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Autore: Sabrina_Dirnt    31/10/2014    0 recensioni
La nebbia della notte rendeva la foresta un monotono mare di grigio. Sulla superficie di quella distesa vaporea la luna rifletteva un pallido chiarore latteo che lasciava trasparire i rami delle cime degli alberi; negli abissi, però, nulla era visibile: il grigio aveva assorbito tutto: i suoni, la materia, la vita.
Genere: Horror, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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La nebbia della notte rendeva la foresta un monotono mare di grigio. Sulla superficie di quella distesa vaporea la luna rifletteva un pallido chiarore latteo che lasciava trasparire i rami delle cime degli alberi; negli abissi, però, nulla era visibile: il grigio aveva assorbito tutto: i suoni, la materia, la vita.
Quella notte di Ottobre ghiacciava il sangue nelle vene alla fanciulla, coperta soltanto da un lurido camice reso giallastro da un passato oscuro, quasi come quello della ragazza stessa. I piedi scalzi continuavano a muoversi nell'umido impenetrabile della nebbia, inciampando puntualmente in buche e radici nascoste dal mistero della notte.  I piedi erano infreddoliti, sporchi, mutilati e bagnati di sangue ma questo non era la cosa piu importante al momento. Doveva uscire da quella foresta, doveva fare un ultimo sforzo, non per lei ma per Linda -cosi avrebbe chiamato la bambina che portava in grembo ormai da nove mesi. 
Per i primi quattro mesi la gravidanza era stata vista di buon occhio: il padre non aveva identità quindi pensavano che il feto fosse un dono di dio, come era successo con Maria. Un dono ben accetto da quei fanatici bastardi a capo di quel posto surreale. Quindi ecco che venivano le coccole, meno psicofarmaci, riposo, cibo commestibile, e perfino uscite al di fuori della sede. Sembrava tutto cosi perfetto, e Jacqueline sembrava accettare la verita di quella gravidanza per quei trattamenti speciali. Le avevano permesso, pure di tenere la bambina.                    
Ma all'inizio della diciasettesima settimana la verita era venuta a galla, e con essa cominciò l'inferno. Era una sera d'estate, e Jacqueline se ne stava sul terrazzo frontale della clinica a sorseggiare una camomilla e conversare con il suo psicologo di fiducia. Qualche discorso di troppo, troppa poca attenzione e l'infermiera che stava portando un altro giro di biscotti ai due senti tutto. O perlomeno si autoconvinse di aver sentito una cosa, scambiandola per un'altra. Nel giro di qualche ora, come un efficientissimo telefono senza fili, tutto l'ospedale era a conoscenza della verita sul misterioso caso Tomas: la fanciulla non era stata benedetta dalla mano misericordiosa di dio, ma era stata stuprata senza pudore da satana. Ed ecco che Jacqueline cominciò a essere vista come la sgualdrina di satana; l'avvenuto cominciò a essere visto come il peccato originale e il feto nel grembo della giovane donna come l'anticristo. "L'apocalisse è vicina!" dicevano senza rendersi conto di quali scemenze stavano uscendo dalle loro bocche. Eppure le minacce verbalizzate fino a quel momento cominciavano a essere messe in atto. Le torture divennero quotidiane, e peggioravano ogni giorno.
La signorina Tomas era l'unica paziente dell'edificio a essere svegliata alle 4.00 per essere immersa subito dopo in una doccia gelata, considerata un battesimo quotidiano per la sua anima sporca. Doveva offrire il suo dolore di pentimento a dio e quindi la base della doccia era stata resa appositamente scivolosa con del sapone, cosicche se lei avesse cercato di evitare il violento getto d'acqua fredda che le frustava il fragile corpo, sarebbe scivolata, sbattendo qualunque parte del corpo ovunque. Con questo metodo si era procurata lividi su tutto il corpo, si era rotta quattro denti e si era gravemente ferita al lato sinistro della testa, finendo sei volte nella sala operatoria. Eppure loro non si limitavano a quello. Alla doccia del mattino seguiva una stancante serie di lavori forzati nelle miniere poste sotto le cantine dell'edificio. Doveva uccidere i topi, scrostare i muri pieni di muffa e umidità e qualunque cosa passasse per la mente del suo superiore in quel momento. Lei doveva obbedire, visto che era diventata automaticamente un essere spregievole, inferiore, non degno della considerazione divina. La paura tuttavia scattava allo scattare dell'ora. Appena sentiva l'ululare dell'orologio a dondolo nell'atrio principale il suo corpo cominciava a tremare in un modo innanutarale. Semplicemente attendeva quel dolore. Il momento prima pareva ci fosse abituata ormai, ma quando la cinghia scottava la sua pelle il dolore diveniva sempre nuovo. Ogni volta quella cinghia borchiata le marchiava la pelle ambrata sulla schiena, sulle gambe, ovunque, con sangue, lividi violacei  e bluastri e rancore appesantito dalla sofferenza. Tutto questo e molto altro le era stato inflitto in nome di dio. Dio, un'essere descritto come il creatore misericordioso, era veramente d'accordo con tutto quel dolore per una gravidanza nata nel modo sbagliato? Sul serio questa figura illuminata da un bene profondo come l'oceano poteva volere che una sua creatura fosse torturata fino alla morte? 
In fondo lei era un umano come tutti gli altri, forse un po' piu sfortunata. In effetti sin dagli inizi la sorte di Jacqueline era stata avversa. Appena i suoi grandi occhi nocciola avevano cominciato a riflettere la luce del sole un'insidia si annidò dietro le sue ibridi. Nessuno poteva vedere ciò che vedeva lei, e fu quello a determinare il suo destino: era destinata a essere diversa. Non importava se fosse giorno o notte, pioggia o sole, estate o inverno, lei vedeva sempre e ovunque le ombre. Quelle ombre nere che noi vediamo solo sotto una certa luce, e che pensano con la nostra stessa mente, non si ribellano. Ma le ombre di Jacqueline erano diverse. Quelle ombre avevano una mente tutta loro, agivano di spirito proprio. Con gli anni si moltiplicavano, diventavano sempre piu grandi e piu spaventose, incombevano senza sosta sulla vita della giovane. Lei ormai con gli anni ci aveva preso mano, era in grado di riconoscerle, e spesso era in grado di controllarle. Controllava il loro modo di apparire ai suoi occhi, riusciva a trasformarle in cio che realmente erano: le anime sofferenti di coloro che se n'erano andati troppo presto e nel modo sbagliato. Uomini e donne di tutte le epoche scagliavano la frustrazione della fine della loro esistenza su una giovane fanciulla del tutto innocente. Che colpa ne aveva lei?  Eppure vista dall'esterno la situazione non era cosi limpida. La famiglia, i vicini, gli amici vedevano la loro Jacqueline chiusa in se stessa, apatica, spaventata e presa dagli attacchi di panico. Una via che conduceva palesemente senza eccezioni a un solo destino: la schizzofrenia. 
La schizzofrenia le venne diagnosticata a 16 anni, nell'estate del 1967, in un pomeriggio apparentemente uguale agli altri. I suoi genitori erano al piano di sotto e lei stava facendo i suoi compiti di filosofia, quando le ombre cominciarono a prendere in mano la situazione. Erano ovunque. Un scenario di nero vorticoso bisbigliante cose incomprensibili ma orribili. Alle 17.00 circa di quel giorno i genitori si accorsero di non aver sentito alcun segno di vita da parte della figlia ed e stato li che andarono a cercarla. La trovarono priva di sensi accasciata alla parete azzurra del bagno. Lo scenario del su crollo era inaspettato, demoralizzante. In pratica cercò di privarsi dei due sensi fondamentali: la vista e l'udito. Per l'udito aveva deciso di ficcarsi due pezzi di vetro dello specchio rotti qualche istante prima nelle orecchie. Il sangue sgorgava dalle ferite aperte innondando l'orecchio interno fino al timpano. Per togliersi la vista decise di usare il metodo piu semplice: si accecò con l'acido solforico.  "Non volevo piu vederli; non volevo piu sentirli." Aveva continuato a ripetere questa frase in un modo ossessivo per i primi tre mesi della sua permanenza nell'Ospedale Psichiatrico Cattolico di Winstchurch. Solo al settantanovesimo giorno della sua permanenza in quel luogo aveva verbalizzato qualcosa di diverso per il suo psicologo di fiducia, il dott. Hailystone. Aveva detto:"Loro ci sono ancora, li percepisco." Detto questo cadde nel silenzio per altri due interminabili mesi. Nulla era successo di nuovo. Lei era caduta nel buio dell'anima, e la consideravano ormai un caso poco pericoloso per gli altri, ma con capacita autodistruttive, e forse era veramente cosi. Dopo il fatidico giorno la rossa cominciò a perdere i suoi capelli color fuoco, perdendo anche il fuoco dello spirito. Inoltre erano riusciti a farle recuperare l'udito, ma i suoi occhi nocciola non videro piu luce. Solo ombra.
/Fu al centoduesimo giorno, il 23 febbraio 1968, che la donna fu baciata dalla misericordia di dio. Da una notte all'altra la vista le era tornata perfetta come lo era stata un tempo. Con il tempo san la Jacqueline di una volta era tornata. Solo una cosa era irrecuperabile: l'occhio sinistro era ancora color nocciola, ma l'ibride dell'occhio destro era stata privata di colore, di vita, solcata da un profondamente vuoto bianco. 
I mesi che seguirono al recupero della vista furono tranquilli: le ombre si erano placate e pareva che la sanita mentale della fanciulla ormai maggiorenne fosse recuperabile. La ricaduta, però,
fu un'immersione a perdifiato nell'oblio. Era l'inizio di dicembre degli anni '70. Un mese prima della proggettata dimissione della signorina Tomas prevista per l'anno nuovo. "Anno nuovo, vita nuova" dicevano.  Dalle sbarre delle finestre la poca realta visibile era deformata da un diluvio che annebbiava la vista circostante. Jacqueline se ne stava sul davanzale a ricamare immaginandosi a casa sua, nella sua stanza con sua madre a fare lo stesso ma con piu amore e passione. All'improvviso la fievole luce della candela profumata posta sul comodino si spense. La stanza 666 fu immersa nel buio totale, perche quella sera nemmeno la luna illuminava la vita agli uomini. Tuttavia la giovane non fu presa dallo sgomento, lei era abituata al buio e ora esso le pareva la cosa piu naturale. Non c'era nulla di nuovo, salvo la presenza che si slanciava oltre le spalle della ragazza e le solleticava i pochi tratti del collo scoperti dai capelli con respiri caldi. "Buonasera signorina Tomas." La voce svelò tutto il mistero che si celava dietro alla comparsa di questa figura. Lo conosceva perfettamente in ogni tratto, voce compresa, il dottor Hailystone. Probabilmente era venuto a controllare la paziente prima di mandarla a dormire. Si girò per guardare l'uomo dritto nel volto segnato da rughe, pieghe della vita e in un sussurro disse:"Serve qualcosa, dottore?" Da quella domanda la situazione precipitò: cominciarono frasi inquietanti, le sue luride mani cominciarono a scivolare sul minuto corpicino di lei, e infine il tutto divenne prevedibile. Lei accasciata sul letto priva di energie e quel bastardo che si riabottanava i pantaloni guardandola con un ghigno.  Era stata denudata di vestiti e orgoglio. E fu questo l'inizio di una tragica fine. La ragazza si chiuse nuovamente in se stessa; il suo corpo era stato prosciugato di energia vitale e di un anima nera come il peccato originale. Era morta, rinchiusa in un corpo vivo, deciso a non morire. Eppure lei continuava a chiedersi: a che serviva vivere ormai? Aveva perso tutto, se stessa compresa. E in quel scenario di pazzia e morte le soluzion erano due: o doveva morire il bambino o lei. Questa idea cominciò ad ossessionarle la mente. Si svegliava con il pensiero di uccidere una vita e si addormentava con la promessa di farlo il giorno seguente.  Una mattina le infermire avevano trovato Jacqueline nel bagno con un pezzo di vetro infilato nell'utero che chiamava aiuto disperata. Sembrava una ferita grave, ma il bambino era rimasto intatto. Una sera, invece, i dottori avevano trovato la ragazza svenuta sul letto sanguinante con un coltello nella pancia. Ma anche in quella situazione il bambino era rimasto intatto. Allora decise che quella che doveva morire era lei. Ecco che cercò di buttarsi dal secondo piano, ferirsi gravemente prima ai polsi e poi alla testa. E come previsto era ancora viva. Il suo corpo non voleva morire, il suo cuore non voleva cessare i battiti. 
E fu la notte del 31 ottebre 1971 che un misterioso uomo le si era presentato in uno dei suoi sogni, pieni di dolore e orrori, presentandosi come il signore delle ombre. Non aveva visto i suoi lineamenti o i colori che gli coloravano il viso: era solo una sagoma indistinta nel buio della stanza caratterizzata unicamente da una voce rauca e profonda. "Fuggi. Devi salvare te e Linda. La bambina cambierà il mondo." aveva detto quella voce famigliare.
Ed eccola, ora con un vecchio camice sgualcito in mezzo a una foresta del Canada a correre verso una meta che la sua mente non conosceva ma il suo cuore aveva ben nota. Ormai non sentiva piu il freddo, sentiva soltanto il calore del suo destino che si avvicinava a ogni suo passo. 
Le lacrime le rigavano il volto e le offuscavano la vista confusa. Le sue urla squarciavano la notte. Era sudata fino alla punta dei capelli. Tutto girava a e il fuoco intorno aumentava le dimensioni a ogni spinta dell'utero. A ogni suo urlo. Silenzio.
Improvvisamente dal silenzio, che per un istante parve infinito, emerse una risata maliziosa e profonda. Con un tuffo al cuore Jacqueline scopri che quella risata era prodotta dalle corde vocali della bambina. Della sua bambina. Linda. Il fuoco alle spalle dell'uomo che teneva sul petto la bimba formò un pentagramma circostritto, illuminando fievolmente l'espressione contratta di entrambi. La rossa guardo terrorizzata nella direzione dell'uomo che sotto la fioca luce rivelò i suoi denti affilati in un ghigno sodisfatto.  Buio.



Ecco l'articolo della prima pagina di un giornale locale del 4 novembre:
"19enne fuggita dalla Casa Cristiana Per Malati Mentali Winstchurch nella cittadina di Sevensted fu trovata la mattina del 2 novembre uccisa. Il suo corpo fu gettato in una fossa a 5 miglia dall'ospedale. Quando fu trovata, il suo corpo era privato di organi interni e degli occhi. Probabile killer sociopatico a piede libero nel paesino di Sevendted e d'intorni. Non uscire di casa dalle 20.00."

Tuttavia nelle famiglie e nata una leggenda al rigardo. La leggenda dice che se la notte di Halloween qualche anima viva si aggirera intorno alla foresta che circonda l'ex ospedale psichiatrico potrebbe udire le urla di una giovane donna e insinuandosi nel cuore della foresta potrebbe vedere la sagoma di una donna dai capelli rossi con una bambina in braccio girovagare tra le radici e i rami degli alberi, circondata da centinaia di altre ombre. Se qualcuno la vede sarà  privato di occhi e anima, e sarà gettato nella fossa delle ombre, a 5 miglia da Winstchurch. 
Sta a voi decidere se crederci o no.

 
   
 
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