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Autore: Zampe_in_the_sun    31/10/2014    4 recensioni
“Conterò fino a cento” sogghignò “corri a nasconderti, marimo”.
[ Scritta per l'OP Halloween Fanfiction Project su Tumblr ]
[ Have a creepy, bloody Halloween~! ]
Genere: Dark, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji, Z | Coppie: Sanji/Zoro
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Countdown

 

 

Sanji assicurò il lucchetto alla serranda abbassata del magazzino e fece un passo indietro. Il rumore del metallo che batteva contro altro metallo rimbalzò fra le pareti degli edifici che chiudevano il vicolo ai lati, quando le dita pallide del biondo abbandonarono l'oggetto.
Girò i tacchi e prese a camminare verso casa, soddisfatto e battendo le mani per liberarle dalla polvere.
Il sole stava calando rapidamente all'orizzonte, in poco meno di un'ora sarebbe scattato il coprifuoco, ma a lui non importava.
Aveva solo una cosa in mente: era quasi l'ora di cena e lui aveva fame.

***

Zoro aprì lentamente gli occhi, svegliandosi dal suo pisolino pomeridiano, e sbadigliò. Si guardò attorno, cercando di capire dove si trovava, quando finalmente si ricordò: stava studiando nella biblioteca scolastica e poi...
Merda. Si era di nuovo addormentato sui libri.
Sospirò e raccolse pigramente le proprie cose, prima di accorgersi del completo silenzio che lo circondava. Non avrebbe dovuto essere una cosa così strana, in fondo si trovava pur sempre in una biblioteca. Eppure, non c'era un suono: né il fruscio delle pagine, né l'occasionale colpo di tosse di qualcuno allergico alla polvere, o il brusio di sottofondo degli studenti che non sapevano stare zitti.
Il dubbio di aver dormito più del dovuto s'insinuò dentro di lui, quindi decise di controllare l'ora. Prese il cellulare dalla tasca e lo sbloccò...
Merda, merda, merda.
Erano le 19:30. In mezz'ora sarebbe scattato il coprifuoco e lui sarebbe stato fottuto; abitava troppo lontano rispetto alla scuola per riuscire ad arrivare a casa prima del coprifuoco.
Maledisse chiunque al mondo, tutte le persone possibili perché non l'avevano svegliato, anche se sapeva che non avrebbero potuto saperlo, poiché si metteva sempre nell'angolino più lontano e nascosto della biblioteca, dove nessuno andava mai, nemmeno la bibliotecaria.
Maledizione a lui!
Scagliò un pugno sullo scaffale più vicino, per cercare di mettere fine a quel silenzio opprimente, per poi passarsi una mano tra le ciocche verdi, frustrato.

Afferrò lo zaino e uscì dalla biblioteca, avviandosi verso l'uscita a passo svelto. Forse, se avesse corso per tutto il tragitto, sarebbe riuscito ad arrivare a casa sano e salvo.
I suoi passi echeggiarono nei corridoi vuoti e il suono gli metteva addosso una sensazione d'inquietudine che lo costrinse ad accelerare ancora.
Quando vide l'uscita si sentì incredibilmente sollevato, ma quando raggiunse le porte tutto il sollievo lasciò il suo corpo: era chiuso dentro, non poteva uscire.
Cercò di forzare la maniglia, ma fu tutto inutile; odiò quella stupida barriera di metallo con tutto il suo essere.
Si fermò e appoggiò la fronte sulla superficie gelida, sopraffatto dall'ansia.
Quella era davvero una situazione orribile.
L'unica cosa che gli restava da fare era nascondersi e pregare che nessuno lo trovasse.
Forse così sarebbe riuscito a passare la notte.

***
Stava camminando per il solito vicoletto buio, quello meno frequentato, giusto per fare una passeggiatina prima di tornare a casa.
Era una sera limpida e tranquilla e Sanji fantasticava sulla gustosa cenetta che avrebbe preparato una volta giunto a casa.
Inspirò profondamente l'aria fresca e in quel momento la brezza portò verso di lui un inaspettato odore pungente di carne.

Si fermò su due piedi, annusando i dintorni, quasi come un animale che ha fiutato una preda, e il suo cuore iniziò a battere più forte quando capì da che direzione veniva.
Ghignò e si avviò da quella parte, continuando a fiutare l'aria per essere sicuro di essere sulla strada giusta. La sua fame aumentava ad ogni passo e, alla fine, si ritrovò davanti ad un liceo.
Senza pensarci due volte, Sanji irruppe nell'edificio, pronto per la caccia.

***

Il coprifuoco era scattato da qualche minuto ormai e dopo aver abbandonato lo zaino dentro il proprio armadietto, Zoro stava cercando un posto un po' nascosto e lontano dalle finestre dove poter passare la notte.
Odiava quella scuola con tutto il suo essere ed il fatto di essere bloccato lì per tutta la notte non aiutava di certo.

Era spaventato, anche se cercava di nasconderlo persino a se stesso, e provava a rassicurarsi che non sarebbe successo nulla se non si fosse fatto notare, ma quella in cui era incastrato era una situazione altamente pericolosa in ogni caso e non poteva ignorarlo.
Sospirò di frustrazione, cercando di soffocare l'ansia che gli stava chiudendo lentamente le vie respiratorie, e si fermò per qualche minuto, proprio davanti alle porte della palestra.
Quello era un buon posto per non venire notati e passare la notte: le uniche finestre che c'erano erano microscopiche ed erano messe molto in alto e in più c'erano i materassoni – anche se le probabilità che aveva di riuscire a dormire erano nulle. Almeno sarebbe stato comodo.
Sgattaiolò nella sala, che al buio aveva un aspetto alquanto inquietante, e andò a rifugiarsi nello stanzino dove erano depositati gli attrezzi ed i materassoni.
Si sedette su di essi, mettendosi comodo, con la schiena posata contro il muro, e sospirò.
Di nuovo, il silenzio più assoluto calò sull'intero edificio e i pensieri di Zoro erano la cosa più rumorosa che potesse sentire; era come se la sua testa fosse collegata a delle casse e tutto ciò che pensava venisse sparato attraverso di esse a tutto volume.
Stava cercando di impedire al panico di impossessarsi di lui, quando sentì un forte clangore che lo fece trasalire.
Un brivido gli risalì la schiena: oh no, quella era stata sicuramente la porta principale!
Ci fu un secondo di completo silenzio, in cui anche Zoro si trattenne dal respirare, nonostante i suoi polmoni stessero bruciando e lui avesse il fiato corto. Poi un rumore di passi, leggeri, lenti e sempre più vicini.
Il ragazzo tremava, scosso dai brividi di freddo e paura, cercando di diventare invisibile e silenzioso.
Per un attimo, non ci fu nessun suono; l'aria era immobile, pareva come se il tempo si fosse fermato.
Poi fu come se Zoro avesse preso coscienza del suo respiro accelerato, che cercava però di tenere a bada per non farsi sentire, e la porta dello sgabuzzino dove si trovava venne scardinata, strappata via brutalmente e gettata dall'altro lato della palestra.
Il ragazzo scattò in piedi e rimase paralizzato dalla paura, con la schiena premuta contro il muro.
Merda.
“Eccoti qui”.
Sulla soglia apparve una figura scura, nascosta dal buio della notte.
Una risatina lasciò le labbra dell'uomo, mentre si toglieva la polvere dai vestiti con gesti veloci.
“Hai un odore così forte che ho potuto fiutarti anche dalla strada principale”.
Zoro prese un respiro profondo e si staccò dal muro, nascondendo la paura. Non poteva farsi vedere debole.
Strinse i pugni lungo i fianchi e serrò la mascella, assumendo una posa ferma e decisa.
“Chi diavolo sei?!” chiese con voce alta e chiara.
L'uomo si avvicinò, finendo nel fascio di luce lunare che entrava da una finestrella del soffitto.
Finalmente il volto fu visibile al ragazzo, pallido e dai lineamenti affusolati, il naso dritto ed un occhio coperto da un lungo ciuffo di capelli biondi.
L'altro risplendeva ceruleo nella penombra.
Era alto e striminzito, sostenuto da due gambe chilometriche fasciate da eleganti pantaloni neri.
A vederlo sembrava quasi una persona normale. Quasi.
Zoro lo scrutò a lungo, mentre una sensazione di familiarità per un momento metteva da parte la paura.
Era sicuro di averlo già visto da qualche parte, quell'uomo... eppure...
poi la realizzazione lo colpì in pieno: era il cuoco del Baratie, il ristorante in cui Zoro andava spesso con gli amici, quando avevano tempo e soldi. Quante volte li aveva serviti? Quante volte Zoro gli aveva rivolto la parola? E non si era mai accorto di nulla, il biondo non aveva mai lasciato trapelare niente, e questo faceva infuriare Zoro.
L'ironia della cosa lo sfiorò appena: un mostro che si cibava di umani, provvedeva a nutrire le sue stesse prede.

L'altro piegò leggermente la testa di lato, osservando di rimando il verde: era muscoloso e aveva un che di appetitoso che gli fece borbottare lo stomaco, intimando a se stesso di sbrigarsi.
Una piccola parte di lui l'aveva riconosciuto e gli dispiaceva perdere un cliente così, ma la parte più grande gli diceva che era ora di divertirsi.
Fece un altro passo avanti, ghignando malignamente e leccandosi le labbra, con uno sguardo determinato e predatore nell'occhio visibile.

Zoro però, dal canto suo, non aveva assolutamente nessuna intenzione di venire mangiato, quindi agì d'istinto, senza pensarci.
Scappò velocemente su per la scaletta di ferro che portava al piano superiore, all'angolo più estremo della palestra, sperando vanamente che l'altro non lo seguisse; sfortunatamente, si rese conto troppo tardi del fallimento del suo obbiettivo, quando ormai Sanji l'aveva raggiunto con un balzo e l'aveva spinto contro il corrimano di ferro, bloccandogli le mani.

“Oh, non scappare via così presto” mormorò, avvicinando il viso al suo.
Zoro si accorse che con quella poca a distanza a dividerli poteva notare ogni più piccolo particolare dell'altro, dal vivido celeste dei suoi occhi – o perlomeno quello visibile – al pizzetto che gli ricopriva il mento.
Era dannatamente bello, ma anche terribilmente pericoloso.
Strinse la presa attorno ai suoi polsi e si fece – se possibile – ancora più vicino.
Ghignò, chinando il viso verso il suo collo, e strofinò leggermente il naso freddo contro la pelle calda di Zoro, che cercò di fare un passo indietro.
“Mmh, delizioso...” mormorò, inspirando a fondo il suo profumo.
Zoro rimase fermo immobile, cercando di pensare ad un modo per sfuggire dalle grinfie di quel mostro.
Nel frattempo, il biondo si raddrizzò, mettendo nuovamente in mostra i denti affilati, e si scostò leggermente dal suo corpo.
“Conterò fino a cento” sogghignò “corri a nasconderti, marimo”.

“Uno”.
Ci vollero alcuni secondi perché Zoro si rendesse conto di essere finalmente libero e capace di darsela a gambe; e così fece.

“Due”.
Il verde scese rapidamente la scaletta, l'eco metallica coprì per un momento quella della voce del biondo, poi Zoro corse verso la porta della palestra.

“Tre”.
I suoi passi rimbombavano sul parquet tirato a lucido e sembrava che tutti i rumori fossero amplificati e la voce del mostro pareva essere ovunque attorno a lui.

“Quattro”.
L'adrenalina correva nelle sue vene, spingendolo a non fermarsi. Si buttò di peso sulle pesanti porte della palestra e le spalancò, scattando per i corridoi della scuola.

“Cinque”.
Zoro si fermò ad un incrocio, dove quattro corridoi diversi si aprivano attorno a lui. Cercò di riordinare i propri pensieri e di fare mente locale della struttura dell'edificio, cercando di capire dove si trovasse l'uscita principale – o una d'emergenza.

“Sei”.
Dato che il suo cervello non ne voleva sapere di collaborare, scelse una direzione a caso, ricominciando la sua corsa verso la libertà.

“Sette”.
Si era trovato nella mensa, le sedie accatastate sopra i lunghi tavoli bianchi; il ragazzo si fece strada fino in cucina, dove sapeva che c'era un'uscita, quella che usava il cuoco per portare le vivande dal furgone alla dispensa.

“Otto”.
Dannazione!
Zoro cercò di forzare la maniglia, ma niente da fare, la porta era chiusa.

“Nove”.
Non doveva andare in panico, sicuramente ci sarebbe stata un'altra via d'uscita, ne era sicuro.

“Dieci”.
Girò sui tacchi e tornò indietro a passo svelto. Da dove diavolo era entrato quel mostro? Era impossibile che si fosse magicamente materializzato all'interno della scuola.

“Undici”.
Le gambe di Zoro sembravano avere volontà propria e lo portavano dove volevano loro – sperava l'uscita.

“Dodici”.
Aveva ancora tempo. -88. poteva farcela, doveva solo capire da dove era entrato quell'essere e uscire da lì.

“Tredici”.
Il ragazzo svoltò l'ennesimo angolo e si trovò in un vicolo cieco. Sospirando di frustrazione, si voltò e riprese a correre.

“Quattordici”.
Si ritrovò a salire le scale che portavano al primo piano, valutando l'idea di cercare la porta per la scala antincendio.

“Quindici”.
Senza sapere come, si trovò nel laboratorio di chimica.
Si guardò attorno, senza fiato per la corsa, e i suoi occhi si posarono sulla porta in fondo alla stanza.

“Sedici”.
Non avevano mai usato quella porta, quindi Zoro non sapeva dove portava.
Chissenefrega.
Scrollò le spalle e superò la soglia.

“Diciassette”.
Si ritrovò in un'altra aula – era quella di arte? Non lo sapeva, non ci era mai entrato.

“Diciotto”.
Attraversò la stanza e spalancò un'altra porta, solo pe trovarsi nell'ennesima aula.
Quella scuola era un cazzo di labirinto.

“Diciannove”.
Emise un verso frustrato e barcollò in corridoio con il fiato corto, andando a sbattere contro l'estintore e facendo impigliare la bandana che portava legata al braccio, che cadde a terra lacerata.

“Venti”.

Non riusciva a trovare più nessuna via di fuga, probabilmente era troppo in ansia per riuscire a pensare razionalmente a qualcosa da fare.
Alla fine, l'unica cosa che vagava per la sua testa martoriandolo era il panico: i suoi passi rimbombavano in modo sinistro in sincronia con il battito impazzito del suo cuore e il respiro affannoso.
Non ce la poteva fare.
Era psicologicamente allo stremo.
Si sentiva la gola serrata in una morsa ferrea e respirare si faceva sempre più difficile.
Ad un certo punto le sue gambe cedettero e lui si lasciò cadere a terra, raccogliendo le ginocchia al petto.
Dannazione. Si era lasciato prendere dal panico.
Quella situazione era psicologicamente logorante e Zoro non ne poteva più, voleva solo che tutto finisse al più presto.
Cercò di prendere un respiro profondo e serrò gli occhi, boccheggiando e singhiozzando.
Sentiva come un macigno sul petto e gli girava la testa. Sapeva che doveva prendere ossigeno prima di perdere i sensi, ma non era mai abbastanza.
Sciolse la presa delle sue braccia attorno alle gambe e, appoggiandosi al muro, si tirò in piedi. Gli tremavano le ginocchia, ma si costrinse a riprendere il controllo.
Posò la schiena contro il muro e puntò i piedi a terra per restare in piedi.
Si concentrò sul proprio respiro e inspirò una grande boccata d'aria, spalancando gli occhi.
Quando Zoro tornò alla realtà, la voce del mostro rimbombò fra le pareti.

“Novanta”.
E fu come una frustata sulla pelle nuda per Zoro.

“Novantuno”.
Si scostò dal muro con un movimento fulmineo e si guardò attorno. Perché la voce del mostro sembrava ad un tratto più vicina?

“Novantadue”.
Scattò nella direzione opposta dalla quale veniva la voce, imprecando senza sosta.
Era fottuto.

“Novantatré”.
Si bloccò all'improvviso di fronte allo stanzino dei bidelli, e gli venne un'idea: a quel punto, gli serviva un'arma, o qualcosa per difendersi.

“Novantaquattro”.
Spalancò la porta dello sgabuzzino e guardò dentro. Gli serviva qualcosa di pesante, ma maneggevole, qualcosa che potesse fare male... ma non c'era nulla di utile lì dentro.

“Novantacinque”.
Scorse la cassetta degli attrezzi all'ultimo momento, sull'ultimo ripiano degli scaffali, ed un barlume di speranza gli illuminò il viso.

“Novantasei”.
Afferrò il piede di porco che aveva catturato la sua attenzione e uscì di lì, riprendendo a girovagare per i corridoi.

“Novantasette”.
Strinse la presa sul ferro pesante, muovendosi nel modo più silenzioso che poteva.

“Novantotto”.
La voce risuonava a scatti più forte, più vicina a lui che mai, quasi come se il mostro fosse dietro di lui e gli respirasse sul collo. Altre volte invece sembrava lontana, quasi non la sentiva, da qualche parte nascosta nella scuola.

“Novantanove”.
Ci siamo, pensò.
Trattenne il fiato e aspettò: un altro secondo e sarebbe tutto finito.

“Cento”.

Zoro si guardò nervosamente intorno, immobile, sudando con le mani strette intorno all'arma di fortuna, aspettandosi un attacco da un momento all'altro.
La testa gli pulsava e la gola gli faceva male.
Tutto questo doveva finire al più presto.

Sanji ghignò, scivolando silenziosamente per i corridoi, seguendo la scia dell'umano. Non era lontano, lo sentiva.
Annusò l'aria e si lasciò sfuggire un sospiro soddisfatto, avvicinandosi a uno degli estintori; a terra, sotto di esso, vi era la bandana nera che Sanji aveva visto prima attorno al braccio di Zoro.
Raccolse la stoffa dal pavimento e se la portò al volto, affondandoci il naso e respirando a pieni polmoni. Gemette, inspirando ancora, a fondo: quell'umano aveva un odore delizioso... chissà se il sapore l'avrebbe eguagliato?
Riprese a camminare più veloce di prima, ricaricato da una nuova convinzione.
I suoi passi erano completamente silenziosi contro il linoleum freddo, e l'odore dell'umano si faceva sempre più forte man mano che il biondo avanzava.
Arrivò ad una svolta del corridoio e lì avvertì distintamente la presenza dello studente, anche grazie al respiro affannoso che sentiva provenire da poco distante. Appoggiò la schiena alla parete e sorrise: era finalmente arrivato il momento.
Aspettò ancora qualche secondo in completo silenzio, poi si decise ad attaccare.
Con uno scatto fulmineo svoltò l'angolo e il ragazzo non fece nemmeno in tempo a girarsi che Sanji l'aveva già atterrato, bloccandolo sul pavimento freddo con la sua kagune, che guizzava nervosamente.

Zoro non si arrese subito alla forza di quegli arti mostruosi, ma si divincolò come una preda, riuscendo solamente a girarsi; rimaneva comunque con il busto e le braccia avvolte dalla kagune biforcuta, che emetteva una debole luce nero-bluastra.
L'aria di minaccia che emanava Sanji si era fatta più spessa, fino a penetrargli le ossa come un brivido gelido.
L'uomo ghignò malignamente, piegando la testa di lato.
“Ti ho trovato”.

Zoro serrò la mascella e provò a divincolarsi, ma l'unica cosa che ottenne fu la presa della kagune che si rinforzava sul suo corpo.
Deglutì e si guardò attorno, cercando con gli occhi la sua arma, cadutagli nell'impatto col pavimento; sfortunatamente era caduta lontana da lui, appena fuori portata.
Imprecò sottovoce, riportando lo sguardo sul mostro, che si stava avvicinando lentamente a lui.
Con la kagune lo alzò da terra facilmente, come se fosse stato semplicemente una bambola di pezza, e lo bloccò contro il muro, facendo in modo che fosse sospeso a pochi centimetri da terra.
Zoro provò a divincolarsi e a lottare e per un momento c'era quasi riuscito; ma il mostro era più veloce di lui e l'aveva afferrato di nuovo, malamente, aprendogli un taglio in diagonale sul petto con la punta affilata della kagune.
Il verde sibilò di dolore, mentre il biondo lo sbatteva nuovamente al muro.
Sanji si leccò le labbra, fissandolo dritto negli occhi, ad un mero passo da lui; era pronto a divorarlo, aveva così fame, e l'odore del suo sangue era così invitante.
Si avventò su di lui, azzannandogli una spalla, e Zoro soffocò l'urlo di dolore che gli si stava arrampicando in gola, facendolo suonare come un rantolo agonizzante.

Sanji lo zittì e affondò di più i denti nella carne soffice del verde, quando qualcosa lo colpì come una cascata di mattoni – la realizzazione di qualche cosa che non riusciva bene a comprendere.
Indietreggiò con uno scatto, lasciando la presa su Zoro, che scivolò a terra, scioccato.
Si guardarono negli occhi per secondi che parvero eternità; c'era una luce negli occhi di Zoro, e qualcosa nel suo sapore che avevano bloccato Sanji. Forse era la sensazione che ogni fibra di quel ragazzo stesse lottando disperatamente per rimanere in vita, o forse quello sguardo carico d'ambizione, fatto sta che Sanji non poteva ucciderlo; non capiva perché, ma non poteva – non voleva.
Con un ringhio frustrato e un sibilo seccato, Sanji ritirò la kagune e, con un ultimo sguardo al verde, voltò le spalle e saltò dalla finestra, facendo esplodere il vetro.

Zoro lo guardò andarsene, più confuso che mai, e ormai stremato: che diavolo era appena successo?
Si sentiva il cuore stretto in una morsa e non capiva più niente della situazione, ma decise che se gli dei, o qualsiasi cosa fosse, avevano deciso di dargli l'opportunità di rimanere in vita, era meglio non sprecarla.
Barcollando, riuscì finalmente a trovare un'uscita, e andò a cercare aiuto, stanco e distrutto, sia fisicamente che mentalmente, quando ormai le prime luci dell'alba stavano spaccando l'orizzonte.

Alcuni mesi dopo

Sanji rimase accucciato fra i cespugli, seguendo con lo sguardo il ragazzo: era in forma e non sembrava troppo diverso.
Il ghoul biondo provava ancora quella sensazione, al centro del petto, come se qualcosa gli stesse stritolando il cuore, ma la ignorava.
Grugnì e sbuffò, allontanandosi rapidamente quando la campanella suonò e tutti gli studenti – il verde compreso – entrarono a scuola.

Zoro si voltò un attimo prima di varcare la soglia dell'edificio scolastico e, come ogni mattina, con la coda dell'occhio catturò un movimento e un lampo di capelli biondi ai margini del suo campo visivo.
Rabbrividendo, seguì la calca all'interno della scuola.

 

Note delle autrici

BUON HALLOWEEN A TUTTI!!
Eccoci qui, con questa os ZoSan tutta per voi! Speriamo vi piaccia ^^
Lasciateci un commentino, ci farebbe molto piacere :3
Alla prossima!
Zampe_in_the_sun

P.s. per chi volesse, domani saremo al Lucca comics come cosplay di Sanji e Zoro c:

  
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