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Autore: Dragon_Flame    31/10/2014    2 recensioni
Firenze, luglio 2013.
La vita di Lidia Draghi, adolescente alle prese con l'ultima estate prima degli esami e con la fine di una relazione sofferta, prende una svolta inaspettata nell'incontro con Ivan Castellucci, padre di Emma, che deve affrontare un difficile divorzio.
Una strana alchimia li lega e la certezza di aver trovato la propria metà si fa pian piano strada nei loro cuori. L'unico problema sta nella loro differenza d'età: vent'anni. Lidia ha diciott'anni, Ivan trentotto. Aggiungiamo poi una madre impicciona, un ex-ragazzo pedante, un fratello inopportuno e pseudo ninfomane, un'ex-moglie inacidita che cerca di strappare a Ivan la loro unica figlia e mixate il tutto.
Mille difficoltà ostacoleranno la relazione segreta fra i due protagonisti, ma il loro sentimento sarà più forte del destino che sembra contrario al loro amore?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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22.



 

I due fidanzati ripartirono da Livorno alle dieci e mezza, decidendo di andare prima a casa dell'uomo per asciugarsi i vestiti e riscaldarsi, dato che al loro ritorno erano arrivati completamente zuppi di pioggia.

"Sei sicuro che nessuno ci possa scoprire?" domandò Lidia con aria preoccupata.

"Sta' tranquilla, Emma è a scuola e Alessia rimane fuori per tutto il giorno con Giacomo. Ha preferito sparire per oggi, dato che altrimenti Emma l'avrebbe obbligata a partecipare alla cena con tanto di torta e candeline che organizziamo ogni volta che c'è un compleanno, che sia mio o della mia bambina" la rassicurò Ivan, cingendole protettivamente le spalle con un braccio ed invitandola ad entrare nella casa.

Si sedettero sul divano del salotto. Lo sguardo castano di Ivan si levò pensoso sugli abiti della compagna, scervellandosi per trovare un modo veloce per asciugare il suo cappotto. Accese quindi la stufa a pellett del salottino attiguo alle camere, che fungeva praticamente da locale in cui i coniugi Castellucci conservavano tutti i documenti personali e della figlia e relativi alle loro proprietà, ai conti correnti e altro ancora. Posò su una sedia lì davanti il cappotto della ragazza, in modo da lasciarlo asciugare alla forte aria calda che la stufa emetteva.

"Che ne dici di farti una doccia? Almeno ti levi di dosso la sensazione di freddo" propose poi a Lidia, che accettò di buon grado.

Un sorrisetto tremendo arricciò le labbra vermiglie della castana.

"Che hai in mente?" indagò l'uomo, mettendosi sulla difensiva e osservando preoccupato l'espressione indecifrabile della giovane.

"Pensavo che potresti togliermi la sensazione di freddo in un altro modo" rispose, ridendo poi sotto i baffi per il sottile doppiosenso.

Ivan arrossì istantaneamente al pensiero di ciò che lei intendeva, ma poi si fece serio, corrugando le sopracciglia scure.

"Lidia, io credo che per noi sia ancora troppo presto. Non possiamo compiere un passo così importante dopo così pochi mesi di conoscenza."

Anche la ragazza assunse un'espressione severa.

"Ivan, ci conosciamo da quasi quattro mesi, ormai! Oggi mi hai pure chiesto di diventare la tua fidanzata! E ci sono coppie che esplorano la loro intesa fisica anche subito... Perché tu invece non vuoi?" sbottò.

L'uomo sospirò.

"Non è che io non voglia. Anzi, non sai quanto vorrei... Ti desidero, Lidia. Ti desidero da morire. Ma perché, invece di andare di fretta, prima non ci conosciamo fisicamente in modo diverso? In fondo, io sono molto più grande di te. Ho un modo diverso di fare l'amore, un modo che deriva da un'esperienza differente, da un'età differente. Tu sei giovane e hai avuto un fidanzato di poco più grande di te. Non sei molto esperta. Dobbiamo conciliare due maniere differenti di vivere una relazione fisica. Una maniera da ventenne ed una da quarantenne. Potrebbe essere semplice, così come ciò potrebbe dimostrare che non siamo proprio compatibili come finora sembra. E' per questo che sono restio a compiere un passo così importante."

Lidia arrossì violentemente a quelle parole. Ivan credeva che lei avesse già avuto esperienze con Roberto... e invece era ancora illibata. Come poteva dirglielo? Si sarebbe fatto sicuramente qualche film mentale. Non sapeva che reazione aspettarsi da un uomo come lui, che aveva sempre da ridire in qualsiasi situazione. Decise che gliene avrebbe parlato un'altra volta.

"Che c'é? Ti senti poco bene, Lilli? Sei paonazza..." si preoccupò subito il moro.

Le afferrò la mano e gliela strinse fortemente tra le proprie, improvvisamente ansioso. La ragazza si impose di far fluire via quel pensiero imbarazzante e assunse nuovamente un colorito normale, tranquillizzando l'uomo con poche parole.

"Non è nulla, Ivan... ho solo avuto un leggero capogiro, ma ora è passato tutto."

"Un capogiro non ti fa arrossire così violentemente. Che ti senti?"

"Nulla, tranquillo... forse si è trattato di una reazione del mio corpo. Sento freddo..."

"Allora seguimi: devi subito andare a farti una doccia calda, altrimenti rischi di ammalarti" la incitò il moro, afferrandole il polso con decisione e delicatezza e conducendola gentilmente con sé nel bagno.

Una volta che l'ebbe fatta entrare, fece l'atto di andare a tirare l'acqua calda per la doccia, ma fu fermato dalla mano di lei. Lui posò uno sguardo stupito sulla ragazza e la vide scuotere la testa con un sorriso divertito.

"Non c'è bisogno di farmi una doccia. Posso tranquillamente asciugarmi e stare un po' al caldo... la mia salute non è così fragile" gli disse, persuadendolo a rinunciare.

"D'accordo" concesse lui con uno sbuffo, andando poi a cercare degli asciugamani ed un phon per permetterle di asciugarsi.

Iva uscì dalla stanza alla ricerca di ciò che gli serviva, lasciando Lidia da sola nel bagno. La ragazza ne approfittò per togliersi di dosso gli indumenti gelidi ed appesantiti dall'acqua, rimanendo in intimo. Stava per sganciarsi il reggiseno, quando l'improvvisa comparsa dell'uomo sulla porta la fece sobbalzare. Lui si arrestò di colpo sulla soglia della porta, osservandola ammutolito. Lei trattenne il respiro, mordendosi le labbra con il canino mentre si rimproverava mentalmente. Non era sua intenzione spogliarsi davanti a lui, ma aveva freddo e voleva liberarsi in fretta di quegli abiti gelidi e bagnati che aveva indosso. Facendo ciò, si era dimenticata che Ivan stava tornando da lei.

Avvertì il suo sguardo accarezzarle la pelle con una piacevole, totale attenzione. Arrossì più intensamente sotto quell'esame minuzioso.

L'avrebbe trovata brutta? Cosa avrebbe pensato di lei? Che era troppo magra, o troppo prospera in certi punti del corpo... magari troppo sproporzionata? Lei si vedeva carina, ma non abbastanza da mozzare il fiato di un uomo. Temeva di non essere abbastanza per lui, il primo partner a cui aveva intenzione di concedersi. Perché anche Roberto l'aveva vista in intimo e in bikini, ma mai era riuscito a farla sua come era sua intenzione. Lidia temeva di non piacere ad Ivan, di leggere nei suoi occhi la delusione di un'aspettativa infranta malamente, un affievolimento del suo interesse per lei. Aveva paura di sentirsi rifiutata o di non valere abbastanza per lui. Era insicura e fragile, così vulnerabile ed incerta su tale questione che il cuore le tremava nel petto.

"Scusami..." si giustificò, portando entrambe le mani al volto per schermare l'arrossimento improvviso delle guance e la smorfia che le distorceva le belle labbra rosse. "Ho freddo e perciò mi sono spogliata, ma mi sono dimenticata che stavi tornando qui e che mi avresti potuta vedere seminuda..."

O anche senza nulla addosso, aggiunse la sua vocina interiore con sarcasmo.

Ivan rimase in silenzio sulla porta, osservando con ammirazione il corpo di Lidia. Era veramente una bella ragazza, magra ma con un corpo proporzionato e delle forme morbide e abbastanza prospere. La linea dei fianchi era armoniosa, le gambe affusolate, il punto vita sottile, il petto fiorente. La sua pelle era chiara, quasi diafana, e appariva così levigata e soffice che l'uomo provò la fortissima tentazione di avvertire su di sé quel contatto bruciante, contro la sua pelle ispida di peli, e di poter accarezzare con lenta noncuranza quel fisico a suo modo perfetto, e di farlo suo.

Il desiderio si impadronì di lui, oscurando la ragione. Si era trattenuto fin troppo a lungo e il suo furioso desiderio, represso ormai da anni, divampò come una fiamma violentissima.

Ivan deglutì, posando frettolosamente sul ripiano della lavatrice gli asciugamani e il phon che aveva tra le braccia, avvicinadosi poi a passo lento a Lidia, che ricambiava con uno sguardo imbarazzato ed insicuro la sua espressione impenetrabile. Lui la sollevò tra le braccia, portandola con sé nella propria camera e posandola sul pesante piumone del letto. Lei rimase a guardarlo silenziosa mentre si toglieva frettolosamente gli abiti di dosso, improvvisamente ansiosa.

Che cosa aveva intenzione di fare? Ivan aveva detto anche poco prima che non intendeva fare subito l'amore con lei, che voleva conoscerla meglio. Perché quel cambiamento repentino, allora?

L'uomo si sfilò la camicia ancora bagnata e la canottiera, lasciandole scivolare a terra in un fruscio soffocato. Lidia tirò un sospiro meravigliato quando scorse i muscoli guizzanti del suo addome. Se li era immaginati tante volte, cercando di intuirne l'aspetto affascinante da sopra i vestiti sportivi che il moro aveva indosso quando faceva jogging o si riscaldava prima di una sessione di corsa. Poi Ivan si sfilò scarpe, calze e pantaloni scuri in pochi secondi, gratificando la ragazza con la visione disarmante del suo corpo asciutto e muscoloso.

Con un improvviso imbarazzo crescente Lidia si rese conto che era rimasto solo in boxer. E che al di sotto di essi cresceva, lento ed inesorabile, un turgore virile. La giovane deglutì, innervosita da quella situazione. L'uomo si sedette sul letto accanto a lei, sfiorandole le labbra con un bacio e cominciando ad accarezzarle il ventre piano, scendendo poi lungo il fianco destro.

"Sei meravigliosa..." sussurrò contro la sua pelle liscia, facendole venire i brividi per l'eccitazione e la gioia di sapere che lui la trovava bella, che si sentiva attratto da lei. "Mia dolcissima, stupenda, bellissima Lidia. Ti desidero da morire... ti desidero..."

La sua bocca scivolò lungo la linea della mascella di lei, andando poi a posarsi sul collo. Infine le labbra sottili di Ivan sfiorarono il primo, generoso rigonfiamento del seno, strappando a Lidia un gemito di piacere ed impazienza. Intanto la mano di Ivan esplorava il corpo di Lidia, andando ad accarezzare con lentezza snervante le sue gambe toniche, muovendosi poi verso l'interno coscia.

La ragazza pensò di essere arrivata fino al limite, di non poter più sopportare quel supplizio suadente. Voleva essere sua, subito, irrimediabilmente sua. Allargò istintivamente le gambe per invitarlo a toccarla proprio lì e si sporse in avanti per baciare la sua gola con febbrile piacere.

Ma quei movimenti spezzarono l'incanto del momento. L'uomo sbarrò gli occhi, rinsavendo come se fosse stato colpito da una secchiata d'acqua gelida. Si rese conto di ciò che stava per fare e si arrestò immediatamente, ritirandosi poi precipitosamente.

"Ivan..." lo chiamò la castana, confusa da quel fulmineo cambiamento. Posò su di lui uno sguardo disorientato.

L'uomo sospirò pesantemente, sollevandosi a sedere sul materasso mentre, afferrando il polso della ragazza con la sua solita presa delicata ma infrangibile, la invitava a fare altrettanto. Avvertì su di sé lo sguardo fisso ed insistente della giovane e decise di ricambiarlo, incrociando due iridi azzurre e gelide come il ghiaccio.

"Perdonami, Lidia" esordì, passando una mano tra gli scurissimi capelli scompigliati.

"Perché?" chiese lei semplicemente, lottando per sciogliere la morsa indissolubile sul proprio polso.

Dimenandosi, riuscì a liberarsi, poi, accigliata, si sedette a cavalcioni sulle gambe dell'uomo, prendendogli il volto tra le mani. Osservò per un lungo momento le sue iridi nocciola, poi nascose gli occhi celesti al di sotto delle palpebre orlate da ciglia nere e folte, posando la fronte nivea contro quella più abbronzata dell'uomo. Questi le cinse la vita con le braccia.

"Mi dispiace, Lidia. Mi sono lasciato trasportare dal desiderio... è da tanto tempo che non faccio più sesso. Non ho più avuto rapporti con nessuna da quando la mia relazione con Alessia è entrata in crisi. E da allora sono passati tre anni. Ho accumulato tre anni di frustrazione, desideri repressi, passione contenuta. Non sono più stato con nessuna, perché, anche se ero già separato in casa, non volevo abbassarmi al livello di mia moglie e farmi un'amante. Poi tu sei entrata nella mia vita e l'hai sconvolta. Hai riportato la felicità che mi mancava da tanto tempo." Le sorrise brevemente, accarezzandola dolcemente con lo sguardo. "Io ti desidero tantissimo, Lidia. Non sai neanche quanto io mi debba trattenere, mi debba frenare. Perché so che potrei essere rude, che non saprei controllarmi e ti potrei fare male. Per te sarebbe un'esperienza terribile, perché non faresti l'amore con il tuo compagno, ma sarebbe solo un rapporto sessuale veloce e non certo piacevole con un uomo frustrato che vuole solamente sfogarsi. Sarebbe sesso, non amore. Ti farei male. Perché alcuni uomini sono brutali. Io non sono mai stato così, ma potrei diventarlo, perché sono in astinenza da tre anni. E l'ultima cosa che potrei volere al mondo è farti vivere un'esperienza del genere. Io voglio fare l'amore con te, Lidia, ma solo dopo che avrò imparato a controllarmi. Ci devo andare piano."

"Quindi... prima hai reagito così perché volevi prendermi. Solo perché ero mezza nuda e ho stuzzicato la tua eccitazione" constatò la ragazza con un certo avvilimento.

S'immaginò per un momento come un oggetto da usare e gettare via appena non si rivelava più utile. Così si sentiva. Ivan stava per prenderla così, senza considerazione né rispetto. Se fosse andato oltre, chissà che dolore avrebbe provato. Lei era vergine e l'uomo avrebbe dovuto andarci piano. D'altra parte, però, non sapeva che era ancora illibata.

Una scintilla di indispettimento e collera si accese in lei, ma Lidia la represse. In fondo non l'aveva fatto apposta. Ed era riuscito a trattenersi, nonostante lei lo avesse perfino incoraggiato ad approfittare dell'occasione. Però si sentiva in qualche modo umiliata. Lui l'aveva osservata a lungo, l'aveva soppesata e giudicata in tutti i difetti e le qualità del suo corpo e infine l'aveva presa tra le braccia e se l'era quasi portata a letto, mormorandole parole rassicuranti all'orecchio. Ma erano vere, quelle parole? O solo menzogne sussurrate a quella che poteva essere la compagna di un rapporto sessuale veloce e concitato? Lui le aveva detto quelle parole perché le pensava o perché gli era venuto spontaneo pronunciarle, senza realmente credere a ciò che diceva? Lidia non sapeva cosa pensare. Decise che non le importava. Ivan era sempre stato sincero con lei: che senso avrebbe avuto mentirle? No, ciò che le aveva detto lo pensava davvero. Lui la trovava davvero bella e desiderabile. E ciò le donò una nuova gioia, una più ferrea sicurezza.

"Ho lasciato che il mio lato più istintivo soverchiasse il mio autocontrollo. Ma non accadrà mai più. Te lo prometto" sussurrò lui al suo orecchio, posandole poi un bacio sulla guancia.

"Non m'importa, Ivan. Non m'importa nulla di ciò che stavi per fare. E ti perdono. Adesso però voglio soltanto una cosa da te."

"Che cosa?" le domandò il moro, afferrandola per la vita con le forti, grandi mani e spostandola scherzosamente sul materasso, sovrastandola poi con il proprio corpo robusto e vigoroso.

Lui le piantò negli occhi azzurri uno sguardo triste ed ironico.

"Voglio soltanto che mi abbracci, che mi tieni stretta a te..." mormorò Lidia.

Ivan si fece immediatamente serio, abbandonando la sua tipica espressione sarcastica. L'accontentò, accoccolandosi fianco a fianco con il corpo affusolato della sua compagna, avvolgendola in un tenero abbraccio. Le schioccò un rapido bacio sulla punta del naso greco, poi lei si raggomitolò, aderendo al suo corpo. Gli lanciò un'occhiata intenerita, poi ridacchiò, sfoderando un sorriso radioso.

"Te l'ho già detto che ti amo?" indagò lui con uno scherzoso cipiglio.

"Almeno una volta questa mattina" ridacchiò la giovane.

Ivan le sfiorò il fianco, senza smettere di guardarla negli occhi. Lidia posò una mano su quella dell'uomo, incoraggiandolo ad accarezzarla. Poi se la portò al petto, lasciandola riposare proprio sul punto in cui il suo giovane cuore batteva all'impazzata.

"Senti? Il mio cuore pulsa così veloce... solamente per te" aggiunse la ragazza con una certa ironia. "E tutto ciò solamente perché ti amo."

"Lidia..." la chiamò l'uomo, ma fu messo a tacere dalle labbra insistenti di lei.

Le loro lingue si incontrarono, le loro mani percorsero i loro corpi con lento e snervante desiderio, conoscendosi più intimamente. Dopo qualche minuto i due si arrestarono, sudati e sospiranti.

"Meglio finirla qui, altrimenti non credo che sarò capace di contenermi" osservò Ivan con un certo rammarico.

Era insoddisfatto e frustrato e sapeva che la ragazza provava altrettante sensazioni.

"Be', almeno questi... movimenti - chiamiamoli così - mi hanno fatto passare il freddo" replicò Lidia, provocando la loro lieta risata e smorzando la tensione che l'insoddisfazione dei desideri di entrambi aveva creato.

All'una meno dieci Lidia ed Ivan si separarono con grande tristezza, serbando nel cuore i dolci, felici ricordi di quella mattinata sconvolgente in riva al mare, con una cupa tempesta che incombeva su di loro mentre si dichiaravano il proprio reciproco sentimento d'amore, e nella casa di Ivan, dove avevano assaporato i primi, felici, seppur imbarazzati e tesi, momenti di intimità insieme.


 

***


 

Lidia canticchiava assorta le note di 'Shadow Of The Day', una romantica ballata cantata dalla voce dolce e travolgente di Chester Bennington dei Linkin Park, mentre il suo sguardo saettava continuamente dalla pagina del libro aperto che giaceva proprio sotto il suo volto a un qualsiasi punto indefinito della camera. Eva, che se ne stava stesa sul suo letto a ripassare storia per l'interrogazione del giorno dopo, gemette per l'irritazione, voltandosi poi verso la sorella maggiore.

"Si può sapere che cavolo hai da canticchiare sempre le stesse note? E' tutt'oggi che te le sento ripetere! Ti si è incantato il disco, per caso?" l'aggredì con voce alterata.

Lidia sembrò riscuotersi dalle riflessioni in cui pareva essersi persa e si girò lentamente verso la minore, sorridendole poi con un'espressione di scusa.

"Perdonami, ma oggi non ci sono proprio con la testa... sono distratta" mormorò.

"Questo l'avevo notato da sola. Non sei distratta, Lilli, sei proprio assente. Ci sei, ma è come se non ci fossi. Che è successo oggi di così tanto bello da sconvolgerti in questo modo?"

"E chi ti dice che non mi possa essere successo qualcosa di brutto?" la rimbeccò la primogenita, mettendosi sulla difensiva.

"Me lo dice il fatto che stai ripetendo dal dopo pranzo le note di 'Shadow Of The Day'. E tu canti quella canzone solo quando sei felice o comunque allegra o spensierata. E poi mi accorgo dal tuo sorriso idiota che sei contenta" le fece notare Eva, negli occhi un luccichìo curioso. "Avanti, che ti è accaduto di così interessante?"

Con un gesto infastidito, la maggiore delle sorelle Draghi sbuffò, guardandola con aria di sufficienza.

"Tu credi davvero che io non possa essere contenta anche per altri motivi?"

"Sicuramente non sei contenta per il fatto che stai studiando fisica. Eddài, io ti racconto sempre tutto!"

"Non è colpa mia se tu vai a spifferare i tuoi fatti privati con familiari, amici e qualsiasi altra persona esistente su questo pianeta."

"Oggi non ti ho vista a scuola... nemmeno a ricreazione" la interruppe la minore ad un certo punto, cambiando bruscamente argomento.

"Sono rimasta in classe mia" azzardò Lidia, sentendosi messa alle strette dalla sorella.

"Ho incontrato i tuoi amici, però" continuò imperterrita Eva, infastidita dall'interruzione della diciottenne. "Aurelia si stava lamentando perché tu oggi non sei venuta a scuola e dovevi consegnarle gli appunti per storia, perché domani è interrogata e lei non sa nemmeno cosa c'è da studiare. Si è sfogata con me."

In quell'istante Lidia sudò freddo. Era stata scoperta.

"Dove sei andata, Lidia? E con chi eri? Con Céline, che era assente come te?" le domandò la quindicenne con tono pacato ma inquisitore.

Ma questa qui non sa farsi i cazzi propri?, pensò la sua interlocutrice mentre si scervellava per trovare un modo per uscire da quella situazione alquanto spinosa. Ed Enrico non mi ha parato il culo a dovere! Dopo gliela faccio pagare.

"Ehm... Sono... sono stata a casa di Céline per un'oretta: lei non è venuta a scuola perché non si sentiva bene. Poi... poi, be', sono andata... sono stata... in giro... giro per Firenze!" balbettò stentatamente la ragazza, pronunciando con troppa enfasi le ultime tre parole.

Si maledisse in silenzio, ordinando a se stessa di non far trapelare la propria tensione ed insicurezza.

"E che cosa avresti fatto in giro per la città, per quattro ore?"

Eva osservava fissamente la sorella con i vispi occhi castani da sotto le sopracciglia aggrottate. Era scettica.

"Be'... che ho fatto...? Boh... cioé ...sì, insomma, non volevo... entrare a scuola alla terza ora e ho... ho mandato un messaggio ad Enrico per coprirmi. Sono andata... alla biblioteca. Sì, alla biblioteca! La settimana prossima ho un compito di fisica e ancora non ho capito la metà degli argomenti. Quindi... ho deciso di entrare nella biblioteca vicina al liceo e ho studiato fisica per un po', anche se con scarso successo - sai che odio la materia, così come la matematica e la professoressa arpia che me le insegna. E poi... sono tornata... davanti all'istituto e ho atteso che la campanella dell'ultima suonasse per tornare a casa con Enri."

Lidia era diventata ben più logorroica di prima, ma quest'improvvisa sicurezza che aveva messo nelle parole, insieme ad una scusa che poteva risultare abbastanza convincente alla sorella minore - in quel momento la maggiore stava proprio ripassando fisica -, le permise di eludere ulteriori domande di Eva, che accettò quella versione con un'alzata di spalle. Poi la quindicenne tornò ad accoccolarsi sul proprio letto, ripetendo a voce alta gli argomenti di storia in cui sarebbe stata interrogata alla prima ora del mattino seguente.

Lidia però non aveva ancora finito di parlare. Ancora voltata verso la sorella minore, la osservò con uno sguardo preoccupato, accigliata, chiamandola poi per nome.

"Eva."

La quindicenne interpellata girò la testa verso la castana, con un'espressione attenta e curiosa dipinta sui lesti occhi castani.

"Dimmi."

"Non dire alla mamma che ho marinato la scuola" l'implorò la sorella con un profondo sospiro.

Un sorriso tremendo comparve sul volto paffuto della minore.

"Solo ad una condizione."

Lidia aguzzò l'udito, curiosa di conoscere le intenzioni fraterne. Con un cenno del capo invitò l'altra a continuare.

"Io starò zitta con i genitori solamente se tu domani mi copri le spalle. Voglio bigiare. Non sono pronta per l'interrogazione di storia" piagnucolò la ragazzina, mentre un broncio compariva sul suo viso, distorcendolo in un'espressione buffissima.

"Affare fatto, Eva" concesse di buon grado Lidia, sorridendole con aria d'intesa nelle iridi azzurre.

"Das ist ganz toll!°" esclamò la sorella più giovane rallegrata. "Me la scrivi tu la giustificazione, vero? Io non sono capace a ricalcare le firme di mamma o papà."

"D'accordo, provvederò."

Quindi Eva osservò per un momento il pesante tomo grigio di storia che teneva aperto fra le mani, chiudendolo di colpo e lanciandolo in fondo al proprio letto con uno sbadiglio soddisfatto, mentre la sorella, ridendo divertita, la guardava rilassarsi sul materasso, stiracchiandosi e chiudendo gli occhi per farsi un sonnellino pomeridiano mentre si rannicchiava in posizione fetale.

Solo quando Eva fu profondamente assopita Lidia si permise un lungo sospiro di sollievo, ancora grondante di sudore e lievemente tremante di terrore.

Per fortuna sono riuscita a tenerla buona. La prossima volta, però, dovrò fare attenzione, perché io e Ivan rischiamo seriamente di essere scoperti se non teniamo alta la guardia.


 

***


 

"Lilì, mi racconti come è andata giovedì?" le domandò da dietro le spalle Enrico, facendole quasi prendere un colpo.

"Enrico!" lo ammonì Lidia, alzando la voce per lo spavento e per lo scontroso cipiglio che aveva subitaneamente distorto i suoi lineamenti delicati.

"Che c'è, ti è tornato il ciclo?" sghignazzò il ragazzo, abbracciandola rapidamente con un braccio per poi camminare accanto a lei, diretto verso la classe.

I due liceali stavano percorrendo l'ultimo corridoio prima della loro aula, entrambi in procinto di affrontare quell'ultima, faticosissima giornata di scuola prima dell'inizio del weekend.

"No, sta' tranquillo. Non voglio che mi torni così presto." La giovane tacque per un istante, incrociando le braccia sul petto. "E comunque mi ha spaventata, scemo."

Quindi gli scoccò un'occhiataccia inceneritrice, affrettando il passo fino a correre verso la classe quando intravide l'inquietante figura del truce professore della prima ora, alias Alberto Marzi, seguita a ruota dal compagno di classe.

Una volta entrata nell'aula, salutò frettolosamente gli amici, ricevendo uno sguardo indignato e collerico da parte di Aurelia, che aveva un buon motivo per essere adirata con la compagna di banco che il giorno prima non aveva mantenuto una promessa, evitando di presentarsi a scuola. Quindi il silenzio scese nella classe, lasciando il posto alla soporifera lezione che i venticinque alunni si dovettero sorbire.

A ricreazione il solito gruppetto, con ancora l'aggiunta di Heydar Lotfollahi della quinta linguistico e di Valentina Conti della quinta scientifico, un'amica di Céline, Alessandra e Antonio, si riunì davanti alle macchinette delle merendine al piano del bar.

"Come mai Céline non c'é?" si azzardò a domandarle l'iraniano, tirandola leggermente in disparte rispetto al gruppo.

"Be', non sta tanto bene. Sai, noi donne abbiamo quei nostri cinque giorni al mese che sono proprio tremendi..."

Heydar tossicchiò imbarazzato a quell'allusione al ciclo.

"Scusami, avrei dovuto immaginarlo. Con due sorelle già sviluppate... E poi perdonami ancora, non dovevo farmi gli affari di Céline..." si giustificò goffamente, guadagnandosi un'occhiata incuriosita da Lidia.

"Perché t'interessa tanto?" indagò la ragazza, intrappolandolo con uno sguardo inquisitore dei gelidi occhi magnetici che lo lasciò indifeso.

Quando Lidia voleva ottenere qualcosa sapeva come fare. Heydar per lei era come un libro aperto e non le era stato difficile scovare il suo punto debole. Uno sguardo truce era abbastanza per far capitolare la sua debole ostinazione.

"Perché ieri non l'ho vista a scuola e neanche oggi..." balbettò il ragazzo, affrettandosi a togliere lo sguardo.

"Non intendo questo, Dar... Perché ti interessa tanto la mia amica?" insisté la castana in tono amichevole, rivolgendogli un sorriso molto più dolce rispetto allo sguardo torvo di poco prima. Percependo la sua indecisione, Lidia decise di azzardare una frase che, se fosse stata sentita da Céline, avrebbe provocato l'imbarazzo e l'ira incontrollata dell'assente. "Sai, Celia ti trova molto gentile nei suoi confronti. Ti interessi sempre a lei, sei cortese. Le sei simpatico."

"Davvero?"

Gli occhi ambrati di Heydar si accesero di una luce speranzosa.

"Posso confermartelo con sicurezza."

"Possiamo fare un giretto per la scuola? Devo parlarti urgentemente" la pregò l'iraniano.

"Ragazzi, noi andiamo un attimo in classe, torniamo subito" lo interruppe Lidia, rivolgendosi a tutto il gruppo.

Aurelia le lanciò un'occhiata curiosa e sbigottita, pensando che l'amica le avesse mentito e che tra i due ci fosse del tenero.

"Andiamo, dài" l'incoraggiò, dirigendosi con lui verso le scale per salire al piano superiore dell'antico edificio medievale.

Una volta che i due furono in classe, per fortuna vuota, si sistemarono alla finestra, appoggiati al termosifone, osservando fuori dei vetri opachi di umidità.

"Sai, Lilli... Io trovo Céline molto carina. E' da aprile scorso che la osservo con occhi diversi, ma non ci ho mai provato perché sapevo che era fidanzata. Poi ho saputo che si è lasciata con il suo ex-fidanzato, Diego Anceschi, e che è libera da legami sentimentali, perciò ho pensato di farmi avanti. Ma a volte la osservo e mi rendo conto che sembra triste, avvilita... io credo che sia ancora innamorata di lui. Non so se chiederle di uscire. Non vorrei ottenere un rifiuto. Soprattutto, non vorrei essere inopportuno" confessò il ragazzo.

La sua compagna di classe, contrariamente alla malinconia che trapelava dalle parole dell'iraniano, era ottimista e sorrideva rassicurante.

"Non temere, Heydar... E' vero, Céline non è proprio allegra come prima, ma non certamente perché è ancora triste per la fine della sua relazione con quel deficiente di Diego. Anzi, è anche contenta di questo, perché alla fine quello che sembrava il ragazzo perfetto si è rivelato uno stronzo e lei odia le persone che si comportano come ha fatto lui. All'inizio è stata triste e si è sentita ferita e adirata, ma adesso sta molto meglio. E' giù di morale perché suo nonno non sta molto bene... è stato ricoverato per un ictus qualche settimana fa e la riabilitazione è lunga e difficile per un anziano di ottant'anni e più. Comunque si sta riprendendo abbastanza in fretta. E lei tornerà la solita ragazza allegra ed esuberante di sempre."

"Oh, mi dispiace... non lo sapevo." Il ragazzo fece una pausa, pensieroso. "Quindi tu credi che io ci possa provare?" insistette Heydar, sentendo la speranza germogliare dentro di sé.

"Certo" e Lidia sorrise. "Anzi, approfitta del momento" aggiunse, cercando di dargli un incoraggiamento senza rivelare i sentimenti della sua migliore amica nei confronti del ragazzo.

In fondo, anche se le sembrava più che giusto rivelargli della cotta che Céline aveva per lui da circa due mesi, in modo da accelerare il loro reciproco corteggiamento, le aveva comunque promesso di non spifferare a nessuno di quel suo sentimento e perciò non lo fece, augurandosi solamente che quei due riuscissero a comunicarseli l'un l'altra in tempo per evitare possibili imprevisti. Non si poteva mai sapere. E poi quei due, secondo Lidia, formavano una così bella coppia che dovevano assolutamente mettersi insieme il prima possibile. Heydar, con quella sua elevata statura e gli occhi ambrati e timidi, pareva proprio la metà complementare di Céline, piccola e dinamica di corporatura e con scuri occhi esuberanti e vivaci.

"Grazie, Lilli! Questa chiacchierata mi è stata molto utile" la ringraziò l'iraniano, sbilanciandosi in avanti per abbracciarla con trasporto.

"Di nulla, Dar" replicò Lidia.

Tuttavia il buonumore dei due compagni di classe fu piegato dal suono tempestivo della campanella, che annunciò le tre restanti ore di lezione estenuante e noiosa.

"Cielo, adesso abbiamo educazione fisica" piagnucolò pateticamente la ragazza, affondando le dita tra i capelli per la disperazione.

"Dài, si tratta di due ore... passeranno in fretta. E poi con Dal Molino le ore di ginnastica sono sempre molto divertenti" cercò di tirarle su il morale il moro, strappandole nulla più di un sospiro rassegnato.

"Io comunque non ho voglia di farle oggi, queste due ore" commentò la ragazza, sedendosi al suo posto mentre Heydar si accomodava al proprio.

Pochi istanti dopo nella classe entrarono Francesca Letizia e Christof, seguiti poco dopo da altri compagni di classe, finché non entrarono anche i ragazzi del gruppo di amicizie di Lidia. Enrico le lanciò uno sguardo incuriosito e si sedette dietro a lei, passandole un foglio per farsi scrivere un breve riassunto della conversazione in privato avuta con Heydar. La ragazza si mise di buona lena a raccontargli in modo breve e sintetico ciò che stava succedendo tra Céline e l'iraniano e dei piccoli interventi che lei si era permessa di fare per agevolarli, ignorando le domande insistenti che Aurelia, seduta di banco accanto a lei, le rivolse.

La ragazza, per il suo bene, venne messa subitaneamente a tacere dall'arrivo del docente di Educazione Fisica, soprannominato affettuosamente 'er Mister' dai suoi alunni per via del suo bizzarro accento romanesco che stonava così strano con il suo cognome nordico, al secolo Lorenzo Dal Molino, che si guadagnò ancora una volta nella vita la più alta stima della sua alunna Lidia Draghi, finalmente al sicuro dalla curiosità mordace di Aurelia grazie al suo ingresso nella classe.




***


°E' proprio fantastico!





N.d.A.
Salve a tutti! :D
Innanzitutto, spero che non ci siano errori nel testo perché non ho potuto riguardarlo e l'ho dovuto pubblicare di fretta e furia. Secondo, mi auguro che i fatti del capitolo vi siano piaciuti, perché sinceramente mi era uscito difficilissimo scrivere questo nuovo testo. Lidia ed Ivan ora cominciano ad affrontare il lato carnale della loro storia, anche se l'uomo è restio a lasciarsi andare perché vuole che la ragazza viva l'esperienza come la più bella della sua vita. Poi ci si mette in mezzo pure Eva, che però è facilmente neutralizzata dalla sorella. Aurelia fraintende invece i sentimenti dell'amica e si potrebbero creare situazioni un po' imbarazzanti in futuro. Forse però, perché il capitolo devo ancora scriverlo xD
Infine, grazie a tutti coloro che hanno letto il capitolo e in particolar modo a chi ha recensito, ossia controcorrente e 9CRIS3 *-*
Mi fa piacere sapere che la storia interessa tante persone.
Bene, vi lascio qui... e buona giornata!
Alla prossima >_>


Flame

  
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