faccia. L’altro le soffiò contro a sua volta, gonfiando le gote: “devo
tornare dentro. Ci vediamo dopo.” La salutò così.
“Ciao,
batterista” Lo salutò lei, rigirandosi ancora la sigaretta tra le dita.
Quella
conversazione aveva decisamente contribuito a renderla incerta: da una parte
pensava ancora a sua madre e a quanto fosse stata meschina con lei ma si
rendeva anche conto, solamente ora, che per quanto importante quello era solo
un tassello della sua vita, che ne aveva anche altri, altrettanto stabili.
Aveva suo padre, aveva la zia Careen. Loro valevano
almeno quanto la madre. E c’erano altre persone che le volevano bene, anche se
in modo meno profondo.
Sorrise
tra sé, mentre finiva la sigaretta. Magari quella sera non avrebbe fatto
preoccupare troppo la zia, tornando a casa prima del solito.
Quando
rientrò si accorse che il gruppo, di cui non sapeva nemmeno il nome, stava per
ricominciare a suonare. Albus stava battendo i piatti della batteria per avere
attenzione, mentre il ragazzo biondo sistemava il microfono. “Il nostro
batterista vuole assolutamente suonare questa canzone…
Quindi vi dovete adeguare!” Concluse il biondo, strappando una risata a tutti,
Albus compreso.
La
bacchetta che il ragazzo aveva in mano puntò per qualche istante su Tyra,
ancora vicino all’entrata, prima di essere lanciata in aria e ripresa. Fu
proprio lui a dare inizio allo spettacolo, accanendosi sulla batteria.
Tyra
aveva già sentito quella canzone, che passava abbastanza spesso in radio. La
sorprese quanto in effetti racchiudesse la conversazione che aveva appena
avuto: la zia avrebbe aspettato cinque minuti in più, decise accomodandosi su
uno sgabello.
Tell me baby what's your story
Where you come from
And where you wanna go this time
Tell me lover are you lonely
The thing we need is
Never all that hard to find
So
che ormai sarete arrivati in fondo quindi ve ne sarete accorti da soli ma qui
Albus è visto più come un babbano che come un mago, essendo l’incontro dal
punto di vista della ragazza. Ma tranquillizzatevi, non gli ho tolto i poteri:
rimane un affascinante maghetto (un po’ cresciuto
rispetto ai suoi 16 anni di questa one) nella storia
principale che trovate qui http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2651845&i=1
Teoricamente
però questo brano dovrebbe comunque capirsi anche senza averla letta, visto che
si tratta di un primo incontro.
Se
siete curiosi per quanto riguarda le canzoni, quella che Tyra sente per prima è
Rockstar dei Nickelback http://www.youtube.com/watch?v=HE2J_k7Rt0k
(passatemi l’averla fatta diventare una canzone originale del gruppo di Al e
Louis).
Per
l’ultima, per chi avesse dei dubbi, è Tell me baby
dei Red Hot Chili Peppers http://www.youtube.com/watch?v=BWyblTqAwp0
. So di aver dato significato solo a parti del testo e spero di non averlo
sminuito troppo, mi rendo conto di rischiare l’ira di qualcuno XD.
Se
volete contattarmi potete sempre aggiungermi su face book, trovate il link
nella pagina autrice.
Buon
Halloween!