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Autore: Aura    31/10/2014    2 recensioni
“Aspetta un attimo, i bravi ragazzi non baciano così!”
“Fanno anche di più, cazzo”
(cit. Il diario di Bridget Jones)
Lexie ha solo ventidue anni, eppure ha ereditato una figlia. Ha chiuso le ambizioni di carriera e la sua giovinezza dentro a un cassetto, la sua vita gira intorno alla piccola Alanis: fa la commessa in una libreria e il suo momento di trasgressione settimanale è quando può avere il controllo del telecomando e gustarsi Dirty Dancing fantasticando su Johnny, il primo di una lunga lista di bad boy che le hanno rubato il cuore. Il suo nemico giurato? L'altezzoso maestro di Alanis, tale William Parker ribattezzato Testa di Corno, la classica persona che guarda tutti dall'alto in basso e che vuole sempre aver ragione, anche sull'educazione di sua nipote. O no? Comunque Lexie lo trova ridicolo e insopportabile, fuori moda ed esasperante nella sua ostinazione a volerla chiamare Miss Spencer, quasi per tenere le distanze da lei. O no?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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sconvolta


Nessun uomo è un'isola, completo in sé stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto.
(John Donne)







- Miss Spencer?

O cielo. È lui. Il signor Testa di Corno Parker.
- Ehm, ciao a tutti. Pam ha bisogno di una mano. - borbotto, battendo in ritirata.
Chiudo la porta della cucina e mi ci appoggio, prendendo un lungo sorso dalla bottiglia di birra che mi sono portata dietro.
- Che hai? - mi chiede Pam, ingenuamente.
- È qui. - mormoro, allucinata, - il signor Testa di Corno. È lui. Cazzo, il fratello di Scott è il signor TDC e io ho fatto una figura di merda incredibile!
Lei saggiamente mi prende la bottiglia di mano e l'appoggia al bancone della cucina, per evitare che mi ubriachi rendendomi ulteriormente più ridicola.
- Ora stai qui con me e mi aiuti, poi torneremo di là come se non fosse successo niente.
La adoro quando ha una soluzione a tutto, mi sento già più tranquilla e mi lavo le mani, pronta a eseguire i suoi ordini.
- Comunque non puoi non dire che ho una sfiga addosso allucinante. - borbotto, adagiando le verdure grigliate nel piatto da portata e cospargendole di olio e prezzemolo. - È il fratello di Scott, ti rendi conto?
Lei scuote la testa, incredula.
- Già, con tutte le persone che ci sono a New York è tragicomico che sia proprio lui. Comunque mi era parso di capire che il signor TDC fosse vecchio.
Scrollo le spalle,
- Non so dargli un'età. Perché, scusa, quanti anni ha? E a proposito, perché Paul e Scott hanno pensato di accoppiarmi a un vecchio?
Pam ride,
- Perché non è vecchio, ha solo ventisette anni!
- Oh, dall'alto dei vostri ventinove e trent'anni può sembrare giovane, ma per me è un tantinello grande.
Mi toglie di mano il sale prima che faccia qualche danno. - Ma piantala, Lexie, non sarebbe stato per niente troppo grande per te. Ma giustamente ora non se ne parla nemmeno.
- Non c'è neanche da chiederlo, ti pare?
Controlla la cottura del pollo e decreta che possiamo iniziare con l'antipasto, così prendo più vassoi possibile e lascio che mi faccia strada.
Vado quasi a sbattere contro il signor TDC, che pare diventare improvvisamente gentile.
- Lasci che l'aiuti, Miss Spencer. - dice, prendendomi uno dei vassoi.
Scott ride,
- Ti prego, Will: chiamala Lexie, non siete a scuola.
Paul viene in mio soccorso, prendendo anche l'altro.
- Ci ha appena detto che la ranocchietta è una sua alunna.
- Già. - dico secca, sperando che non abbia aggiunto anche quale pessima tutrice sia secondo lui. - Scott ha ragione, possiamo darci del tu, adesso.
Il signor TDC sembra soppesare la cosa, appoggia il vassoio sul tavolo e mi tende la mano.
- Giusto. William. - si presenta, con il suo solito tono che sembra venire da un altro secolo.
Gliela stringo, riluttante: tipico, niente diminutivi per lui.
- Lexie, e mi dispiace di non avere un nome più lungo. - dico, prima di girare intorno al tavolo e andare a sedermi al mio solito posto. Paul ride, probabilmente pensa che io abbia fatto una battuta, ma sono certa che il signor Parker avrà colto che ho preso nota del suo ridicolo mantenere le distanze: ok, ho capito chiaramente che cosa pensa di me, e se ci tiene tanto a fare lo stronzo che si accomodi, sono qui apposta.

- Pamela, - dice come-si-chiama, anzi, Gaby, - è un vero peccato che tu non possa assaggiare il vino che abbiamo portato, l'ha scelto Will: ha davvero un gusto formidabile.
Io, pur di andare controcorrente, faccio cenno a Paul di non riempirmi il bicchiere.
- Niente vino, grazie: preferisco continuare con la birra.
Ovviamente TDC e Gaby sembrano scandalizzati dal sacrilegio che è appena uscito dalle mie labbra.
- È un vino bianco del sud della Francia, - Will improvvisa una lezione per me, - ha un gusto molto delicato.
Io scrollo le spalle, contrariata di essere seduta proprio davanti a lui.
- Ma a me il vino non piace. - Faccio un sorriso tirato e ringrazio Paul per la birra che mi mette davanti.
Se Gaby già aveva delle perplessità su di me ora gliele ho confermate, perché inizia a sciorinare a Will una lista di sue amiche che sarebbero perfette per lui.
Colgo l'occasione per starmene un po' zitta a pensare ai fatti miei, e mi decido a osservare il mio commensale per capire se Pam ha ragione sulla sua età.
Effettivamente con quel maglione al posto della giacca e camicia con cui l'ho visto a scuola potrebbe anche passare per un ventisettenne, ma i sono i suoi modi a far pensare che in realtà sia più grande, forse anche più grande di Paul che non perde un'occasione per fare il cretino. Lui invece se ne sta lì, tutto impettito ad annuire a Gaby. E poi deve essere un gran sbruffone se mi ha trattata in quel modo a scuola e alla fine non ha nemmeno trent'anni, scommetto che le altre mamme hanno capito che è giovane e io sono stata la sua valvola di sfogo, oppure peggio ancora crede davvero di avere la scienza infusa in lui.
- Lexie, - mi chiama Paul, per tirarmi dentro alla conversazione, - ho preso quel libro che mi hai consigliato, non sembra niente male.
Gli sto facendo un sorriso soddisfatto mentre mando giù il mio involtino quando Gaby si intromette.
- Di che libro stiamo parlando?
Ah, già, lei è la massima esperta in qualsiasi cosa. Davvero, come un pezzo di pane come Scott riesca a sopportarla per me è ancora un mistero.
- Odissea d'argento. - dichiaro, pronta a sentire il suo parere che raramente è sulla stessa linea del mio. E infatti la vedo portarsi il tovagliolo alla bocca, come a voler coprire un sorriso che sarebbe ineducato tanto quanto il suo gesto.
- Oh, lo conosco molto bene, può essere godibile se non conosci Tolstoj. Se come me hai passato il college a marcire su Guerra e Pace, sia benedetto il mio professore che ce lo ha fatto amare, il libro di Stevenson ti sembra solo una brutta copia. Leggilo, Paul: mi interessa la tua opinione.
Mi inumidisco le labbra, per nulla intenzionata a dargliela vinta.
- Sai, Gaby, anche io ho letto Guerra e Pace e non mi sembra che Odissea d'Argento sia la sua brutta copia.
- Beh, certo cara che ognuno ha il suo parere, - mi dice, odiosamente conciliante, - ma ti posso assicurare che non puoi paragonare la semplice lettura di un libro del genere, alla lettura guidata e approfondita da un esperto in materia, non credi? - Ed ecco che mi rimette al mio posto, la stupida Lexie che non si è presa la briga di finire il college. Stronza, come se avessi avuto scelta. - Ma sentiamo l'esperto a questa tavola: tu, professore, cosa dici?
Il signor TDC mi guarda come stesse aggiungendo la mia inettitudine culturale alla lista delle mie malefatte.
- Non ho sentito parlare di quel libro. - dice, vagamente annoiato.
Gaby scoppia in una risatina vittoriosa,
- E questo dice tutto.
Paul mi guarda alzando le spalle, solidale, e io metto una mano sulla gamba di Pam, chiedendole silenziosamente di non reagire: contribuirebbe solo a rendermi più ridicola, dimostrando che ho bisogno di una difesa personale.
- E Paul, comunque il mio preferito è Harry Potter. De gustibus non disputandum est. - concludo, alzandomi. - Stai qui, Pam: ci penso io al pollo.
Pam sgrana gli occhi e Paul si precipita a darmi una mano.
- Lexie, ti ricordi il quattro luglio? Forse è meglio che ti aiuti. - mi prende in giro, e ripensando alle ali di pollo fritte che ho fatto volare ovunque quando sono inciampata, perfino nella scollatura di Gaby, non riesco a trattenere un ghigno.
- Suvvia, la pizza non fa così schifo! - mi difendo.
- Se vuoi la pizza non devi distruggere quello che mia moglie ha cucinato, basta dirlo. - dice strizzandomi l'occhio, e con il suo aiuto portiamo il pollo in tavola.

Ormai mi sono allenata ad escludere la voce di Gaby dal mio cervello, quindi per la maggior parte del tempo mi diverto, ma ogni volta che invece il signor TDC apre bocca rischio un suicidio del mio sistema nervoso.
Come può un essere umano diventare così spocchioso? Tutto quel sussiego che si da, la finta cortesia: è insopportabile.
Per fortuna ci pensa la sua adorabile cognatina ad intrattenerlo, quei due sembrano proprio fatti l'uno per l'altra e quasi quasi spero che finiscano insieme. Sicuramente, in tema di relazioni, per me sarebbe più adatto persino Scott rispetto al fratello.
Ridacchio per l'assurdità del mio pensiero, Scott è simpatico ma preferirei rimanere zitella piuttosto che con lui, e la sua passione smodata per i videogiochi non è che la prima di una lunga lista di incompatibilità.
- Cosa c'è di divertente, Lexie?
Guardo Gaby disorientata, il mio udito selettivo non mi aveva avvertito che stava parlando e ora penserà che ho riso per qualcosa che ha detto.
- Scusami, stavo pensando a una cosa. - Sembra una patetica scusa perfino alle mie orecchie.
Lei si impettisce, offesa,
- Scusami tanto se certe mie amiche sono ancora single alla loro età. – Gaby ha trent'anni ed evidentemente le ragazze in questione devono essere sue coetanee se non più grandi, a giudicare da come se l'è presa. - Non è più un tabù uscire con donne più grandi e per Will credo sia più stimolante uscire con una
donna che ha saputo tenere le gambe chiuse e ha qualcosa di interessante da raccontare della sua vita.
Non ci vedo più. O meglio, vedo rosso.
- Stronza. - La mia sedia striscia sul pavimento. - Quante volte te lo devo dire che è mia nipote? Mi occupo di lei perché mia sorella è morta, cazzo.

Sto già prendendo il mio cappotto, quando capisco che non voglio essere io ad andarmene con la coda tra le gambe, così mi chiudo in cucina e per aver qualcosa da fare mi metto a lavare i piatti.
Sento delle voci venire dal soggiorno, la stanno rimproverando di sicuro ora che non ci sono più io a non voler essere difesa. Però a sto giro se lo merita, eh: non vedo perché abbia insinuato che non è vero che sono la zia di Allie, come se fosse solo una scusa per coprire una gravidanza da ragazza; ma chi è che si inventerebbe una sorella morta?
Non avevo nessuno quando mi sono trasferita dal Nevada all'appartamento di Becca a New York per occuparmi di Allie, e so quanto sono stata fortunata ad aver incontrato due persone come Pam e Paul che sono diventate parte della mia famiglia, pronte a difendermi a spada tratta contro il mondo, ma a volte non riesco a credere che esistano persone così meschine per cui debba rivelarsi necessario.
Becca, se mi senti, lassù, fai sì che a Scott non venga in mente di sposarsela: è vero che è un appassionato di videogiochi e di Star Wars, ma in fondo è un bravo ragazzo e si merita di meglio.

Mi immobilizzo, sentendo le voci spostarsi nel corridoio e cerco di afferrare qualche pezzo del discorso ma le dannate porte in noce massiccio assorbono qualsiasi rumore. Poi il silenzio, e come se niente fosse mi rimetto a lavare i piatti.
- Lexie, che ci fai qua?
Scrollo le spalle facendo la finta tonta.
- Carico la lavastoviglie immaginaria, no?
Pam fa un cenno a Paul, indicandogli che sono nella loro cucina con il detersivo fino ai gomiti.
- Non te ne eri andata?
- Sul serio, Pam, sborsa questo testone e pigliati una lavastoviglie: come farai con il pupo? Lo so che i piatti vengono meglio se li lavi a mano, ma ti aiuterebbe a risparmiare un po' di tempo.
Lei mi fa un buffetto sulla guancia.
- Non devi, lo sai. E quella non rimetterà più piede in questa casa finché ci sarò io, questa volta ha passato tutti i limiti.
Paul si infila il grembiule.
- Credo che questa volta abbia esagerato anche secondo Scott. Donne, andate di là a spettegolare che qui ci penso io. - Mi passa uno strofinaccio per asciugarmi le mani e ci spinge via, ma Pam si arrampica sullo sgabello e io la imito.
- Spettegoliamo benissimo anche con te, ma se vuoi fare tu i piatti accomodati pure. - dico, cedendogli i guanti di gomma. - Sì, è una stronza, ma io spero di non avervi messo a disagio con la mia sfuriata.
- Non dirlo neanche per scherzo, la tua amica qua presente stava per versarle la sua aranciata addosso. - mi svela Paul, che aveva una visuale migliore della scena rispetto a me.
- E ancora me ne pento di non essere riuscita a farlo! Ma tu le avevi già dato della stronza, sarei stata fuori tempo. Se avessi avuto la prontezza di farlo mentre parlavi sarebbe stato perfetto, e invece ero preoccupata per te: ti ho seguita, pensavo che te ne fossi andata.
- Quella non mi farà scappare
mai. - annuncio, vittoriosa. - Comunque, Paul, io sono nel fiore dell'età e anziché cercare di organizzarmi l'appuntamento al buio più disastroso della storia dovresti concentrarti sul trovare una nuova ragazza a Scott, Gaby non si regge più.
- Sante parole! - Pam fa tintinnare la sua tisana di finocchio alla mia birra che nel frattempo ho recuperato, e Paul si unisce al nostro brindisi con un bicchiere insaponato.
- Comunque, signore mie, il povero Will non è così malaccio: un po' timido, forse, ma nel suo caso non dovreste essere così cattive con lui.
- Scusa, amore, ti sei già scordato cosa ha detto a Lexie al colloquio?
Lui alza le spalle, non del tutto sicuro della nostra posizione.
- Lex, eri agitata e forse hai equivocato: Will non mi sembra proprio uno tanto meschino e stupido da dirti che rovinerai la vita alla ranocchietta.
- Eppure l'ha fatto. - Mi gelo al solo ricordo.
- Se l'ha detto ha sbagliato. Se intendeva dirlo davvero. - ripete, non molto convinto.
Pam improvvisamente si ricorda qualcosa, perché scivola giù dallo sgabello con la grazia di un elefante.
- Il tuo cappotto! Sarà in giro a cercarti, l'abbiamo visto lì e abbiamo pensato che fossi andata via senza prenderlo, e Will si è offerto di portartelo.
- Ho il suo numero, panzerotta prendimi il cellulare e digli che è qua.
Lo guardo sconcertata, mentre Pam cerca il numero:
- Panzerotta? Sei serio? Diamine, non ci tieni proprio alla tua vita, eh? - Pam sta chiamando, e mi affretto a darle istruzioni. - Digli di lasciarmelo a scuola: posso prendere una tua giacca in prestito per stasera.
Lei va in corridoio in cerca di campo, e quando chiude la conversazione mi annuncia:
- Hai lasciato il telefono in tasca: sta tornando qua.

Neanche il tempo di finire la birra e il citofono suona, Pam lo invita a salire e il signor TDC è alla porta dopo qualche attimo.
Paul va ad aprirgli, e io e Pam sedute in cucina ascoltiamo i ringraziamenti di Paul e i tentativi garbati del signor Parker di non dare peso alla faccenda.
Mi faccio coraggio e sporgo la testa oltre la porta della cucina.
- Non era necessario portarmi la giacca, grazie. Se non avessi lasciato il cellulare in tasca non saresti stato costretto, ti prego di scusarmi. - aggiungo poi, quasi intimidita dalla sua figura calma e stabile.
Chiunque altro scrollerebbe le spalle, ma lui fa un cenno della testa.
- Nessun problema.
- William. - Pam compare al mio fianco. - Sarebbe troppo chiederti di portare a casa Lexie? È tardi e le strade sono ghiacciate, non mi fido che prenda un taxi tutta sola.
- Perché, se sono scortata azzero le possibilità di un incidente? - chiedo, sarcastica, ma so che è preoccupata anche per il paio di birre che ho bevuto, e per il fatto che debba tornare in una casa vuota. Rinuncio a oppormi, anche se è chiaro che non muoio dalla voglia di essere accompagnata dal signor Parker, e mi infilo il cappotto. - Grazie della serata. - Do un bacio sulla guancia a entrambi, - Grazie davvero, siete unici. - Mi avvio verso l'ascensore, e il signor Parker si schiarisce la voce.
- Miss Spencer? - dice, titubante. Pam mi corre dietro e prende lo strofinaccio, che avevo lasciato appeso alla tasca posteriore dei jeans.

Le porte dell'ascensore si chiudono, e il mio sorriso si trasforma velocemente in un espressione seria.
- Dovrebbe decidersi come chiamarmi, e che pronome usare: ci diamo del tu, del lei, basta che me lo dica: non voglio essere scortese. - lo rimprovero, fissando ostinatamente dritto davanti a me.
- Scusa, è stato istintivo. - Gli scocco un'occhiataccia: questa non è una risposta. - Credo che il tu vada bene fuori dalla scuola. Mi è solo difficile usare il tuo nome, è... molto colloquiale.
Le porte dell'ascensore si aprono e io esco fuori a passo di marcia.
- Oh, certo, il mio nome è troppo plebeo, mi dispiace
William.
Lui mi rincorre, sorpassandomi e tenendo aperto il portone per farmi passare.
- Non è quello che intendevo, ti prego di scusarmi, di nuovo.
Stiamo in silenzio per qualche istante, io faccio del mio meglio per ignorarlo e cercare un taxi.
- Davvero, non è necessario che mi accompagni, dirò comunque a Paul che l'hai fatto. - dico, senza smettere di guardare la strada.
- Abiti lontano? Possiamo andare a piedi, se per te non è un problema, io cammino volentieri.
Sbuffo, il suo ostinato voler essere cortese supera addirittura ogni soglia immaginabile.
- Va bene, andiamo. - prima ci incamminiamo, meno tempo dovrò sopportare la sua compagnia.
Mi segue in silenzio, e mi abituo così velocemente all'idea che sarà così fino a casa, che quando lo sento parlare per poco non sussulto dalla sorpresa.
- Non intendevo quello, riguardo al tuo nome. - Sembrerebbe quasi dispiaciuto. - È un bel nome, ma di quelli che si usano quando c'è una certa conoscenza reciproca che noi non abbiamo. Mi piacerebbe usarlo quando tale conoscenza sarà effettiva.
Perché ora mi devo sentire in colpa?
- E quindi, come vorresti chiamarmi? - dico sarcastica. Lo guardo con la coda dell'occhio e lo vedo realmente in difficoltà, così decido di venirgli incontro. - Miss Spencer può andare, ma per parità io non posso chiamarti con il nome di battesimo, sei d'accordo?
- Mi sembra ragionevole. - Ancora una volta mi chiedo da dove sia uscito. - Mi trovi divertente? - mi chiede più rilassato, notando che sto ridendo sotto ai baffi.
- Un po'. - gli concedo.
Poi mi ricordo del colloquio disastroso, e in un attimo la mia espressione si indurisce.
- Vorrei dirti che mi dispiace per quanto ti ho detto a proposito di tua nipote, non intendevo essere duro. La mia etica mi impedisce di ignorare quanto credo sia vero, ma ci tengo ad aggiungere che so che quello che hai fatto e stai facendo è in buona fede. - sospira, - Il massimo sarebbe che tu possa riflettere sulla mia opinione, e magari prenderla in considerazione anche solo parzialmente.
Cielo, perché non si è limitato alle scuse e basta? Doveva proprio insistere ad avere l'ultima parola?
Gli va bene che davvero, stasera ne ho piene le scatole di litigare.
- Il massimo? - lo prendo invece in giro. - Cos'è questo slang, signor Parker?
L'ho messo in imbarazzo, eppure vedo anche un certo divertimento nei suoi occhi. Mi fermo,
- Eccomi a casa. Aspetto con te un taxi? - gli chiedo.
Lui scuote la testa,
- Vado a piedi, grazie e buonanotte Miss Spencer. - Con mio grande stupore mi porge la mano. - È stato un piacere averti conosciuto.
Ma certo, cortese fino al midollo.







Nda Con questo capitolo dovreste avere un quadro più chiaro della storia, quindi ci possiamo sentire a settimana prossima, con l'aggiornamento.  As usual, ogni vostro parere sarà molto gradito!
   
 
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