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Autore: Martu89    20/10/2008    0 recensioni
Il suono ripetitivo e frustrante della sveglia ti rapisce dal sonno, che ti ha fatto sua per poche ore quella notte. Non hai voglia di svincolarti dall'abbraccio caloroso della coperta. Preferiresti di gran lunga rimanere accoccolata in quel calore sicuro e pacifico.
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NB: Il titolo proviene dalla canzone "The fool on the hill" dei Beatles.


Il suono ripetitivo e frustrante della sveglia ti rapisce dal sonno, che ti ha fatto sua per poche ore quella notte. Non hai voglia di svincolarti dall’abbraccio caloroso della coperta. Preferiresti di gran lunga rimanere accoccolata in quel calore sicuro e pacifico. Con lentezza apri gli occhi, ti accoglie il disordine della tua camera. Pile pericolanti di libri sono sparsi sul pavimento, vestiti appena lavati e sporchi ricoprono qualsiasi sedia, tazze di tè mezze vuote si arrendono a non essere bevute, cartacce di dolciumi che non avresti dovuto mangiare aspettano di essere buttate.

Richiudi gli occhi. Non è ora. Non è mai ora per svegliarsi.

Lasci la sveglia suonare. Prima o poi si stancherà. Mestiere ingrato, quello della sveglia. Rubare i sogni alle persone. Privarle dell’unica consolazione che spesso hanno. Ricordargli che c’è sempre una vita obbligatoria da vivere.

Ma la sveglia continua a fare il suo lavoro. Ti tirerà giù da quel letto, presto o tardi. È una guerra. Non cederai. Non allungherai la mano per farla tacere. Come nelle notti più gelide del profondo inverno, quando il freddo ti aggredisce e nel letto non sei coperta a sufficienza; diventeresti un pezzo di ghiaccio piuttosto che alzarti a prendere una trapunta. Non ti arrenderai al mondo. Non ascolterai quella voce che ti vuole obbligare a prendere coscienza del fatto che è un nuovo giorno.

Questa giornata può anche non essere vissuta. Oggi sarai assente all’appello. Il mondo potrà fare a meno della tua presenza. Ad essere sinceri, non è mai stata fondamentale.

Senti del movimento nella stanza accanto. Qualcuno ha già deciso di darsi per vinto.

Riapri gli occhi. Infastidita dal fatto che la sveglia continui a suonare imperterrita. Noti come nessun raggio di sole risplenda nella tua stanza. Non ti sorprende. Quando mai il sole aveva illuminato la tua vita? Ricordi a stento quando eri stata davvero felice per l’ultima volta. Che poi. La felicità. Niente di più opinabile. Non hai idea di cosa ti renda felice. Forse l’affetto degli altri, la soddisfazione personale, l’amore e la libertà. Se ne avessi le forze scoppieresti a ridere. Davvero. Perché farsi certe domande? La felicità è qualcosa di talmente evanescente. È tutto e niente. È un ricordo che diventa fantasma. Certo che l’hai provata. Ma per qualche strano meccanismo divino, non ne sei stata più degna.

Ancora quel dannato suono stridulo ti prende per la maglia e ti trascina di nuovo in quel mondo in cui non c’è spazio per certe domande. Per quanto, effettivamente siano inutili.

Dalla cucina senti rumore di tazzine, la caffettiera che borbotta parole sconnesse e voci umane che si danno il buongiorno e discutono della nebbia scesa quella mattina. Dio, quanto odi certe convenzioni. Odi le persone che parlano del tempo. Non è forse meglio tacere?

Vuoi essere lasciata indietro quella mattina. Davvero. È così difficile da capire?

Vuoi essere dimenticata da questa vita. Vuoi viverne una facoltativa, parallela, nella quale ci sia il tuo perfetto incastro. Perché in questa ti senti come un tondo che un bambino vuole a tutti costi infilare in uno spazio quadrato.

Ma certo. È l’età. Tutto si sistemerà. Anche tu troverai il tuo spazio. Il tuo ruolo. Ognuno ha una parte assegnata. Magari è solo una comparsata. Ma ce l’hai anche tu. Ora sei solo dietro le quinte, in attesa di entrare in scena.

E se non fosse così?

E comunque. E se tu non la volessi una parte? O almeno, non la volessi in questa commedia?

Qualcuno bussa alla porta della tua stanza. È ora di svegliarsi. È ora di smettere di riflettere su certe stronzate.

Respiri profondamente. Guardi di nuovo la tua camera. Tutti gli oggetti richiamano la tua attenzione su ciò che dovresti fare. Ciò che devi. Tanto vale che cerchi di trarre qualcosa di buono, se ce n’è, da questa giornata.

E con la rassegnazione di un soldato che torna sconfitto da una guerra, allunghi il braccio e spegni la sveglia. Ha fatto il suo dovere. Ha portato a termine il compito che il mondo le aveva affidato.

Tiri via le coperte e ti metti seduta.

Hai perso. Come ogni mattina.

  
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