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Autore: Lutea Eos    30/10/2014    1 recensioni
“Non ti farebbe sentire meglio aiutare uno sconosciuto?” Le chiese dopo una pausa osservandola.
“Perché dovrei farlo?”
“Non puoi sapere da chi arriverà l’aiuto. Per esempio, tu potresti essere disperata perché non riesci a suonare la batteria e io potrei aiutarti.” Dopo pochi istanti di silenzio e una bieca occhiata della ragazza, Albus riprese “Non è questo il problema però magari incontrerai qui fuori chi lo risolverà.”
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'La tela imperfetta'
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Tyra era arrivata a Peckham spinta dalla fama di quella zona di Londra. Aveva sentito che lì la polizia aveva parecchio lavoro da fare, con bande di ragazzini che facevano pratica, seguendo le orme di quelle degli adulti e aveva subito pensato che quello fosse il posto giusto per trovare un documento d’identità falso.

Quello era stato il primo passo verso una nuova vita: dopo avrebbe trovato un lavoro e con i soldi si sarebbe pagata una sistemazione, per non dover più stare da sua zia Careen. Non ci si poteva fidare delle persone: avrebbero potuto tradirti da un momento all’altro. Dunque non rimaneva altra scelta che una vita solitaria, con qualche amicizia superficiale o di convenienza: nulla di impegnativo.

Tyra si era autoimposta questa strada quando sua madre, non fornendo nessuna spiegazione ma allontanandosi nel cuore della notte, aveva abbandonato lei e suo padre senza una parola e senza nemmeno cercare di contattarla dopo quasi un mese. All’inizio aveva incolpato l’uomo di tutto, accusandolo di non aver nemmeno cercato di fermarla, e si era trasferita, dal piccolo paese in cui abitavano, a Londra, a casa di sua zia. Aveva cercato più volte di parlare con sua madre ma qualsiasi tentativo era stato vano, dalle chiamate ai messaggi, mandati a tutte le ore: il suo cellulare risultava sempre spento. Questo finché, pochi giorni prima, il numero era stato disattivato. A quel punto aveva capito che era sua madre la prima a non volersi mettere in contatto con lei e si era sentita distrutta.

Da qui nasceva la sua determinazione nello spezzare i legami con chiunque e nell’essere indipendente. Conseguentemente, si trovava in uno dei pub della zona, per capire se avessero bisogno di personale di servizio. Era una bella presenza e una cameriera come lei, adeguatamente truccata, poteva risultare abbastanza attrattiva in un posto come quello, dove comunque tre quarti degli elementi maschili erano sbronzi o drogati.

Ma quella sera la proprietaria era troppo occupata per parlare con lei e le aveva detto malamente di tornare, per faccende non urgenti come la sua, durante la settimana: non certo il sabato o il venerdì. Poi se ne era andata sbraitando contro dei ragazzi, probabilmente componenti di qualche gruppo musicale.

Alla fine la ragazza aveva deciso di rimanere lo stesso, anche perché a quell’ora si sarebbe rifugiata in ogni caso in un locale di quel tipo: tutto, pur di passare meno tempo possibile a casa di sua zia. Non era particolarmente opprimente ma sentiva di non essere a casa sua.

Si era issata su uno degli alti sgabelli vicino al bancone e aveva ordinato una birra. Il liquido freddo aveva contribuito a calmarle i nervi, che con quel caldo tendevano a scattare senza un freno, dopo tutto quello che era successo. Sul palco improvvisato sul fondo del piccolo locale era salito un gruppo, probabilmente i ragazzi che aveva intravisto prima. Significava che, per quanto inflessibile potesse sembrare, la proprietaria aveva finito per non licenziarli, anche se era parsa sul punto di farlo.

I tre componenti della band iniziarono subito a suonare: cantavano quello che Tyra interpretò come un pezzo originale, visto che non l’aveva mai sentito. Non la emozionarono particolarmente ma apprezzò la voce del cantante, roca e potente, che non si lasciava sommergere dalla musica e la costringeva ad ascoltare le parole, riducendo la deriva dei suoi pensieri.

Prese un’altra birra e scambiò qualche parola con il barista. Sembrava particolarmente annoiato e in vena di conversazione, ma sul palco cominciarono una sequenza di pezzi particolarmente assordanti e l’uomo dovette desistere dai suoi tentativi di distrarsi. Tyra ringraziò silenziosamente quei tre ragazzi, che dovevano avere qualche anno più di lei. Il cantante era l’unico che riusciva a distinguere chiaramente e sicuramente non avrebbe avuto bisogno di una carta d’identità falsa per entrare in un pub come quello.

Dopo più di un’ora il gruppo annunciò una pausa e anche Tyra si alzò: il caldo era tornato ma non era ancora il momento per un nuovo alcolico, se voleva stare lì dentro fino a notte inoltrata. Passò nel piccolo cortile interno che aveva adocchiato dalla sua posizione e lo trovò abbastanza tranquillo. Un’occhiata più approfondita le rivelò mattonelle dissestate, grumi di terra dall’odore nauseante e mucchi di rifiuti: capì perché la maggior parte degli avventori scegliesse di sostare verso l’entrata principale, in strada.

Si sedette sul davanzale di una delle basse aperture del piano interrato, dove doveva esserci il magazzino del locale. Stava piuttosto scomoda, con le schiena tagliata dalla cornice del muro in mattoni che riprendeva a salire all’altezza delle sue spalle ma era meglio che rimanere da sola al bancone del pub, mentre il gruppo che suonava dal vivo faceva una pausa.

Davanti a lei si parò un ragazzo, all’aspetto più che ventenne, che riconobbe subito come il cantante della band. Le sue urla sguainate l’avevano aiutata, quindi gli sorrise amara, in parte riconoscente, tornando ad abbassare gli occhi. Quello le si sedette vicino, allungando le gambe.

“Pausa?” Chiese lei, anche se sapeva già la risposta. Il silenzio portava i pensieri che quella sera voleva evitare.

“Bisogna fumarsi qualcosa ogni tanto” Le rispose con la sua voce roca, tirando fuori un pacchetto di sigarette. Ne prese una e lo allungò verso di lei; Tyra non aveva mai fumato molto ma in quel momento le sembrò la cosa più giusta da fare. In fondo, a chi sarebbe importato? A sua madre? “È forte” la avvisò il ragazzo, mentre gliela accendeva.

Gli occhi di Tyra si riempirono di lacrime al primo tiro ma la ragazza non ne versò nemmeno una. Forse si stava abituando, forse poteva farcela da sola. Avrebbe potuto trovare un lavoro, tra poco avrebbe compiuto sedici anni, e Londra era una città grande, avrebbe trovato qualche amico disposto ad ospitarla per i primi tempi.

L’altro ragazzo tirò un basso fischio, per complimentarsi con lei. “Sei sola? Potremmo prenderci qualcosa dopo che abbiamo finito” Le propose.

Tyra lo fissò: era incredibilmente bello, con quegli occhi di ghiaccio e i corti capelli biondicci. Le fossette ai lati della bocca e le labbra sottili lo rendevano molto desiderabile. Ma lei non era proprio interessata a quello, adesso.

“Louis!” Li interruppe un ragazzetto moro, che doveva avere la sua età, mettendo la testa fuori dal locale “La proprietaria vorrebbe parlare con te” lo informò avvicinandosi.

Era un altro dei membri della band: a Tyra sembrava il batterista ma non ne era completamente certa, poiché le luci coprivano il suo viso durante l’esibizione.

“Che seccatura” proferì alzandosi e consegnando all’amico la sigaretta accesa “Al, convinci questa ragazza a prendere qualcosa con noi quando abbiamo finito. Lascio la situazione nelle tue incerte mani.”

Il ragazzo scosse la testa e anche l’oggetto tra le sue mani, usandolo come una bacchetta. Poi tornò a dare attenzione a Tyra, sempre con il sorriso sulle labbra “Piacere, Albus” Le disse tendendole la mano. Tyra gliela strinse, scandendo il suo nome.

Il batterista cercò di sedersi accanto a lei ma, dopo il secondo tentativo rinunciò, acciambellandosi a terra “Molto più comodo, non trovi?” Le fece notare guardandola da sotto in su.

Tyra soppesò la sporcizia delle piastrelle e scosse la testa.

“Allora ti unisci a noi dopo?” Proseguì quello noncurante.

“Non sono dell’umore” Rispose Tyra schietta.

“Non ti farebbe sentire meglio aiutare uno sconosciuto?” Le chiese dopo una pausa osservandola.

“Perché dovrei farlo?”

“Non puoi sapere da chi arriverà l’aiuto. Per esempio, tu potresti essere disperata perché non riesci a suonare la batteria e io potrei aiutarti.” Dopo pochi istanti di silenzio e una bieca occhiata della ragazza, Albus riprese “Non è questo il problema però magari incontrerai qui fuori chi lo risolverà.”

“Non credo” rispose Tyra, pensando che, se anche lì fuori avesse rivisto sua madre, un incontro fortuito non avrebbe risolto nulla.

“Dovresti farti ammirare, non compatire” Disse l’altro, aspirando dalla sigaretta che teneva ancora in mano. Ne seguì un violento accesso di tosse e un’imprecazione tra i denti.

“Non mi sembra di aver chiesto l’aiuto di qualcuno” ribatté Tyra stizzita. Come si permetteva, questo stupido batterista, di consigliarla su qualcosa di cui non era nemmeno al corrente?

“A me sembra che tu stia aspettando… Un intervento divino, mi sembra diciate. E immagino non ti dispiacerebbe se qualcuno venisse a consolarti.”

“Non pretendere di capire la mia situazione con una semplice occhiata!” Sbottò Tyra alzandosi.

L’altro inarcò un sopracciglio “Tutti hanno dei problemi. Tu quanti anni hai? Diciotto? Sicuramente le tue faccende riguarderanno il tuo fidanzato, che credevi l’amore della tua vita, o le tue amiche del cuore. Possono essere importanti in questo momento ma c’è di peggio” le fece notare ironico.

Albus odiava le persone che si compativano, senza tirare fuori un po’ di amor proprio; Tyra dovette intuire qualcosa “Sto cercando mia madre” gli disse controvoglia, infilando le mani nelle tasche. Perché i suoi tratti davano sempre l’idea di un carattere angelico?

“Se non altro sei originale” fece l’altro alzandosi a sua volta e scrollandosi i pantaloni con la mano libera.

Tyra rimase di sasso: si aspettava un po’ di considerazione in più, per questo aveva ammesso la verità tra i denti. Invece quell’Albus sembrava più interessato a capire come tenere in equilibrio la sigaretta tra tre dita nel modo più complicato possibile. Avrebbe fatto meglio a tacere. Però forse nascondeva anche lui qualcosa: “Qual è la tua storia?” gli domandò.

Albus scrollò le spalle “Un normale quindicenne che vede le cose in prospettiva. Ho una famiglia che mi vuole bene e sono convinto che ce l’abbia anche tu, non sembri una disadattata” concesse con un sorriso “e, se non ce l’hai, hai degli amici o qualcuno che si prende cura di te. Le cose che cerchiamo non sono così difficili da trovare.”

“Dovrei accontentarmi di ciò che ho?” Gli chiese, alzando la voce.

“Tenerlo presente, non accontentarsi” precisò quello strano ragazzo passandosi una mano tra i capelli “Londra è grande, puoi seguire la tua strada. Però devi fissare dei paletti, per non andare fuori strada.”

Tyra si fermò a riflettere su dove stesse decidendo di andare: la ricerca ossessiva di sua madre che aveva svolto nell’ultima settimana non poteva essere portata avanti e dunque aveva rinunciato. Quale sarebbe stato il passo successivo? Era andata avanti spinta per inerzia per qualche giorno e si era ritrovata con una carta d’identità falsa in un pub malandato e malfamato, per cercare un lavoro. “Anche se mi lasciassi tutto alle spalle?”

“Devi valutare se ciò che perdi è davvero di meno di ciò che acquisti” Albus fece una pausa, poi commentò facendo schioccare la lingua “Questo discorso è troppo profondo.”

Tyra gli sorrise per la prima volta e incrociò i suoi occhi: si accorse che erano verdi, quel verde che assumevano i prati dalle sue parti dopo un acquazzone. “Devi essere proprio convinto di ciò che dici, per dirlo con questa naturalezza.”

Il batterista scrollò le spalle “Vogliamo tutti troppo: si potrebbe cercare di più ma senza disprezzare ciò che abbiamo.”

Tyra pensò a sua zia, che la stava ospitando lì a Londra, ai suoi silenzi, ai suoi pasti e alla vecchia camera di suo figlio che aveva prontamente allestito per la nipote. La zia Careen non faceva troppe domande, riuscendo comunque a farle sentire la sua vicinanza: se fosse tornata indietro, Tyra avrebbe comunque scelto di chiedere ospitalità a lei. E suo padre aveva accettato di mandarla a Londra: ultimamente la ragazza pensava fosse un modo per liberarsi di lei ma forse lo aveva fatto per un altro motivo. Forse l’aveva capita più di quanto lei non aveva immaginato e le aveva offerto un modo per allontanarsi da un luogo con ricordi troppo dolorosi. “Forse dovremmo provarci”

“Non sei la ragazza così stupida che credevo” le concesse Albus, offrendole la sigaretta ancora accesa. Tyra la accettò, aspirando il fumo e soffiandoglielo in faccia. L’altro le soffiò contro a sua volta, gonfiando le gote: “devo tornare dentro. Ci vediamo dopo.” La salutò così.

“Ciao, batterista” Lo salutò lei, rigirandosi ancora la sigaretta tra le dita.

Quella conversazione aveva decisamente contribuito a renderla incerta: da una parte pensava ancora a sua madre e a quanto fosse stata meschina con lei ma si rendeva anche conto, solamente ora, che per quanto importante quello era solo un tassello della sua vita, che ne aveva anche altri, altrettanto stabili. Aveva suo padre, aveva la zia Careen. Loro valevano almeno quanto la madre. E c’erano altre persone che le volevano bene, anche se in modo meno profondo.

Sorrise tra sé, mentre finiva la sigaretta. Magari quella sera non avrebbe fatto preoccupare troppo la zia, tornando a casa prima del solito.

Quando rientrò si accorse che il gruppo, di cui non sapeva nemmeno il nome, stava per ricominciare a suonare. Albus stava battendo i piatti della batteria per avere attenzione, mentre il ragazzo biondo sistemava il microfono. “Il nostro batterista vuole assolutamente suonare questa canzone… Quindi vi dovete adeguare!” Concluse il biondo, strappando una risata a tutti, Albus compreso.

La bacchetta che il ragazzo aveva in mano puntò per qualche istante su Tyra, ancora vicino all’entrata, prima di essere lanciata in aria e ripresa. Fu proprio lui a dare inizio allo spettacolo, accanendosi sulla batteria.

Tyra aveva già sentito quella canzone, che passava abbastanza spesso in radio. La sorprese quanto in effetti racchiudesse la conversazione che aveva appena avuto: la zia avrebbe aspettato cinque minuti in più, decise accomodandosi su uno sgabello.

 

Tell me baby what's your story
Where you come from
And where you wanna go this time
Tell me lover are you lonely
The thing we need is
Never all that hard to find

 

 

 

So che ormai sarete arrivati in fondo quindi ve ne sarete accorti da soli ma qui Albus è visto più come un babbano che come un mago, essendo l’incontro dal punto di vista della ragazza. Ma tranquillizzatevi, non gli ho tolto i poteri: rimane un affascinante maghetto (un po’ cresciuto rispetto ai suoi 16 anni di questa one) nella storia principale che trovate qui  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2651845&i=1

Teoricamente però questo brano dovrebbe comunque capirsi anche senza averla letta, visto che si tratta di un primo incontro.

Se siete curiosi per quanto riguarda le canzoni, quella che Tyra sente per prima è Rockstar dei Nickelback http://www.youtube.com/watch?v=HE2J_k7Rt0k (passatemi l’averla fatta diventare una canzone originale del gruppo di Al e Louis).

Per l’ultima, per chi avesse dei dubbi, è Tell me baby dei Red Hot Chili Peppers http://www.youtube.com/watch?v=BWyblTqAwp0 . So di aver dato significato solo a parti del testo e spero di non averlo sminuito troppo, mi rendo conto di rischiare l’ira di qualcuno XD.

 

Se volete contattarmi potete sempre aggiungermi su face book, trovate il link nella pagina autrice.

 

Buon Halloween!

 

 

   
 
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