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Autore: Per aspera ad astra    01/11/2014    5 recensioni
Harry non ha quasi nulla, ma si abitua a tutto.
Louis ha tutto, ma non è felice di nulla.
Harry e Louis non si conoscono.
Ed è proprio questo il problema.
|Poor!Harry| |Rich!Louis|
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Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Coincidences.
 

 
Harry aveva capito poche cose nella vita: di non mischiare i bianchi con i colorati, che una bugia alla fine viene sempre fuori, di etichettare lo zucchero e il sale in modo da non confonderli e che la nostra esistenza  è semplicemente una questione  di abitudine.
Harry aveva vent’ anni , una sorella più grande che viveva in un’altra città, un  lavoro mediocre in una tavola calda che gli permetteva appena di sopravvivere, una casa in  affitto e un fidanzato che non era l’amore della sua vita.  A dire la verità, Harry non era sicuro nemmeno di sapere cosa fosse, l’amore. Non se ne era mai curato, troppo impegnato a farsi accettare dagli altri e, soprattutto, ad accettarsi. Ma era certo di non credere nei colpi di fulmine.  


Tuttavia, Nick era tutto quello che aveva sempre conosciuto, e , ve l’ho detto, Harry aveva capito che la vita fosse una questione di abitudine.
La mattina si alzava alle 6:30, si preparava un caffè al volo, si faceva una doccia e indossava quella divisa bluastra che schifava e gli segnava anche i fianchi, a suo dire.
Poi svegliava Nick – il motivo per cui lo facesse gli è ancora oggi sconosciuto – prendeva l’autobus e arrivava alla tavola calda più disgustosa di Londra, dove lavorava fino a sera. Quando il suo turno finiva , alle 19:00 ma che erano sempre le 19:10 , riprendeva la coincidenza delle 19:30 che la lasciava a cinquecento metri circa  dal suo appartamento. In questo tratto di strada Harry era solito fumarsi una sigaretta, solo una, perché un pacchetto gli doveva durare almeno due settimane.
Poi cercava di preparare qualcosa di quanto più simile a una cena. Alle 20:30 spaccate Nick tornava dallo studio -era uno speaker radiofonico- , gli sfiorava le labbra con le proprie in un qualcosa che doveva assomigliare a un bacio e lo salutava con un “ Hey”, per poi sedersi a tavola e divorare qualsiasi cosa gli apparisse commestibile.

C’erano giorni in cui si sforzavano di fare conversazione, in cui si chiedevano a vicenda come fosse andata la giornata – la risposta di Harry era sempre ‘al solito’- e quando Nick era particolarmente loquace , gli  raccontava di qualche episodio successo durante il suo programma.
Poi c’erano giorni in cui semplicemente stavano zitti, facendo finta di ascoltare un programma alla TV che non era interessante e di gustarsi una cena che non gradivano.
Infine, mentre Nick si faceva una doccia, lui sparecchiava e ogni sera alle 22:05 erano entrambi già nel letto. Si sussurravano un ‘buonanotte’ svogliato  e si giravano nelle parti opposte del matrimoniale, addormentandosi – o facendo finta-.
Poi tutto ricominciava daccapo.
 
No, Harry non credeva ai colpi di fulmine.
Ma credeva nelle persone giuste, al momento giusto.
 
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Louis  invece di anni ne aveva ventitré. E poteva vantarsi di avere una vita apparentemente perfetta, almeno agli occhi degli altri.  Un bel loft in pieno centro, più sorelle di quanto ne avesse chieste,  una buona posizione, un buon lavoro come avvocato nello studio di famiglia, e un conto in banca niente male.
In più madre Natura lo aveva dotato di un aspetto fisico invidiabile che di certo lo aiutava nel poter riempire il proprio letto come e quando volesse.
Lui non credeva nell’amore eterno, o almeno, non più. Tempo prima pensava di averlo trovato e ne era rimasto scottato, inevitabilmente.
Lei si chiamava Eleanor. Era bella, arguta, seducente e sexy, non corrispondeva alle solite bellocce ossigenate che gli giravano intorno. Lei gli teneva testa, lei gli rispondeva lei lo incantava.
E davvero, quando stava con lei, Louis si convinceva che questo bastasse per compensare il fatto che fosse una grande stronza.
 
Louis Tomlinson non aveva una routine. Faceva quello che voleva quando lo voleva:  spesso non si presentava in studio, spesso per questo motivo litigava al lungo con il padre e spesso finiva per chiamare Stan e si ritrovavano la sera entrambi in qualche locale ad ubriacarsi e la mattina nel letto di qualche sconosciuta … o sconosciuto.
E spesso – sempre -  era Zayn, che doveva riportarli a casa.
 
Capitava che un giorno si alzasse e decidesse che erano passati troppi giorni l’uno somigliante all’altro e allora senza dire una parola, saliva sulla sua amata Honda 800 e andava in un luogo che avrebbe stabilito solo a metà strada.
 
Oppure controllava in agenda e chiamava i numeri di alcuni suoi “intrattenimenti” passati.
Uomini o donne che fossero, a Louis non importava.
A dire la verità, non gli era mai importato. Non amava porsi dei limiti, costringersi a catalizzare le persone in base al genere. Dentro di lui aveva sempre saputo di essere attratto anche dagli uomini, ma per amore della sua famiglia costruita interamente sulla apparenze, ovviamente aveva deciso di ignorare questa parte di sé.
 
Questo finchè non aveva scoperto che la donna che era praticamente destinato a sposare, lo tradiva da ben due anni.
 
Da lì tutti erano diventati solo corpi con cui sfogare la noia di una vita che non gli piaceva. Lui non aveva mai promesso nulla di più e loro,d’altro canto, non sembravano averlo mai preteso.
 
No, Louis non credeva nell’amore eterno..
Ma credeva in due cuori che battono e in due mani che si sfiorano.
 
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Se Harry  fosse un colore sarebbe il bianco.
 
 
Perché è un colore che si adatta a tutto e lui è sicuramente uno che si adatta.
Fino ai sedici anni aveva vissuto in una cittadina nel Cheshire, Holmes Chapel.
E quando vivi in un luogo di poco più di 5.000 abitanti è difficile nascondere quello che si è.
Harry aveva sempre saputo di essere diverso.
 
Lo sapeva quando andava all’asilo, quando preferiva rimanere a giocare con i suoi peluche invece che con le macchinine. Lo sapeva alle elementari, quando tutti i suoi compagni andavano fuori a giocare a calcio e lui preferiva fare coroncine di fiori. E lo sapeva durante la pre-adolescenza, quando tutti i suoi amici cominciavano a fissare le gonne troppo corte delle loro compagne mentre lui si soffermava troppo a lungo sui fondoschiena dei suoi compagni.
Così quando iniziò le superiori, non fu una sorpresa che ormai le persone lo additassero come “quello strano”. E ad Harry andava bene, davvero. I problemi cominciarono quando però gli sguardi cominciarono a diventare commenti e i commenti, insulti e gli insulti, spinte e le spinte.. bè, sempre di più.  Ogni giorno, per tre lunghi anni, fino a che, all’ennesimo spintone, Harry non sbattè la testa contro un termosifone, tanto forte da avergli causato un lieve trauma cranico e averlo spedito in emergenza al pronto soccorso.
Così  Anne – la madre- era venuta a conoscenza di ciò che per tre anni aveva ignorato e la decisione fu semplice.
Harry fu mandato da sua zia Louise ,a Londra.
 
 In una nuova città, senza nessuno che conoscesse.

Eppure Harry si era adattato. Si era adattato subito pure alle attenzioni di  Nick, nonostante non fosse esattamente il suo tipo di ragazzo.
Però a scuola era popolare e con chi parlava lui, parlavano tutti gli altri. Ed Harry aveva tanto bisogno di parlare con qualcuno.

Si era anche adattato all’idea che non avrebbe frequentato il college. La sua famiglia era modesta – suo padre era morto sul lavoro quando lui aveva tre anni, e fino ad allora avevano vissuto contando sulla forza di Anne, pagare due rette per il collage era piuttosto impensabile e Harry aveva preferito che Gemma avesse una possibilità.
 Lei inizialmente si era rifiutato, ma dal momento che oggi frequentasse un’ accademia d’arte a New York era la prova che Harry poteva essere una persona molto persuasiva quando voleva .


Insomma, Harry era ‘bianco’.
Anonimamente  si amalgamava a tutto, si fondeva ad altri colori e sempre sembrava stare bene.
E proseguiva la sua vita proprio ignorando quel verbo.
 
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Se Louis  fosse un colore, sarebbe la  tavolozza di un pittore. O il grembiule sporco di un bambino che ha appena finito di dipingere. O un quadro astratto di qualche artista contemporaneo.

Non potrebbe essere mai un solo colore, perché si annoierebbe e lo cambierebbe dopo poco.
Non è stato sempre così però. C’è stato un periodo dove la sua vita gli piaceva. Dove andava a lavoro tutti i giorni, dove gradiva le sue abitudini:  i Natali a casa del padre, il sushi del venerdì con Eleanor, le birre fresche con Stan e Zayn e le partite a  calcio con i suoi vecchi amici del liceo.
Poi aveva sgamato Eleanor a letto con quello che aveva definito ‘il suo migliore amico’ da sempre e aveva così capito che più che da lui, lei era più interessata al suo portafogli.
Ci vollero un paio di mesi, una fuga di una settimana e parecchie sbronze con Stan, ma alla fine Louis  riuscì almeno ad avere la forza di proferire parola con qualcuno.
 
Così Louis cominciò ad odiare le sue abitudine , perché gli ricordavano quando era falsamente  felice e ora cercava di non crearne di nuove e a non farsele piacere, così da evitare altre delusioni.

Louis cambiava vita ogni giorno, eppure si annoiava terribilmente.

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Harry sta male.
Fisicamente male.

E’ domenica e ha passato la sera prima ad ubriacarsi in un pub insieme a Liam e Niall– unici amici sopravvissuti alla separazione da liceo – e ora sta subendo i postumi della sbronza che gli si presenta dieci minuti prima che la sveglia suoni, senza tanti complimenti.

Si alza con la sensazione che avrebbe vomitato a breve, sensazione che trova preso compimento una volta raggiunto il bagno.
Si fa una doccia gelata sperando che possa in qualche modo svegliarlo e poi, senza fretta, ciondola in cucina concedendosi – grazie a quei dieci minuti guadagnati- una colazione decente, sperando che mettendo qualcosa dentro lo stomaco, quell’orrenda sensazioni di nausea passi al più presto.
Non deve nemmeno svegliare Nick– essendo Domenica tutti gli altri comuni mortali possono dormire- quindi riesce addirittura a seguire il notiziario mattutino.
Non lo sente però davvero. A dire la verità, raramente lui si concentra davvero su qualcosa.

E di solito i suoi pensieri sono sconnessi, al limite dell ‘illogico.
Ora pensa che domani dovrà spendere il suo giorno libero per fare la spesa della settimana.
Ora pensa che magari non ci potrebbe anche andare quel giorno, al lavoro.
Ora si da dell’idiota per averlo anche solo pensato.
Ora pensa che gli piacerebbe andare a Holmes Chapel a trovare sua madre e portare dei fiori sulla tomba di suo padre , pensa anche che dovrebbe chiamare Gemma quella sera e che magari il giorno dopo potrebbe fare una sorpresa a Lou e alla sua bambina.
Ora pensa che la sua vita fa schifo ma si pente subito perché almeno lui ce l’ha ancora una vita.
Pensa che magari dovrebbe lasciare Nick definitivamente e che magari potrebbe trovare qualcuno che ami davvero.
Poi scuote la testa chiedendosi chi mai avrebbe potuto amare lui. 
E poi, pensa, Nick paga metà dell’affitto  e le bollette.

 Pensa anche alla morte, lo fa spesso ultimamente ma non riesce a spiegarsi perchè.
 
Alla luce di ciò, Harry quella mattina rischia di perdere l’autobus per la prima volta.

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 Louis stava alla grande.
 
La sera prima aveva fatto qualcosa che non pensava mai che avrebbe fatto. Un tizio amico di Stan gli aveva offerto una partita di eroina.  “ Roba buona“ , aveva detto e Louis l’aveva accettata.

Il fatto era che era già il secondo sabato che lui ed Stan si ritrovavano mezzi sbronzi in un locale e quel sabato sembrava così uguale a quello precedente che Louis non aveva saputo rifiutare quella novità.
Non aveva mai assunto droghe prima, solo qualche canna ogni tanto, e gli era piaciuto. Tutto finalmente non sembrava così noioso e banale, tutto sembrava così vivido e la sua vita schifa  non son sembrava quasi più la sua.

Poi uno Stan altamente ubriaco l’aveva trovato e portato alla moto, neanche a dirlo, percorsero si e no cento metri prima di schiantarsi contro un muretto.

Loro non si fecero nulla, ma la stessa cosa non si potè dire della Honda.
Ovviamente chiamarono Zayn che li portò a casa e li fece vomitare anche l’anima.
Dormirono fino al primo pomeriggio di quel giorno.
 
Ed ora Louis è qui, da un meccanico che a parer suo sembra capirci meno di  niente , pregando mentalmente che la sua piccola sopravviva.
Quello comincia a parlargli e dirgli che gli ci vorrà almeno una settimana e Louis si chiede cosa diamine avrebbe fatto in sette dannatissimi giorni senza la sua amata moto.
 
Esce e si accende pigramente una sigaretta – la decima da quando si è svegliato- e nota che ormai il sole è tramontato e che si è fatta sera. Saranno quasi le 19:00, più o meno.

Louis sa che non può continuare così.
Zayn non fa altro che ripeterglielo, spronato sicuramente da sua moglie, Perrie, che vorrebbe degli amici meno sregolati per il suo neo marito.
Quando sua madre Jay prende abbastanza coraggio, glielo dice.
Persino Stan, ha ammesso l’esistenza di un problema.
Eppure Louis non riesce a trovare un problema se non la sua vita stessa.
Oppure lui stesso. Non sa dirlo con precisione.
Forse la cosa più facile sarebbe semplicemente farla finita.
E non si pente neanche un po’ di averlo pensato, e questo non fa altro che deprimerlo ulteriormente.
 
Sta ancora con la sigaretta a mezz’aria quando vede un autobus fermarsi alla fermata della strada di fronte.
 
Louis non sa perché butta via la sigaretta , ormai quasi interamente consumata , e comincia a correre verso il mezzo ,  ma – hey-  è annoiato ed è senza Honda.
 
Così sale sul quel veicolo puzzolente proprio mentre le porte stanno per chiudersi.
Riesce a trovare posto sul lato destro, vicino a un uomo che necessiterebbe fortemente di una dieta.
 
Non sa nemmeno dove stia andando, probabilmente si ritroverà dall’altra parte della città e dovrà chiamare Zayn per farsi venire a prendere, ancora.
Ma alla fine  – pensa-  non ha nulla da perdere.

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Harry di solito stacca dieci minuti dopo rispetto a quanto dovrebbe. Non ha ancora capito perché lo fa, forse perché vuole ritardare il più possibile il suo rientro a casa o forse semplicemente perché è abituato così.
Fatto sta che quella sera è così stanco e così spossato che decide di staccare esattamente quando dovrebbe.
Così  riesce a prendere  l’autobus delle 19:05 invece quello delle 19:30

Louis lo nota appena sale.

Indossa una divisa blue che gli fascia perfettamente i fianchi, a suo dire e ha dei capelli castani e ricci raccolti in uno chignon.


Appena entrato rivolge un saluto amichevole al conducente e Louis si ritrova a sorridere di rimando avendogli solo visto il suo di sorriso.
Harry prende posto due sedili circa davanti a lui, nella parte sinistra del veicolo.
Sarà perché forse si sente osservato o semplicemente perché si sente e basta, fatto sta che si gira e incontra gli occhi di Louis che lo scrutano meticolosamente.
Ed Harry è subito colpito da quegli occhi, sono così profondi, così azzurri che quasi si sente imbarazzato.
Ma non abbassa lo sguardo, anche accenna quasi un timido sorriso e gli  sembra che quel ragazzo forse un po’ troppo basso ma  così affascinante e bello ,contraccambi.

A Louis piace subito Harry.
C’è qualcosa di diverso rispetto ad ogni ragazzo o ragazza  abbia mai incontrato. La sua bellezza è così  genuina, così pura. No, non lo abborderebbe per farne solo una conquista di una notte.
In quel momento decide che con lui la sua vita forse non risulterebbe così noiosa.
 
Ad Harry piace subito Louis.
C’è qualcosa in lui che lo attrae come la luce di un faro per una falena.
E poi non crede di aver mai visto nessuno di così bello e non crede nemmeno che nessuno l’abbia mai guardato in quel modo.
Come se fosse speciale. Come se lui ne valesse la pena.
In quel momento decide che con lui forse la vita non è solo una questione di abitudine.
 
Sembra quasi che uno dei due stia per parlare quando l’autobus si ferma.
E’ la sua fermata, Harry deve scendere e quasi si trova ardentemente a pregare che sia anche la fermata dello sconosciuto.
Ma lui non accenna a muoversi e lo guarda quasi con un’ aria dubbiosa.
Harry si alza,  saluta educatamente il conducente e si gira un ‘ultima volta, prima di scendere.
Le porte si chiudono.
Si accende una sigaretta cominciando a camminare, consapevole che non avrebbe più rivisto lo sconosciuto senza nome.
 
E Louis ci prova pure a scendere dall’autobus, ma è troppo tardi.
E il giorno dopo ci prova anche a fare il giro dei bar o tavole calde nella zona della fermata dove era  salito il ragazzo riccio dagli occhi prato. E ci riesce anche, solo che è lunedì. E il lunedì è il giorno libero di Harry , solo che questo Louis non lo sa.
 
Ed Harry  nei giorni successivi prova a cercarlo, a cercare i suoi occhi nell’autobus. Ma Louis in quella settimana aveva continuato a prendere insistentemente l’autobus delle 19:05.
Però Harry aveva ripreso a  staccare alle 19:10, così prendeva di nuovo quello delle 19:30.
 
Louis e Harry  così non si rividero più, continuarono con le loro vite e non si conobbero mai.
Ma se si fossero conosciuti avrebbero scoperto che entrambi amavano la musica country, che odiavano il gelato al pistacchio che conservavano ogni scontrino, che amavano il cinema anni 50’ e che credevano che la vita fosse un insieme di avvenimenti casuali .
Una catena di eventi che si incastrano fra loro.
Che quello che gli altri chiamavano ‘destino’ loro chiamavano ‘coincidenze’.
 
E se si fossero conosciuti, Louis  e Harry avrebbero capito che insieme – per coincidenza- sarebbero stati felici.
 
Perché Harry non credeva ai colpi di fulmine, ma credeva nelle persone giuste al momento giusto.
E perchè Louis non credeva all’amore eterno , ma credeva in due cuori che battono e in due mani che si sfiorano.
 







<< L'amore è una forma di pregiudizio. Si ama quello di cui si ha bisogno, quello che ci fa comodo. Come fai a dire che ami una persona, quando al mondo ci sono migliaia di persone che potresti amare di più, se solo le incontrassi?
 Il fatto è che non le incontri. >>
 
-Charles Bukowski 
  
   
 
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